Il lavoro su di sè parte con il porsi domande cui non esiste risposta facile.
Per cosa vivo?
Sto vivendo una vita di cui mi sento orgoglioso?
Cosa mi carica e cosa mi scarica ?
Le domande potenti sono uno strumento potente. Le domande non riguardano solo i massimi sistemi, ma anche questioni quotidiane.
Il mio fare quotidiano è distratto da qualcosa di cui posso fare a meno?
Solo le persone che si pongono domande e si fermano a riflettere possono trovare le risposte. Einstein ha osato porsi domande che altri non si ponevano, e ha saputo osservare l’intangibile con occhi più limpidi di altri scienziati. Come sottolinea egli stesso, quando si applicano domande potenti a temi anche apparentemente banali possono nascere grandi riflessioni.
Lavorare in profondità
Un lavoro profondo deve rifiutare modelli di coaching “da musical” dove le persone vengono sostanzialmente manipolate.. si salta, si balla e si ascolta una persona che ti insegna come diventare ricchi in dieci semplici mosse.
Serve una rivisitazione profonda di sè per liberarsi da modi di essere che non ci appartengono veramente. E per acquisirne di nuovi che prima non conoscevamo. Il “rumore” e le azioni appariscenti, forzatamente eclatanti, “tanto rumore e poca”.. non sono il nostro metodo.
A volte le risposte si trovano nel silenzio, nella quiete, nella meditazione, nella contemplazione. Ma ciò che conta è la capacità di sblocco che un’azione porta sul proprio vissuto. Vale più porsi una buona domanda che ricevere cento suggerimenti inutili.
In un coaching personale o manageriale è importante porre le persone di fronte al bisogno di dare un senso al proprio contributo.
In un coaching sportivo è fondamentale portare un atleta a chiedersi quali performance lo renderanno orgoglioso di sè.
Nello sport, nel lavoro, nella vita personale, e in ogni campo, inutile maledire i risultati che non arrivano, Molto meglio cercare aiuto, parlare con qualcuno che ti ascolti e ci capisca, per esaminare cosa sta accadendo. Sognare l’impossibile è bello, ma anche riuscire a impegnarsi per il possibile.
Dobbiamo abituare le persone a “dirigersi verso” a non accettare la stasi, lottare contro il senso di smarrimento. Vivi quella sensazione per quello che vale, respirala, sentila, non importa se ci sarà un “dopo”.
Esistono performance che costruiscono le persone, le migliorano e le fanno crescere, e altre che distruggono chi vi si impegna. L’obiettivo di performance può essere raggiunto con o senza wellness (benessere). Al pari, il wellness può essere raggiunto con o senza performance.
Esistono diverse condizioni:
Condizioni di drenaggio: le performance sono elevate ma le condizioni psicofisiche decadono, la persona si consuma, il processo è degenerativo, l’individuo consuma le proprie energie a danno di se stesso.
Condizioni di distruzione: lo sforzo nel raggiungere la performance non trova riscontri, i risultati non arrivano. Allo stesso tempo, l’esperienza e la condizione psicofisica sono consumanti e negative, la distruzione è rapida sia sul piano fisico che morale.
Condizione di relax: Viene ricercato e raggiunto uno stato di benessere (wellness), una condizione di relax, di recupero e ricarica, ma non vengono raggiunti obiettivi di performance. È una condizione di recupero, positiva per l’individuo per il periodo che serve, ma non è sostenibile per ampi periodi di tempo per un’organizzazione produttiva o nella vita di chi non abbia una rendita garantita. Non è inoltre sostenibile come condizione permanente per chi debba produrre, guadagnare, e trovare sostentamento.
Stato di Flusso: le prestazioni vengono raggiunte ottenendo allo stesso tempo una buona condizione di wellness, raggiungere le performance non va a discapito di una condizione psicofisica ottimale ma le due condizioni coesistono e si amplificano a vicenda.
Lo stato di flusso è possibile solo a condizione che tutte le sei celle della piramide siano in condizione di filling (carica) e la persona possa esperire un forte empowerment (sentimento di potere personale legato alle sfide e al ruolo).
La natura esplorativa dell’essere umano che vive per riuscire a raggiungere un obiettivo coesiste con il desiderio di vivere in una condizione di wellness. Questa natura non va contrastata. I risultati non arrivano solo tramite la sofferenza.
