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Spunti e riflessioni sulla dinamica lavorativa

L’orizzonte che ci si prospetta dinanzi a noi è decisamente incerto, tenendo conto solo dei possibili scenari legati allo sviluppo tecnologico. Non ritengo necessario giungere a conclusioni affrettate, ma reputo indispensabile immaginare piccoli e semplici cambiamenti di cui siamo già stati “vittime” in passato.

Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale progredirà senza ombra di dubbio, come è sempre stato e sempre sarà per ogni strumento e tecnologia inventata dall’uomo. Abbiamo già vissuto durante le prime rivoluzioni industriali, processi di automazione della produzione che hanno portato ad una sostituzione dell’uomo con determinate macchine. Ma fino a che la produzione necessaria al sostentamento globale non sarà completamente automatizzata, quale futuro ci si prospetta di fronte a noi?

Quello che stiamo vivendo in questo periodo storico coincide, come dice Luciano Floridi, con la quarta rivoluzione (quella digitale). Contemporaneamente, ci stiamo avvicinando al concetto di Industria 4.0 ovvero un insieme di processi di automazione industriale mirati a migliorare le tecnologie di produzione e la qualità del lavoro.

Il concetto di industria 4.0 prende in considerazione il concetto di “fabbrica intelligente [1]”, che si compone di tre diverse parti:

1) Smart Production (produzione intelligente): consistono in nuove tecnologie in grado di creare maggior collaborazione tra uomo, macchina e strumenti produttivi.

2) Smart Service (Servizi intelligenti): consistono in una serie di infrastrutture informatiche e tecniche in grado di integrare sistemi e aziende in modo collaborativo.

3) Smart energy (energie intelligenti): ovvero l’utilizzo di risorse sostenibili.

Per rendere possibile questa rivoluzione dal punto di vista industriale, secondo il Boston Consulting ci sarà bisogno di tecnologie chiamate “abilitanti”: tra queste figurano sistemi avanzati di produzione, simulatori, dispositivi di realtà aumentata, Cloud, sicurezza informatica e Big Data Analytics.

Analizzando i requisiti e le componenti di tale processo innovativo, salta all’occhio come oltre ad i processi di automazione dei sistemi di produzione, giochino un ruolo di fondamentale importanza tutte le competenze e le informazioni legate al “digitale”.

Ma tali fabbriche intelligenti, dotate di macchine intelligenti, non ci rubano il lavoro: è più probabile che ci liberino da esso. Devono sostituirci nelle mansioni più faticose e pericolose, e anche in quelle che richiederebbero per noi uno sforzo mentale enorme.

Come dice Luciano Floridi nel suo saggio “La quarta rivoluzione [2]” sono state create in un “ambiente digitale” che permette loro di esprimersi seguendo leggi che noi stessi gli abbiamo imposto. Gli argomenti trattati all’interno del saggio li analizzerò nel quarto capitolo.

© Cpyright. Estratto dalla tesi di Laurea in Filosofia, Teorie e sistemi dell’intelligenza artificiale, a cura di Federico Malpighi. Alma Mater Studiorum Università di Bologna. Materiale pubblicato per fini didattici e di ricerca con il permesso dell’autore. Riproducibile solo con citazione della fonte originale.


[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Industria_4.0#cite_note-8 URL consultato in data 28 agosto 2020.

[2] Luciano Floridi, La quarta rivoluzione. Come l’infosfera sta trasformando il mondo, Raffaello Cortina Editore, 2014, p. 106.

La quarta rivoluzione

Luciano Floridi ha pubblicato un libro intitolato “La quarta rivoluzione” in cui si impegna a rispondere a domande generali riguardanti la comprensione dell’evoluzione dei sistemi informatici e di individuare e discutere i problemi legati ad essa. Per Floridi, il passaggio dalla carta al digitale ha portato il nostro essere a trasformarsi in qualcosa che egli definisce come “inforg” ovvero entità composte di informazioni, in grado di condividerle non solo tra umani ma anche con le macchine presenti.

«Stiamo lentamente accettando l’idea per cui non siamo agenti newtoniani isolati e unici, ma organismi informazionali, inforg, reciprocamente connessi e parte di un ambiente informazionale (infosfera), che condividiamo con altri agenti informazionali».

I risultati di tali “inforg” possiamo notarli con le generazioni nate dopo gli anni duemila: essi cercano di interagire con qualsiasi cosa come se questo disponesse di una predisposizione digitale. La differenza con le generazioni precedenti è concreta: la generazione X (che riguarda i nati tra il 1960 e il 1980) non ha la stessa predisposizione al digitale della seconda (la generazione Y, che riguarda i nati tra il 1980 e gli anni 2000), né tanto meno con l’ultima.

