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From the research team of www.daoshi.it – Study material for martial arts and combat sports. A a case study of real street fight. Caso di studio per l’analisi di una reale aggressione in strada. Utile per l’analisi delle tecniche di difesa utilizzate da attacco da più persone e l’analisi del “comportamento del branco” dal quale difendersi.
Trasformarsi in un’arma
Di Daniele Trevisani www.studiotrevisani.it – Fulbright Scholar, esperto in Potenziale Umano, Psicologia e Formazione. Sensei 8° Dan Sistema Daoshi, Gruppo Facebook Praticanti di Arti Marziali e Sport di Combattimento in Italia
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© Articolo elaborato dall’autore, con modifiche, dal volume “Il Potenziale Umano” di Daniele Trevisani, Franco Angeli editore, Milano. Approfondimenti del volume originario sono disponibili anche al link www.studiotrevisani.it/hpm2
Questo articolo può essere copiato e riprodotto su siti web autorizzati, previa richiesta all’autore, purché sia mantenuta la citazione come segue: Articolo a cura di Daniele Trevisani, www.studiotrevisani.it – Non sono ammesse modifiche al testo.
Tecniche delle energie mentali e della motivazione: potenziare la mente nelle arti marziali e sport di combattimento, e il senso del “trasformarsi in un’arma”
La mente è il nostro organo più debole e forte allo stesso tempo. Può essere il migliore alleato di chi vuole vivere a pieno il suo viaggio nelle arti marziali e negli sport di combattimento. Ma occorre un metodo anche per coltivare le abilità mentali, e la coscienza profonda di cosa significa trasformarsi in un’arma
Esistono “tecniche” molto precise per il potenziamento delle facoltà mentali.
Queste tecniche – derise dagli ignoranti – vengono utilizzate da millenni nelle arti marziali e in diverse religioni, ma paradossalmente, proprio dalle arti marziali moderne sono via via sempre più dimenticate, per non parlare degli sport da ring dove vengono considerate superflue, salvo poi scoprire che un atleta ben preparato perde quasi sempre per motivi soprattutto psicologici e tattici, e non di forza muscolare.
Queste tecniche sono invece praticate al massimo livello dalla stragrande maggioranza dei vincitori olimpici in ogni disciplina. Ci sarà un motivo o no?
Caricare la mente
L’area più importante di analisi della psicoenergetica è la carica psicoenergetica. Sentirsi psicologicamente carichi è fondamentale.
L’aggettivo “psicoenergetico” si riferisce a ciò che nasce puramente da processi mentali o emozionali, e non da processi unicamente fisiologici.
Si tratta quindi di isolare l’energia autoctona dello spirito vitale, cercando di distinguerla da quella delle energie fisiche e biologiche. Un lavoro pionieristico e complesso su cui le conoscenze sono in fase davvero embrionale, lavoro difficile, ma per questo affascinante.
La carica psicoenergetica si riferisce alle energie psichiche che il soggetto riesce a produrre, separatamente dallo stato biologico e fisiologico.
Le energie mentali possono certamente essere condizionate dallo stato bioenergetico – ciascuno di noi può subire il condizionamento negativo che deriva dalla stanchezza, da un dolore fisico, dalla fame o sete, da uno squilibrio corporeo. Tuttavia, quando il corpo si trova in condizione di omeostasi, di relativa quiete, la componente mentale non è ferma. Essa può comunque trovarsi a fluttuare tra stati di carica energetica (positiva) o di mancanza di energia.
Il compito della psicoenergetica è di isolare i fattori che determinano queste fluttuazioni nella carica mentale, al di là del piano fisico. È necessario capire a quali fattori esistenziali si associano ai diversi livelli umorali, analizzare come ci si sente interiormente e come questo incide sulle nostre energie mentali.
Dobbiamo quindi analizzare prima di tutto i fattori di natura il più possibile isolata dalla condizione organismica fisica, quali l’autostima (ci sentiamo meglio o peggio ne vederci come artisti marziali o fighter?), l’autorealizzazione (ho un ideale di me stesso a cui puntare?), il desiderio di riscatto personale e di riscatto sociale (nelle arti marziali e sport di combattimento trovo la possibilità di esprimere ciò che in altri campi della vita non mi è possibile fare o non sono riuscito a fare?).
Quando – durante un anno di allenamento, o una giornata – ci si sente realizzati, motivati, sicuri di sé o piuttosto afflitti e avviliti? Quanto spesso demotivati, frustrati, o invece grintosi e forti? Questo incide certamente sulle energie totali dell’individuo e su questo punto si gioca larga parte dello sviluppo del potenziale umano.