Un processo di crescita richiede sforzo ed impegno, ma è falso che lo sforzo e l’impegno debbano essere sempre e solo accompagnati da emozioni negative, e non possano invece essere vissute come uno stato di gioia, di amore e di passione.
La nuove sfida è questa: come posso arrivare a coesistere in un unico super-obiettivo? Per rispondere dobbiamo fare i conti con le emozioni.
Nel momento in cui la liberazione del potenziale individuale possa diventare un fenomeno di massa assisteremo a mutamenti positivi travolgenti, un mondo nuovo.
La sfida è enorme, il campo della crescita personale è certamente affollato da studi, ricerche e metodi, ma abbondano gli improvvisatori e i venditori di fumo, e come ambito di ricerca di certo non si può considerare concluso.
Chi sostiene che nelle scienze umane sia già stato detto tutto afferma un ipocrisia che viene smentita appena si esce dalla porta, o persino dentro casa. Se fosse vero, la realtà dovrebbe essere magicamente priva di problemi, un paradiso felice per tutti, ma non è così. Esiste un grande bisogno di performance in ogni campo.
Le performance sociali devono avere un obiettivo importante: crescere la qualità di un sistema sociale. Per chi abbia già raggiunto un certo grado di benessere materiale, se il primo problema al risveglio non diventa quello di crescere se stessi e gli altri, di contribuire a una causa, il lavoro non è finito. Finchè avremo aziende condotte in modo nepotistico, manager arroganti, o insufficientemente preparati, o privi di visione, il lavoro non è finito.
Un mondo di idioti, sarà idiota. Un mondo di persone illuminate sarà illuminato. Il presupposto di base di tuto questo lavoro è in una visione illuministica dell’essere umano e del suo sviluppo. L’aspetto più interessante dell’essere umano è nel suo potenziale ancora non espresso, la sua enorme possibilità di evolvere.
La cultura in cui cresce la persona, gli stimoli che riceve ma soprattutto quelli che non riceve, i maltrattamenti, impediscono a questi fiori di crescere, e agiscono come defolianti chimici anche su chi stia per sbocciare o lo abbia già fatto.
Sfuggire a tutto questo e andare verso l’orizzonte è più di un obbligo, è un modo per seguire un richiamo dell’anima, dire no a ogni tiranno del presente, del passato e del futuro.
Le idee che non passano il setaccio della visione di sé e della visione sociale assorbita escono dalla nostra vita, i sogni più visionari e sfidanti raramente passano il filtro interiore e lo schema dominante. La persona si spegne.
Le culture spesso diventano sistemi per instillare paure piuttosto che strumenti per liberare dalla paura. Superare una paura ogni giorno sarebbe stupendo. Ma basta anche solo tenersi allenati, ogni giorno, a fare cose che hanno senso e non faremmo se ci lasciassimo andare all’apatia.
Personalmente ho sperimentato un certo periodo nel quale mi dava abbastanza fastidio fare telefonate commerciali o lavorative, e preferivo concentrarmi sulla ricerca. Con un mio micro-progetto personalissimo che ho chiamato “1 call x day“, ho deciso di fare almeno una telefonata al giorno di lavoro per tenere semplicemente allenati i muscoli della “relazione lavorativa commerciale”.
Quando il fine ultimo è buono e positivo, il lavoro fuori dalle comode recinzioni di quello che ci piace fare è positivo e allenante. Lo stesso vale per la decisione di fare ogni giorno qualche attività fisica, o qualche lettura, o altre azioni di sviluppo che non faremmo se ci abbandonassimo al lassimo personale e abbandonassimo qualsiasi tipo di sfida.
I progetti fanno sempre i conti con questa lettura parziale, inconscia, deformata e mutilata, delle nostre possibilità Per questo tante persone vivono vite chiuse, ridotte, amputate, impoverite. I loro contributi agli altri e all’umanità, o alle aziende poer cui lavorano, ne soffrono altrettanto.
Ci troviamo con persone di qualsiasi età che smettono di credere in qualcosa, e muoiono dentro, giorno dopo giorno. Le mosse diventano soprattutto difensive, mai dirette verso la scoperta di nuova luce. I rari risvegli di coscienza vengono bloccati perché dolorosi.
Le performance non valgono solo per quanto producono esteriormente, ma come scusa o occasione preziosa per analizzare come funzioniamo e come migliorarci. I blocchi o i colli di bottiglia che ci limitano, quando scovati, possono essere affrontati, demoliti, o ridotti, Le energie possono essere amplificate.
