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Articolo estratto con il permesso dell’autore, dott. Daniele Trevisani, dal testo “Il coraggio di evolvere. Coaching attivo esperienziale e counseling per lo sviluppo personale e professionale. Il metodo della Neotropia” Bologna, OM Edizioni.

Non sarà mai tardi per cercare un nuovo mondo migliore,

se nell’impegno poniamo coraggio e speranza.

Lord Alfred Tennyson

Ogni persona sente il bisogno di liberarsi da qualche stato negativo e dirigersi verso stati più positivi. Pochi lo fanno.

Il Coaching, il Counseling, la Formazione, la Ricerca, si prefiggono di aiutare le persone e le imprese a fare questo salto di qualità, offrendo uno spazio di ascolto e uno spazio di focalizzazione (focusing) raro e prezioso[1].

Per farlo, bisogna andare alla ricerca degli errori che compiano, analizzarli, e trarne delle lezioni. Ogni fallimento ben esaminato può essere la porta verso una lezione che ci conduce ad un seguente successo.

È il fallimento che guida l’evoluzione; la perfezione non prevede alcun incentivo per il miglioramento.

Colson Whitehead

Oltre ai fallimenti da cui possiamo apprendere (Lessons Learned) è essenziale scoprire i nostri talenti (focusing sui talenti), i nostri punti di forza, ciò che costituisce il motore delle performance e dell’aiuto che possiamo dare alla vita degli altri.

La ricerca del nostro “Sé migliore” è una pulsione neotropica primaria dell’essere umano, ma le persone trovano sempre meno tempo per occuparsene, prese dagli affanni del vivere, impegni quotidiani, e da priorità malate come il “fatturare sempre di più” senza fermarsi a pensare “cosa è veramente per me il successo”? Sono progressi solo le “cose” e i “soldi”, o forse avere più tempo per guardare i goffi e amorevoli passettini che fa mio figlio nel tentare a camminare? È forse un abbraccio di un cliente di un corso che ti dige “grazie!

Le nostre strutture interne fanno fatica a conoscere mappe esatte del “dove siamo” e del “dove voglio dirigermi”.

 Le parti oscure di noi fanno ombra, quelle parti di noi che non conosciamo, che ancora non abbiamo esplorato e sulle quali non abbiamo portato luce.

Dove “sono” io ora? Dove voglio dirigermi? Nella Neotropia si utilizzano mappe che aiutano a focalizzare queste situazioni.

Un esempio di buona mappa di partenza è la mappa degli stati esistenziali.

Se vuoi cambiare il mondo, prova prima a migliorare e a trasformare te stesso.

Dalai Lama

Figura 1 – Una delle diverse mappe della Neotropia, (ns. elaborazioni su modello base Psycholinguistic Research Italia)

Questa mappa parte da alcuni descrittori linguistici, e ci chiede di trovare il “dove siamo” all’interno di uno “spazio psicologico” formato dalla nostra percezione del “come stiamo”.

Quanto più sentiamo che una certa condizione ci appartenga, tanto più la viviamo come nostra. E non è così scontato che basti “volere” cambiare la propria posizione perché il cambiamento avvenga. Occorrono specifiche “mosse”, strategie, e aiuti. Gli aiutanti possono prendere la forma di un Coach, di un Terapeuta, di un Formatore, di un Mentore, di un libro, o persino di una Guida Spirituale o Religiosa.

L’importante è non stare troppo a lungo in una zona dello spazio psicologico che non ci appartiene, senza fare niente per cambiare.

Quello che non ti piace negli altri, miglioralo in te.