Questo divario generazionale, secondo Floridi, creerà problemi non solo dal punto di vista digitale, ma anche da quello sociale e culturale. E dal momento che trascorriamo sempre più tempo all’interno dell’infosfera, la nostra quotidianità sarà sempre più plasmata in base a ciò che succede a livello virtuale e digitale. Preoccuparsi del continuo distacco con la natura è un’azione ingiustificata: per Floridi se non possiamo competere con le macchine e gli algoritmi che sono in grado di codificare miliardi di dati al secondo, deteniamo ancora la caratteristica di poter comprendere i significati degli eventi che accadono intorno a noi.

In via definitiva stiamo tornando al discorso che avevamo intrapreso qualche capitolo indietro: significato ed intenzionalità sono gli attributi che ci rendono umani, al di sopra delle complessità mentali inferiori che possediamo rispetto ad una determinata intelligenza artificiale.

E nonostante questo, la nostra identità è sempre più orientata ad essere digitalizzata: onlife, come dice Floridi. La concezione che abbiamo di noi stessi è diventata quasi più importante sui vari social network piuttosto che nella vita reale, entrando in una sorta di” flusso continuo” fatto di messaggi istantanei, foto e video. Il trasferimento della nostra identità sul piano digitale ha, di conseguenza, portato un trasferimento delle situazioni reali sullo stesso piano: app per incontri, messaggistica istantanea, social media.

«Le micronarrazioni che produciamo e consumiamo stanno cambiando anche i nostri sé sociali e quindi il modo in cui ci percepiamo».[1]

Definire sé stessi risulta sempre più difficile in un mondo oramai sempre più condizionato da realtà parallele. Ma risulta quasi fisiologico, se accettiamo l’idea che stiamo vivendo una vera e propria rivoluzione, la quarta secondo Luciano Floridi. La prima è stata quella di Nicolò Copernico, che ha posizionato la terra non al centro dell’universo, facendo cadere la posizione centrale dell’uomo. Caduta la nostra centralità, ci siamo avvicinati alla seconda rivoluzione: nel 1859 Darwin pubblicò l’origine delle specie. Al suo interno, è presente la spiegazione secondo cui ogni essere vivente è l’evoluzione nel tempo da parte di progenitori comuni attraverso un processo di selezione naturale. Siamo passati da rivoluzione ad evoluzione, come ci fa notare Floridi.

«Questa volta fu la parola “evoluzione” ad acquisire un nuovo significato».[2]

Ma anche questa volta è avvenuto un nuovo spostamento: ci siamo allontanati dal centro del mondo naturale. La terza rivoluzione avvenne per mano di Sigmund Freud: egli sostenne che la mente umana è inconscia e soggetta a meccanismi di difesa come quello della repressione. Ennesimo spostamento, questa volta dal centro della coscienza verso la parte più buia della nostra mente.

La linea comune di queste rivoluzioni è stata il progressivo allontanamento della posizione centrale dell’uomo rispetto a diverse concezioni: non siamo al centro dell’universo, né al centro del mondo biologico, né tanto meno al centro della nostra stessa volontà. La quarta rivoluzione che stiamo vivendo, senza rendercene pienamente conto ed aspettando un evento significativo che non è detto si realizzi, è quella digitale. La posizione centrale dell’uomo in questo ambito è stata determinata dal fatto che la nostra intelligenza e capacità di ragionamento non potesse mai essere superata. Ma ci siamo decentralizzati anche da questa primarietà.

«Turing ci ha deposto dalla posizione privilegiata ed esclusiva che avevamo nel regno del ragionamento logico, della capacità di processare informazioni e di agire in modo intelligente. Non siamo più gli indiscussi padroni dell’infosfera. I nostri dispositivi digitali svolgono un numero crescente di compiti che richiederebbero da parte nostra una certa attività intellettuale se ci fossero affidati».[3]

Se consideriamo le aspettative sull’intelligenza artificiale e le varie ipotesi distopiche formulate a riguardo, è chiaro come la nostra immaginazione si sia lasciata andare, inghiottita all’interno di un universo fantascientifico. Non è assolutamente un male, ma dobbiamo confrontarci con la realtà: la trasformazione che stiamo vivendo non è da considerarsi dal punto di vista biotecnologico all’interno del nostro corpo, quanto piuttosto come la trasformazione dell’ambiente in cui viviamo e delle varie implicazioni che ne derivano.