Il tema, infatti, tocca sia la crescita di ogni individuo che lo sviluppo del pieno potenziale di chi lavora, o degli atleti, dei giovani e di chiunque aspiri a operare sul proprio essere.
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Crescita Personale come sfida al destino. La crescita personale come atto di volontà estremo
Parliamo di crescita personale e leadership. Di professione sono formatore e coach di manager, di atleti, di imprenditori, di aziende, e singole persone. So bene quanto la crescita personale rappresenti una sfida per se stessi e per ogni persona che la prenda sul serio. Me ne occupo da oltre 30 anni, 30 anni dedicati alla crescita personale di allievi mi hanno fatto capire molte cose. Se pensi di conoscerti davvero bene, sappi che di fronte a sfide nuove potranno emergere lati di te che non conoscevi. E che in ogni caso, per osservarsi o vedersi, serve una grande quantità di strumenti e tecniche.
Come faresti a conoscere il colore dei tuoi occhi se non esistesse in tutta la terra uno specchio per poterti osservare? Questo specchio sono esperienze speciali, sono i professionisti che ti aiutano a percepire te stesso in questi momenti di picco, sono momenti di analisi guidata, di confronto, di introspezione. Per compiere un’esplorazione guidata occorre “lasciarsi aiutare” in questo processo di autoconoscenza.
La crescita personale è il primo vero passo della leadership e dello stare in un gruppo che vuole crescere e gioire. Crescita personale significa anche sfidare il destino, decidere su che cosa lavorare di se stessi anziché pensare di essere solo e unicamente frutto di decisioni ed eventi esterni.
Farsi aiutare in un percorso di esplorazione e autodeterminazione è un atto intelligente. Farsi aiutare non significa diventare quello che “altri” vogliono, ma anzi, essere i protagonisti e registi dei propri cambiamenti desiderati. Se sali su un treno e ti fidi del macchinista, ricorda sempre che la destinazione l’hai scelta tu, il macchinista e il treno ti servono come strumenti per arrivare prima dove tu vuoi. Lo stesso vale per una guida alpina o un GPS nell’esplorazione di zone sconosciute.
Chi mi porge una lampada per osservare la strada al buio non mi sta dicendo dove andare. Mi sta solo dando uno strumento perché io possa decidere se andare a destra o a sinistra anziché nel burrone.
Come per il colore degli occhi, non lo conoscerai mai fino a che non avrai strumenti esterni per osservarlo. E anche quando tu avrai preso coscienza del fatto che sono verdi, marroni o azzurri, non cambierai mai il colore dei tuoi occhi con la tua volontà. Ma potrai cambiare la potenza e massa dei tuoi muscoli allenandoli bene, potrai cambiare la flessibilità delle tue articolazioni, la tua resistenza aerobica, la tua massa grassa e magra, la resistenza dei tuoi tendini, perché queste caratteristiche sono soggette alle tue azioni quotidiane, alle abitudini, al fatto di “allenarle”, e non solo frutto del destino. E le tue abitudini sono qualche cosa su cui si può assolutamente lavorare.
Vi sono alcuni tratti del carattere che difficilmente potrai cambiare, ma tanti altri che invece sono lavorabili, “costruibili”, soggetti a essere costruiti e potenziati, e la leadership, o una buona capacità comunicativa quando la vuoi avere e nelle occasioni in cui ti serve, sono assolutamente tratti allenabili e potenziabili.
Principio 3 – Il Locus-of-Control e la crescita personale
La crescita personale è il primo vero passo della leadership e dello stare in un gruppo che vuole crescere e gioire. Crescita personale significa anche sfidare il destino, decidere su che cosa lavorare di sé stessi (Locus-of-Control interno) anziché pensare di essere solo e unicamente frutto di decisioni esterne ed eventi esterni (Locus-of-Control esterno).
Chi crede e ha visto in azione i cambiamenti che le persone fanno grazie a processi formativi e di coaching ben fatti, non può che credere nel potenziale umano. Questo vale sia per atti a prevalenza fisica, come lo sport, che in attività soprattutto manageriali, mentali e culturali.
Nello sport, chi ha visto i cambiamenti positivi di atleti in seguito a programmi allenanti ben fatti non può che rimanere sbalordito. Chi ha visto gli effetti di un allenamento combinato fisico e mentale sarà ancora più sbalordito.
