Tecniche di Negoziazione Avanzata basate sul metodo della Negoziazione Interculturale 4 Distances Model (Modello delle Quattro Distanze), pubblicate nei testi:

Tecniche di Negoziazione e Negoziazione Interculturale 4DM™

Il corso di Coaching 4DM™ viene erogato direttamente dall’autore del Modello di Coaching Interculturale e Negoziazione Interculturale 4DM™, dott. Daniele Trevisani, in modalità duale (incontri via web e incontri in presenza).

Alla base vi è lo studio del Modello 4DM™ e della sua letteratura e tecniche per il Coaching e in particolare per il Business Coaching Internazionale e il Coaching Interculturale

Coaching Interculturale ed Internazionale Modello delle 4 Distanze di Trevisani

Il modello lavora sulle differenze esistenti tra comunicatori, in particolare:

  1. distanze di ruolo
  2. distanze di codice comunicativo
  3. distanze ideologiche e valoriali
  4. distanze esperienziale

Tecniche di Negoziazione – I principi di base dal testo “Negoziazione Interculturale: Comunicazione Oltre le Barriere Culturali”. Franco Angeli editore, MilanoTecniche di negoziazione. la negoziazione interculturale di Daniele Trevisani, libro sulla negoziazione1.  Tecniche di Comunicazione. Localizzare le barriere comunicative, distanze psicologiche, incomprensione e disaccordo – modello T2V (Trevisani 2 Variabili)

1.1.    Tecniche di Negoziazione e Negoziazione Interculturale. Localizzare learriere linguistiche e barriere culturali

Una delle prime scoperte di chi si avventura al di fuori dei propri contesti culturali, è che le regole comportamentali funzionanti nella propria cultura si dimostrano fragili e poco produttive quando trasposte in un contesto estraneo.

Vediamo alcuni esempi brevi:

  • Nella tua casa: da un pò vorresti trattare con un tuo familiare un argomento, ma ogni volta che ci provi la persona sfugge. Cosa sta accadendo?
  • Nella tua nazione: un cliente vorrebbe acquistare (un progetto, un prodotto) ma tu sai che è l’acquisto è sottodimensionato, il problema che egli vorrebbe risolvere è grande e il budget non è sufficiente per dargli un risultato vero, come riesci a farlo capire?
  • Pechino. Ore 9,30, Hotel Sheraton. La delegazione dell’impresa cliente non è ancora arrivata, l’appuntamento era alle 9,15. Possiamo interpretarlo come una mossa tattica, o un reale ritardo? Volevano ritardare, o è successo qualcosa?
  • Mosca. Proponiamo alla controparte l’esclusiva del nostro prodotto sul territorio Sovietico, il benefit aggiuntivo della formazione del personale di tutta la loro rete vendita, ma la controparte si offende e chiude le trattative. Cosa è successo?
  • Buenos Aires. Le trattative per accedere agli appalti del ministero dell’industria sono interminabili, incomprensibili, oscure. Come comportarci?
  • Gerusalemme. Rappresentanti dei culti ebraico, cattolico e musulmano, ministri e rappresentanti politici si incontrano per negoziare una pace possibile, siete chiamati a condurre il dibattito, come evitare un conflitto?
  • Budapest. La direzione di stabilimento non riesce ad abbattere i difetti di produzione, ogni tentativo di intervenire in profondità è vano. Cosa fare?

In ogni situazione esemplificativa esposta, siamo di fronte alla problematica della negoziazione interculturale.

La capacità negoziale interculturale è nelle mani di chi è più abile nel gestire la comunicazione sul campo, applicando la consapevolezza culturale (power of awareness) in ogni singolo contatto.

Ma vediamo qualche altra situazione.

