Articolo estratto con il permesso dell’autore, dott. Daniele Trevisani, dal testo “Team leadership e comunicazione operativa. Principi e pratiche per il miglioramento continuo individuale e di team”
Gestione strategica della conversazione
Se è vero che la leadership non è un “certificato burocratico” che si possa acquistare, ma si guadagna sul campo, è altrettanto evidente che la leadership reale richiede modalità di comunicazione interpersonale specifiche. La comunicazione interpersonale deve concretizzare il carisma, la capacità di motivare e guidare, monitorare e dare feedback, in ogni singola conversazione.

La psicolinguistica studia l’acquisizione del linguaggio nell’uomo e l’uso che egli ne fa nelle relazioni interpersonali. Una psicolinguistica della leadership dovrà quindi analizzare come il leader acquisisce il “linguaggio da leader”, lo studio dell’acquisizione del linguaggio, il suo uso in relazione alle variabili psicologiche ed emotive che si connettono all’“essere leader”.
Uno degli effetti più concreti della teoria è la sua capacità di mettere in luce la necessità di un training adeguato dei leader e dei manager (di qualsiasi essere umano intento a raggiungere obiettivi) sull’allargamento dei propri repertori di stile comunicativo, riconoscimento degli stati conversazionali in corso e sulla capacità di gestione strategica degli stili conversazionali.
Un secondo effetto concreto è lo spostamento del problema della leadership da una “generica strategia leadership” a una “strategia di comunicazione per la leadership”, attenta al funzionamento delle comunicazioni quotidiane, giornaliere, sino ai singoli brani e spezzoni di interazione (attenzione al livello micro della leadership).
Senza attenzione agli stati conversazionali, qualsiasi riunione, meeting, discussione o incontro di direzione, qualsiasi interazione interpersonale in azienda rischia di disperdere le proprie energie lungo rivoli improduttivi anziché canalizzarsi nella risoluzione di problemi o nella progettualità.
Lo stesso vale per ciò che accade durante un pranzo o cena all’interno di una famiglia. Quali modelli di conversazione prendono piede inconsapevolmente durante una cena? Quali sono positivi per il clima? Quali negativi?
La teoria degli stati conversazionali ci aiuta anche a prendere consapevolezza dei rapporti tra conversazione e contesto della comunicazione.
Nel setting della “famiglia a tavola”, la presenza di una televisione accesa facilita o inibisce lo stato conversazionale desiderato? È accesa forse proprio per evitare di avviare conversazioni più profonde? È forse solo un’abitudine?
Qualsiasi sia la risposta, il problema non è la scelta (chiunque può scegliere di tenere o meno accesa una televisione a tavola) ma la consapevolezza di che cosa la scelta produce, che cosa genera, quali sono gli effetti di un elemento di setting sull’esito della conversazione.
Creare conversazioni strategiche significa costruire attivamente il setting. Quanto incide la presenza altrui in un chiarimento tra persone? Quanto i rumori di fondo, il momento della giornata, e ogni altra variabile di contesto?
Ecologia della conversazione
La teoria è sviluppata nel metodo HPM come contaminazione tra (1) gli studi di microsociologia dell’interazione (soprattutto la Frame Analysis di Goffman) e (2) l’analisi degli stili comunicativi (codici e sottocodici), con riferimento principale alla scienza semiotica. Sullo sfondo di questa teoria si collocano (3) i contributi derivanti dagli studi sull’analisi della conversazione, che vedono tra i protagonisti Bercelli (per il contesto italiano) e altri autori nel contesto internazionale (Antaki 1998; Bazzanella 2002; Bercelli, Leonardi e Viaro 1999; Drew ed Heritage 1992; Fasulo e Pontecorvo 1999; Galatolo e Pallotti 1999; Goffman 1987 [1981]; Mizzau 2002; Ochs e Capps 2001).
La teoria dell’ecologia della comunicazione intende far riflettere sull’effetto che assumono gli stati conversazionali all’interno dei climi dei gruppi, producendo emozioni positive o negative, vissuti sereni o ambienti avvelenati.
L’ecologia studia il grado di salubrità degli ambienti nei quali vive l’uomo, inclusa la presenza di agenti inquinanti e altri elementi che danneggiano la salute o il benessere. Il tema dell’ecologia della comunicazione evidenzia come tra gli agenti esterni si debbano considerare i messaggi che il soggetto riceve, minuto dopo minuto, ora dopo ora, giorno dopo giorno.
La sommatoria e stratificazione di messaggi, input comunicativi ricevuti e scambi determina per la persona un progressivo avvelenamento o (sul fronte opposto) una progressiva depurazione dell’organismo inteso come sistema corpo-mente.
Le implicazioni pratiche per la direzione d’impresa vanno diritto al cuore dell’azienda. Prestando attenzione all’ecologia della comunicazione aziendale possiamo intervenire sull’“aria che si respira in azienda”, sulla produttività dei gruppi, possiamo limitare la fuga dei cervelli aziendali e avvicinare le migliori menti. Sempre che le si cerchi veramente.
L’azienda come luogo nel quale si possa vivere ed esprimersi creativamente, e per il quale vale la pena di sforzarsi e impegnarsi, non è solo immagine pubblicitaria, può diventare concreta realtà.
Le implicazioni sulla famiglia sono altrettanto forti: disagio, fuga, abbandono, separazione vs. amore, unità, serenità, piacere del vivere assieme.
Senza attenzione a questi elementi i climi aziendali possono sfuggire di mano, il tempo del personale diventa sempre meno produttivo e sempre più dedicato al conflitto interno, e si attivano i meccanismi di fuga o conflitto.
Ci sembra che queste tematiche richiedano una certa attenzione.
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- Studio Trevisani – Formazione Aziendale Blog con aggiornamenti giornalieri
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