Nelle professioni manageriali, chi ha trovato su di sé o in altri il miglioramento nelle capacità di public speaking in seguito a training dedicati non può che credere nella grande “plasticità” del potenziale umano, nella sua immensa potenzialità, nel fatto che si possa passare dall’essere introversi o “orsi”, oppure vedersi dotati di bassa autoefficacia, a diventare grandi comunicatori, purché si abbia voglia di lavorarci, e ci si dedichi tempo pensando che sia il momento speso meglio della vita e non tempo residuale o un lusso per pochi.
Formarsi è un investimento sacro. Se dovesse servirti un’ora, o un mese, o un anno, per migliorare la tua capacità di sostenere un esame o un test, quanti esami ne trarrebbero beneficio, in tutta la tua vita? E parlo di esami non solo formali, ma anche di colloqui nei quali in ogni caso il tuo “essere” viene fuori, che tu voglia o meno, viene osservato e percepito e di fatto produce la percezione che gli altri hanno di te.
S’impara sia facendo sia ripassando mentalmente l’azione. Un buon coaching sa quando avviare un tipo di apprendimento o l’altro.
Ci sono cose che si imparano meglio nella calma, altre nella tempesta.
Willa Cather
Investire su di sé significa lavorare sulle proprie capacità mentali, prima ancora che sulle conoscenze. Puoi avere studiato psicologia per decenni ma ancora non capire te stesso e le persone. Puoi avere letto migliaia di libri ma non saperne raccontare la sintesi.
Quante ore di studio possono mai compensare un’esposizione scarsa? Quando hai mai creduto a un dietologo che vedi coi tuoi occhi avere un corpo disfatto e sovrappeso?
Quante “spalline” finte servono per compensare una scarsa attenzione al corpo, quante panciere potrai mai indossare per far finta di ridurre il giro vita anziché lavorare sul tuo corpo ogni singolo giorno? Quante frasi e da quanti libri potrai rubare se non hai niente di tuo da dire di vero? Quante bugie potranno esserci nei proclami di un’azienda se poi nei fatti e nei prodotti che usi vedi che non corrispondono al vero?
Come ha detto il grande Bob Marley “You can fool some people sometimes, but you can’t fool all the people all the times” (in una traduzione non letterale, “puoi fregare qualcuno qualche volta, ma non potrai fregare tutti e sempre”).
Crescita personale e lavoro su se stessi
Chi lavora su di sé ha sempre meno bisogno di fingere. Questa è la verità della Scuola del potenziale umano. Una scuola di Verità, di Ricerca, di Conoscenza.
Ci sono molti modi per conoscersi. In molti casi serve un lavoro di gruppo e un feedback onesto, in altri casi è nella solitudine che si forgia il guerriero, è nella durezza della realtà che si costruisce la leadership. Questo vale anche per i leader veri che non possono delegare ad altri il lavoro che devono fare su di sé.
Il più grande samurai della storia, Miyamoto Musashi (1584-1645), fu certamente un leader e ancora oggi è culturalmente un leader dopo secoli. Arrivò ad avere più di tremila studenti che studiavano sotto di lui, oppure sotto la guida di suoi allievi diretti; e oggi in Giappone ci sono molte scuole che derivano dalla sua. Ma vediamo come vi è arrivato.
Si ritirò in meditazione e insegnamento a cinquant’anni, vagò nelle foreste più impervie dai 13 ai 29 anni, sopravvivendo e sfidando con un bastone di legno altri samurai dotati invece di katana d’acciaio. Se fosse stato “nominato” samurai o avesse ereditato il titolo, non avrebbe vinto nemmeno contro una mosca morta. Quanti leader di oggi si sono veramente “fatti le ossa” combattendo sul campo, lottando per una causa, spesso senza aiuti, senza raccomandazioni, senza rinunciare ai propri valori?
Musashi, cresciuto maneggiando un bastone, aveva certamente un vantaggio su chi si era formato con ben più di risorse di lui. All’epoca dei samurai un guerriero (bushi) aveva due spade alla cintura: la katana (spada lunga) e la wakizashi (spada corta). Musashi insegnava ai suoi allievi che morire con una di queste armi ancora nel fodero significava non aver fatto tutto il possibile per vincere.
Musashi si forgiò e si formò combattendo, visse diversi anni in totale eremitaggio nelle foreste più impervie, dedicandosi esclusivamente all’affinamento delle tecniche marziali dai 13 anni (età del suo primo combattimento mortale).