© Cpyright. Estratto dalla tesi di Laurea in Filosofia, Teorie e sistemi dell’intelligenza artificiale, a cura di Federico Malpighi. Alma Mater Studiorum Università di Bologna. Materiale pubblicato per fini didattici e di ricerca con il permesso dell’autore. Riproducibile solo con citazione della fonte originale.


[1] Luciano Floridi, La quarta rivoluzione. Come l’infosfera sta trasformando il mondo, Raffaello Cortina Editore, 2014, p. 72.

[2] Luciano Floridi, La quarta rivoluzione. Come l’infosfera sta trasformando il mondo, Raffaello Cortina Editore, 2014, p. 101.

[3] Luciano Floridi, La quarta rivoluzione. Come l’infosfera sta trasformando il mondo, Raffaello Cortina Editore, 2014, p. 105.

Quali risorse per la comunità ?

Per città intelligente (smart city) si intende una serie di strategie architettoniche ed urbanistiche volte ad ottimizzare e innovare i vari servizi pubblici presenti sul suolo cittadino, in modo da creare un saldo legame tra infrastrutture e le persone che abitano un determinato luogo.

Come riportato in un articolo di Gaia Gasparetto intitolato “Smart cities e Intelligenza Artificiale: applicazioni e tendenze”[1] una città intelligente sarebbe in grado di offrire ai propri abitanti un’alta qualità di vita a fronte di un consumo minimo delle risorse. Gli obiettivi primari per la realizzazione di tali progetti sono molteplici: in primis la” costruzione” di ambienti più puliti e sani, tramite l’evoluzione di sistemi quali bike e car sharing e dei sistemi di trasporto pubblico.

Ciò darebbe la possibilità agli abitanti di trasferirsi comodamente all’interno della città senza fare uso di mezzi propri, diminuendo il traffico ed aumentando la qualità dell’ambiente. La prerogativa per l’utilizzo dell’IA in ambito urbanistico riguarda principalmente un’infrastruttura di rete affidabile, sia hardware che software, per ottenere le migliori soluzioni possibili nel minor tempo possibile.

L’algoritmo sarebbe in grado così di fornire risposte a domande specifiche come ad esempio” dove costruire una zona verde” oppure” qual è la strada migliore per una nuova linea di trasporto pubblico”. Oggigiorno, l’IA viene già utilizzata (ad esempio a Singapore[2]) per creare delle mappe del calore della qualità dell’aria, attraverso il calcolo in tempo reale dei valori inquinanti.

In questo modo è possibile avere un quadro completo su quelle che possono essere le ripercussioni anche sulla salute delle persone. Altri esempi di applicazioni che vengono riportate nell’articolo riguardano il controllo dei parcheggi, la sicurezza pubblica e la raccolta dei rifiuti. Il controllo dei parcheggi avviene anche nelle principali città italiane, dato che negli spazi predisposti è possibile notare un tabellone luminoso che indica quanti posti sono ancora disponibili per la sosta.

L’evoluzione di tale sistema permetterebbe un maggiore scambio di dati tra gli utenti sulle automobili e il software di gestione del parcheggio: ciò garantirebbe, oltre che ad una precisa gestione dei posti auto, anche un miglioramento per quel che riguarda la gestione del traffico cittadino. Per quanto riguarda la pubblica sicurezza non dobbiamo escludere che ad un aumento di essa possa coincidere anche una diminuzione della nostra libertà, seppur in modo indiretto.

Telecamere per il riconoscimento facciale, microfoni per quello vocale, sono tutti strumenti che presentano due facce della stessa medaglia. Vanno a colpire la privacy personale di un libero cittadino, che non ha compiuto nessun crimine, così come sono di fondamentale importanza nella ricerca di un sospettato. Per quanto riguarda il monitoraggio in tempo reale, negli Stati Uniti esiste un sistema chiamato ShostSpotter, in grado di localizzare, tramite sensori acustici e microfoni, colpi di arma da fuoco e segnalarli direttamente alle forze dell’ordine.

Nel 2016 tale sistema ha segnalato ben 74.916 casi di colpi di arma da fuoco nei soli Stati Uniti.[3] Infine, sempre tenendo conto di un incremento della trasmissione dei dati, la raccolta dei rifiuti potrebbe subire un incredibile miglioramento: ipoteticamente, sarà possibile creare nuovi percorsi di raccolta, una gestione più precisa dei livelli di rifiuti presenti nelle strade, ed infine una migliore gestione del processo di riciclaggio.