  • Bologna, inizi del terzo millennio: un bambino di nove anni non vuole più andare alla scuola di calcio che frequenta già da due anni, preferisce giocare con i propri amici nel campetto, e di scuola di calcio e campionato non vuole più sentire parlare. Perché?
  • Monaco di Baviera: un marito trentenne, libero professionista, litiga con la moglie (stessa età) perché lui vuole fare i figli solo quando avranno una solida base economica, mentre la moglie vuole farli presto. Cosa succede?
  • Casa tua: ti svegli alla mattina e sai di aver fatto un sogno che ti ha colpito ma non riesci a ricordare i particolari. Cosa è successo?
  • Nel tuo ufficio o azienda: con un collega non riesci a capirti da tempo, sembrate parlare due lingue diverse, più ti sforzi e più non vi capite, cominci ad essere veramente stanco della situazione. Cosa sta succedendo in realtà?

In tutti questi casi entra – a vari stadi – la dimensione interculturale.

Un denominatore comune accomuna tutti questi casi: le barriere linguistiche non sono nulla rispetto alla diversa visione del mondo che le persone portano con se, e alle diversità che esiste tra sè e gli altri, nonostante le apparenze.

Non vogliamo svelare o proporre soluzioni facili o immediate per tutti questi diversi casi (al massimo, possiamo proporre ipotesi), ma vogliamo dare solo un indizio sul caso che sicuramente risulta più strano e difficile da inquadrare come comunicazione interculturale: il ricordo di un sogno. Ebbene, come evidenziano diverse ricerche nel campo, anche il dialogo interno alla stessa persona (dialogo interiore) assume tratti del dialogo interculturale.

Quando diversi stati di coscienza hanno difficoltà a dialogare tra loro, es: lo stato razionale della veglia contro lo stato inconscio e subconscio del sonno, si produce incomunicabilità interna. Questi stati sono dominati da logiche estremamente diverse, e riescono a trovare momenti di comunanza solo in rare occasioni (come negli stati di confine, di dormiveglia, i momenti nei quali nessuno dei due riesce a dominare l’altro).

Persino a livello interiore, quindi, troviamo sintomi di una condizione di dialogo interculturale.

Esercitazione di confronto e ricerca di spiegazioni alternative

Tentare, in piccoli gruppi, di dare risposte ai quesiti posti dai casi sopra evidenziati. Cercare di evidenziare

  • le ipotesi alternative o spiegazioni alternative;
  • le diverse ipotesi sul campo;
  • ragionare sulle probabilità che le nostre spiegazioni siano realmente le cause dei fenomeni indagati;
  • ricercare le proprie rigidità valutative, le ipotesi che partono da stereotipi o credenze non verificate.

1.2.    Barriere alla comunicabilità, microdiversità linguistiche, macrodiversità, campi semantici

Abbiamo iniziato ad accennare, nel paragrafo precedente, al problema della diversa concezione del mondo prodotta dalla diversità culturale.

Ma i problemi non si fermano qui. Nella comunicazione interculturale troviamo infatti una ulteriore barriera, in genere molto più evidente: una lingua diversa, un linguaggio diverso, un codice di comunicazione non comune, dei sottocodici (dialetti, linguaggi professionali) sconosciuti.

È sufficiente sentir parlare tra di loro due astronomi o due fisici, mentre trattano un loro problema lavorativo, per sentirsi dopo pochi secondi completamente estranei, non riuscire a connettersi mentalmente con quanto essi stiano dicendo.

Anche in questo caso dobbiamo considerare un fenomeno importante: la diversità linguistica può essere evidente (macrodiversità: es., Cinese vs. Arabo), ma anche molto subdola e difficile da riconoscere, creando situazioni di microdiversità linguistica.

Esistono diversi linguaggi professionali all’interno della stessa lingua, e significati diversi applicati alle stesse parole.

Il problema della comunicazione non si limita alla traduzione tra lingue diverse, ma tocca anche il flusso di parole che intercorrono tra padre e figlio, cresciuti in due generazioni diverse, con modelli e linguaggi diversi, o tra dirigenti di diversi settori, i cui problemi e linguaggi divengono mondi separati.

Tradurre significa trasportare significati all’interno di altre lingue, ma anche, e soprattutto, consentire l’accesso ad un sistema di pensiero diverso.

Vediamo il seguente caso:

  • per gli Americani USA, “tomorrow” (domani, in italiano) significa dalla mezzanotte alla mezzanotte;
  • in Messico, “mañana” (sempre “domani” in italiano) significa “nel futuro”, ha senso posticipatorio generale, e non racchiude assolutamente un preciso arco di tempo.