Togli a un leader i servi, gli yes-man, i soldi, le persone e le risorse ipocritamente ubbidienti, gli agi, mettilo da solo e senza risorse, e vedremo di che pasta è fatto davvero.
Chi è leader e coordina team ad alte prestazioni lavora su di sé sempre, e deve farlo per possedere doti di leadership oltre la media, perché le sfide che compaiono sono speciali.
Due esercizi pratici:
esaminiamo quanti messaggi servono in un solo giorno, per tenere coordinata un’azienda, comandare una nave, coordinare un’operazione di polizia, essere il coach di un team agonistico, di una squadra di calcio o di volley, di tennis o sport di combattimento, dirigere un gruppo di vendita o un team di miglioramento della qualità. O anche solo per servire bene a un tavolo di ristorante;
osserviamo questi messaggi: come sono costruiti, se fanno bene al raggiungimento degli obiettivi, quali motivano e quanti invece demotivano o distruggono il gruppo, il clima e la “missione”. Avremo subito un indicatore della Qualità della comunicazione operativa.
Per fare vera comunicazione operativa occorre volere comunicare bene ma anche ripulirsi dal timore di sbagliare o decidere male perché non abbiamo tutta la vita a disposizione per decidere. La vera paura deve essere non decidere. Si tratta di entrare a far parte di un’élite, sia per lo spessore delle persone che si comandano che per la volontà di saper tirare fuori il meglio di sé e degli altri.
Occorre comprendere che in realtà ciò che rende “speciale” un team, ancora prima che le azioni compiute, sono i tipi di atteggiamenti mentali. Il grado di concentrazione e di qualità del pensiero che precede l’azione, la capacità di vedere se stessi e saper diventare “archetipi” di un modo di essere, persone speciali, membri di un team, dedicati a una causa nobile. Questo è il fine ultimo decisivo di ogni percorso serio di crescita personale.
Copyright Daniele Trevisani. Tema “Crescita Personale e Leadership” – Dal libro
La chiarezza dei ruoli come fattore critico del successo aziendale
La chiarezza dei ruoli è un elemento di successo aziendale e di pulizia mentale per la persona. Ruoli chiari producono sempre maggiore efficienza ed efficacia.
Noi agiamo sempre in base a qualche teoria. Che ce ne rendiamo conto o meno, esiste una teoria per il fatto di lavarsi la faccia la mattina (teoria che l’atto di lavarsi il viso porti ad una maggiore rapidità di risveglio), sino alle teorie più complesse ed elaborate.
Anche i leader seguono teorie, che se ne accorgano o meno. Teorie che governano ogni loro azione come leader, che si tratti di come riprendere un errore (rimproverando bruscamente o sotto forma di feedback cortese), o distribuire deleghe (per iscritto oppure di persona). Ogni cosa che facciamo è governata da teorie implicite. Esplicitarle, farle uscire allo scoperto, ci farà molto bene.
Principio 13 – Riconoscimento delle teorie implicite sulla leadership, motivazione e direzione
La possibilità di crescita personale è correlata:
al riconoscimento delle teorie implicite che governano il proprio agire;
alla capacità di mettere in discussione le teorie implicite e ricercare vettori di miglioramento nei campi ove questo sia possibile, anche quando il miglioramento costringe a dolorose (o gradevoli) ristrutturazioni cognitive, e alla modifica delle credenze personali, creando una maggiore chiarezza dei ruoli di vita e ruoli professionali che la persona interpreta.
I critical incidents e la chiarezza dei ruoli
La necessità di dedicarsi alla fissazione dei ruoli e dei confini è sempre presente, ma emerge in modo prepotente quando si presentano critical incidents, momenti di realtà particolarmente impattanti, che evidenziano le lacune e la cattiva separazione di ruoli, o una falla nella teoria organizzativa e comunicativa in uso.
Un critical incident può essere la perdita di un importante cliente senza che ne siano chiare le ragioni, un grave conflitto interno all’azienda o tra due persone, e qualsiasi situazione particolarmente difficile da gestire che sfugge al controllo quando utilizziamo le nostre teorie abituali sull’agire.
Massimo è un consulente progettista di formazione aziendale. È leader di un progetto di miglioramento per l’Associazione degli Industriali di una provincia italiana. In questa provincia esiste una discreta vocazione turistica, e un buon tessuto industriale. La cultura aziendale media è basata sulla produzione e non vi sono livelli manageriali molto elevati.
