L’anima libera è rara, ma quando la vedi la riconosci: soprattuttoperché provi un senso di benessere, quando gli sei vicino.
Charles Bukowski
La crescita personale assomiglia ad un viaggio compiuto per ritrovarsi, o per scoprire chi siamo davvero, o cosa potremmo essere. Questo vale anche per la crescita professionale. Alla base di tutto vi è la volontà di accedere a nuovi livelli di vita, o a nuovi livelli professionali, e persino a nuovi stati emotivi. Per farlo con successo, tuttavia, serve un modello che ci guidi.
Il modello Deep Coaching, derivazione del Modello HPM (Human Potential Modeling) sviluppato per la crescita del potenziale umano, ha proprio questo scopo.
In particolare, un metodo di crescita personale o professionale deve rispondere ad alcune domande di base:
quali fattori primari prendere in considerazione per liberare il potenziale e di conseguenza le performance?
come si può attivare una buona formazione esperienziale e un coaching in profondità (Deep Coaching) per stimolare la crescita delle energie personali, delle competenze, della progettualità, sino ai valori e alla spiritualità?
Al centro di tutto questo ragionamento c’è la convinzione profonda che l’essere umano possa prendere in mano larga parte delle redini del suo destino. Per farlo, occorre fare alcuni cambiamenti radicali, proposti nel Metodo HPM (Human Potential Modeling), che qui trattiamo. Dobbiamo imparare a fare cose che non facevamo prima, come il lavoro bioenergetico sul corpo, il training mentale, e tante altre aree previste nel metodo, e farle diventare abitudini sane e positive per la nostra crescita personale.
Sembra sempre impossibile, finché non viene fatto
Nelson Mandela
Se fai tuo questo pensiero, scoprirai che puoi avventurarti in nuove strade della vita, crescere, migliorare e cambiare il tuo modo di pensare, il tuo corpo, il tuo stato mentale e la tua comunicazione e i rapporti con gli altri. Puoi arricchire emotivamente la tua vita. Puoi aiutare gli altri a migliorare a loro volta. Puoi lasciare un segno del tuo passaggio. Puoi dare un contributo alla Civiltà Umana.
Il metodo si interessa sia di chi opera nelle performance di élite (testato in 30 anni di lavoro sul campo nel top management, sport agonistici, ma anche progetti aziendali di alta rilevanza strategica) che della vita quotidiana, e delle azioni di tutti i giorni.
È convinzione diffusa che le performance siano sforzi destinati ad un fine. Vero, ma proviamo per un attimo ad invertire il punto di vista, ed osservare le performance umane come un “termometro”, un indicatore del grado di libertà e di auto-espressione raggiunto.
Questo ci permette di trovare un fine molto più nobile che non siano prestazioni aride e fini a sé stesse: l’elevazione verso livelli di energie, competenze e cause superiori, sia in senso materiale che spirituale.
Il tema dominante di tutto il nostro pensiero va ricentrato, e presto.
Dobbiamo spostarlo dal baratro di banalità in cui il pensiero comune, la televisione, i media commerciali, le letture stupide, e la cultura mediana cercano continuamente di spingerci per non farci pensare.
Dobbiamo cambiare i parametri che usiamo per valutare noi stessi e gli altri. Il conto corrente o la bellezza esteriore sono solo indicatori apparenti, e spesso fuorvianti, di chi sia veramente una persona e di quale sia il suo vero valore.
Dobbiamo liberarci dal cancro mentale che tu sia solo Genetica e tu non abbia alcuna possibilità di influire su ciò che sei, a cosa guardi, verso dove sei diretto, e quindi sul tuo futuro. Dobbiamo iniziare a praticare concretamente la crescita personale e non solo a desiderarla.
Qualunque cosa tu possa fare, qualunque sogno tu possa sognare, comincia. L’audacia reca in sé genialità, magia e forza. Comincia ora.
Johan Wolfgang von Goethe
La tua dote genetica può aver deciso la tua altezza, ma sono nelle tue mani il tuo potenziamento muscolare, la tua flessibilità articolare, o il tuo peso, e persino la tua rapidità di ragionamento, o la liberazione dall’ansia mentale e dallo stress inutile, o da un’immagine di sé improduttiva e dannosa. Sono tutti fattori allenabili e lavorabili con un buon programma di coaching e di training, fatti in profondità.
Nel Deep Coaching dobbiamo mettere al centro la sacralità dell’essere umano e il forte bisogno di non sprecare nemmeno una vita, nemmeno un giorno, nemmeno un minuto, in qualcosa che non sia legato ad una visione positiva, di emancipazione e di crescita.
E, per crescere o reindirizzare il pensiero, le buone intenzioni non sono sufficienti. Serve un metodo che aiuti a canalizzare questo sforzo positivo.
Qualsiasi sia la tua età o condizione, non è mai troppo tardi per iniziare o intensificare un lavoro su te stesso orientato alla tua crescita personale o professionale.
La composizione organizzata e strutturata strategicamente di tutti gli elementi evidenziati produce la cosiddetta tabella di allenamento bioenergetico. Si utilizzano tabelle di gruppo o tabelle personalizzate.
Di derivazione sportiva, le tecniche a prevalenza fisica impegnano notevolmente il corpo e riguardano:
sviluppo della forza, es.: allenamento con sovraccarico. La differenza sostanziale tra il bodybuilding e il training bioenergetico con sovraccarico consiste nella concentrazione mentale sull’atto. Non si pratica la ricerca del massimo sviluppo muscolare possibile, ma della migliore condizione fisica possibile. Vengono inoltre esaltati gli esercizi che provocano maggiore flusso energetico e non quelli che provocano maggiore massa muscolare;
sviluppo della resistenza (resistenza alla fatica e stress fisico): tecniche incentrate prevalentemente sulla resistenza allo sforzo continuato;
sviluppo della flessibilità: tecniche operanti prevalentemente sulla liberazione e aumento della flessibilità nelle articolazioni, sulla mobilità articolare, sull’allungamento muscolare;
sviluppo del coordinamento: tecniche finalizzare ad incrementare la consapevolezza corporea, la percezione delle parti e del tutto, il raccordo tra input mentale e risposta fisica;
alimentazione, dietologia: principi e tabelle finalizzate ad eliminare abitudini alimentari errate e assumere nuove consapevolezze e abitudini su come incrementare le energie fisiche attraverso l’alimentazione e l’integrazione alimentare strategica.
Tra le tecniche bioenergetiche che attivano prevalentemente la componente mentale segnaliamo (un breve elenco, rispetto alla enorme varietà di stili e approcci):
rilassamento muscolare frazionato;
training autogeno;
tecniche di sovraccarico emotivo e comunicazionale (es.: colloquio under stress) seguite da rielaborazione e recupero;
ristrutturazione cognitiva;
Imagery (immaginazione guidata);
ascolto di musica (selezionata);
letture (selezionate, di sfondo rilassante);
tecniche di meditazione;
lavoro sulle componenti comunicazionali (es.: assertività, apprendere a stoppare le pressioni esterne nelle relazioni, imparare a “dire no” a specifici stressor);
il lavoro sulla propria rete di supporto personale (network analysis personale).
Tra le tecniche bioenergetiche che attivano sia la parte fisica che mentale dell’organismo segnaliamo:
metafore bioenergetiche. Riguardano l’eseguire con il corpo esercitazioni che toccano sfere relazionali, per studiare il comportamento da un punto di vista diverso. Es.: sulla leadership, seguire i movimenti imposti da un conduttore in un ambiente difficoltoso, in piscina, o in un terreno leggermente accidentato, valutando bene se il leader è consapevole o meno dei diversi stili di guida che sta utilizzando, dell’ambiente in cui agisce, e di come reagisce la persona o collaboratore alle proprie strategie;
ricerca e consapevolizzazione dei blocchi corporei e contratture;
lavoro sul corpo, es.: tecniche di massaggio, o esercizi che derivano da tecniche di riabilitazione, es.: il “dialogo tonico”;
ricerca delle tensioni psicofisiche e blocchi emotivi;
lavoro di grounding e ricerca di equilibrio, risposta a stimoli che alterano gli equilibri;
analisi della respirazione e miglioramento della respirazione, pranayama (tecniche di respirazione di origine indiana).
Altri materiali su Comunicazione, Coaching, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:
Le tecniche del metodo HPM per potenziare la memoria
La memoria è la capacità di immagazzinare informazione, fissare il flusso esperienziale e i dati, e avere accesso ad entrambi. La memoria è centrale per lo svolgimento della performance, in quanto, come evidenzia Baddeley:
senza la memoria saremmo incapaci di vedere, di udire o di pensare. Non avremmo un linguaggio per esprimere la nostra situazione, e di fatto neppure un senso della nostra identità personale. In breve, senza memoria saremmo dei vegetali, intellettualmente morti[1].
[1] Baddeley, A. (1990), La memoria, Laterza, Bari.
Vi sono migliaia di pubblicazioni e ricerche sulla memoria, un materiale sterminato impossibile da trattare in questa sede. Per i nostri fini vogliamo evidenziare alcuni tipi di memoria rilevanti per la performance e lo sviluppo delle energie mentali, sottolineando che non esiste una memoria singola ma molte tipologie di memoria.
Memoria a breve temine: mantenimento dell’informazione per pochi secondi dal suo ingresso.
Memoria a lungo termine: la funzione di immagazzinamento delle informazioni, superata la memoria a breve termine.
Memoria episodica: capacità di ricordare i dettagli di un evento, il ricordo di fatti particolari, come ciò che abbiamo mangiato a colazione il giorno precedente, o i dettagli di un evento anche remoto.
Memoria associativa: es.: ricordare i nomi delle persone vedendone il volto, associare un rumore ad una precisa auto.