Le due diverse concezioni non sono puramente linguistiche, ma si riferiscono ad una diversa percezione del tempo.

Un atto apparentemente banale, quale scrivere una data, può causare fraintendimenti e problemi, es: 05.02.2010 significa 5 febbraio 2010 in molti stati europei che adottano il formato di data giorno/mese/anno, ma significa 5 aprile 2010 negli USA e in altri sistemi che adottano per convenzione il formato mese/giorno/anno.

Quando due generazioni o due religioni dialogano tra di loro, il problema dell’interpretariato culturale si pone seriamente. Questo problema emerge anche nel dialogo tra due aziende, indipendentemente dalla lingua utilizzata.

Uno degli errori più naïve di chi affronta la dimensione interculturale è la presunzione che sia possibile tradurre i significati in modo esatto, trasponendo verbi e parole “come sono” e semplicemente portandoli nel linguaggio altrui.

La traduzione è in realtà un fenomeno molto più complesso. Ogni parola, ogni verbo, ha “campi semantici” (campi di significato) specifici e non traducibili esattamente nella lingua altrui. In alcuni casi, non esistono possibilità di traduzione – in molti casi, le parole e verbi non hanno alcuna corrispondenza esatta nelle culture e lingue altrui.

Vediamo un esempio. Una società italiana si appresta ad avviare una attività produttiva in Cina. È alla ricerca di consulenze in loco per formare i quadri sui temi della leadership orientata alla qualità, l’impegno sui valori aziendali (commitment), la buona comunicazione interna. È alla ricerca quindi di formatori in comunicazione. Ma come farà a descrivere il proprio bisogno, quando la categoria “formatori in comunicazione” non è linguisticamente consolidata nella lingua cinese? E siamo sicuri che – qualora esista un termine similare – l’immagine mentale che in Italia corrisponde al “formatore” sia la stessa nella mente del ricevente cinese? Pensare che le immagini mentali tra due soggetti possano combaciare perfettamente è una pura illusione.

Esistono problemi interculturali anche quando si parla di comunicazione tra sessi. Se solo riflettiamo su quanta diversità esista tra un uomo e una donna latini sul concetto di “avere una relazione”, o “fare l’amore”, e altri concetti simili, possiamo capire che la dimensione interculturale sia presente in ogni istante quotidiano.

Ma torniamo alla nostra dimensione italo-cinese. Di quale forma di comunicazione stiamo parlando? In Cinese esistono almeno due termini (ideogrammi) per descrivere la “comunicazione”, ed almeno tre parole che possono vagamente avvicinarsi al senso del termine “formatore”. Siamo certi di poter tradurre correttamente o che il traduttore lo faccia?

Vediamo nella seguente tabella comparativa alcuni di questi significati.

Fig. 13 – Tabella comparativa di significati

Termini

 

Ideogrammi

 

Ping Yin

 

Significati

 

comunicazione

 

沟通

 

gou tong

 

capirsi bene tra le parti

 

comunicazione

 

传播

 

chuan bo

 

farsi capire e diffondere le proprie idee

 

trainer

 

训练员

 

xun lian yuan

 

chi aiuta a fare esercizi

 

coach

 

培训

 

pei xun

 

una guida della crescita che cura sia aspetto dell’abilità che la motivazione

 

maestro – mentor

 

导师

 

dao shi

 

guida spirituale – chi illumina la via – chi ti assiste nella crescita (es: mentore di studio, guida religiosa, maestro)

Anche lingue molto simili (italiano e spagnolo) possono dare origine a problemi di traduzione, a volte proprio per la similarità del sound o della parola.

La parola “imbarazzata” in italiano ha un significato (all’incirca, essere a disagio), mentre in spagnolo la parola “embarazada” significa essere incinta. La stessa similarità nella radice della parola genera problemi nel parlante americano che si rapporta ad un parlante spagnolo dicendo “I am embarrassed” (sono imbarazzato), che può essere decodificato come “sono incinto”.

Il problema interculturale non parte solo dalla distanza chilometrica, ma può prodursi nel raggio di pochi metri.

