©Copyright. Estratto dal testo di Daniele Trevisani “Psicologia della libertà. Liberare le potenzialità delle persone”. Roma, Mediterranee. Articolo estratto dal testo e pubblicato con il permesso dell’autore.

Fissare come vorremmo essere: film mentali e immagini mentali come motore del nostro potenziamento

Un esercizio fondamentale di training mentale, che pratico con alcuni allievi selezionati, è un esercizio di visualizzazione mentale. Iniziare a “vedere” mentalmente se stessi “come se fossimo e ci muovessimo nel modo che rappresenta davvero il mio ideale…”. Dare concretezza ad un’immagine mentale è uno dei fondamenti del metodo della Psicosintesi, sviluppata dallo scienziato italiano Roberto Assagioli[1], e dalla Psicocibernetica di Maltz[2].

Alcune varianti di esercizio:

  1. Una variante, è visualizzare solo alcuni parametri, ad esempio lo stato di forma fisica, una “fotografia mentale” di come vorremmo essere fisicamente, dal punto di vista puramente estetico, muscolare e visivo; 
  2. Altra variante, creare un “film mentale”, esempio, noi che stiamo correndo con una certa andatura, un certo tipo di respirazione potente e cadenzata, un certo tipo di falcata, con la presenza di dettagli vividi quali un bosco attorno a noi, o una spiaggia. Si possono trovare e provare innumerevoli stili di movimento e innumerevoli setting o ambientazioni mentali. Queste immagini mentali o film mentali agiscono molto bene, fanno da ancoraggio per l’azione pratica, danno un’impronta ai nostri sforzi e dirigono il nostro impegno;
  3. Una variante ulteriore, è “vedersi in movimento” mentre si svolge una forma o un combattimento (per le arti marziali), un salto o un lancio (nell’atletica), un discorso o una riunione (nel management), prima nel modo peggiore possibile, poi nel modo migliore possibile, poi discutere in gruppo che cosa esattamente c’è di diverso tra la variante “negativa” e goffa, e quella “positiva” o ideale.

Molto spesso in questi esercizi viene veramente fuori qualcosa di fondamentale: i punti specifici sui quali dover lavorare per migliorarsi.

Sul piano fisico, se riusciamo a fissare con forza, con estrema forza, un’immagine mentale fisica (il Sé aspirazionale fisico), che rappresenta un nostro ideale, e fissarlo con decisione come un punto di arrivo, questo diventerà un “motore psicologico” fortissimo.

Sul piano mentale, se riusciamo a fissare con forza, con estrema forza, un’immagine mentale di come vorremmo sentirci, in allenamento o in gara (il Sé aspirazionale psicologico), o sul lavoro, e fissarlo con decisione come un punto di arrivo, questo diventerà un “motore psicologico” fortissimo per allenarsi e “tendere” verso quello stato. Naturalmente questo deve essere uno stato positivo, qualcosa che ci faccia sentire bene.

A quel punto il dubbio se andare o non andare al lavoro, in palestra o nel Dojo la sera, o quando siamo stanchi, troverà un nemico potentissimo, l’immagine mentale “aspirazionale” che abbiamo di noi stessi e a cui vogliamo tendere. 

Questo fatto, oltretutto, è nemico mortale di un pericolo altrettanto fatale: la perdita di senso e di motivazione. Quando abbiamo fissato cosa vogliamo diventare, e verso cosa tendere, questa immagine mentale riempie di senso ogni nostra giornata, o ogni nostra attesa, che diventa un “traghetto” verso quello stato ideale.

Chi cerca la libertà studia molte arti, arti marziali, meditazione, tecniche mentali, conoscenze esoteriche, filosofia. Facciamo di queste arti un percorso di crescita personale, cerchiamo la componente mistica, trascendentale, e filosofica di questo percorso, e senza questa saremmo solo degli animali, ma non dobbiamo mai dimenticare l’origine vera del mondo marziale: combattere, diventare armi.

Su questo, vorrei esprimere il pensiero di un Samurai Naganuma Muneyoshi (1635-1690), che ha espresso molto meglio di quanto riuscirò mai a fare io, la sua opinione su questo fatto, del “trasformarsi in armi”.[3]

Le armi sono strumenti di sventura.

La guerra è una faccenda pericolosa. 

Se viene usata per risolvere i problemi del mondo ed eliminare la sofferenza della popolazione, è una guerra giusta. 

Attaccare città che non si sono macchiate di alcuna colpa e uccidere persone innocenti è una guerra di rapina.

I predoni non vedono l’ora di mobilitarsi, mentre gli uomini nobili lo fanno solo quando è inevitabile.

Credo che sia chiara la coscienza che nessuno deve mai fare del male gratuitamente. Il bullismo di chi si sente forte perché sa di più, o perché più forte, è da ignoranti e va punito e perseguito come una piaga sociale, ma per i puri di cuore le armi sono strumenti di bene, se usate come risorsa, e solo per cause davvero nobili.

Credo che il senso del tutto sia sapere quando sia positivo diventare un’arma di libertà che – pur nella nostra limitatezza di singole persone – può dare un contributo a risolvere i problemi del mondo e lottare contro la sofferenza, e mai si scaglierà contro bersagli sbagliati o innocenti.

Un’arma che si tiene affilata, lubrificata, preparata, pur sapendo e sperando di non essere mai usata, ma che se occorresse, e – come sostiene Muneyoshi – solo quando è inevitabile, saprà fare ciò per cui si allena, e non si girerà dall’altra parte.


[1] Assagioli, Roberto (1965). Psychosynthesis: a manual of principles and techniques, Hobbs, Dormann & Company, New York.

[2] Maltz, Maxwell (1960), Psicocibernetica. Edizione italiana Astrolabio, Roma.

[3] Thomas F. Cleary (2008), Training the Samurai Mind: A Bushido Sourcebook. Shambhala Publications

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Formatore e Coach su temi di Sviluppo del Potenziale Personale, Comunicazione Interculturale e Negoziazione Internazionale, Psicologia Umanistica. Senior Expert in HR, Human Factor, Psicologia delle Performance, Comunicazione e Management, Metodologie Attive di Formazione e Coaching.

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