Memoria semantica: creazione di significati associati a eventi o input. Fa parte della memoria semantica ad esempio la capacità di ricordare un certo odore e capire che si tratta di gomma bruciata.
Il movente scatenante energie mentali può essere associato alla memoria negativa o alla memoria positiva.
La memoria negativa riguarda eventi passati negativi e il tentativo di far si che non si ripetano, mentre la memoria positiva riguarda il ricordo di eventi positivi e il tentativo di far riaccadere quelle sensazioni.
Notiamo da questo passaggio, dal film: “Proposta Indecente” di Adrian Lyne, un esempio di associazione che crea movente per un comportamento:
Ricordo una volta quando ero giovane, e stavo tornando da non so dove, un cinema o forse qualcos’altro… c’era una ragazza che era seduta di fronte a me, indossava un vestito che era abbottonato quasi fin quassù… “era la cosa più bella che avessi mai visto”…
Allora ero timido, così quando lei mi guardava abbassavo gli occhi… poi dopo, quando ero io a guardarla li abbassava lei…
Arrivai dove dovevo scendere, e scesi, le porte si chiusero, e quando il treno stava ripartendo lei mi guardò negli occhi e mi fece un incredibile sorriso… fu terribile… volevo aprire per forza le porte… tornai ogni sera alla stessa ora… per 2 settimane… ma non l’ho più vista…
Questo è stato 30 anni fa… e non credo che passi giorno senza che io non rivolga un pensiero a lei…
Non voglio che succeda di nuovo!
Dal film: “Proposta Indecente”, frase recitata dall’attore Robert Redford
La memoria di lavoro (buffer mnemonico) consente il mantenimento di uno stimolo in ingresso per pochi secondi, necessari alla elaborazione mentale (cognitiva) dello stimolo stesso. È la memoria necessaria a ricordare un informazione per il tempo necessario allo svolgimento di un compito, per poi disfarsene poiché inutile. Tutti gli “scarti di lavorazione” della memoria (i vari sottoprodotti) verranno abbandonati e dispersi.
Lavorare sulla memoria è quindi importante non tanto per aumentarne la capacità, stiparla di informazioni come un magazzino sovraccarico, ma soprattutto per aiutare a consolidare i passaggi di vita, episodi positivi e negativi, da cui si può ricavare apprendimento.
La mente non è un vaso da riempire ma un legno da far ardere perché s’infuochi il gusto della ricerca e l’amore della verità.
Plutarco
Uno dei problemi della psicoenergetica è la perdita di focus su quali siano le informazioni utili e quali invece trattenere. Se sbagliamo, non presteremo attenzione a dati di reale utilità, trattati come rifiuti o sottoprodotti, e ci concentreremo invece su ciò che non serve. Ad esempio, in una negoziazione sarà indispensabile cogliere anche singole parole, memorizzarle e compararle ad altre emissioni verbali dette in seguito dalla persona, per far emergere eventuali dissonanze, e usarle nella nostra strategia.
Un altro aspetto mnemonico interessante è la capacità di ricordo dei sogni, che se recuperati ed analizzati consentono di avere accesso ad una preziosissima fonte di rappresentazioni delle paure (blocchi, ansie, timori, preoccupazioni) e desideri inconsci dell’individuo.
È stato evidenziato da ricerche sulla comunicazione interculturale che il difficile ricordo del sogno è un problema di comunicazione tra stati di coscienza. Lo stato della vigilanza parla un linguaggio diverso rispetto allo stato del sonno, e i due non possono comunicare bene tra di loro. La memoria dei sogni richiede l’acquisizione di uno stato intermedio (una sorta di terza lingua) tra lo stato di coscienza del sonno e lo stato della veglia.
Nel metodo HPM si utilizzano tecniche di meditazione consapevole praticate in fasi specifiche del training, ma anche immediatamente dopo il risveglio, per poter portare allo stato cognitivo lucido aspetti del sogno e dell’inconscio che andrebbero altrimenti dispersi (tecniche ReMeA: recupero e metabolizzazione in stato alfagenico). Lo stato alfagenico è uno stato di rilassamento nel quale l’individuo produce onde cerebrali alfa, è tranquillo e rilassato, ed è in grado di generare un pensiero più libero, creativo e associativo.
Tra le tecniche alfageniche si colloca anche la pratica di generare ricordi guidati di eventi positivi, anche durante la giornata, riservandosi spazi appositi (tecniche RSP: Training Mentale di Ricordo Selettivo Positivo).
Queste tecniche sono l’esatto contrario dei tentativi di fuga dai ricordi spiacevoli, o dello scorrere sopra gli eventi positivi anziché sentirli a fondo. Occorre la consapevolezza che non serve a nulla fuggire da un ricordo finché non lo si è capito e accettato. Allo stesso tempo, serve capacità per cogliere gli aspetti positivi della vita, che altrimenti ci scorrono accanto inosservati, poco gustati o assaporati. A forza di non notare ciò che di positivo ci accade o esiste, le nostre capacità si atrofizzano, e il pensiero si chiude.
Le tecniche si prefiggono di analizzare i vissuti quotidiani, i problemi occorsi in passato, i momenti positivi, e metabolizzarli in una condizione alfagenica (di rilassamento), nella quale essi possano esprimersi meglio, essere affrontati, elaborati, assaporati, metabolizzati, e portati a livello cosciente.
In questo modo i problemi non verranno lasciati alla sola metabolizzazione notturna, riducendo il carico di lavoro mentale e liberando il sonno da una dose di affanno elaborativo. Allo stesso tempo, l’individuo apprende a gustare eventi che altrimenti rischiano di andare persi e dimenticati per sempre.
Le tecniche possono andare anche verso la rivisitazione degli eventi positivi della giornata o di un periodo specifico, es., la settimana, per consolidare elementi del vissuto positivo che altrimenti verrebbero dispersi, ridotti, dati per scontati (tecniche di concentrazione sugli eventi positivi e consolidamento mnemonico di episodi positivi).
Oltre a questo beneficio, le tecniche di Training Mentale consentono di entrare nell’esperienza passata con un maggiore grado di introspezione assimilandone aspetti più profondi.
Un ulteriore problema di psicoenergetica è la connessione tra flusso di esperienza e memorizzazione selettiva. Possiamo ricordare – di una esperienza di lavoro o di vita – solamente alcuni episodi caratterizzati da fatti curiosi, oppure possiamo cercare di far uscire dalla memoria i nostri errori (ricerca selettiva), ed ancora far uscire dalla memoria, estrapolare, i comportamenti e atteggiamenti che sono stati produttivi e positivi.
Senza questa attività di ricerca, elaborazione e fissazione, il flusso di esperienza ha valore minore e diventa meno utile per l’apprendimento.
Sempre rispetto alla memorizzazione selettiva, notiamo che essa può travalicare il punto della semplice selezione e giungere alla distorsione (immettere informazioni che non c’erano) nel quadro memonico.
Questo avviene soprattutto come meccanismo di auto-protezione dalla dissonanza (“devo aver fatto questo, altrimenti non sarei stato io”, “mi avrà certamente detto così, altrimenti non avrei reagito in quel modo”, e altre distorsioni di questo tipo). Le persone arrivano tranquillamente ad inventare aspetti dell’esperienza inesistenti e distorcere involontariamente (senza coscienza di farlo) interi brani di realtà, pur di mantenere in piedi i castelli di carta mentali che le sorreggono.
Principio 11 – Relazione tra memoria ed energie mentali
Le energie mentali diminuiscono o si esauriscono quando:
l’individuo coglie dal piano della realtà meno informazioni rilevanti di quante ve ne siano (lacune e gap di percezione selettiva) e non le utilizza per arricchire la propria esperienza;
l’individuo non dedica tempo sufficiente all’elaborazione del flusso di esperienza per ricercarne elementi di positività (auto-feedback positivo) ed elementi di errore (auto-feedback negativo) per ricavarne apprendimento ed immetterlo poi immetterli in una memoria di lavoro permanente;
l’individuo possiede un ricordo alterato di eventi e situazioni, e se lo auto-rappresenta in modo distorto (memorizzazione selettiva e distorsiva);
l’individuo non riesce a praticare ponti mnemonici tra stati di coscienza (soprattutto sonno-veglia, ma anche tra stati coscienti, subcoscienti e inconscio) che gli consentano di recuperare informazioni preziose sui propri desideri, aspirazioni, paure, sfondi pulsionali;
l’individuo possiede in memoria eventi episodici ed emotivi non sufficientemente analizzati e metabolizzati, al fine di ridurne l’impatto negativo o ampliare quello positivo.
Le energie mentali aumentano quando:
l’individuo apprende a cogliere numerose informazioni dal piano di realtà (ricchezza percettiva) e a gestirle correttamente;
viene dedicato tempo sufficiente all’elaborazione del flusso di esperienza per ricercarne lezioni e apprendimenti (lessons learned), elementi di positività (auto-feedback positivo) ed elementi di errore (auto-feedback negativo) per poi immetterli in una memoria di lavoro permanente;
i propri successi e positività sono percepiti e consolidati (visualizzazione della propria storia di successi) e non banalizzati;
viene speso tempo per il recupero di elementi positivi dalla memoria, facilitando il ricordo positivo (rivisitazione positiva degli eventi), aumento della capacità di osservare e percepire positività;
l’individuo sa praticare ponti mnemonici tra stati di coscienza (sonno-veglia, tra stati coscienti, subcoscienti e inconscio) che gli consentano di recuperare informazioni preziose sui propri desideri, aspirazioni, paure, sfondi pulsionali;
l’individuo apprende a riconoscere ed elaborare le proprie sensazioni, gli stati sentiti a livello emozionale, fisico, umano e sentimentale, disambiguare le sensazioni, capire meglio le sensazioni provate e vissute (focusing ed experiencing).