Ogni dialetto è pieno di parole che non possono essere tradotte nella lingua ufficiale. Ad esempio, il dialetto ferrarese – come ogni dialetto – utilizza termini che non possono essere tradotti in modo letterale nella lingua italiana:

Tab. 2 – Alcune corrispondenze e problematiche di intraducibilità esatta da dialetto (ferrarese) a lingua italiana

Termine Spiegazione approssimativa Traduzioni possibili in italiano Problemi di semantica
Cioccapiatt

 

Qualcuno che “ciocca i piatti”, che fa sbattere dei piatti

Il cioccapiatt evidenzia la persona che fa molto rumore ma non produce concretezza, qualcuno che parla tanto ma non fa, ma anche qualcuno che sostiene di aver fatto o di fare, ma poi non lo farà.

Chiacchierone, millantatore Chiacchierone non contiene la dimensione semantica della furtività, del millantare, che “cioccapiatt” invece possiede

Millantatore è connotato molto negativamente in italiano, ma il “cioccapiatt” in ferrarese è solo vagamente offensivo, spesso è un termine scherzoso.

Puffarol Qualcuno che “fa dei puff”. I Puff sono truffe, fughe, promesse non mantenute Truffatore, “bidonatore” Il puffarol fa truffe, si, ma non grafi, può realizzare al massimo pochi danni
Trabascan Persona losca, qualcuno che ha “giri loschi” Truffatore, losco Il Trabascan è molto più negativo del Puffarol, può essere anche malavitoso, mentre il Puffarol in genere non fa gravi danni, ma si limita a “tirare bidoni”
Esercitazioni sulle intraducibilità

Esercizio: ricercare parole all’interno dei propri dialetti (se conosciuti), che possano essere di difficile traduzione nella lingua italiana. Valutare i problemi e difficoltà di una traduzione precisa, sull’esempio della tabella sopra riportata.

Esercizio: ricercare parole all’interno della propria lingua che possano essere di difficile traduzione in un’altra lingua conosciuta. Valutare i problemi e difficoltà di una traduzione linguistica precisa, e le alternative per trasferire comunque efficacemente il significato.

Esercizio: ricercare termini tecnici all’interno della propria professione, selezionando soprattutto i termini che andrebbero spiegati ai nuovi clienti, e i termini che non possiamo dare per scontati o tradurre semplicisticamente in un linguaggio diverso. Selezionare soprattutto i termini che richiedono opera di “acculturazione” del cliente.

1.2.1.      Distanze psicologiche e comunicative

Il metodo T2V sviluppato dall’autore affronta il problema delle “distanze” che separano i comunicatori – distanze psicologiche e comunicative, non certo fisiche – e da come queste possano o meno essere superate.

Sentire la “distanza” tra persone è un fatto comune, quotidiano. Sentirsi lontani anche quando si è vicini fisicamente, cercare un contatto e non trovarlo, non capire le mosse di avvicinamento altrui, i desideri di un rapporto più profondo, o i segnali che gli altri ci lanciano. È un aspetto comune della vita.

Possiamo però, ed è questo il gioco interessante – cercare di ridurre queste distanze, se e quando lo desideriamo interiormente – nel caso delle amicizie e rapporti intimi.

In questi casi, o quando sia importante in termini di business, è possibile mettere in atto dei dispositivi che ci permettano di cercare l’avvicinamento, ridurre la distanza e allontanare l’incomprensione.

Tra i principali errori della comunicazione vi è quello di illudersi che le persone siano tutto sommato simili in termini di opinioni, linguaggi, atteggiamenti, valori di fondo, visioni del mondo.

Questa presunzione porta a considerare la trasmissione di un’idea o concetto che noi consideriamo ovvio e semplice, un fatto quasi “automatico”, mentre nella realtà le cose non stanno così.

Una ulteriore illusione è che la comunicazione interculturale richieda poco sforzo o impegno. Alcuni pensano di risolvere i rapporti con mogli, mariti figli, colleghi, parlando ad un cellulare per pochi minuti. Fossero anche ore, la qualità comunicativa rimarrà comunque inadatta al problema.