Fissare come vorremmo essere: il sé aspirazionale come motore del nostro potenziamento
Un esercizio fondamentale di visualizzazione, che pratico con alcuni praticanti selezionati, è un esercizio di visualizzazione mentale. Iniziare a “vedere” mentalmente se stessi “come se fossimo e ci muovessimo nel modo che rappresenta davvero il mio ideale…”. Una variante, è visualizzare lo stato di forma fisica, una “fotografia mentale” di come vorremmo essere fisicamente, che funge da ancoraggio mentale per i nostri sforzi e il nostro impegno. Una variante ulteriore, è “vedersi in movimento” mentre si svolge una forma o un combattimento, sia nel modo peggiore possibile, che nel modo migliore possibile, poi discutere in gruppo che cosa esattamente c’è di diverso tra la variante “negativa” e goffa, e quella “positiva” o ideale.
Molto spesso in questi esercizi viene veramente fuori qualcosa di fondamentale: i punti specifici sui quali dover lavorare per migliorarsi.
Sul piano fisico, se riusciamo a fissare con forza, con estrema forza, un’immagine mentale fisica (il sé aspirazionale fisico), che rappresenta un nostro ideale, e fissarlo con decisione come un punto di arrivo, questo diventerà un “motore psicologico” fortissimo.
Sul piano mentale, se riusciamo a fissare con forza, con estrema forza, un’immagine mentale di come vorremmo sentirci, in allenamento o in gara (il sé aspirazionale psicologico), e fissarlo con decisione come un punto di arrivo, questo diventerà un “motore psicologico” fortissimo per allenarsi e “tendere” verso quello stato. Naturalmente questo deve essere uno stato positivo, qualcosa che ci faccia sentire bene.
A quel punto il dubbio se andare o non andare in palestra o nel Dojo la sera, o quando siamo stanchi, troverà un nemico potentissimo, l’immagine mentale “aspirazionale” che abbiamo di noi stessi e a cui vogliamo tendere. Questo fatto, oltretutto, è nemico mortale di un pericolo altrettanto mortale: la perdita di senso e di motivazione. Quando abbiamo fissato cosa vogliamo diventare, e verso cosa tendere, questa immagine mentale riempie di senso ogni nostra giornata, o ogni nostra attesa del prossimo allentamento, che diventa un “traghetto” verso quello stato ideale.
Sul “Trasformarsi in armi”
Esiste poi un altro punto fondamentale: noi non giochiamo a calcetto o a bocce. Impariamo arti che – senza tanti giri di parole – sono nate storicamente o per uccidere, o per difendersi, o per difendere altri.
Facciamo di queste arti un percorso di crescita personale, cerchiamo la componente mistica, trascendentale, e filosofica di questo percorso, e senza questa saremmo solo degli animali, ma non dobbiamo mai dimenticare l’origine vera del mondo marziale: combattere, diventare armi.
Su questo, vorrei esprimere il pensiero di un Samurai Naganuma Muneyoshi (1635-1690), che ha espresso molto meglio di quanto riuscirò mai a fare io, la sua opinione su questo fatto, del “trasformarsi in armi”.
Le armi sono strumenti di sventura.
La guerra è una faccenda pericolosa.
Se viene usata per risolvere i problemi del mondo ed eliminare la sofferenza della popolazione, è una guerra giusta.
Attaccare città che non si sono macchiate di alcuna colpa e uccidere persone innocenti è una guerra di rapina.
I predoni non vedono l’ora di mobilitarsi, mentre gli uomini nobili lo fanno solo quando è inevitabile.
Credo che sia chiara la coscienza che nessuno deve mai fare del male gratuitamente, il bullismo di chi si sente forte perché artista marziale o fighter è da ignoranti e va punito e perseguito come una piaga sociale, ma per i puri di cuore le armi sono strumenti di bene, non vanno usate se non come risorsa ultima, e solo per cause davvero nobili.
Credo che il senso del tutto sia sapere quanto e quando sia positivo diventare un arma che – pur nella nostra limitatezza di singole persone – può dare un contributo a risolvere i problemi del mondo e lottare contro la sofferenza, e mai si scaglierà contro bersagli sbagliati o innocenti.
Un arma che si tiene affilata, lubrificata, preparata, pur sapendo e sperando di non essere mai usata, ma che se occorresse, e – come sostiene Muneyoshi – solo quando è inevitabile, saprà fare ciò per cui si allena, e non si girerà dall’altra parte.
Dott. Daniele Trevisani
Note sull’autore:
dott. Daniele Trevisani, Fulbright Scholar, consulente in formazione aziendale e coaching in www.studiotrevisani.it – insignito dal Governo USA del premio Fulbright per gli studi sulla Comunicazione e Psicologia, è Master of Arts in Mass Communication alla University of Florida e tra i principali esperti mondiali in Sviluppo del Potenziale Umano.