Oggi giorno in Italia esistono i cosiddetti cassonetti intelligenti, in grado di monitorare in tempo reale sia la corretta raccolta differenziata, sia la capienza del cassonetto. Per usufruirne è necessaria una carta magnetica, collegata ad un domicilio: questo porta anche ad una maggiore responsabilizzazione degli utenti.[4]

Come riportato dall’autrice dell’articolo Gaia Gasparetto, nel prossimo futuro la rivoluzione urbanistica legata alle smart cities sarà dirompente e dovremmo essere pronti a gestire questi sistemi in modo saggio e pragmatico.

© Cpyright. Estratto dalla tesi di Laurea in Filosofia, Teorie e sistemi dell’intelligenza artificiale, a cura di Federico Malpighi. Alma Mater Studiorum Università di Bologna. Materiale pubblicato per fini didattici e di ricerca con il permesso dell’autore. Riproducibile solo con citazione della fonte originale.


[1] https://namu.io/smart-cities-intelligenza-artificiale/ URL consultato in data 29 agosto 2020.

[2] https://www.businesstimes.com.sg/opinion/the-ai-way-to-cleaner-air-for-smart-cities URL consultato in data 29 agosto 2020.

[3] https://namu.io/smart-cities-intelligenza-artificiale/ URL consultato in data 23 agosto 2020.

[4] https://www.nonsprecare.it/cassonetti-intelligenti-raccolta-rifiuti URL consultato in data 27 agosto 2020.

Quale futuro per la nostra salute ?

In un recente articolo pubblicato dal The Journal of AMD, intitolato Intelligenza Artificiale e Big Data in ambito medico: prospettive, opportunità, criticità. JAMD Vol. 21-3, Nicoletta Musacchio e i suoi collaboratori hanno evidenziato l’evoluzione e l’incredibile aumento delle informazioni digitali, raddoppiate in quasi ogni ambito negli ultimi 2 anni.

Conseguentemente a questo aumento, siamo arrivati ad avere una mole non indifferente di dati, che sono stati definiti come Big Data. Essi sono caratterizzati da quattro componenti, rappresentate dalla lettera “V”: volume, velocità, varietà ed infine veridicità. I Big Data li troviamo oggigiorno anche in ambito medico sanitario, grazie allo sviluppo di quattro differenti fenomeni.

In primis lo sviluppo della diagnostica per immagini digitali, che sta prendendo il posto alle antiquate tecniche di diagnostica analogica. Collegato a ciò, ci sono ovviamente le nuove tecniche di reportistica digitale: tutti noi disponiamo di cartelle e fascicoli elettronici sanitari su cui vengono pubblicati gli esiti delle visite mediche a cui ci sottoponiamo.

Gli altri due punti riguardano temi differenti: lo sviluppo delle biotecnologie impiegate nelle scienze riguardanti la genomica e la trascrittomica; e l’esplosione di quello che viene definito come “Internet of things” (IOT). Il primo di questi due fenomeni riguarda l’indagine che viene effettuata sulle cellule ad un livello sempre più microscopico: l’analisi di ciò e l’elaborazione dei dati ricavati portano alla creazione di un ingente mole di dati.

Infine, l’esplosione delle IOT riguarda l’evoluzione tecnologica che stiamo vivendo ad un livello molto più ampio rispetto al solo settore della sanità (sia essa pubblica o privata). Passare dall’IOT al IOMT (ovvero l’Internet of medical things) è un passo molto più breve di quanto si pensi: basti pensare ai moderni orologi da polso, in grado di tenere conto dei battiti cardiaci, della temperatura corporea e dei movimenti che compiamo in ogni singolo istante.

La vera rivoluzione in ambito di intelligenza artificiale applicata in ambito medico è e sarà sempre di più il machine learning: la capacità di un software di simulare ragionamenti sulla base dei dati forniti permetterà la generazione di modelli predittivi. Tali modelli tramite l’utilizzo di dati storici potranno prevedere eventi futuri (come l’insorgere di malattie). Esistono due differenti modelli: quelli trasparenti e quelli denominati “black box”.

I primi hanno la caratteristica di evidenziare i parametri su cui basano la loro previsione, passando così dall’essere predittivi a “prescrittivi”. Il modello “black box”, a contrario, ci fornisce sì una risposta ma non ci fornisce alcuna giustificazione a riguardo. Questa è una delle criticità legate all’utilizzo dell’intelligenza artificiale in ambito medico: affinché il sistema possa funzionare correttamente dobbiamo disporre di requisiti fondamentali come la qualità, la validità e il corretto utilizzo dei dati a nostra disposizione.

Alcuni di essi provengono da piattaforme che originariamente erano state dedicate a ben altri scopi. Sempre rimanendo in tema di dati, l’importanza fondamentale è che siano digitalizzati: negli archivi sono presenti ancora decine di migliaia di cartelle cliniche inutilizzate a questi scopi.