(Fabrizio Caramagna)


Altri materiali su Comunicazione, Coaching, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online:

Temi e Keywords dell’articolo:

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Link al libro “Le 10 vie alla Felicità” – scheda disponibile su Amazon

Presentazione  di Daniele Trevisani[1]

Ho scritto dodici libri ed altrettanti, forse più, sto scrivendo, non li conto neanche più. Scrivo dal 1994 ininterrottamente, forse anche da prima, salvo lavorare per la famiglia quando serve. O saltare su un ring per espellere dal corpo la fatica mentale che solo gli scrittori veri sanno riconoscere, quella “nascita del testo”, quell’accompagnare ogni paragrafo e pagina con l’anima sulla tastiera e il fiato che si accorcia per poi ri-distendersi quando il concetto, finalmente, è emerso ed è li, nero su bianco, pronto per un confronto eterno con l’universo, tra critiche, apprezzamenti, condivisioni o negazioni.

Ma questa mia personale sindrome, con le fatiche e le gioie che la accompagnano, mi permette di saper distinguere un testo di qualità scritto da altri. Il lavoro di Daniele Mattoni è un progetto di grande, grande spessore. Quando un autore non si limita a ricercare la “via facile” per trattare un tema difficile, ma inizia a trattarlo per come è, a confrontare punti di vista offrire spunti, e persino esercizi pratici e operativi, siamo di fronte ad un autore, ad un ricercatore, e non solo ad uno scrittore. E’ per questo che ho deciso di portare il mio contributo, minimale, introducendo questo testo.

La prima connessione che mi sorge, immediata, spontanea, è la fortissima inter-relazione, quasi un intreccio magico, che unisce questo testo, ad un mio testo più di tipo manualistico, “Il Potenziale Umano”, uscito con la stessa casa editrice, e più leggo il testo di Daniele, più mi rendo conto che quel libro, il mio libro, pur così denso di principi, formule, scienza, diventa niente se mancano i temi che Daniele esprime in  questo volume. Cosa può essere il Potenziale Umano se manca la felicità?

Vorrei esprimere alcuni pregi di quest’opera in modo chiaro e non adulatorio, andando sul particolare. In primo luogo, l’analisi della felicità è esposta per quello che veramente è, un parametro soggettivo. La mia felicità può nascere da esperienze che a te renderebbero triste, o spaventato, o viceversa. Si pensi ad uno scalatore e a quanto possa sentirsi felice nonostante si trovi cosparso di neve, gelo, appeso ad una parete, lontano da qualsiasi forma di materialità consumistica. Ma lo stesso vale per un meditatore, o un lettore che sia immerso in un testo che lo affascina.  In questo Daniele offre una prospettiva finalmente scollegata dalla visione materialistica che tanti danni ha fatto finora, anche e soprattutto nella formazione e nel definire cosa sia il successo, una materia sottile da non banalizzare. I miei complimenti sinceri per questo.

Un secondo passaggio fondamentale di questo volume è l’attenzione ai diversi piani, dai filosofi greci alle tecniche corporee moderne, come il focusing, il lavoro sulle emozioni, sino alla ricerca di significati profondi della vita, e di reti di relazioni umane che ti nutrano e che tu stesso puoi nutrire con il meglio di quanto saprai essere.

Altro passaggio critico e fondamentale, che offre una prospettiva dello spessore di questo testo, è l’inserimento di una serie di aree di ricerca, come quella dei “copioni e maschere”, derivante dalla microsociologia Goffmaniana, scienza conosciuta da pochi, ma proprio per questo una perla rara in un testo contemporaneo. Non è banale che qualcuno ci inviti a guardare che “film” stiamo interpretando, che personaggio siamo, che copioni si svolgono  dentro alla nostra vita e persino nella nostra giornata.

L’autore ci porta a spasso dolcemente a visitare concetti come il “limite” delle nostre condizioni e persino di quanto crediamo sia “vero”, la quantità di menzogne e che ci raccontiamo per far funzionare il tutto e le convinzioni distorte, tecnicamente, la “dissonanza cognitiva” che ci vive dentro, qualcosa di così forte ma al tempo stesso intangibile, che non possiamo catturare e vedere se non con l’aiuto di un buon coach, counselor o terapeuta, o metodi di auto-osservazione mirata, qui descritti e che invito ad approfondire.