La vera negoziazione interculturale richiede tempo, impegno, dedizione, contatti interpersonali e ampio “lavoro di rapporto” che non si conclude con un email o una telefonata. Se vogliamo essere efficaci sul piano interculturale dobbiamo utilizzare i tempi adeguati e i mezzi di contatto adeguati.

Esercitazione di analisi di critical incidents personali

I critical incidents (casi critici, positivi o negativi) sono di estremo aiuto per scoprire alcuni meccanismi di relazione che non funzionano, o comportamenti e atteggiamenti che creano difficoltà nei rapporti e nelle negoziazioni.

Analizzare alcuni critical incidents personali di relazione (eventi critici, positivi o negativi), in cui possiamo valutare che non sia stato dedicato il tempo sufficiente a lavorare sul rapporto, a chiarire le diversità, o non siano stati utilizzati i mezzi di contatto più efficaci, da parte nostra o dagli altri.

Evidenziare:

  • tempi (quando);
  • persone coinvolte (chi);
  • motivi della criticità (perché);
  • possibili linee d’azione alternative da adottare in casi simili.

1.3.    Differenze tra emittenti e riceventi dei messaggi

Una delle principali aree della comunicazione interculturale è lo studio delle differenze tra emittente e ricevente del messaggio. In cosa “io” e “tu” siamo diversi? Nei rapporti tra aziende, dove sono le diversità tra “noi” e “voi”?

Nel nostro metodo utilizzeremo due variabili primarie che costituiscono differenze tra comunicatori – due principali differenze culturali, (1) il codice di comunicazione e (2) la visione del mondo (World-View).

L’unione delle due variabili ci permetterà di sviluppare una matrice di situazioni o stati della comunicazione (COMSITS).

Dall’analisi della matrice, proporremo alcune considerazioni sui limiti della comunicazione. In particolare, le implicazioni riguardano:

  • (1) l’aspetto tecnico della qualità comunicativa, cioè, l’esattezza o accuratezza dello scambio di informazioni tra persone di culture diverse (understanding), e
  • (2) il risultato della comunicazione in termini di accordo (agreement) sui contenuti e sulle visioni espresse fra i comunicatori.

Il modello bidimensionale sarà ulteriormente sviluppato in una prossima pubblicazione tramite l’introduzione del modello a quattro variabili (T4V).

1.4.    Tecniche di Negoziazione. Identificare Codice comunicativo e linee di pensiero: un modello bidimensionale

La cultura è considerata in questo metodo come un insieme di modelli di pensiero, categorizzazione, comportamento e comunicazione, che vengono sia appresi (durante la crescita dell’individuo) che ereditati (frutto del codice genetico comportamentale). Questi modelli influenzano la percezione del mondo, la comunicazione ed il comportamento.

Inoltre, seguendo la prospettiva teorica di Watzlawick ed altri, si considera la comunicazione come processo che accade sia intenzionalmente che involontariamente, in qualunque momento il comportamento si presenta in presenza di altri.

1.4.1.      Prima componente: il codice di comunicazione

In una prospettiva semiotica, l’ unità fondamentale di analisi ed il primo componente della comunicazione percepito durante l’ interazione è il segno, la più vasta categoria inclusiva di entità di significato.

I segni sono ciò che emettiamo, e costituiscono il comportamento comunicativo esterno percepito da un ricevente o osservatore.

Sono quindi segni i comportamenti verbali, i comportamenti non-verbali (immaginiamo ad esempio la postura corporea che assumiamo di fronte ad un interlocutore, e i suoi significati non detti), la comunicazione scritta, i simboli, le immagini che utilizziamo per comunicare.

I segni (usati per comunicare) ed il significato della comunicazione, sono collegati da un codice di comunicazione, che a sua volta si compone di sottocodici.

Un codice di comunicazione quindi è inteso come sistema di regole impiegate per collegare le espressioni (qualsiasi segno usato per comunicare, sia verbale che non verbale) ai significati sottostanti.

La consapevolezza dei codici multipli della comunicazione è essenziale per la qualità comunicativa.