Ovviamente raccogliere ingenti quantità di informazioni cartacee e racchiuderle in un database è un lavoro molto impegnativo, che deve garantire anche la privacy delle persone interessate. È chiaro ora come l’intelligenza artificiale possa essere di estremo aiuto per le funzioni quotidiane e per l’implementazione di nuovi sistemi sanitari complessi, tuttavia affinché essa possa davvero essere efficiente, è necessario preparare una base solida su cui poter erigere un sistema di tale complessità.

© Cpyright. Estratto dalla tesi di Laurea in Filosofia, Teorie e sistemi dell’intelligenza artificiale, a cura di Federico Malpighi. Alma Mater Studiorum Università di Bologna. Materiale pubblicato per fini didattici e di ricerca con il permesso dell’autore. Riproducibile solo con citazione della fonte originale.

Il bene come scopo dell’etica

Secondo Aristotele, ciò a cui mira l’etica è il bene umano: per gli uomini in generale, è individuato nella politica, nella vita collettiva e anche nella vita individuale. In quest’ultima, uno dei fini a cui è possibile puntare è sicuramente la felicità. Dunque, l’etica è la scienza delle azioni che conducono l’uomo alla felicità.

La felicità consiste nell’esercitare al meglio la funzione che è propria dell’uomo, realizzando la virtù ovvero l’eccellenza o la perfezione. L’etica Niconomachea spiega l’etica dal punto di vista di Aristotele, componendo il discorso in dieci libri.

L’opera ha inizio tramite la spiegazione che l’attività dell’uomo ha come proprio fine il bene. Il fine e bene ultimo, viene identificato come il Sommo Bene.

Per ogni vivente, il sommo bene è la felicità e poichè questa è perseguita da tutti gli uomini, la determinazione del suo concetto è compito della scienza politica, che costituisce per Aristotele il vertice stesso dell’etica.

La definizione di concetto di felicità relativo all’uomo singolo deve fondarsi sulla natura stessa dell’uomo. Ora, poichè l’uomo è un essere razionale, la felicità per lui non può prescindere dall’esercizio della sua facoltà principale, che è la ragione. Quando essa viene usata correttamente, da origine a quella che viene definita come virtù dianoetiche:

  • Arte, ovvero la capacità di produrre un qualsiasi tipo di oggetto
  • Saggezza, ovvero la capacità di ragionare in modo razionale sulle questioni riguardanti buono e cattivo
  • Intelligenza, ovvero la capacità di cogliere le origini di tutte le cose
  • Scienza, ovvero la capacità di dimostrare e verificare
  • Sapienza, ovvero la capacità di conoscere come unico fine, senza necessariamente riversare queste conoscenze nella produzione di oggetti reali

Quando invece la ragione contiene sentimenti e pulsioni, nascono le virtù etiche o morali. Esse sono i frutto delle abitudini di comportamento in maniera misurata e moderata e l’uomo diventa virtuoso scegliendo il giusto mezzo tra gli estremi.

La principale virtù etica è la giustizia. La giustizia legale rappresenta per Aristotele la virtù intera e perfetta per quanto riguarda i rapporti con gli altri. L’uomo che rispetta tutte le leggi imposte è necessariamente un uomo virtuoso.

Esiste anche la giustizia particolare, che consiste nell’agire in vista di un guadagno per quanto riguarda i rapporti con gli altri. Ne esistono due diversi tipi:

  • Distributiva
  • Commutativa

Quella distributiva è quella che distribuisce a tutti secondo i propri meriti. Quella commutativa mira a pareggiare i vantaggi e gli svantaggi tra le persone coinvolte.

Esiste qualcosa di incorruttibile ed eterno ?

Aristotele sostiene che ognuno di noi abbia esperienza del divenire infinito del tempo. Porsi delle domande su ciò che viene prima e ciò che ci sarà dopo è solamente un interrogativo che riguarda una realtà temporale, cosi come lo sarebbe la risposta a tale domanda.

Il tempo è divenire eterno nel passato, nel presente e nel futuro.

Il primo motore non è un generatore di vita, perchè il mondo è eterno, Una volta dato il primo motore, di conseguenza otterremo anche il mondo ed il divenire del tempo. Se Dio è motore primo, attrae a sè, come causa finale, tutta la realtà.