Una delle caratteristiche notate da Massimo è che nel catalogo dei corsi formativi dell’Associazione si trovano corsi di videoscrittura o di contabilità di base (che ogni scuola di informatica è in grado di offrire) ma mancano completamente corsi sulla comunicazione, innovazione e tecnologie, dei quali vi sarebbe (a suo parere) estremamente bisogno, e che proprio un’Associazione dovrebbe proporre.
All’avvio dei contatti con il cliente, il consulente nota subito questa situazione di fondo. Propone quindi al direttore un accordo quadro dove il consulente si impegna a fornire all’Associazione un’esclusiva per le sue proposte nella provincia indicata. Le iniziative partono, il primo anno vengono proposti e attuati con successo corsi per la comunicazione nel’export in alcune aziende locali (con buona soddisfazione dei clienti), nel secondo anno vengono fatti partire corsi di comunicazione e tecnologie per disoccupati, i quali producono un altissimo tasso di adesione e di occupazione per i ragazzi partecipanti. Il terzo anno viene lanciato un Master, organizzato da Massimo, su una nuova tematica di frontiera della comunicazione e tecnologie, in collaborazione con un’Università locale, in più vengono avviati progetti sperimentali in diverse aziende leader della provincia, con alta soddisfazione per i clienti. Dal quarto anno Massimo non viene più chiamato, le sue proposte non vengono più accolte. Il critical incident più forte accade quando un progetto di Massimo viene fatto circolare dall’Associazione presso altre associazioni, senza che egli percepisca il compenso pattuito per la divulgazione. Gli incontri di chiarimento e negoziazione si fanno sempre più fitti, ma il rapporto progressivamente decade. L’Associazione spiega chiaramente a Massimo che è pratica comune passarsi progetti tra associazioni, per trarne benefici reciproci. Dal quinto anno, il mercato della formazione in comunicazione nella provincia viene preso dai competitor dell’associazione, da associazioni imprenditoriali concorrenti con quella per cui lavorava Massimo.
Quali sembrano essere le teorie implicite che utilizza Massimo?
A cosa porta la loro applicazione?
Quali sembrano essere le teorie implicite del direttore dell’Associazione?
A cosa porta la loro applicazione?
Che cosa accade realmente nel critical incident e perché accade?
Formulare alcune possibili ipotesi evidenziando le dinamiche in corso.
Esercitazione di role-playing connessa al caso e analisi del tema della chiarezza dei ruoli.
Esercitazione 1: riprodurre in un role-playing il momento nel quale Massimo, dopo aver scoperto in internet che i suoi progetti sono stati divulgati ad altre associazioni, si incontra con il direttore per un chiarimento.
Esercitazione 2: creare un role-playing finalizzato alla fissazione dei ruoli e confini dei ruoli (role-setting), tra il direttore e Massimo, al termine del terzo anno.
[1] Caso reale ricavato sulla base di interviste in profondità sui critical incidents, svolte a progettisti italiani della formazione. Tema: chiarezza dei ruoli in azienda
Video e Feedback dal corso di Crescita Personale “Al Rifugio con l’autore – Comunicazione e Potenziale Umano” Feb 2020
Alcuni feedback di seguito, dal Corso di Crescita Personale “Al Rifugio con l’autore – Comunicazione e Potenziale Umano” Feb. 2020
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Mi porto a casa numerosi insight per me importanti. Le due giornate mi hanno fornito maggiore consapevolezza su criticità e sfide che sto affrontando nella vita professionale. In particolare ho scoperto l’importanza di:
Training Mentale
Grounding
Modello HPM
Stato di Flow
Ci sono molte altre cose che ho apprezzato, soprattutto l’articolazione dei concetti e il quadro sinergico delle varie componenti. Ho trovato risposte e soprattutto ho trovato un nome a molte cose che quotidianamente vivo.
Grazie, Ilaria.
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Cosa mi porto a casa da questa esperienza.
Il contatto con le persone
Il Modello HPM
Pranzi e Cene e le conversazioni durante pranzi e cene
La condivisione durante gli esercizi
La specificità di Daniele
La sua voglia di farti crescere
La sua capacità di fare sintesi fra discipline e teorie diverse
La sua capacità nei libri di sistematizzare conoscenze diverse.