Un coaching finalizzato a lavorare sul funzionamento della memoria emotiva dovrà utilizzare tecniche particolari di allenamento di componenti specifiche della memoria stessa.
Ad esempio, un “diario delle positività” aiuterà la persona a fissare quali aspetti della giornata, anche minimi, sono degni di maggiore attenzione e possono diventare qualcosa da apprezzare, piuttosto che materiale mnemonico da non trattenere o al quale non prestare nemmeno attenzione.
L’esperienzialità (experiencing) va catturata, in caso contrario la vita rischia di scorrerci via senza sentirla a pieno in noi.
Per scopi di approfondimento, è possibile ricorrere alle tecniche di focusing sviluppate da Gendlin, centrate sull’elaborazione della “sensazione sentita” soprattutto sul piano fisico, sino a sviscerarla completamente in ogni sua sfumatura.
Il lavoro di Gendlin sul focusing e sull’experiencing (esperienzialità) è decisamente importante è ha una nutrita letteratura[1]. Ricordiamo tuttavia che queste tecniche partono da una scuola e volontà psicoterapeutica, mentre nel nostro caso le tecniche di training mentale ed esperienziale hanno volontà di crescita del potenziale umano in senso ampio, e non sono centrate solo su aspetti terapeutici.
Non occorre stare male per forza per praticare focusing ed experiencing, anzi, ne avremo un beneficio anche partendo da condizioni di benessere o medianità e in azioni quotidiane, non solo competitive o manageriali. Le competenze psicologiche esistenziali devono diventare competenze sociali diffuse in tutte le persone, perché ogni persona merita di vivere a pieno e fino in fondo. Quale che sia la condizione di partenza, nello spirito del metodo HPM ogni piccolo passo ha senso. La stasi, invece, uccide.
[1] Tra le opere, la pubblicazione divulgativa più nota è edita solo nel 2001: Gendlin, E.T (2001), Focusing. Interrogare il corpo per cambiare la psiche, Astrolabio, Roma. Le pubblicazioni in lingua inglese del metodo del focusing sono invece sintetizzabili nelle seguenti:
Gendlin, E.T. (2007). Focusing. [Reissue, with new introduction]. New York: Bantam Books.
Gendlin, E.T. (1997). Language beyond postmodernism: Saying and thinking in Gendlin’s philosophy. Edited by David Michael Levin. Evanston: Northwestern University Press.
Gendlin, E.T. (1997). A process model. New York: The Focusing Institute.
Gendlin, E.T. (1996). Focusing-oriented psychotherapy. A manual of the experiential method. New York: Guilford.
Gendlin, E.T. (1991). Thinking beyond patterns: Body, language and situations. In B. den Ouden & M. Moen (Eds.), The presence of feeling in thought, pp. 21-151. New York: Peter Lang.
Gendlin, E.T. (1986). Let your body interpret your dreams. Wilmette, IL: Chiron.
Gendlin, E.T. (1962). Experiencing and the creation of meaning. A philosophical and psychological approach to the subjective. New York: Free Press of Glencoe. Reprinted by Macmillan, 1970.
Altri materiali su Comunicazione, Coaching, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:
Mental Coach. Una professione in ascesa che spazia dal mental coaching sportivo, al mental coaching manageriale sino al mental coaching dello stile di vita e lavoro. Le caratteristiche del lavoro del Mental Coach e le sue tante declinazioni sono esposte in questo articolo.
Vediamo prima di tutto questa testimonianza dal quotidiano “Il Messaggero”
L’attore Hugh Jackman che ha voluto sperimentare il coaching per perfezionare le sue performance in scena. I Metallica, in un periodo di crisi. I politici, da Bill Clinton a Donald Trump. E molti altri, come il neo campione olimpico dei 100 metri, l’uomo più veloce del mondo, il nostro Marcell Jacobs, che tanto ha ringraziato la sua mental coach per averlo aiutato a vincere l’oro a Tokyo. E ancora fino ai tanti, tantissimi – sempre più – che, lontani dai riflettori, oggi si rivolgono ai life e mental coach per valorizzare i propri talenti, migliorare la vita quotidiana, affrontare problemi familiari, spaziando dunque dal divorzio alla carriera, dalla menopausa alla perdita di un animale domestico, dalla ricerca dell’amore al successo.
In questa pagina sul Mental Coaching ho raccolto alcune delle mie esperienze come Mental Coach di Campioni Mondiali in varie discipline. Ma per capire meglio, entriamo ora ad approfondire cosa fa un mental coach
Mental Coach per lo sviluppo del Potenziale Personale
Mental Coach per lo sport e Mental Coaching Sportivo
Il Mental Coach per lo sport e il Mental Coaching Sportivo si occupano di:
esame del micro-ambiente e del macro-ambiente, dal del gesto atletico da compiere sino al senso del proprio percorso di vita sportiva e le sue traiettorie ed evoluzioni
ottimizzazione mentale del gesto tramite tecniche di visualizzazione e feedback
videomicroanalisi di se stessi durante precedenti performance
approccio mentale alla competizione
conflitti interiori che bloccano le performance sportive e riscoperta del proprio Empowerment (vedi a proposito il libro Self Power di Daniele Trevisani)
studio di nuovi atteggiamenti e comportamenti da inserire nella propria performance
Mental Coach per il Business e Business Coaching
Il Mental Coach per il Business e i professionisti di Business Coaching si occupano di:
lavorare sull’atteggiamento mentale positivo da portare nella performance professionale
ristabilire spazi ottimali tra performance e recupero mentale e fisico
esaminare le ansie e tensioni che la persona vive sul lavoro per arrivare a distanziarsene con tecniche come il rilassamento, il coaching mentale, il Counseling, e soprattutto l’ascolto attivo ed empatico
costruire una prospettiva del futuro professionale più “psicologicamente ecologica” cioè più rispettosa dei propri bisogni umani e relazionali
fornire uno schema di lavoro per ottimizzare le propri energie mentali, come il Metodo HPM (Human Performance Modeling)
offrire supporti metodologici di coaching mentale attraverso l’analisi di video con software di emersione di microespressioni, videomicroanalisi di video di performance e studio delle aree su cui è bene lavorare
Mental Coach per lo stile di vita e Life Coaching
Il Mental Coach per lo stile di vita e i professionisti di Life Coaching si occupano di:
Offrire uno spazio di ascolto attivo ed empatia, come specificato nel libro omonimo “Ascolto Attivo ed Empatia“, centrato sul “Potenziale Umano” che la persona può esprimere
aiutare la persona a trovare equilibri sani tra tempo professionale, tempo per il recupero, tempo per il corpo, tempo per la propria formazione, tempo per la propria crescita spirituale
aiutare la persona nelle transizioni di carriera e negli step correlati, esempio il colloquio di lavoro, il public speaking, ed essere più efficace nelle relazioni umane e professionali
riesaminare, attraverso metodologie di “Deep Coaching“, i propri atteggiamenti e comportamenti scoprendo quali sono funzionali e quali disfunzionali al proprio benessere
imparare nuove competenze utili per la vita di relazione e il proprio benessere
imparare nuove competenze utili per la professione e ricentrarsi professionalmente.
Vuoi un contatto preliminare e senza costi per valutare se ci sono iniziative in corso per la formazione sul coaching che facciano al caso tuo, sia se sei all’inizio o anche se sei già un coach avanzato? Contatta il dott. Daniele Trevisani tramite il seguente form
Essere Mental Coach. Alcune informazioni aggiuntive sul coaching mentale
Fonte Wikipedia inglese con nostre rielaborazioni
Coaching
Il coaching è una forma di sviluppo in cui una persona esperta, chiamata coach , supporta uno studente o un cliente nel raggiungimento di uno specifico obiettivo personale o professionale fornendo formazione e guida. [1] Lo studente è talvolta chiamato coachee . Occasionalmente, coaching può significare una relazione informale tra due persone, di cui una ha più esperienza e competenza dell’altra e offre consigli e indicazioni man mano che quest’ultima apprende; ma il coaching differisce dal mentoring concentrandosi su compiti o obiettivi specifici, in contrasto con obiettivi più generali o sviluppo complessivo. [1] [2] [3]
Mental Coach. Termine e Origini
Il primo uso del termine “coach” in relazione a un istruttore o formatore è sorto intorno al 1830 nello slang dell’Università di Oxford per indicare un tutor che “portava” uno studente attraverso un esame. [4] La parola “coaching” identifica quindi un processo utilizzato per trasportare le persone da dove si trovano a dove vogliono essere. Il primo uso del termine in relazione allo sport risale al 1861. [4]
Il coaching viene applicato in campi come lo sport, le arti dello spettacolo (i cantanti ottengono coach vocali ), la recitazione ( istruttori di recitazione e dialettali ), gli affari, l’istruzione, l’assistenza sanitaria e le relazioni (ad esempio, gli allenatori di appuntamenti ).