Queste sono le condizioni per il quale può sussitere un divenire eterno:

  • Deve esistere una causa altrettanto eterna che muove il divenire eterno
  • La causa che muove deve essere immobile, perchè se si muovesse avrebbe bisogno a sua volta di un’altra causa che ne spieghi il movimento.
  • Il principio primo che muove deve essere in atto, o meglio, deve essere atto “puro”. Se muovesse in potenza, potrebbe anche non muovere. Il divenire del tempo è la prova che il motore muove in atto.
  • La sostanza che muove tutto deve essere pura forma e cioè priva di materia, perchè dove sussiste materialità c’è potenzialità.
  • Il principio che muove tutto è un motore immobile. Come può muovere restando immobile ? Muove come oggetto d’amore.
  • Il motore primo non è perciò causa efficiente, ma finale.

Più precisamente il primo motore immobile muove direttamente il primo cielo, cioè il cielo delle stelle fisse. Il movimento degli altri pianeti è prodotto da 47 o 55 motori che muovono tutti come il primo motore.

Riflessioni sull’etica delle macchine

Questi sette punti sono stati stilati sulla base di tre diversi presupposti che una qualsiasi intelligenza artificiale deve possedere: legalità, eticità e robustezza. Legalità significa che deve attenersi alle regole e alle leggi presenti e future.

Eticità che deve fare riferimento a principi etici e morali in accordo con quelle che sono gli obiettivi di coesione sociale ed integrazione promulgati dalla comunità europea. Infine, la robustezza sia tecnica che sociale, che renderà l’intero sistema uno strumento sicuro da utilizzare (sistemi di intelligenza artificiale potrebbero causare gravi danni seppur non intenzionali).

I sette punti elencati non devono essere visti come delle regole fisse a cui ogni macchina deve attenersi, quanto piuttosto una linea guida da seguire per la creazione di una legislazione che possa essere usufruibile in futuro[1].

  • Azione e sorveglianza umane: i sistemi di IA dovrebbero promuovere lo sviluppo di società eque sostenendo l’azione umana e i diritti fondamentali e non dovrebbero ridurre, limitare o sviare l’autonomia dell’uomo.
  • Robustezza e sicurezza: per un’IA di cui ci si possa fidare è indispensabile che gli algoritmi siano sicuri, affidabili e sufficientemente robusti da far fronte a errori o incongruenze durante tutte le fasi del ciclo di vita dei sistemi di IA.
  • Riservatezza e governance dei dati: i cittadini dovrebbero avere il pieno controllo dei propri dati personali e nel contempo i dati che li riguardano non dovranno essere utilizzati per danneggiarli o discriminarli.
  • Trasparenza: dovrebbe essere garantita la tracciabilità dei sistemi di IA.
  • Diversità, non discriminazione ed equità: i sistemi di IA dovrebbero tenere in considerazione l’intera gamma delle capacità, delle competenze e dei bisogni umani ed essere accessibili.
  • Benessere sociale e ambientale: i sistemi di IA dovrebbero essere utilizzati per promuovere i cambiamenti sociali positivi e accrescere la sostenibilità e la responsabilità ecologica.
  • Responsabilità intesa anche come accountability: dovrebbero essere previsti meccanismi che garantiscano la responsabilità e l’accountability dei sistemi di IA e dei loro risultati.

Un’intelligenza artificiale accuratamente programmata secondo queste “leggi” sarebbe un grosso passo in avanti per l’uomo, oltre che ad un supporto alla società ineguagliabile.

L’aiuto che può essere offerto riguarderebbe le più svariate forme: dalla medicina, all’ambiente, passando per l’organizzazione delle città (le cosiddette smart cities) e il mondo del lavoro. Esaminiamo ora alcune di queste questioni.

© Cpyright. Estratto dalla tesi di Laurea in Filosofia, Teorie e sistemi dell’intelligenza artificiale, a cura di Federico Malpighi. Alma Mater Studiorum Università di Bologna. Materiale pubblicato per fini didattici e di ricerca con il permesso dell’autore. Riproducibile solo con citazione della fonte originale.


[1] https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/news/ethics-guidelines-trustworthy-ai, URL consultato in data 28 agosto 2020.

Riflessioni sulla singolarità

L’idea della possibilità dell’avvento della singolarità tecnologica sull’uomo ha sicuramente stimolato la fantasia di diverse persone, fino ad arrivare alla creazione di un credo, il singolaritanismo: coloro che seguono questa concezione di filosofia morale (i singolaritanisti) credono si debba perseguire come scopo il raggiungimento della singolarità tecnologica.

Uno dei maggiori esponenti di questo movimento è Eliezer Yudkowsky, che ha pubblicato un saggio intitolato Singularitarian Principles[1], in cui elenca le principali qualità che definiscono un singolaritanista: in primo luogo la credenza che la singolarità sia possibile e realizzabile. Come secondo punto, un singolaritanista lavora attivamente per il raggiungimento dello scopo finale. Terzo punto, un singolaritanista vede questo raggiungimento come qualcosa di assolutamente reale e non mistico: nessuno crede sia fantascienza.