Con grande piacere, Daniele ha saputo integrare, e ne sono veramente grato, il mio “principio metabolico”, esposto in una pubblicazione sul cambiamento, con l’opera di grandissimi pensatori che hanno solcato ben prima di me gli oceani della riflessione. Questo mi onora, sinceramente.

Così come apprezzo la riflessione sul fatto che lavorare sulla propria felicità sia un’azione che non solo fa stare meglio noi, ma chiunque ci sia vicino, e persino le prossime generazioni. Siamo avvolti in una rete di energie dalla quale possiamo solo “succhiare”, o invece “donare” e dare. In tempi e in luoghi in cui per decenni di oscurantismo culturale le persone felici sono state additate o dovevano nascondersi,  la gara diventava “al ribasso”. Mancando un apprezzamento della felicità vera, si instaura una competizione per  chi ha più da lamentarsi, la sfida negativa tra chi ha più la capacità di vedere nero, più nero del nero, anche nelle aziende. Non è un mondo facile, ma se vogliamo farlo ancora più difficile, cerchiamo di essere poco felici, e il risultato sarà garantito. Un contributo sulla felicità, che inverta la rotta, è pertanto  un contributo quanto mai doveroso, produttivo, persino direi socialmente utile.

E quando questo messaggio entra nelle aziende, le persone smettono di dire solo che “è difficile”, ma iniziano a chiedersi “come possiamo farlo, o come possiamo avvicinarci a questo goal”, che si tratti di un obiettivo aziendale o strategico, personale o di vita: tutto cambia. Quando una nazione smette di sognare e si chiude nel buio dell’anima; quando una persona fa altrettanto, ha finito di vivere, per quanti ettari di terreno quella nazione abbia, per quanti gioielli e lussi ti contornino. Capire cosa i pensatori citati nel testo ci offrono come riflessione e linea di pensiero alternativa, è un dono a se stessi.

Vorrei concludere con un testo che magistralmente Daniele ha citato, e che mi ha fatto piacere ritrovare:

“Pubblicità quotidiane, spot pubblicitari assurdi, mostrano vite impossibili e offrono il modello mentale di persone che vivono solo per gli oggetti e l’apparenza, in vite di plastica. I messaggi che nascondono sono tanti. Ti dicono sottilmente che non sei adeguato, cercano di insinuare in te una tensione, un impulso a comprare o imitare, per poi tornare a sentirti povero come prima dopo qualche ora, o qualche giorno. La vita vera è altro. Allora, esiste il momento sacro, in cui, da adulti, possiamo renderci conto delle menzogne che ci hanno contornato e cercare una nostra via personale verso la verità e verso la pulizia mentale. Possiamo capire che siamo stati sottoposti ad una “dieta comunicazionale” fatta di abbondanza di messaggi deviati e falsi. Solo allora possiamo e dobbiamo riprendere le redini della nostra “dieta comunicazionale” e scegliere cosa vogliamo imparare e conoscere”.

Parafrasando me stesso, posso dire che questo libro rappresenta uno di quei “momenti sacri”, in cui, da adulti, possiamo finalmente ridefinire cosa per noi è un concetto assoluto come la felicità, viverlo a pieno, nutrircene, farlo nostro e assaporarlo. Da scrittore, da coach e counselor, dico che questo non solo mi “piace”, ma è un testo che scorre da una mente che avrebbe potuto essere la mia, si, forse con qualche differenza, ma la sostanza è li, i messaggi li sento, e questo per me significa molto. Non siamo soli.

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[1] Daniele Trevisani, formatore, coach e Counselor Senior, è autore di numerosi modelli sul Potenziale Umano, sulla Comunicazione, e di diverse pubblicazioni in Italia e all’estero. Gli è stato assegnato il premio Fulbright (Governo USA) per ricerche innovative sul Fattore Umano, ricerche che proseguono su temi di frontiera come l’analisi dell’incomunicabilità, i processi di formazione esperienziali e subconsci, il lavoro per un modello scientifico delle energie umane. E’ laureato con Lode in DAMS Comunicazione a Bologna, e Master in Mass Communication con onori accademici alla University of Florida (USA). Ha portato i propri contributi in contesti come le Nazioni Unite, la Nato, la European Space Agency, e in aziende come Siemens, Ricoh Europe e Barilla.