I coach utilizzano una serie di abilità comunicative (come riaffermazioni mirate, ascolto, domande, chiarimenti, ecc.) per aiutare i clienti a cambiare le loro prospettive e quindi a scoprire approcci diversi per raggiungere i loro obiettivi. [10] Queste abilità possono essere utilizzate in quasi tutti i tipi di coaching. In questo senso, il coaching è una forma di “meta-professione” che può applicarsi al supporto dei clienti in qualsiasi sforzo umano, che va dalle loro preoccupazioni in termini di salute, personali, professionali, sportivi, sociali, familiari, politici, spirituali, ecc. potrebbe esserci qualche sovrapposizione tra alcuni tipi di attività di coaching. [8] Gli approcci di coaching sono anche influenzati dalle differenze culturali. [11]
Mental Coaching applicato al Disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD)
Il concetto di coaching per l’ ADHD è stato introdotto nel 1994 dagli psichiatri Edward M. Hallowell e John J. Ratey nel loro libro Driven to Distraction . [12] Il coaching ADHD è un tipo specializzato di life coaching che utilizza tecniche progettate per aiutare le persone con disturbo da deficit di attenzione e iperattività mitigando gli effetti del deficit delle funzioni esecutive , che è un disturbo comune per le persone con ADHD. [13] I coach lavorano con i clienti per aiutarli a gestire meglio il tempo , organizzare, fissare obiettivi e completare i progetti. [14] Oltre ad aiutare i clienti a comprendere l’impatto che l’ADHD ha avuto sulla loro vita, i coach possono aiutare i clienti a sviluppare strategie ” workaround ” per affrontare sfide specifiche e determinare e utilizzare i punti di forza individuali. I coach aiutano anche i clienti a comprendere meglio quali sono le aspettative ragionevoli per loro come individui poiché le persone con “cablaggio cerebrale” ADHD spesso sembrano aver bisogno di “specchi” esterni per l’autoconsapevolezza del loro potenziale nonostante la loro disabilità. [15]
Business Coaching Affari e dirigenti
Il coaching aziendale è un tipo di sviluppo delle risorse umane per dirigenti, membri della direzione, team e leadership. [16] Fornisce supporto positivo, feedback e consigli su base individuale o di gruppo per migliorare l’efficacia personale nel contesto aziendale, spesso concentrandosi sui cambiamenti comportamentali attraverso la psicometria o il feedback a 360 gradi . Il coaching aziendale è anche chiamato coaching esecutivo, [17] coaching aziendale o coaching di leadership. I coach aiutano i loro clienti ad avanzare verso obiettivi professionali specifici. Questi includono la transizione di carriera, la comunicazione interpersonale e professionale, la gestione delle prestazioni , l’efficacia organizzativa, la gestione della carriera e dei cambiamenti personali, lo sviluppo della presenza esecutiva, il miglioramento del pensiero strategico, la gestione efficace dei conflitti e la creazione di un team efficace all’interno di un’organizzazione. Uno psicologo industriale-organizzativo può lavorare come executive coach.
Il coaching aziendale non è limitato a esperti o fornitori esterni. Molte organizzazioni si aspettano che i loro dirigenti senior e quadri intermedi insegnino ai membri del loro team a raggiungere livelli più elevati di prestazioni, maggiore soddisfazione sul lavoro, crescita personale e sviluppo di carriera. Gli studi di ricerca suggeriscono che l’executive coaching ha effetti positivi sia all’interno delle prestazioni sul posto di lavoro che nelle aree personali al di fuori del posto di lavoro, con alcune differenze nell’impatto dei coach interni ed esterni. [18]
In alcuni paesi, non è richiesta alcuna certificazione o licenza per essere un coach aziendale o esecutivo e l’appartenenza a un’organizzazione di coaching è facoltativa. Inoltre, gli standard e i metodi di formazione degli allenatori possono variare notevolmente tra le organizzazioni di coaching. Molti business coach si definiscono consulenti , una relazione d’affari più ampia di quella che coinvolge esclusivamente il coaching. [19] I risultati della ricerca di una revisione sistematica indicano che i coach efficaci sono noti per avere integrità, supporto per coloro che allenano, capacità di comunicazione e credibilità. [16]
Sul posto di lavoro, il coaching alla leadership si è dimostrato efficace per aumentare la fiducia dei dipendenti nell’esprimere le proprie idee. [20] I risultati della ricerca in una revisione sistematica dimostrano che il coaching può aiutare a ridurre lo stress sul posto di lavoro. [21]
Il coaching di carriera si concentra sul lavoro e sulla carriera ed è simile al consiglio di carriera . Il Career Coaching non deve essere confuso con il Life Coaching , che si concentra sullo sviluppo personale. Un altro termine comune per un allenatore di carriera è ” guida alla carriera “.
Un allenatore cristiano non è un pastore o un consigliere (sebbene l’allenatore possa anche essere qualificato in quelle discipline), ma qualcuno che è stato formato professionalmente per affrontare obiettivi di coaching specifici da una prospettiva distintamente cristiana o biblica. [22]
Gli allenatori di appuntamenti offrono coaching e prodotti e servizi correlati per migliorare il successo dei loro clienti negli appuntamenti e nelle relazioni.
Il coaching finanziario è una forma relativamente nuova di coaching che si concentra sull’aiutare i clienti a superare la loro lotta per raggiungere obiettivi finanziari e aspirazioni specifici che si sono prefissati. Il coaching finanziario è una relazione one to one in cui il coach lavora per fornire incoraggiamento e supporto volti a facilitare il raggiungimento dei piani economici del cliente. Un coach finanziario , chiamato anche money coach , in genere si concentra sull’aiutare i clienti a ristrutturare e ridurre il debito, ridurre la spesa, sviluppare abitudini di risparmio e sviluppare disciplina fiscale. Al contrario, il termine consulente finanziario si riferisce a una gamma più ampia di professionisti che in genere forniscono ai clienti prodotti e servizi finanziari. Sebbene le prime ricerche colleghino il coaching finanziario al miglioramento dei risultati del cliente, è necessaria un’analisi molto più rigorosa prima di poter stabilire qualsiasi nesso causale. [23]
Il coaching sanitario sta diventando riconosciuto come un nuovo modo per aiutare le persone a “gestire” le loro malattie e condizioni, specialmente quelle di natura cronica. [24] Il coach utilizzerà tecniche speciali, esperienza personale, competenza e incoraggiamento per assistere il coachee nel portare i suoi cambiamenti comportamentali, mirando a ridurre i rischi per la salute e i costi sanitari. [25] La National Society of Health Coaches (NSHC) ha differenziato il termine health coach da wellness coach . [25] Secondo l’NSHC, gli allenatori della salute sono qualificati “per guidare le persone con condizioni acute o croniche e/o un rischio per la salute da moderato ad alto”, e gli allenatori del benessere forniscono guida e ispirazione “a individui altrimenti ‘sani’ che desiderano mantenere o migliorare il loro stato di salute generale». [25]
Il coaching per i compiti a casa si concentra sul fornire a uno studente le capacità di studio necessarie per avere successo negli studi. Questo approccio è diverso dal normale tutoraggio che in genere cerca di migliorare le prestazioni di uno studente in una materia specifica. [26]
Il coaching viene applicato per supportare studenti, docenti e amministratori nelle organizzazioni educative. [27] Per gli studenti, le opportunità di coaching includono la collaborazione con altri studenti per migliorare i voti e le abilità, sia accademiche che sociali; per insegnanti e amministratori, il coaching può aiutare con le transizioni in nuovi ruoli. [27]
Mental Coaching per la Vita – Life Coaching
Il life coaching è il processo che aiuta le persone a identificare e raggiungere obiettivi personali attraverso lo sviluppo di abilità e attitudini che portano all’auto-potenziamento. [8] [28] Il life coaching si occupa generalmente di questioni come l’equilibrio tra lavoro e vita privata e i cambiamenti di carriera e spesso si verifica al di fuori dell’ambiente di lavoro. [29] L’ impegno psicologico accademico sistematico con il life coaching risale agli anni ’80. [30] Gli scettici hanno criticato l’attenzione del life coaching sull’auto-miglioramento per il suo potenziale di commercializzazione di amicizie e altre relazioni umane, [31] ma critiche simili sono state fatte anche ad altre professioni di aiuto come la psicologia clinica. [32] [33]
Nello sport , un allenatore è un individuo che fornisce supervisione e formazione alla squadra sportiva o ai singoli giocatori. Gli allenatori sportivi si occupano dell’amministrazione, della preparazione atletica, dell’allenamento agonistico e della rappresentanza della squadra e dei giocatori. Un’indagine nel 2019 sulla letteratura sull’allenamento sportivo ha rilevato un aumento del numero di pubblicazioni e la maggior parte degli articoli presentava un approccio di ricerca quantitativa. [35] La psicologia dello sport emerse dal 1890. [36]
Un vocal coach, noto anche come voice coach (anche se questo termine si applica spesso a coloro che lavorano con la parola e la comunicazione piuttosto che con il canto), è un insegnante di musica , solitamente un pianista accompagnatore, che aiuta i cantanti a prepararsi per un’esibizione, spesso aiutandoli anche per migliorare la propria tecnica di canto e prendersi cura e sviluppare la propria voce, ma non è la stessa cosa di un insegnante di canto (chiamato anche “insegnante di voce”). I vocal coach possono impartire lezioni private di musica o workshop di gruppo o masterclass ai cantanti. Possono anche allenare i cantanti che stanno provando sul palco o che stanno cantando durante una sessione di registrazione.
Mental Coaching per Scrivere
Un coach di scrittura aiuta gli scrittori, come studenti, [37] [38] giornalisti, [39] [40] e altri professionisti [41] [42], a migliorare la loro scrittura e produttività. [43]
Sebbene il coaching sia diventato un intervento riconosciuto, purtroppo non esistono ancora standard o accordi di licenza ampiamente riconosciuti. Gli organismi professionali hanno continuato a sviluppare i propri standard, ma la mancanza di regolamentazione significa che chiunque può definirsi un allenatore. […] Se il coaching è una professione che richiede regolamentazione, o è professionale e richiede standard, rimane oggetto di dibattito.