Infine, come ultimo punto, un esponente di tale movimento crede che la singolarità tecnologica possa essere un bene per chiunque nel mondo, e che essa non dovrebbe essere usata a beneficio di un ristretto gruppo di persone. Giunti a questo punto della spiegazione, è giusto sottolineare come i giudizi che ruotano attorno a tale credenza o movimento (seppur piccolo) siano due: da una parte chi crede sia possibile, dall’altra chi assume sia come aspettarsi l’arrivo di una salvezza divina in ottica “nerd”.

Partiamo dall’approccio più positivo dei due: Eliezer Yudkowsky, fondatore del Machine Intelligence Research Institute (MIRI), è conosciuto per supportare l’idea di un’intelligenza artificiale “amichevole” o friendly artificial intelligence in inglese. Tale IA porterebbe solamente a dei vantaggi per l’uomo, e non potrebbe recare nessun danno; motivo per cui è strettamente legata all’etica delle intelligenze artificiali, ma è presente una differenza: mentre l’etica dell’IA si concentra maggiormente a come debba comportarsi, la friendly IA si concentra su come applicare questo comportamento alle funzioni che deve compiere.

Bisogna precisare che il termine “friendly” non si riferisce tanto alla colloquialità che una macchina può avere o meno, ma riguarda maggiormente il punto di vista della sicurezza e dell’utilità che essa può avere. A contrario di un’intelligenza artificiale amichevole, potremmo involontariamente costruirne una con caratteristiche opposte, come esposto precedentemente nei pericoli derivanti dalla singolarità tecnologica. Come affermato anche da Nick Bostrom, è necessario che gli scopi di una superintelligenza siano in linea con quelli del genere umano altrimenti la situazione potrebbe diventare davvero molto pericolosa per noi.

Tutto ciò ammesso che sia possibile realizzare una tecnologia del genere: esponenti come Federico Faggin[2], dubitano fortemente che l’intelligenza artificiale sia in grado in un futuro prossimo, di mettere in pericolo l’uomo.  Lo stesso Faggin, inventore del microprocessore, in un’intervista[3] dichiara impensabile l’idea che una macchina riesca a sostituire l’uomo, a causa del fatto che manca di coscienza. Il suo punto di vista è ben delineato: l’intelligenza artificiale è sì il futuro, ma va utilizzata a suo avviso con l’ausilio di un’intelligenza umana.

L’artificiale non può isolarsi e pretendere di essere al pari dell’essere umano perché, dice Faggin, manca di empatia: l’idea di base è quella di creare un sistema in cui le macchine svolgano quelle attività meccaniche meglio di un essere umano, ma sempre con la sua supervisione, fino ad arrivare alla creazione di beni comuni usufruibili da più persone possibili. Tornando al discorso di Nick Bostrom, su quanto sia necessario allineare gli scopi dell’intelligenza artificiale a quelli degli uomini, ritengo doveroso menzionare il programma dell’Unione Europea sulle Linee Guida Etiche sull’intelligenza artificiale.

© Cpyright. Estratto dalla tesi di Laurea in Filosofia, Teorie e sistemi dell’intelligenza artificiale, a cura di Federico Malpighi. Alma Mater Studiorum Università di Bologna. Materiale pubblicato per fini didattici e di ricerca con il permesso dell’autore. Riproducibile solo con citazione della fonte originale.


[1] Ray Kurzweil, La singolarità è vicina, Apogeo Education, 2005, p.500-501.

[2] Federico Faggin è un fisico, inventore ed imprenditore italiano.

[3] https://www.dday.it/redazione/32976/federico-faggin-robot-intelligenza-artificiale, URL consultato in data 25 agosto 2020.

Cause e mutamenti di Aristotele

Aristotele passa alla ricerca dei principi e della cause della natura, e utilizza come punto di partenza la fisica per il fatto che essa precede tutte le cose.

Cosa rende possibile il mutamento ?

Per Aristotele i mutamenti avvengono in quattro diversi modi:

  • Mutamenti di sostanza, ovvero di generazione e corruzione, come il nascere e il morire
  • Mutamenti di quantità, ovvero di accrescimento e diminuzione
  • Mutamenti di qualità, ovvero di alterazione come di colore
  • Mutamenti locali, che riguardano il movimento vero e proprio, e vengono distinti in moti secondo natura e contro natura

La differenza infatti tra enti naturali ed enti artificiali riguarda il moto e la quiete. Solo gli enti naturali possiedono queste due caratteristiche.