Graziano
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La giornata di sabato mi aveva lasciato alcuni dubbi perchè non comprendevo appieno lo scopo delle esercitazioni in gruppo. Oggi è stato ben diverso e ho capito maggiormente alcuni punti importanti, tra cui i colori associati al vivere e alla modalità di comunicare.
Averne ragionato con alcuni compagni, mi ha chiarito alcune delle modalità che da oggi posso provare ad utilizzare.
Il confronto che ho avuto con te mi ha fato sentire fortunato e motivato.
Luca
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Sicuramente utilizzerò il metodo OUT-OF-BOX per liberare la mente, ho trovato molto utile la ruota della vita, mi ha fatto riflettere sui miei vari ruoli e su dove lavorare, inoltre la ruota mi è piaciuta molto come esercizio nella fase di condivisione.
La lezione di oggi fantastica, forse se fatta ieri sabato era meglio. Ho preso consapevolezza di molte mie paure ma soprattutto dei miei punti di forza.
Grazie di cuore!
Giovanna
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Porto a casa un piccolo bagaglio di esperienze fatte in queste due giornate che mi hanno illuminato su diversi aspetti del mio lavoro, di cui ora ho preso consapevolezza, e che avevo in parte rimosso o comunque messo in sordina.
Molto positivo il clima fra tutti gli appartenenti al gruppo e l’assenza per tutto il tempo di atteggiamenti giudicanti.
Grazie!
Fabio
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Cosa ho apprezzato del corso:
Ambiente, località, clima tra le persone
Coinvolgimento dei partecipanti
La possibilità di mettersi in gioco nel Public Speaking
Alcuni spunti per poter sviluppare le mie competenze di Coach
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Ho apprezzato:
Tecniche di rilassamento e Mental Training
Out of Box
Camminata Consapevole
Bioenergetica
Principi della comunicazione efficace
Tematiche importanti per me e per il mio lavoro, da approfondire sicuramente con altri corsi, trattandosi della mia prima esperienza.
Paola
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Cosa porto a casa dal Rifugio:
Voglia di crescere nelle mie competenze comunicative.
Una moltitudine di emozioni non conoscevo.
Un’analisi più profonda di me, dei miei ruoli e delle mie potenzialità.
Un sereno e costruttivo dialogo e confronto con il gruppo, un bel tempo insieme condividendo sfide e valori.
Dalla perfezione impossibile ai segmenti di soddisfazione: capsule spaziotemporali, frames, sensation windows
Per accrescere il proprio potenziale bisogna apprendere nuove abilità, e si tratta spesso di abilità sottili, sfuggenti, impalpabili.
Imparare ad apprezzare le “capsule spaziotemporali” è una delle aree di apprendimento del metodo HPM, centrale sia nei piani di crescita personale, che nello sviluppo delle prestazioni.
Una capsula spaziotemporale è un segmento del tempo e dello spazio dotato di significato proprio. Può trattarsi di pochi minuti di un incontro, o del segmento di tempo di un allenamento, o di un qualsiasi brano di vita. La vita è piena di stupende “capsule” non viste.
In una capsula o frame (finestra, brano di esistenza) possono trovarsi esperienze meditative o fisiche, riflessive, o invece molto attive e dinamiche, valori e significati, da vivere soli o in compagnia.
I sensation seekers (cercatori di sensazioni) sono alla continua ricerca di capsule spaziotemporali positive e ne traggono energie.
La matematica non è opinione.
Se vivi 2 momenti positivi la mattina, 1 al pomeriggio, e 1 alla sera, avrai avuto 4 momenti positivi nella giornata, al di là del loro contenuto. Se questo si ripete per almeno 5 o 6 giorni, avrai una settimana in cui prevalgono sensazioni positive. Se invece nella giornata hai avuto 1 evento negativo la mattina, 1 il pomeriggio, il vuoto esistenziale la sera, e nessun momento positivo di ricarica, avremo una sequenza di giornate che scaricano.
Alla fine della settimana, del mese, dell’anno, e della vita, saremo sempre più scarichi e rintanati in un guscio sempre più stretto. Al punto di non aver nemmeno più la voglia di guardare fuori, o peggio, la forza di cercare.
Ancora una volta, stiamo attenti a non confondere le capacità di rilassamento (un fatto in sé positivo, da apprendere e coltivare) con stasi, apatia e abulia, la perdita di voglia di vivere.