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Testo Copyright dell’autore, pubblicato nel testo di Daniele Mattoni “Le 10 vie alla Felicità: Da Socrate al Dalai Lama e oltre” – Franco Angeli editore, Copyright.

 

Tacco 12 in borsa, e cravatte odiose d’estate. I valori determinano comportamenti. Anche in azienda

Guardiamo bene, e siamo sinceri.

Si stanno creando comportamenti osservabili, nelle aziende soprattutto, che sono ripieni di patologia. Quando a Milano vedi signore e ragazze scendere dal motorino o metropolitana, sfilarsi scarpe comode, infilarsi scarpe con tacco 10 o 12 e entrare in azienda, capisci che quel comportamento è un segnale di valori che si stanno distorcendo. Non si sta andando ad un matrimonio, ma ad una giornata di lavoro. In una giornata di lavoro, si cerca di essere produttivi. Come fa un tacco 12 a renderti più produttiva?

Bisogna allora essere sinceri e dire che dentro alle aziende vige molto più la regola dell’apparire che dell’essere o del fare, e che questo male è una cancrena.

Lo stesso si può dire per i manager in giacca e cravatta d’estate, visibilmente sofferenti nel doversi vestire e coprire tanto. Del resto quanto finalmente, appena entrati in macchina, possono sfilarsi la cravatta e la giacca e mandare a quel paese quel sistema di falsità e rilassarsi, si sentono sollevati. Il problema è “perchè”? Uno psichiatra sano, vedendoti vestito come d’inverno con 40 gradi, ti inserirebbe in qualche struttura molto volentieri. Invece, no. Diventa normale, diventa la regola del branco, il Dress Code diventa un valore, il che è pazzesco perchè dovrebbe essere il contrario. I Valori dovrebbero dettare i Dress Code.

E nei miei valori, meritocrazia, creatività, produtittività, non vedo grande consonanza o bisogno di tacco 12 e la cravatta estiva. Quelli vanno benissimo, magari ad un party, o se sono scelta libera, se non se rischi il licenziamento o il gulag quando non lo fai.

Come ci fa notare Harrison (Antroplogia Psicologica), esiste una serie di comportamenti che ogni etnia, ogni tribù, fa propri, e guai a chi li mette in discussione. L’Homo Aziendalis sta prendendo proprio una brutta piega, molto lontana dalla libertà e dalla verità, molto vicina alla “passerella aziendale” che poi fa chiudere le aziende.

In altre culture, penso alla Silicon Valley, vediamo amministratori delegati di colossi dell’Information Technology tenere discorsi ufficiali con un bomberino di pelle o una camicia semplice, e non tanto per apparire e fare understatement, ma proprio perchè quanto hanno da dire sovrasta enormemente il bisogno di apparire.

Per cui, tornare a “dire” cose importanti deve diventare una nuova moda, rompere la spirale del silenzio, rompere la passerella del corridoio, e tornare a ragionare su cosa fa bene all’azienda veramente.

Ciò che vale sempre – come riferimento per il coach – è di puntare a inserire memi che potenziano la ricerca di una soddisfazione soggettiva verso la vita (life satisfaction soggettiva), rimuovendo la spazzatura mentale che troviamo in circolo, con un’enorme dose di etica professionale e di attenzione.

I memi fanno la differenza tra  attività che l’individuo vorrebbe saper svolgere e quelle che riesce a svolgere, condizionano il senso di efficacia personale, gli obiettivi che vorrebbe raggiungere e quelli pensa di non poter mai effettivamente a raggiungere (senso di potere personale).