In campo marziale e sportivo, è preparatore certificato Federazione Italiana Fitness, praticante di oltre 10 diverse discipline, Maestro di Kickboxing, Sensei (8° Dan DaoShi® Bushido), formatore di atleti e istruttori di Muay Thai, Kickboxing e MMA. E’ stato agonista negli USA nei trofei di Karate Open Interstile.
Ha realizzato docenze in oltre 10 Università Italiane ed estere, ed è il tra i principali esperti italiani nella ricerca sul potenziale umano e formazione.
Gli effetti positivi delle immissioni di energie dalle arti marziali alla vita quotidiana: quei 5 metri che cambiano la vita
Di Daniele Trevisani www.danieletrevisani.com – Fulbright Scholar, esperto in Potenziale Umano, Psicologia e Formazione per le Arti Marziali e di Combattimento. Sensei 8° Dan Sistema Daoshi http://daoshi.wordpress.com/ – Gruppo Facebook Praticanti di Arti Marziali e Sport di Combattimento in Italia
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© Articolo elaborato dall’autore, con modifiche, dal volume “Il Potenziale Umano” di Daniele Trevisani, Franco Angeli editore, Milano. Approfondimenti del volume originario sono disponibili anche al link www.studiotrevisani.it/hpm2
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© Daniele Trevisani
Quante volte ultimamente ti sei sentito veramente carico? E quante volte ti capita di non sentire in te l’energia che vorresti? Viene da chiedersi se le persone che non vivono e non praticano Arti Marziali e Sport di Combattimento siano pienamente in grado di comprendere, e se persino chi dovrebbe occuparsi di scienza lo fa. Nel mio lavoro di ricerca all’interno del metodo HPM (Human Performance Modeling) ho sviluppato un’analisi dei fattori che possono aumentare o diminuire le energie personali, traendole proprio dalla pratica delle Arti Marziali e Sport di Combattimento.
Ma come le discipline praticate incidono sulla vita quotidiana?
- cambiano lo stile di vita e lo stile alimentare, il tipo di allenamento svolto e la qualità dell’allenamento modificano il metabolismo e innumerevoli altri aspetti fisici
- cambiano lo stile di pensiero, la capacità di attivare il pensiero positivo
- aumentano la nostra sensazione di dominare un repertorio ampio di tecniche (senso di autoefficacia), quanto più ci inoltriamo nello studio di discipline diverse
- aumentano la nostra capacità ci concentrarci sui dettagli di esecuzione per perfezionarci, entro la nostra stessa disciplina, offrendoci una capacità di concentrazione sconosciuta ai più
- offrono un territorio da cui assimilare cultura e valori, senso di missione, spirito, forza e coraggio, valori solidi che in molti altri sport stanno scomparendo
- ci permettono di avviare progetti positivi e piani di crescita personale e stimolano la nostra progettualità positiva.
Ciascuna di queste 6 aree può essere considerata un “motore” di energie personali.
In termini di psicologia positiva notiamo che l’immissione di energia in una qualsiasi cella può apportare maggiori energie al sistema, e quindi riflettiamo sul fatto che esistono molteplici modi e strade, enormi opportunità, per poter accrescere le energie personali e fare coaching e formazione di qualità.
La liberazione da una catena, o “togliere un sasso dal proprio zaino”, può aprire le strade della volontà per una scalata ulteriore. In generale, le immissioni di energie in un certo stadio aumentano il livello di fiducia in se stessi, autostima e percezione di autoefficacia. Aumenta il senso di libertà.
Le arti marziali cambiano la vita
Le osmosi energetiche (passaggio di energie dal piano marziale/sportivo al piano della vita civile) portano ad una maggiore propensione generale dell’individuo verso l’assunzione di rischio positivo, di accettazione di sfide che prima il soggetto riteneva impensabili o troppo pericolose.
Per rischio positivo intendiamo azioni che non siano minate da un livello di aspirazione malato, superumano e maniacale, condotte col cuore ma anche con la ragione.
I livelli di aspirazione sono decisamente correlati alle energie circolanti.
Gli studi scientifici di Bresson individuano il livello di aspirazione come “il risultato che un soggetto si dà per un fine da raggiungere, in un compito che ammette diversi gradi di realizzazione”[1].
A bassi livelli di energie personali corrispondono bassi livelli di aspirazione. Le energie si abbassano drasticamente, e i compiti o goal che l’individuo sente di poter gestire si richiudono sempre più entro una nicchia, sino ad implodere, se la tendenza non viene invertita.