Una delle sfide nel campo del coaching è sostenere i livelli di professionalità, standard ed etica. [44] A tal fine, gli organismi e le organizzazioni di coaching hanno codici etici e standard per i membri. [1] :287-312 [45] Tuttavia, poiché questi organismi non sono regolamentati e poiché gli allenatori non hanno bisogno di appartenere a tale organismo, l’etica e gli standard sono variabili nel campo. [44] [46] Nel febbraio 2016, l’AC e l’EMCC hanno lanciato un “Codice etico globale” per l’intero settore; individui, associazioni e organizzazioni sono invitati a diventarne firmatari. [47] [48] :1
Con la crescente popolarità del coaching, [49] molti college e università ora offrono programmi di formazione per coach accreditati da un’associazione professionale. [50] Alcuni corsi offrono un certificato di life coach dopo pochi giorni di formazione, ma tali corsi, se sono accreditati, sono considerati programmi di formazione “à la carte”, “che possono o meno offrire coaching dall’inizio alla fine addestramento”. [51] Alcuni programmi di formazione “tutto compreso” accreditati dall’ICF, ad esempio, richiedono un minimo di 125 ore di contatto con gli studenti, 10 ore di tutoraggio e un processo di valutazione delle prestazioni. [52] [53] Si tratta di una formazione molto ridotta rispetto ai requisiti di formazione di alcune altre professioni di aiuto: ad esempio, l’ abilitazione come psicologo consulente nello Stato della California richiede 3.000 ore di esperienza professionale supervisionata. [54] Tuttavia, l’ICF, ad esempio, offre una credenziale “Master Certified Coach” che richiede la dimostrazione di “2.500 ore (2.250 retribuite) di esperienza di coaching con almeno 35 clienti” [55] e una credenziale “Professional Certified Coach” con meno requisiti. [56] Altri organismi professionali offrono allo stesso modo opzioni di accreditamento per coach di livello base, intermedio e avanzato. [57] Alcuni coach sono sia coach certificati che psicologi di consulenza autorizzati, che integrano coaching e consulenza. [58]
I critici vedono il life coaching simile alla psicoterapia ma senza le restrizioni legali e la regolamentazione statale degli psicologi. [44] [59] [60] [61] Non ci sono regolamenti statali/requisiti di licenza per gli autobus. A causa della mancanza di regolamentazione, le persone che non hanno una formazione o una certificazione formale possono legalmente definirsi life o wellness coach. [62]
Mercato del coaching
Un sondaggio del 2004 su 2.529 membri ICF ha riferito che il 52,5% lavora part-time come coach e guadagna 30.000 dollari o meno, mentre il 32,3% ha riferito di guadagnare meno di 10.000 dollari all’anno. [63]
Un sondaggio del 2016 dell’ICF , ha riportato che su 53.000 allenatori professionisti, la maggior parte operava in America. Hanno riportato un reddito medio di $ 51.000 con alcuni allenatori specializzati che hanno riferito di guadagnare $ 100.000 o più. [64]
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Direttore Sezione Coaching di UP-STEP, Formatore e Coach su temi di Sviluppo del Potenziale Personale, Comunicazione Interculturale e Negoziazione Internazionale, Psicologia Umanistica. Senior Expert in HR, Human Factor, Psicologia delle Performance, Comunicazione e Management, Metodologie Attive di Formazione e Coaching. Dirige le attività di formazione e coaching di www.studiotrevisani.it
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La preparazione efficace per le vendite strategiche e le trattative complesse
Spiegare in poche righe in cosa consista il Get-Ready Mind Set non è facile, ma a tal fine userò una metafora: è il lavoro di preparazione che compie un pugile, un Karateka, o un Kickboxer, quando devono affrontare un incontro importante.
Comprende lo studio del suo curriculum e della sua storia, del modo in cui si muove. La ricerca dei suoi punti di debolezza e di forza.
Dopo avere analizzato l’”altro”, è il momento di analizzare se stessi: in cosa sono forte, dove ho margini per migliorarmi? Dove è bene potenziarsi e dove è inutile? Quale potenziamento specifico mi conviene affrontare per quell’incontro? E come traduco tutto questo in un piano di allenamento?
Si procede poi con la costruzione delle strategie di combattimento e delle tecniche specifiche da utilizzare. Si costruisce una tabella di marcia, si testa sul ring il grado di progresso e lo stato di preparazione con degli sparring partner.
Ci si allena sia nelle capacità fondamentali (forza, resistenza, velocità) che nelle tecniche specifiche. Nessun dettaglio viene trascurato.
È un lavoro che combina strategia al duro allenamento quotidiano in palestra fatto di sudore e fatica, per automatizzare le tecniche da usare nell’incontro. E, nelle migliori scuole, non viene trascurato il Training Mentale, dell’atleta, le tecniche di concentrazione e rilassamento, la capacità di focalizzazione, la ricerca dello stato mentale più proficuo, che tenga lontani i “rumori mentali di fondo” permettendo all’atleta di esprimersi al meglio.
In ogni incontro è importante saper tener fuori dall’arena i rumori mentali di fondo, i retropensieri che rischiano di depotenziarci, di farci perdere lucidità tattica e consapevolezza situazionale (Mental Noise Theory).
In azienda così come nello sport, per potenziarsi, per essere all’altezza della sfida, per poterla affrontare, non ci si affida al destino, o alla speranza di essere fortunati, ma alla preparazione.
Vendite e negoziazioni in ambienti complessi richiedono capacità specifiche e addestrabili, in particolare: (1) di analisi strategica e (2) di psicologia della comunicazione. Ossia competenze di alto livello. Niente che si possa stereotipare o imparare a memoria.
Così come il combattente si prepara nella palestra, il negoziatore può prepararsi tramite role-playing e simulazioni. Così come il combattente analizza il proprio avversario, ne mappa i punti di forza e debolezza, altrettanto possono fare le aziende che vogliono arrivare pronte negli incontri strategici.
La preparazione efficace per le vendite strategiche e le trattative complesse abbraccia alcuni fronti di fondamentale importanza:
La volontà interiore di adottare un approccio consulenziale, con tutto ciò che ne deriva: comportamenti consulenziali, una mente da analista ancora prima che da venditore o negoziatore, e una formazione psicologica e comunicazionale forte, che dia supporto al proprio metodo e all’azione;
la conoscenza di sé e dei propri punti di forza e debolezza, unita alla piena consapevolezza del mix dei valori (value mix) che la propria persona e la propria impresa/organizzazione possono generare per un cliente o per qualsiasi Stakeholder (portatore di interessi) con cui trattiamo;
la conoscenza dell’altro: le sue vulnerabilità, i suoi meccanismi decisionali, equilibri e squilibri, le dissonanze, i problemi che vive i quali possono generare uno stato di bisogno o di necessità, le pulsioni e tensioni in grado di innescare moventi d’acquisto e portarci alla conclusione (chiusura positiva) di una trattativa;
gli spazi, opzioni e modalità di relazione che sono in grado causare successo, le trappole che invece possono generare un fallimento, le insidie, le linee di azione e il senso del “viaggio” da intraprendere per arrivare alla meta costruendo il cammino, passo dopo passo.
Muoversi entro il quadro mentale dell’interlocutore
L’approccio mentale del comunicatore professionale e del negoziatore è completamente centrato sugli obiettivi da raggiungere valutando il quadro mentale degli interlocutori.
Nessuno può comunicare nel vuoto, parlando ad un muro. I comunicatori, venditori e negoziatori professionali parlano “con” qualcuno, devono trattare o negoziare “con” qualcuno. Devono capire come la controparte ragiona.
Come sostiene un esperto nel coaching di vendita Senior, Antonio Greci:
1. Lo Strategic Selling è un modo di essere.
2. Lo Strategic Selling non è una procedura.
3. I professionisti dello Strategic Selling si riconoscono dal fatto che ascoltano in profondità.
4. Il talento principale di chi pratica Strategic Selling è essere naturalmente empatici[1].
La presenza degli “altri” ci obbliga quindi a diventare analisti, a capire – giusto per citare quale variabile tra le tante – (1) se stiamo trattando con una persona o azienda che ha una forte propensione alla pianificazione (Propensity to Plan) o che pianifica poco; (2) se il nostro interlocutore cerca un rimedio rapido e immediato, mosso da urgenze, o non ha fretta; (3) se trattiamo con persone materialiste o grette o invece dal forte spessore umano; (4) se stiamo lavorando con qualcuno che cerca un puro vantaggio personale o invece un vantaggio per la propria azienda di appartenenza, o un mix di entrambi, quali sono i benefici che la nostra controparte cerca per sé e quali per l’azienda.
È altrettanto essenziale capire (5) se esistono gli spazi per vendere un singolo prodotto o se – al contrario – riusciremo a creare le condizioni per diventare fornitore continuativo e di fiducia, un partner pluriennale, di un cliente con cui costruire progetti di lungo termine[2].
Alcuni clienti agiscono istintivamente, persino irrazionalmente, altri ragionano con logica fredda e numerica.
Su nessuna di queste variabili possiamo dare per scontata la psicologia dell’acquirente. Ogni acquirente ha un profilo psicologico da inquadrare.
Possiamo infatti avere a che fare con persone orientate a pianificare il meno possibile, la cui prospettiva temporale si esaurisce nella giornata di domani (se va bene, per non dire di oggi stesso), o persone orientate al lungo periodo, che costruiscono non solo per sé ma anche per chi li seguirà nella vita e in azienda.
Le prime non si pongono il problema di quali saranno le conseguenze a lungo termine delle loro scelte. Le seconde si.
Secondo la Grande Legge degli Indiani Irochesi, ogni decisione doveva essere valutata in base agli effetti che essa avrebbe avuto sino alla settima generazione futura: gli effetti quindi sui loro bambini, e sui figli dei figli, sulle vite altrui, con il risultato di produrre una grande saggezza.
Tuttavia, non possiamo pensare di trattare solo con persone sagge, o solo razionali, o solo emotive.
La negoziazione prevede l’incontro con la varietà umana.
Dobbiamo entrare nell’assetto mentale adeguato a trattare con qualsiasi tipo di mentalità, incontrare qualsiasi tipo di atteggiamento, di cultura, e di valori. In caso contrario, saremmo abili solo con un certo tipo di cliente e handicappati verso altri. Possiamo pensare ad un concetto di “stretching comunicazionale” che ci metta in grado di essere efficaci con diversi tipi di cliente. In questo sta la flessibilità dei comunicatori e negoziatori professionali.