Le quattro cause di Aristotele sono:

  • Causa materiale: la materia di cui è composta una cosa
  • Causa formale: la forma o il modello di cui è composta una cosa
  • Causa efficiente: ciò che ha prodotto la cosa
  • Causa finale: il fine che quella cosa deve realizzare, il motivo per cui è stata costituita

Cosmologia Aristotelica

Il mondo era concepito come qualcosa di unico, finito fatto di sfere concentriche, e diviso in due parti distinte. L’universo era pensato come l’unica cosa esistente, e perciò unico, nel quale valeva la teoria dei luoghi naturali: secondo questa teoria, ogni materia possibile doveva trovarsi in un determinato posto.

L’universo era pensato chiuso, ogni cosa era in esso, che era limitato superiormente dal cielo delle stelle fisse, oltre il quale non era presente nulla, nemmeno il vuoto. Ogni cosa è nell’universo, mentre l’universo non è in nessun luogo. Essendo chiuso, esso era anche finito, in quanto se fosse stato infinito sarebbe apparso soltanto come un’idea e non come una realtà attuale.

Era composto di sfere concentriche, intese come qualcosa di reale e non di ideale. Su queste sfere erano presenti stelle e pianeti. Al di sotto del cielo che comprendeva il Sole e la Luna, si trovava la terra immobile, al centro di tutto, con i suoi quattro elementi.

Possiamo quindi evidenziare due zone ben distinte:

  • la zona cosmica perfetta, composta dal mondo sopralunare, formato dall’etere, incorruttibile
  • la zona cosmica imperfetta, composta dal mondo sublunare, formato da terra, acqua, aria e fuoco

Vita e pensiero del filosofi di Stagira

Aristotele è nato a Stagira nel 384 a.C. circa,d al padre Nicomano, un medico, e da madre Festide. All’età di diciassette anni entrò a far parte dell’accademia di Platone vi rimase fino alla morte di quest’ultimo.

Nel 336, dopo svariate peripezie personali, Aristotele fonda ad Atene una scuola, nel giardino dedicato ad Apollo Licio, chiamata Liceo.

Logica e Dialettica

Aristotele è il vero inventore della Logica, ovvero della teoria dell’inferenza, o deduzione. Nel “De interpretatione” egli parla del discorso, in cui le cose sono dette con connessione: il soggetto è legato al predicato. I campi d’uso sono sia il linguaggio, che il pensiero, ma anche la realtà.

Il nome ed il verbo, presi singolarmente, non sono nè veri nè falsi, solamente il discorso può esserlo:

  • Verità significa uniformità del discorso
  • Falsità significa difformità del discorso

I principi logici del discorso sono due:

  • Principio di non contraddizione
  • Principio del terzo escluso

Il primo viene spiegato in questa maniera: “È impossibile che il medesimo attributo, nel medesimo tempo, appartenga e non appartenga al medesimo oggetto e sotto il medesimo riguardo”.

Il secondo, invece: “Dato un giudizio positivo ed uno negativo, di uguale soggetto e predicato, essi non possono essere ne veri ne falsi contemporaneamente, inoltre la verità di uno implica la falsità dell’altro e viceversa. Non c’è una terza possibilità”.

Il sillogismo è dato dalla relazione che sussiste tra tre giudizi, due dei quali sono presi come premesse, mentre il terzo è la conclusione. La correttezza e la verità del sillogismo non riguarda la verità delle premesse, ma solamente la necessità con cui la conclusione consegue da esse.

Tre figure del sillogismo

  • Figura 1: il termine medio funge da soggetto all’estremo maggiore e da predicato all’estremo minore
  • Figura 2: il termine medio funge sempre e solo da predicato degli estremi
  • Figura 3: il termine medio funge sempre e solo come soggetto degli estremi

La confutazione consiste nella deduzione di una conclusione che contraddica la tesi generale sostenuta da un interlocutore. L’induzione, invece, consiste nell’inferire da premesse particolari una conclusione universale, osservando che è valida solo se il primo estremo comprende tutti i particolari di quel tipo.

L’abduzione ha luogo quando il primo termine inerisce al medio, mentre non è chiaro se il “medio” inerisca al terzo, pur essendo ciò credibile allo stesso modo.

Il sillogismo scientifico avviene quando le premesse prime sono vere e causa della conclusione. Dalla verità delle premesse abbiamo la verità della conclusione. Infine, esiste la dimostrazione per assurdo: dimostra un enunciato assumendo come premessa la negazione di essa e, unito con una premessa vera, giunge ad una conclusione impossibile perchè contraddice un altro enunciato che si sa essere vero.