Quando mancano le energie, ogni rischio assume sembianze mostruose, persino lo scendere in strada, o l’incontrare altre persone. Al contrario, forti osmosi energetiche positive (contaminazioni positive tra energie fisiche, mentali, competenze, volontà) conducono alla voglia e consapevolezza di poter accettare sfide e rischi superiori, persino lanciarsi con un paracadute, o condurre una operazione chirurgia al cervello (per un medico), o accettare la sfida di avere figli in un mondo difficile (per ogni genitore), o iniziare a pensare di potersi laureare, per qualcuno che aveva rinunciato a questa idea non sentendosi all’altezza, e tante altre occasioni di crescita.
Quei 5 metri che cambiano la vita
Mi confronto costantemente con ragazzi e ragazze che, all’inizio, prima di praticare Arti Marziali o sport di Combattimento, hanno paura di tutto, sino alla paura (comprensibile a volte) ad attraversare la strada che va dal parcheggio al portone di casa la sera. Quando lo fanno tremano, corrono, si guardano dattorno, sperano che nessun maniaco o delinquente salti fuori dal buio. Con quello che si sente in giro, li capisco perfettamente, non sono paranoici, oggi il mondo è veramente pericoloso in molte città e a volte persino nei paesi e nelle case isolate.
Dopo alcuni anni di pratica seria, queste persone si sentono cambiate, sanno di poter contare maggiormente su di sé. fanno quei 5 metri con il sentimento interiore nuovo, di chi sa di non essere più un pulcino in mano ai coccodrilli, ma un combattente che può sicuramente dare filo da torcere. Smette di sentirsi vittima. Smette di avere paura di tutto. Inizia a vivere più pienamente.
Queste persone, non sono diventate né spavalde ne stupide, solo più forti nel corpo e nella mente. E questo si riverbera sul maggiore dominio che hanno sulla loro vita. Non mi pare poco.
Per questo motivo, nel metodo HPM, quando i canali per introdurre energie sono bloccati da un certo lato (poniamo i valori, o le competenze), è possibile sia teoricamente che concretamente aggirare questo ostacolo.
Potremo partire dalla base delle energie fisiche, o da altri canali aperti o apribili, per incrementare le energie totali del sistema. È un lavoro sperimentato e funzionante nella pratica, di cui troviamo crescente supporto nella pratica di tutti i giorni.
Avviare il lavoro, e sbloccare i meccanismi, è più importante che fare un lavoro ingegneristicamente perfetto ma – nei fatti – solo teorico, vuoto.
L’effetto di trascinamento e di osmosi positiva avrà riverberi sulla vita quotidiana.
Molte sfide che prima consideravamo impossibili sembreranno ora semplicemente difficili, ma non più impossibili. Molti progetti dei quali pensavamo di non poter essere degni, ci sembreranno più alla nostra portata. Avremo più dominio sulla vita e sugli eventi.
Se di questo siamo consapevoli, saremo certamente migliori come Maestri e attireremo persone, ragazzi e ragazze, verso questo modo più forte di vivere la vita.
Note sull’autore:
dott. Daniele Trevisani (www.danieletrevisani.com), Fulbright Scholar, consulente in formazione aziendale e coaching (www.studiotrevisani.it) insignito dal Governo USA del premio Fulbright per gli studi sulla Comunicazione nel 1990, è Master of Arts in Mass Communication alla University of Florida e tra i principali esperti mondiali in Sviluppo del Potenziale Umano.
In campo marziale e sportivo, è preparatore certificato Federazione Italiana Fitness, praticante di oltre 10 diverse discipline, Maestro di Kickboxing, Sensei (8° Dan DaoShi® Bushido), formatore di atleti e istruttori di Muay Thai, Kickboxing e MMA. E’ stato agonista negli USA nei trofei di Karate Open Interstile.
Formatore e ricercatore in Psicologia e Potenziale Umano, è consulente NATO e dell’Esercito Italiano. Laureato in Dams-Comunicazione, è inoltre specializzato in Psicometria all’Università di Padova.
Ha realizzato docenze in oltre 10 Università Italiane ed estere, ed è il tra i principali esperti italiani nella ricerca sul potenziale umano, nella formazione di manager, di istruttori e trainer per le discipline marziali e di combattimento.
[1] Bresson, F. (1965), Rischio e personalità. Il livello di aspirazione, in Trattato di Psicologia Sperimentale, a cura di Paul Fraisse e Jean Piaget (1978), Einaudi, Torino, p. 458. Edizione originale: Traité de Psychologie Expérimentale. VIII. Langage, communication et décision, 1965, Presses Universitaires de France, Paris.
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by Master Daniele Trevisani, Sensei, http://www.studiotrevisani.com – Daoshi Total Fighting System Techniques, Combination of techniques from Kickboxing, Muay Thai, Ju-Jitsu, Aikido, MMA, Karate, Self Defence, Pressure Points
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