Le capsule non sono pastiglie da digerire per “tirare avanti”, ma momenti dotati di significato in sé e per sé. Hanno valore per come attivano le nostre sensazioni ed emozioni, e non come anestetico di altro che non va. Se ne hanno la proprietà, non è comunque questa la loro funzione.
Una capsula per qualcuno può essere un momento di allenamento in palestra o sul campo, “sentendo” un’attività intensa o che piace, una cena, la scrittura, la lettura di una lettera, o di un passaggio che colpisce in un libro, un momento di solitudine guardando il tramonto, una preghiera, un gioco, un dialogo profondo tra persone, o qualsiasi altro brano di vita dotato di significato proprio, persino uno sguardo.
Il semplice fatto che un momento di esperienza sia dotato di significati dovrebbe farci rizzare le antenne, visto che senza significati la vita muore e le energie mentali si annullano. Le capsule sono contenitori di significati.
Spesso si ricerca il senso compiuto all’interno della perfezione. Capsule di durata eterna, anziché di durata limitata e praticabile. Questa è una delle più grandi bestialità che un essere umano possa apprendere, e se gli capita di incamerare questo virus, farà bene a disfarsene prima possibile.
Il contrario è saper cogliere il dono limitato. Per dono limitato si intende nel metodo HMP una finestra di sensazioni (Sensation Window – SW), ad esempio la sensazione positiva che si prova quando siamo in presenza di persone che ci piacciono, in quel preciso momento, anche non potendo possedere illimitatamente il tutto, tutto il suo tempo, tutte le sue ore o minuti.
O ancora, la sensazione che può dare un allenamento, persino un brano di un allenamento (training experience), senza per forza dover vincere qualcosa, e dover diventare campioni per forza. Apprezzare il training, oltre che il risultato che ne può derivare, persino indipendentemente da esso, è una nuova forma di competenza.
Di fatto, siamo poco allenati a riconoscere e generare finestre di sensazioni positive, e ben allenati verso quelle negative. Questo produce danni psicologici e fisiologici.
Tra i fattori determinanti del lavoro sul potenziale umano: 1) far apprezzare alla persona i frames esperienziali di cui si compone un’esperienza allenante o formativa, 2) scoprire sensazioni nascoste anche nei momenti più piccoli o apparentemente insignificanti, 3) aumentare la capacità di cogliere, percepire e assaporare il fluire di sensazioni, 4) diminuire le passività e aumentare la capacità di costruire esperienze positive e di crescita.
Radicamento solido (grounding) e ali per volare
Le persone hanno bisogno di tante cose: cibo, acqua, amore, denaro oggetti, ma, ancora di più, hanno bisogno di radici su cui poggiare (grounding) e ali per volare, strumenti per raggiungere i propri scopi, sogni, aspirazioni, e non spegnersi.
Lavorare su entrambi i piani è il nostro credo fondamentale. È un lavoro diretto ad un potenziamento generale della persona, ad un suo radicamento solido, un ancoraggio su piattaforme salde, per poi poter guardare in alto.
È un rafforzamento indispensabile, necessità sulla quale non è bene chiudere gli occhi.
Questo bisogno è mosso da due grandi classi di motivi: (1) potenziarsi per il desiderio di raggiungere obiettivi che solo con energie elevate possiamo toccare, (2) sviluppare la resistenza esistenziale, saper incassare, farsi forti e assorbire i colpi che arrivano con forza, quanto più la vita si fa complessa e competitiva, e centrano l’individuo da ogni lato (fisico, psicologico, economico, esistenziale). Colpi a volte durissimi e imprevisti.
Gli unici a non subirli sono coloro i quali hanno abbandonato, sono protetti, o possono permettersi di non avere obiettivi. Anche per loro tuttavia, quando la situazione cambia, farsi trovare forti e preparati piuttosto che deboli e impreparati farà la differenza.
Per tutti gli altri, la giostra è aperta qui ed ora, non è possibile scendere, ma solo imparare a potenziarsi, capire cosa succede, prendere coscienza, smontare i meccanismi del gioco, prendere in mano qualche leva di comando, e governare il timone dell’imbarcazione che ci conduce.
Prepararsi e potenziarsi ha senso non solo peri l’oggi ma anche per un domani in cui vogliamo farci trovar pronti rispetto alle sfide che ancora non possiamo prevedere, l’imprevisto. E, come evidenzia l’umanista e scrittore francese Rabelais, verso il futuro è meglio essere preparati.
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