[1] Greci, Antonio (2010), Educazione alla vendita:fondamenti di Vendita Consulenziale e Strategica, materiale didattico riservato, Associazione Culturale Medialab Research per lo sviluppo della Ricerca sulla Comunicazione e Potenziale Umano (www.medialab-research.com).
[2] Vedi in materia l’articolo di Lynch Jr. John G., Richard G. Netemeyer, Stephen A. Spiller, Alessandra Zammit (2010), A Generalizable Scale of Propensity to Plan: The Long and the Short of Planning for Time and for Money, in Journal of Consumer Research, Vol. 37, June 2010
Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:
sul piano dei tempi, inquadrare cosa fare e quando, adottando uno stile di direzione orientato alle azioni;
agire sul piano della struttura di personalità e manageriale del venditore: come sei, e come lavori – stile di direzione orientato alla persona.
Ogni persona è un universo a sé stante e quindi lo stile di leadership deve essere “situazionale”, cioè un approccio generale valido per tutti più un intervento mirato su ciascuno dei membri del team, a seconda delle proprie caratteristiche.
Coordinare significa capire il motivo di essere di ciascuno, isolare la sua specifica missione all’interno della matrice territori/servizi, e mantenere una visione dall’alto sulle operazioni complessive.
Coordinare un gruppo di diversi venditori significa averne assolutamente chiara la mission individuale, il contributo distintivo che deve essere apportato, e soprattutto i confini di ruolo e i limiti operativi (geografici, merceologici) di ciascun venditore.
Il metodo HPM per inquadrare lo stato delle energie del venditore e del team
Nel metodo HPM sviluppato da Studio Trevisani, è stata posta attenzione scientifica e di ricerca sul concetto di Performance (prestazione) e di Wellness (benessere) applicati a chiunque opera professionalmente, nel lavoro o nello sport, nella vendita e nella leadership.
Porsi il problema della performance seriamente significa chiedersi quali sono le condizioni che la permettono, i fattori che la rendono possibile. Per ottenere performance di vendita è necessario che la struttura organizzativa sia ben funzionante e che il “sistema-uomo” (il venditore in questo caso) sia carico di energia, di competenze e di volontà di raggiungere risultati, e di obiettivi ben inquadrati e profilati.
Il metodo HPM “Human Performance Modeling” si prefigge di evidenziare i fattori principali che permettono al sistema-uomo di fornire prestazioni.
Le sei aree di lavoro del Metodo HPM
Approfondiamo le sei specifiche aree di lavoro di un percorso di crescita personale nel metodo HPM, come esposte le testo “Il Potenziale Umano” e in “Personal Energy”.
Energie fisiche (stato bioenergetico): le energie corporee sono il substrato fondamentale per mettere in atto qualsiasi azione o volontà, anche intellettuale e di vendita. Persino il pensiero e le attività mentali sono processi che utilizzano energie biologiche; la nostra vita e persino il nostro pensiero dipendono dalla qualità del sangue, dall’ossigeno, dai nutrienti, dal respiro – tutti fattori che incidono sulla lucidità e sul benessere anche mentale. Pensare, progettare, ideare, comunicare, negoziare, richiede energie e biologia attiva, ben funzionante.
Energie mentali (stato psicoenergetico): se il “poter fare” dipende in larga misura dal livello di energie fisiche, il “voler fare” richiede accesso alle energie mentali. Un venditore senza motivazione non vende nemmeno a chi vuole comprare. È indispensabile quindi esaminare il fronte psicologico della prestazione e del benessere individuale. Quali sono i fattori che generano motivazione e demotivazione? Quali interventi concreti sono possibili? Se riusciamo ad isolare variabili in grado di generare o ridurre le energie mentali avremo aperto una via determinante per capire meglio come funziona l’uomo e cosa si rompe nel funzionamento della persona e delle organizzazioni quando essi non riescono a raggiungere i propri obiettivi.
Micro-competenze: le energie diventano utili e concrete quando le sappiamo tradurre in azione, e questo richiede competenze a livello micro. Ad esempio, durante una trattativa di vendita, sapere in quale esatta frazione di secondo fermare chi parla per saper introdurre delicatamente il tema di conversazione che ci interessa trattare, è un insieme di micro-competenze, inclusa la tecnica del “Repair” o mossa di riparazione (es: mi permetto di suggerire, se consente, di trattare questo tema ora, per poi tornare su X…). Senza queste micro-mosse della conversazione, il cliente si sentirebbe solo interrotto e maltrattato. Ogni azione è preceduta dal pensiero di fare quell’azione, quindi se con il Training Mentale riusciamo a cogliere il pensiero che precede l’zione, e valutare se sia opportuno, siamo ad uno stato di micro-competenze molto elevato e sottile. Si tratta di una vera e propri “caccia” ai dettagli lavorabili ed allenabili, alle cose che altrimenti sfuggono. Nuove competenze, nuove sfide.
Macro-competenze: i dettagli di un singolo atto sono importanti, ma lo è anche possedere un buon ventaglio di conoscenze, una conoscenza chiamata “enciclopedica”, nel senso di “non limitata” ad uno spazio troppo stretto e angusto, solo iperspecialistico. Se vendi auto, è molto, ma molto bene, che ti intendi anche di gomme, e di energie rinnovabili, e di altre forme di propulsione come l’elettrico, l’ibrido. Devi saper interagire con il cliente non solo sul prezzo. Per capire le “connessioni tra le cose” occorre conoscere più campi del sapere, e metterli in relazione. Se ci liberiamo dal male della presunzione, tutti noi possiamo diventare consapevoli di non sapere. Spesso gli incidenti personali di vita (critical incidents), le fasi di malessere, i test di realtà, le cadute, ci segnalano che qualcosa non va. Sia in questi casi, che nella vita quotidiana, chiediamoci cosa è bene imparare. Rimaniamo aperti. Howell[1], nell’introdurre il concetto di unknown incompetence (ciò che non sappiamo di non sapere) ha fatto un regalo ad ogni essere umano, stimolandolo ad andare a cercare i suoi punti ciechi nascosti. L’analisi del livello macro ci porta inoltre a ragionare sul tema dell’entropia delle competenze, il degrado progressivo che subisce la nostra preparazione per via dell’ambiente che cambia ed evolve, e come fronteggiarlo.
Progettualità e concretizzazione: stupende idee che non trovino mai soddisfazione e applicazione, distruggono anziché costruire. Niente è più deleterio del rimanere costantemente in uno stato di tensione latente, di pulsione bloccata, un tendere a…sempre incompiuto, ogni idea forte o desiderio di attivazione incompiuto produce danni, una vita castrata, un adagiarsi nella sofferenza senza che mai si provi un avvicinamento all’oggetto o condizione desiderata, ad uno stato superiore. Concludere una trattativa in modo positivo, chiudere una vendita, fa bene allo spirito. Giorno dopo giorno soffoca chi non tenta di vivere una vita a pieno e lascia le cose sempre a metà. Occorre quindi trovare sfogo applicativo, liberazione progettuale, determinazione, sviluppare le tecniche per canalizzare le energie in goal concreti. Nessuno può pretendere che ogni sogno si concretizzi, ma nemmeno accettiamo la castrazione di ogni nostro sogno. Nessuno pretende record mondiali o progetti forzatamente fantastici, ma piccoli passi si, ricerca di significati si, ricerca di scopi praticabili si. Ogni micro-goal raggiunto ci fa pensare di poterne raggiungere un altro ancora e rinforza la nostra autostima. Ogni piccolo passo conta.
Visione e ideali: il quadro dei valori in cui crediamo, il futuro che vogliamo costruire, una causa alla quale vogliamo contribuire, ciò che riteniamo sia degno, qualcosa per cui lottare.
L’aspetto della visione, dei valori e degli ideali è senza dubbio il più distante da un mondo massificato e materialistico. Il solo pensiero di aiutare e lasciare una piccola traccia verso un mondo migliore nobilita la nostra vita e la riempie di significati.
Vogliamo fare alcune riflessioni che estendono questo ragionamento alla formazione aziendale, coaching e percorsi di sviluppo:
Energie e competenze sono importanti, ma senza passione, senza il motore di una causa nobile, tutto è inutile.
“A cosa serve il mio sforzo?”… è una domanda che deve trovare risposte.
Tante persone sono come auto pronte al via, ma con il parabrezza talmente sporco da non consentire di vedere “verso dove”, andiamo. Auto senza un guidatore, viandanti senza una meta e senza un perché.
Occorre stimolare e riscoprire gli ancoraggi profondi ai valori, e ad una causa, la sacralità di una missione, persino la sacralità dell’esistenza.
Le performance, le nostre giornate, le nostre ore, sono piene di atti vuoti o sono ancorati ad un disegno superiore? Esiste una “spiritualità” delle performance o del fare, un “fuoco sacro” che alimenta energie e motivazione?
Diamo un senso a quello che facciamo? Ci proviamo? Possiamo cogliere un motivo denso di significato?
Credere in quello che si fa è determinante per l’auto-immagine. Se ci sentiamo inutili venditori di fumo non andremo mai da nessuna parte. Se troviamo invece il modo di essere di aiuto a qualcuno, di dare senso, o di lottare per qualcosa, diventiamo pieni di forze.
Ancorare l’azione a ideali significa riconoscere il bisogno di esistere per un fine. Le performance sono destinate a svanire nell’istante, mentre invece una causa è eterna.
Vi sono persone e atleti che sperimentano il contatto con una realtà superiore ogni volta che entrano nelle quattro mura di una palestra o di un Dojo, e sanno che il loro allenamento sarà una forma di preghiera e di contatto con il proprio Dio, o anche solo con le forze primordiali della natura. Lo stesso può accadere nell’impegnarsi in un progetto aziendale o personale, e in una vendita.