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Le azioni sono comportamenti. E’ arrivato il tempo di pensare meno al fatto che comunicare sia sufficiente o equivalente a mettere un involucro luccicante su carne maleodorante quando la apri, o pensare che si possa mettere un packaging a qualsiasi cosa e che questo sia sufficiente. Le PR e la comunicazione devono comunicare quanto di buono si fa, non coprire il suolo di menzogne. Siamo tutti stanchi di bugie e le bugie non pagano più, se mai hanno pagato. Non è più tempo di bugie. Se le cerchi, hai un sacco di possibili caratteristiche, vantaggi, benefici, e unicità.

(modello copyright Daniele Trevisani www.studiotrevisani.it)

Di queste, ne basta una, non ne servono 10

Partiamo da quelli, senza andare a cercare bugie assurde.

Se scaviamo, entro il modello CVBU, troveremo un sacco di verità che vale la pena comunicare. Ma occorre scavare, esaminare, non stare in superficie.

E non fermiamoci al marketing, mix, entriamo nella comunicazione come relazione. Cerchiamo il “common ground”, cosa di buono possiamo veramente fare assieme.

Se applichiamo questa sequenza, lo troveremo

(modello copyright Daniele Trevisani www.studiotrevisani.it)

Comunicare può essere un “fare assieme” win-win fuori dalle maschere, ma può invece essere un teatrino delle falsità. Tu quale preferisci?

Occorre tornare a pensare che le nostre azioni reali, il nostro agire, il nostro comportamento, sono la forma di comunicazione più forte e la sola in cui le persone credono in caso di dubbio.

Daniele Trevisani, dal libro in costruzione. Per ricevere l’invito alla presentazione ed essere aggiornati sull’uscita, iscriversi alla rivista mensile gratuita Communication Research da questo link http://eepurl.com/b727Pv

Sogni, sogno, FreudBinz definisce i sogni come null’alto che “processi somatici che sono in ogni caso inutili e in molti casi effettivamente patologici”, dice Freud nel suo volume “Il Sogno e la sua interpretazione nel 1901.

Io immagino questo Binz, un “medicone” dell’epoca, magari baffuto e saputo, così sicuro delle sue puttanate, così arrogante, così saldo nelle sue opinioni, e lo confronto con le tante altre “certezze” che i medici di oggi hanno. Nella cultura popolare, invece i sogni erano considerati una “schiuma ribollente” che parlava di ciò che vi sta sotto, in un linguaggio metaforico. Träume sind Schäume (I sogni sono schiuma), e Freud ricorda come “un giorno ho scoperto con grande stupore che la concezione dei sogni più vicina alla verità non era quella medica, bensì quella popolare, per quanto fosse ancora per metà implicata nella superstizione”.

Allora amici, buona schiuma a tutti.

Buona schiuma a chi diceva che i buchi neri erano fantasie di chi leggeva libri di fantascienza (e oggi si trova sbugiardato dagli astrofisici)…

buona schiuma a chi continua a curarci con molecole (guarda caso prodotte da industrie miliardarie farmaceutiche) anzichè con sistemi basati su elettricità e magnetismo (noi siamo una macchina bio-elettrica, ricordiamolo)…

… buona schiuma a chi ha dato fuoco ai libri di Nicolas Tesla, su come trarre energia gratuita dall’atmosfera e mandare affanculo in un colpo solo la povertà nel pianeta…

… buona schiuma a tutti quelli (medici e politici uniti) che hanno affossato le ricerche di Di Bella sul cancro, facendo testare una variante completamente diversa della sua cura, affinchè risultasse inefficace…

E se avete altra schiuma in mente… sappiate che forse un giorno la scienza dirà che è vero…

Daniele Trevisani, www.danieletrevisani.com

 