Ogni comunicatore/negoziatore consapevole sa che il proprio corpo emette segnali in continuazione, e che questi segnali possono essere incongruenti o congruenti con i segnali verbali (parole o frasi dette).

Possiamo dire – a parole – di essere sereni, ma trasmettere con il corpo la sensazione di essere tesi e nervosi, e i nostri interlocutori se ne accorgeranno.. Possiamo esprimere verbalmente piacere e trasmettere inconsciamente repulsione.

Il problema dei codici comunicativi è soprattutto un problema di stile comunicativo, che richiede la scelta del tipo di linguaggio da utilizzare. Quale stile, quale linguaggio utilizziamo per esprimere il messaggio?

Ricorriamo ad una metafora sugli stili della comunicazione sessuale:

…attualmente conosciamo quattro diversi linguaggi nella sessualità, ciascuno dei quali dà un’impronta completamente diversa alla stessa situazione. Per esempio, se vuole essere penetrata, una donna può chiedere:

  • «Introduci il pene nella vagina» (linguaggio tecnico)
  • «Vorrei sentirti dentro di me, per vedere le stelle» (linguaggio romantico)
  • «Scopami e fammi godere» (linguaggio pornografico)
  • «Con il bastone di giada apri il mio fiore di loto» (linguaggio poetico)[1]

Ogni negoziatore, ogni comunicatore, consapevolmente o meno, utilizza uno stile linguistico.

Lo stile si nota in ogni fase del discorso e della conversazione, in ogni comunicazione scritta e persino nei supporti fisici (materiali, oggetti).

Un negoziatore può aprire la conversazione con un interlocutore di business affermando:

  • «Siamo qui per valutare come sia possibile costruire un progetto assieme» (linguaggio cooperativo);
  • «È necessario valutare la feasibility e l’eventuale break-even point di una nostra joint-venture» (linguaggio managerialese anglofono);
  • «Ok, siamo qui, adesso tagliamo corto, ditemi le vostre condizioni e sbrighiamoci, non ho tempo da perdere» (linguaggio aggressivo);
  • «Cerchiamo di esplorare i nostri orizzonti comuni e vedere se tra noi può sorgere un alba, spero non un tramonto » (linguaggio poetico-ironico).

La consapevolezza dei codici e degli stili utilizzati è indispensabile, poiché codici e stili possono essere antitetici o simili, funzionali o disfunzionali rispetto agli obiettivi.

1.4.1.1.   Tecniche di Negoziazione e Interculturalità nascosta in azienda: la negoziazione tra culture professionali diverse

Ogni sessione di comunicazione amministrativa può essere distrutta dall’utilizzo di stili disfunzionali e gerghi, parole, atteggiamenti non adeguati.

Nel caso che esponiamo di seguito, possiamo notare come due culture aziendali possano collidere quanto una (o entrambe) non si preoccupano

1 – di tener conto della comprensibilità del proprio linguaggio, dei termini utilizzati, di spiegare i termini che permettono la comprensione del discorso (capacità di metacomunicazione terminologica);

2 – della precisione del linguaggio.

1.4.1.2.   Esempio di riconoscimento e modulazione dei sotto-linguaggi in una negoziazione di vendita. Come le scelte di stile comunicativo aumentano le distanze negoziali

In una riunione di lavoro tra una azienda informatica e una azienda meccanica, il conduttore (titolare dell’azienda informatica) utilizza prevalentemente due repertori e connesse strategie comunicative:

  • l’utilizzo di un repertorio denso di terminologie anglofone anche ove non sia necessario (managerialese anglofono);
  • il condimento delle terminologie con frasi che oscurano il significato e creano penombra connotativa (fumosità dei significati), con funzione di “ammorbidimento” dell’immagine e carico di lavoro che l’adozione del programma prevede (stile diminutivo).

