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Video ispirato dal libro “Negoziazione Interculturale”, video su “Negoziazione Interculturale e Comunicazione Interculturale”, di Daniele Trevisani
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A seguire: Estratto dal testo. Copyright dott. Daniele Trevisani, Franco Angeli editore

copertina negoziazione interculturale - grande

La comunicazione che funziona vs. l’incomunicabilità: le ripercussioni sulle performance aziendali e sui rapporti personali

L’incomunicabilità è la condizione che impedisce alle persone di entrare in contatto profondo e condividere il pensiero. La comunicazione costruttiva si prefigge invece di attivare uno scambio significativo tra due o più menti per poter “costruire qualcosa assieme”.

L’essenza stessa della negoziazione è un tentativo di “costruire assieme,” mosso dalla necessità di “agire con” per raggiungere scopi che nessuna delle parti – da sola – è in grado di raggiungere (“agire senza”).

La necessità di dover cooperare porta le persone e le aziende a dover scambiare qualcosa, incontrarsi, e in un certo senso le obbliga a comunicare.

Moltissime persone, sul pianeta, sperimentano l’incomunicabilità ogni giorno, e desiderano passare ad una comunicazione più costruttiva, lo desiderano col cuore, ma non sanno come farlo. Mancano letteralmente gli strumenti operativi – nella scuola e nell’azienda – per affrontare sistematicamente il problema dell’incomunicabilità e dirottare le energie verso la comunicazione costruttiva.

Possiamo subito immaginare quali siano gli effetti di un incontro negoziale o di una relazione umana dominata dall’incomunicabilità: conflitto, incomprensione, disaccordo, ansia, distanza. Il nostro scopo è capire su quali leve agire per trasformare una possibile incomunicabilità in un incontro costruttivo.

Il problema dell’incomunicabilità tocca le sfere più diverse: lo vediamo nei rapporti tra marito e moglie, tra genitori e figli, tra docenti e alunni, tra amici, tra colleghi, tra aziende, ma – ad un livello superiore – tra religioni, nazioni, regioni diverse. Questo “mostro” agisce anche nel contatto tra aziende nei rapporti di business.

Le società del consumo, i mass media, la scuola, persino l’educazione familiare, lo alimentano quando bloccano l’espressione delle emozioni, e l’ascolto empatico, educando le persone ad essere sempre più individualiste, chiuse, egoiste, centrate solo su di sè.

Il risultato della crescita in una società emotivamente morta crea l’atteggiamento di chiusura: smettere di ascoltare e capire, irrigidirsi, divenire incapaci di essere flessibili e adattivi, di essere efficaci fuori dal proprio “spazio ristretto”.

Il problema dell’incomunicabilità si collega immediatamente a quello della performance e dei risultati del lavoro di gruppo nelle aziende.

Non esiste prestazione umana avanzata nella quale sia possibile agire da soli. Ovunque si operi con altri, avvengono micro-collisioni culturali.

Anche il più solitario dei navigatori deve concordare con i progettisti della barca le dotazioni e le strutture che vorrà avere a bordo, e avviene una micro-collisione di culture (marinaio vs. ingegnere), superabile solo con la ricerca di un intento comune e di un linguaggio comune. L’atleta negli sport individuali deve comunicare con il proprio coach in vari momenti della preparazione, dando anche qui spazio ad una micro-collisione culturale (atleta vs. metodologo).

Lo stesso accade in ogni negoziazione d’acquisto, ad esempio nell’acquisto di un corso di formazione, tra la cultura del pedagogista o formatore serio (risultati graduali e frutto di un percorso di crescita) e la cultura di un ufficio acquisti o un responsabile commerciale (risultati subito)

L’unica possibilità di cooperazione è data dalla ricerca di un traguardo comune. Questo richiede “smontare” le diversità, riconoscerle, farle uscire dal retrobottega della comunicazione e portarle sotto i riflettori.

Quando la comunicazione è bloccata, i gruppi e le relazioni smettono di funzionare e la performance cala o si annulla del tutto, nessun traguardo comune viene raggiunto.

Per far funzionare la comunicazione servono almeno due condizioni: (1) volontà di comunicare (apertura al dialogo) e (2) abilità comunicative (competenze comunicative). Entrambi i punti sono critici e la loro assenza o le lacune in uno o più fattori producono incomunicabilità.

Possiamo classificare ogni situazione comunicativa all’interno di una matrice, ove identificare sia le condizioni comunicative ottimali (volontà elevata di comunicare e alte capacità), che le condizioni peggiori (scarsa volontà e apertura al dialogo, e incapacità tecnico-metodologiche).

Ogni gruppo di persone accomunate da uno scopo diventa immediatamente team, squadra, e assume una nuova identità. Esiste l’identità del soggetto A, l’identità del soggetto B, e l’identità del team stesso, composto da A+B. Ogni squadra, come tutti sanno, può funzionare bene o male.

Se immaginiamo un team di persone (marito, moglie) o di manager (acquirente, compratore) o di funzionari (ambasciatori, delegati), possiamo chiederci quale sia la “performance” (prestazione) di questo team, intesa come capacità del gruppo di costruire qualcosa, concludere un progetto, o concretizzare un sogno.

Vediamo subito che questo team per funzionare deve comunicare, non può agire senza comunicare.

Il fenomeno della “rottura di performance” (performance breakdown) causato dalla incomunicabilità è tanto più evidente quanto meno sono le vie di fuga. Durante un litigio in azienda o in casa è possibile abbandonare fisicamente la situazione, uscire fisicamente dal setting, ma da una barca in pieno oceano, o da una astronave, o da un aereo di linea, non è possibile uscire fisicamente.

È proprio in queste situazioni estreme che sono state notate le più gravi ripercussioni delle incomunicabilità, sino alla morte di interi equipaggi, anche per semplici fraintendimenti tra comandante dell’aereo e torre di controllo, o litigi interni agli equipaggi che portano a distrazioni gravi dal compito primario.

L’incomunicabilità produce morte, le guerre e gli incidenti ne sono una manifestazione evidente. I fallimenti delle relazioni sono solo una espressione più sfumata, ma non per questo meno drammatica. Una separazione o un divorzio (in famiglia) o il fallimento di un importante contratto (in azienda) possono essere eventi traumatici.

Non esistono guerre che non siano precedute da fallimenti di relazioni – da importanti segnali di incomunicabilità – e quindi studiare l’incomunicabilità significa studiare i precursori del conflitto e del successo nei rapporti umani.

  • Copyright dal libro “Negoziazione Interculturale. Comunicazione oltre le barriere culturali”, di Daniele Trevisani
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