La visione di una causa per cui lottare o di un senso in quanto facciamo è un motore potente. Quando questo collegamento denso di valori, mistico o sacro, accade, le energie si sprigionano, i miracoli sono dietro l’angolo.
I fattori da cui dipende la performance personale e lo stato del venditore
Il metodo HPM sostiene che le performance sono ampiamente correlate ai seguenti punti:
alle energie fisiche (stato di carica organismico);
alle energie mentali (stato di carica motivazionale, forza di volontà);
alle macro-competenze insite nel ruolo (i saperi, i saper essere, e i saper fare che certo ruolo richiede);
alle micro-competenze: i dettagli e le micro-attenzioni correlate alle macro-competenze (es: sapere bene come aprire una riunione di vendita o negoziazione, come gestirne i contenuti, e come chiuderla);
alla fissazione di goal intesi come proposizioni di risultato quantificabili ed oggettivabili;
alla visione, intesa come motore ispirativo dell’orizzonte futuro cui si guarda (o al passato da cui si sfugge), alla means-end-chain (catena mezzi-fini) che costituisce la visione personale (il “perché” facciamo le cose).
I fattori da cui dipende la performance del team e lo stato del team
Ogni team si può considerare come la sommatoria ed interazione tra più sistemi di energie personali (sistemi piramidali HPM,) che interagiscono tra di loro. Ogni team ha due grandissimi nemici:
le incomprensioni tra membri del team e
il calo di energie di uno o più membri del team.
Il metodo HPM richiede di porre attenzione, da parte della direzione vendite, ai seguenti punti:
lo stato di ciascun soggetto per quanto riguarda le 6 aree identificate;
i rapporti di interazione tra soggetti, a livello orizzontale (rapporti tra colleghi interni al team);
i rapporti di comunicazione e la qualità comunicativa dal leader verso ogni singolo membro del team;
i rapporti di comunicazione e la qualità comunicativa posta in essere dai membri del team verso il leader (comunicazione bottom-up, flussi di ascolto dal cliente verso la direzione vendite, mediata dal venditore);
le comunicazioni interne al gruppo;
i rischi di disallineamenti nei goal tra membri del team e leader: è pericoloso avere idee diverse su ciò che sia un goal o cosa si debba fare – in pratica – sul campo;
i rischi di disallineamenti nella visione e nella prospettiva temporale – ad esempio gli orientamenti a lungo periodo nella costruzione di un parco clienti di qualità vs gli orientamenti di breve termine verso il raggiungimento di un budget di vendita anche con clienti di bassa qualità e progetti a basso valore;
i disallineamenti comunicativi: comprendersi male, fraintendimenti (misunderstanding), disaccordi (disagreement);
i cali energetici che coinvolgono un membro del team, che se non compresi e compensati, si ripercuotono a cascata sia sul leader che sul gruppo;
i cali energetici del leader, che si ripercuotono su tutto il gruppo.
[1] Howell, William S. (1982). The empathic communicator. University of Minnesota: Wadsworth Publishing Company.
Altri materiali su Comunicazione, Ascolto, Empatia, Potenziale Umano e Crescita Personale disponibili in questi siti e link:
Il significato comune del termine performance comprende troppo spesso concetti di fisicità estrema, alta intensità e condizioni di picco, con il chiodo fisso di andare oltre il limite. Questo è un errore. Le performance sono anche atti quotidiani, ripetitivi, azioni di bassa intensità, ma che richiedono una volontà e una forza interiore.
Ogni giorno, ogni singolo giorno, in ogni vita, si producono performance che hanno qualcosa di eccezionale. Le azioni umane sono spesso banalizzate, a meno che qualche tragedia non ci ricordi che il fattore umano è in fulcro di ogni cosa. Allora e solo allora scopriamo che la lucidità mentale fa la differenza tra la vita e la morte, tra benessere e fallimento di migliaia di persone.
E allora, quanto training si fa sulla lucidità mentale ? Poco o niente, un’incoerenza assurda. Si pensa a un formatore spesso come ad un “insegnante” che parla a degli adulti, una specie di auto-parlante. In altri casi appare cos’ ma in realtà sta compiendo una formazione attiva.
Solo chi insegna con passione sa quanta differenza ci sia tra il “parlare” e il “fare formazione attiva” e quanta attenzione serva in ogni istante, in ogni secondo, per tenere monitorati i livelli di attenzione dell’intera aula e dei singoli partecipanti, osservare gli stati emotivi.
È una performance svolgere un colloquio di lavoro o una vendita, gestire una riunione e farla diventare efficace, condurre una buona lezione, o fare una buona diagnosi di una malattia. Persino ascoltare bene è una performance.
Troppo spesso le performance sono confuse con atti puramente muscolari e con azioni di brevissima durata. Nella visione olistica le performance devono essere viste come atti soprattutto mentali e, per quanto riguarda la durata, comprendere 1) il lavoro della comunità e 2) lo scopo, la misura di quanto esso sia nobile.
La visione olistica della performance non si limita a cronometrare i risultati o misurare quanti soldi entrano nel breve termine. Ti parla della vita come di una serie di opportunità da cogliere e persino da costruire, con le tue mani, con la tua volontà, da spirito libero.
Occorre fare una sana e costante manutenzione di questi aspetti essenziali anche quando tutto sembra andare bene. Anzi, è proprio quando le cose vanno bene che i processi di potenziamento delle energie possono avere meno freni e costituire le basi per un futuro di progressi.
Training e coaching atti a potenziare la corteccia
Si tratta della zona celebrale che ci mette in grado di elaborare le emozioni positive e cogliere il bello e il piacere degli elementi della vita e dell’ambiente che ci circondano. Se questa zona non viene allenata, come un muscolo in disuso, si riduce in termini di potenza e capacità, per cui rimaniamo in balia della sola corteccia prefrontale destra e di un continuo vissuto negativo.
Le neuroscienze ed il coaching basato sulle neuroscienze in questo sono di grande aiuto, pratico e concreto, con esercizi fattibili da chiunque. Per apprendere questi temi, la sola lettura non è sufficiente, ma serve la partecipazione ad allenamento speciali.
E anche la perseveranza non deve mancare. Se da un corso non traiamo niente, cambiamolo, senza troppe recriminazioni, finchè non troviamo qualcosa che funzioni su di noi. Se senti una pulsione verso una crescita vuol dire che quella voce va ascoltata, è una voce importante da non seppellire mai.
Ecco un paio di esempi di casi:
Esempio in ambito sportivo: Obiettivo: riprendere il gusto del ring, assaporare ogni attimo. Questo significa, per un atleta che ha già vissuto un intera vita nello sport, rinascere prima di tutto nelle emozioni, poi come atleta. Riscoprire come in ogni singolo colpo si attiva la catena muscolare dalle dita sino al capo, sentire il respiro dell’aria fresca usciti dalla palestra, il piacere del sudore, ascoltare i segnali del corpo. Far diventare il giorno della gara, tra luci e riflettori con telecamere di tv di tutto il mondo puntate addosso, come un momento di gioia, liberi dal giudizio, un momento di vita pura.
Esempio in campo manageriale: Per un dirigente riscoprire il gusto di fare un colloquio in profondità, anziché un rapido giro di telefonate. Conoscere le persone e sapere su chi poter contare cogliendo la felicità di chi sente di avere un potere di osservazione nuovo, potente e una dote nascosta finora mai usata. Divertirsi ad esaminare e se necessario smontare le argomentazioni e le riunioni, padroneggiare le riunioni anziché esserne dominato, guadagnarsi la leadership sul campo e non tramite pezzi di carta. Lavorare e vivere meglio.
In entrambi i casi, il lavoro sulla corteccia prefrontale sinistra è partito con osservazioni, di quanto ci fosse di piacevole nell’ambiente umano e fisico potenziale, per poi passare a esercizi di bioenergetica in acque termali, con esercizi di percezione aumentata dei segnali positivi circostanti, dati da immagini, suoni, luci, sensazioni interiori. Poi i role-playing, gli esercizi con “stop dell’azione” e osservazione aumentata, e tante altre fasi di training operativo e non solo teorico.
In tutti i casi si assiste ad un meccanismo unico: lo spalancarsi delle capacità di sentire, il percepire gli elementi e i momenti della vita, e un fantastico trascinamento positivo di questa capacità sia nell’azione che nella vita quotidiana.
Ri-allenare la corteccia prefrontale sinistra significa far assaporare ogni singolo boccone di vita e sentire ogni momento nella sua sacralità, anzichè vivere la giornata o una performance senza sentirne i profumi, i colori, il tatto, i suoni e le sensazioni interne che ti possono produrre.
Se non impari e ti alleni a cogliere le sensazioni positive enormi e immense nessun altro lo farà per te.
Training mentale per accedere ai poteri della mente
Molti nostri comportamenti quotidiani sono dominati dal meccanismo stimolo-risposta. Automatismi innati che funzionano bene nel mondo animale ma meno in un mondo sociale.
Tu mi aggredisci, io aggredisco te. Qualcuno rifiuta il tuo progetto, tu ti senti svalorizzato. E magari cominci a pensare di non valere. Il passo successivo è lo stress, e l’attivazione del SNS (sistema nervoso simpatico) che determina le reazioni di attacco-fuga.
La fuga prende forma o di corsa o di blocco fisico. Un blocco comportamentale o decisionale, non riuscire più a muoversi, o a decidere, è una forma di fuga dal pericolo mossa dal SNS. L’attacco può prendere forma fisica, verbale violente o sottile.