Tab. 3 – Elementi di repertorio, stile managerialese-diminutivo (A)

Repertorio utilizzato per la componente “managerialese anglofona” Repertorio per lo “Stile diminutivo”
Fare un forecast

È un utente di staff

Ho visto l’account

Prendi la Function Description

Se vuoi contattare il trader

Dobbiamo rivolgerci al target setter

Vuoi fare un tracking

Se va in overdue

Abbiamo una visit

Dobbiamo dare una reason

Lavoriamo sul field

Fai un pricing

Prendo una sales call

Al front-end

Al back-end

Faccio la query

È un activity report

Fate una survey

Qualcosina di più friendly

Il Repository

Per attivare il click-stream analysis serve il BW

Mi sembra che siano clienti soddisfatti

Bisogna pensarci un attimino

Facciamo un giro molto rapido

La versioncina per il palmare

Un pochino come su internet

Un piccolo grafico

Stiamo vedendo un pochino l’applicazione concreta

Vediamo un attimino se è possibile

Facciamo una piccola verifica poi vediamo

Penso si possa fare

In quattro ore di riunione, possiamo assistere alla Collisione degli stati conversazionali, nella quale un team (team di vendita) utilizza il repertorio A (“manageriale informatichese anglofono diminutivo”), mentre il team d’acquisto utilizza un repertorio simile a quello seguente:

Tab. 4 – Elementi dello stile pragmatico-concreto

Repertorio terminologico (parole) Domande pragmatiche
  • Il mercato
  • I clienti
  • Il personale interno
  • Il carico di lavoro
  • La facilità di apprendimento
  • L’integrazione con i programmi esistenti
  • Ore
  • Giorni
  • Costo licenze
  • Limitazioni di utilizzo
  • Competenze

 

Su questo progetto, chi fa cosa nella nostra azienda e chi fa cosa nella vostra azienda?

Possiamo usare il programma che stiamo giù utilizzando per produrre il sito web o dobbiamo passare ad un altro programma? Dobbiamo cambiare il programma?

Possiamo continuare a utilizzare i Macintosh o dobbiamo passare a Windows?

Quali sono le competenze interne all’azienda, necessarie per far funzionare il sistema giorno dopo giorno?

Chi deve saper fare che cosa? Quanto può durare un corso di addestramento? Chi vi dovrebbe partecipare?

Se voglio modificare una schermata di inserimento dati, posso farla dall’interno o dobbiamo fare una richiesta a voi?

Quante giornate serviranno per l’avvio e per la messa a sistema del programma?

Possiamo visitare di persona un’azienda che abbia già adottato questo sistema?

Serve una licenza?

Esercitazione sugli stili di riunione

Riprodurre tramite role-playing l’andamento di una possibile riunione tra team A (team di vendita “managerialese-diminutivo” composto da titolare e da spalla) e team B (team d’acquisto “concreto-pragmatico” composto da titolare e da spalla)

Il conduttore dovrà ricercare tra i partecipanti i soggetti che possano conoscere un vocabolario informatico atto a interpretare lo stile.

1.4.2.      Seconda componente: la visione del mondo (World-View)

Un secondo componente della cultura preso in considerazione nel modello 2V è “World-View” – la “visione del mondo”

La visione del mondo è considerata negli studi antropologici come un insieme di credenze, valori e atteggiamenti, impiegati dagli attori sociali per interpretare e categorizzare la realtà, dando significato agli eventi, stabilire rapporti tra di essi e guidare il comportamento.

La visione del mondo è un concetto talmente personale da essere difficilmente classificabile in schemi rigidi, tuttavia le esigenze (o tentativi) di fornire classificazioni hanno condotto alcuni scienziati sociali a produrre delle categorie attraverso le quali leggere le culture. Tra questi, esponiamo la classificazione di Hofstede[2], tra le più usate in letteratura.

[1] Zadra, Elmar, & Zadra, Michaela (2004). Tantra per due. Milano, Mondadori, p. 215

[2] Hofstede, Geert. (1991). Cultures and Organizations. Software of the Mind, London, McGraw-Hill. Hofstede, Geert (1983). The Cultural Relativity of Organizational Practices and Theories. In: Journal of International Business Studies, Fall.

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Formatore e Coach su temi di Sviluppo del Potenziale Personale, Comunicazione Interculturale e Negoziazione Internazionale, Psicologia Umanistica. Senior Expert in HR, Human Factor, Psicologia delle Performance, Comunicazione e Management, Metodologie Attive di Formazione e Coaching.

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