Il sistema simpatico è anche chiamato sistema fight or flight, combatti o fuggi. È la tipica reazione dell’uomo primordiale di fronte al leone, fuggire o difendersi. Il problema è che oggi questo sistema “parte” anche quando sentiamo un pericolo non così reale, come un compito in classe, una presentazione di fronte ad un pubblico, o una discussione accesa.
È possibile apprendere a dominare meglio il proprio sistema nervoso simpatico ? Esiste un metodo di allenamento chiamato S-E-R (stimolo, elaborazione, risposta) in cui lo scopo è far si che le risposte comportamentali sfuggano al controllo obbligato del sistema simpatico.
In altre parole, diventare più padroni del proprio comportamento anche in casi estremi. Il risultato è rimanere coscienti e lucidi. Guardare in faccia i pericoli senza esserne sequestrati, bloccati o annientati perdendo di vista le opzioni possibili.
Esiste un allenamento specifico e come ogni allenamento bisogna ripeterlo varie volte sino alla completa padronanza. Questo è possibile sia per chi opera sulle performance intellettuali, sia su quelle sportive o fisiche.
Le sedute di training mentale sono in grado di muovere sia la capacità di attivazione che la capacità di rilassamento. Il vissuto del rilassamento è il territorio del sistema nervoso parasimpatico (SNP), il sistema opposto al sistema nervoso simpatico.
È lo stato del riposa e recupera, della rigenerazione fisica e mentale. Dirige il sangue verso l’apparato digerente, restringe le pupille, diminuisce la frequenza del battito cardiaco. Il training mentale può essere molto utile, rimettendo la persona in grado di rilassarsi quando vuole farlo, vivere con serenità compiti e sfide, recuperare le energie.
Il vero accesso verso il nostro vero potenziale passa attraverso una riflessione profonda ma non nega le neuroscienze, la fisiologia, la conoscenza della macchina biologica e mentale che portiamo dentro di noi e che nasconde trucchi da imparare e sfruttare.
Un Mental Coach è un professionista che allena la mente di un atleta, di un manager o di una persona di qualsiasi tipo, nel compiere evoluzioni positive verso un futuro migliore e ottenere migliori performance. Non è uno psicoterapeuta o uno psichiatra, non tratta questioni cliniche ma può agire sulle stesse variabili che si trovano in alcune aree della psicologia, della comunicazione e della formazione, come la scienza delle performance, la gestione delle emozioni, operando sulla formazione personalizzata di una squadra o di un singolo atleta o manager.
A mio parere gli strumenti che un Mental Coach professionista deve conoscere sono almeno:
la Scala di Fisher, per comprendere e far comprendere ai propri clienti il concetto di stato di coscienza e aiutarlo a riconoscerli nella sua vita personale e nelle performance
le tecniche di rilassamento
le tecniche di visualizzazione
le tecniche di respirazione connesse agli stati corporei (Pranayama)
la tecnica del colloquio di Coaching (e nei casi più evoluti, la tecnica del colloquio di Counseling)
le tecniche di “Analisi degli Episodi”
le tecniche di Analisi della Conversazione (derivate dalle Scienze della Comunicazione)
i principi di base della motivazione
i principi dello stato di Flow (flusso) e delle Optimal Performance
la struttura delle emozioni (in particolare il modello di Plutchick)
il lavoro allenante sulle micro-competenze e macro-competenze (Modello HPM)
i principi dell’Andragogia (la scienza della formazione degli adulti) e la capacità di realizzare active training (formazione attiva) sui propri clienti
sensibilità e competenze sulle intersezioni tra aree diverse: spirituale, emotiva, fisico-corporea, esistenziale, professionale, familiare e sistemica, lavoro sulle competenze
conoscenza e applicazione del modello delle Regie di Cambiamento o modello X-Y, con capacità di progettare azioni di RME (Retargeting Mental Energies)
capacità di fissare micro-obiettivi e macro-obiettivi (Y o “End-States”) e monitorare i progressi del cliente
conosce sulle Scienze del Potenziale Umano (Modello HPM – Human Potential Modeling)
Ognuno di noi ha ricevuto un’eredità mentale e genetica da chi lo ha preceduto, un patrimonio di risorse, per alcuni ricco e pieno di frutti, per altri disastrato e pieno di debiti non pagati, con la quale fare i conti. Di questo non abbiamo né colpe né meriti, è il nostro punto di partenza.
Da questo punto in avanti, tuttavia, si avvia la responsabilità della persona nel compiere suoi progressi, tentativi anche piccoli, una responsabilità potente e individuale del volere realizzare se stessi, provare a farlo, o progredire per quanto sia possibile, senza accettare la stasi o la passività (passività da non confondere invece con capacità di rilassamento, un tratto invece positivo).
E quando parliamo di potenziale umano o espressività, non esiste punto di arrivo o traguardo finale. Si tratta di un atteggiamento costante di amore per la vita e per la ricerca.
La scienza è un’amica importante, perché dimostra che esistono possibilità enormi di emancipazione umana e crescita del potenziale personale.
Una grande quantità di studi provano che è possibile mettere mano attivamente alla propria espressività e alle abilità, sia generali che specifiche. Ma per farlo occorre volontà e lavoro allenante.
Lo studio autonomo o di gruppo, la crescita voluta, le esperienze, ma anche il lavoro allenante, formativo, di coaching, di counseling, di training, sono forme per alimentare le nostre ali per volare. Amplificare il potenziale umano significa dare ali a chi non le ha, e aiutare le persone che già volano a volare ancora più in alto.
Con le tecniche giuste, anche persone con handicap hanno potuto amplificare la propria espressività, nel caso specifico l’espressività comunicativa, grazie al ricorso a training particolari basati su tecniche efficaci.
Ad esempio, se parliamo di comunicazione verbale, il prosodic modeling[1] – tecnica che allena la persona a gestire meglio il parlato, il ritmo e intonazione, la buona scansione delle sillabe – migliora la capacità di esprimersi bene, di generare frasi compiute e comprensibili, e ha prodotto effetti scientificamente dimostrati. Il miglioramento è un fatto concreto e possibile.
Ed ancora, è scientificamente dimostrato che le tecniche teatrali nelle loro varie forme (incluso il role-playing, lo psicodramma, le simulazioni) possono essere usate con successo nella formazione in azienda, e anche per aumentare l’espressività di ragazzi con problemi, con risultati tangibili, reali, forti.
Gli studi dimostrano efficacia su variabili determinanti dell’espressività, quali listening skills (capacità di ascolto), eye contact (gestione del contatto visivo), body awareness (consapevolezza corporea), coordinamento fisico, espressività facciale e verbale, focalizzazione e concentrazione, flessibilità mentale e problem solving skills, capacità di interazione sociale, ma anche tratti psicologici quali la self esteem (autostima)[2].
Sono ambiti localizzati, dettagli di un puzzle di crescita, ma sono avanzamenti possibili e mostrano una via, una possibilità reale.
Questo per noi significa tanto: le persone possono andare oltre la posizione di partenza ereditata e oltre lo stato in cui si trovano, qualsiasi esso sia: (1) problematico o patologico, (2) normale o mediano, (3) eccellente o agonistico.
Sicuramente chi si impegna in programmi di sviluppo, su qualsiasi stadio di partenza, sta facendo uno sforzo intenzionale per andare oltre l’eredità ricevuta, e ha un merito. Lo ha anche chi li supporta, i coach, trainer o terapeuti che vi si impegnano. Lo hanno anche i leader se e quando nelle imprese fanno crescere le persone. I leader sono coloro che sviluppano le persone e non solo risultati.
Espressività è liberazione di sé, energia, possibilità di emancipazione, dare aiuto e contributi agli altri e ai loro sogni, così come ai nostri.
Le performance e l’apprendimento sono atti di espressività che non arrivano ad un punto per poi fermarsi, sono piuttosto momenti di azione, seguiti da altri di riflessione, ricarica, e poi ancora ricerca di altre zone di espressività e altre crescite, altri progetti positivi, e ancora riposo, contributi, espressione, in un susseguirsi di “respiro vitale”, un battito di vita profondo e potente.
Ci si può esprimere in una poesia, in una corsa, in un progetto aziendale. Ci si può esprimere aiutando il prossimo, nel volontariato, o in una ricerca spirituale.
Ci si può esprimere nel raccontare con vividezza un racconto o una favola ad un bambino. Non è necessario far soldi o vincere le olimpiadi per esprimersi. Ci si può esprimere nelle professioni, nel lavoro, nell’impresa, ma diventare ricchi non è sempre sintomo di successo vero, anzi, persone che hanno raggiunto obiettivi spirituali, come Gesù, San Francesco, i monaci buddisti, e altri illuminati, hanno deciso che il loro metro di misura fosse altro.
È questa la vera emancipazione: decidere quale sia il nostro metro di misura senza ingoiarlo a forza da altri, non assorbirlo passivamente e impregnarsi da quanto certa società vorrebbe a forza, il consumismo, l’esasperazione, il comportamento “produci-consuma-muori”.
Ma, quello che conta ai fini formativi, è che – qualsiasi sia il target o l’obiettivo – l’espressività sia percepita da un mental coach come fattore altamente “lavorabile”, così come lo è, più in generale, ogni ambito della crescita e del potenziale umano.
[1] Young, Arlene R. et al. (1996), Effects of Prosodic Modeling and Repeated Reading on Poor Readers’ Fluency and Comprehension, Applied Psycholinguistics, v. 17, n. 1, pp. 59-84, Mar.
[2] Bailey, S.D. (1993), Wings To Fly: Bringing Theatre Arts to Students with Special Needs, Woodbine House, Rockville.
Se vuoi sperimentare il lavoro con un Mental Coach professionista e il mental training, che si tratti di coaching sportivo, coaching manageriale o coaching personale, coaching per lo studio o per la carriera professionale, contatta il Dott. Daniele Trevisani tramite il seguente form
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