— approfondimento, da S. Freud, L’interpretazione dei sogni, cap 3

Quando, dopo essere passati per uno stretto sentiero, emergiamo improvvisamente su un’altura, dove la strada si divide e i piú bei panorami ci si presentano da tutti i lati, ci è permesso sostare un momento per decidere verso quale direzione ci incammineremo in primo luogo. E questo è il nostro caso, ora che abbiamo superato la prima interpretazione di un sogno. Ci troviamo nella piena luce di un’improvvisa scoperta. I sogni non devono essere paragonati ai suoni discordanti che provengono da uno strumento musicale percosso da un tocco estraneo invece che dalla mano del musicista; non sono privi di significato, non sono assurdi; non implicano che una parte delle nostre rappresentazioni sia addormentata, mentre un’altra parte comincia a svegliarsi. Al contrario, sono fenomeni psichici pienamente validi e cioè soddisfazioni di desideri; essi possono essere inseriti nella catena degli atti mentali comprensibili della sveglia; essi vengono elaborati da un’attività mentale estremamente complicata.

 

 

Spezzare la catena del pensiero negativo. La via verso la pulizia mentale

di Daniele Trevisani, rielaborato dal volume Personal Energy, Franco Angeli Editore

La catena del pensiero negativo, della menzogna, della falsità, ci allena ogni giorno a stare nel recinto.

Bombardati dai mass media, i bambini imparano ad osservare il lato peggiore della vita, gli vengono proposti modelli impossibili e irraggiungibili, e comportamenti più stupidi e incredibili, e questo impedisce una buona crescita.

Pubblicità quotidiane prodotte da menti malate, spot pubblicitari assurdi, mostrano vite impossibili e comportamenti idioti, bambocci e Barbie, “fighi” di plastica e “fighe” di plastica, il modello mentale di persone che vivono solo per gli oggetti e l’apparenza, in vite di plastica. I messaggi che nascondono sono tanti. Ti dicono sottilmente che non sei adeguato, cercano di insinuare in te una tensione, un impulso a comprare o imitare, per poi tornare a sentirti povero come prima dopo qualche ora, o qualche giorno. La vita vera è altro. Spezza questa catena.

Allora, esiste il momento sacro, in cui, da adulti, possiamo renderci conto delle menzogne che ci hanno contornato e cercare una nostra via personale verso la verità e verso la pulizia mentale.

Possiamo capire che siamo stati sottoposti ad una “dieta comunicazionale” fatta di abbondanza di messaggi deviati e falsi. Solo allora possiamo e e dobbiamo riprendere le redini della nostra “dieta comunicazionale”, e scegliere cosa vogliamo imparare e conoscere.

Alimentarsi di cose buone è il primo principio di ogni creatura sana.

Antiche saggezze, che sono state perse, avevano capito da tempo che noi siamo come i frutti di una semina, siamo ciò che gli altri hanno coltivato.

E abbiamo quindi a nostra volta il compito di seminare bene, e non vomitare spazzatura mentale sulle prossime generazioni.

Quando guardi un film o la tv, chiediti se quel film o programma merita il tuo tempo o se sarebbe meglio una buona lettura. Pensa che il tuo tempo è sacro. Quella è pulizia mentale.

Quando stai con una persona chiediti se ha un’anima altrimenti lascia perdere.

Quando ascolti le parole della gente chiediti se escono dal loro vero cervello o da maschere.

Quando guardi negli occhi innocenti di un bambino, vedi la pulizia mentale. Potenzia la tua corazza, sii forte, ma non dimenticare mai i tuoi occhi di bambino.

Medita ogni giorno su qualcosa che riguarda la tua vita. Prenditi 20 minuti con una musica leggera in sottofondo e lascia che la mente vaghi, saprà dove dirigersi.

Rivedi ogni sera quanto di buono hai fatto o è accaduto nella giornata, anche momenti minimali.

Senti ogni mattino l’energia della vita e lasciala scorrere.

Prenditi spazi di rigenerazione e meditazione ogni stagione.

Non seguire il flusso delle masse e delle mode solo perché il gregge lo fa.

Cerca cosa sia per te la luce e la verità.

Quella è pulizia mentale.

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Testo Copyright by Dr. Daniele Trevisani, Formatore e Coach per lo Sviluppo Personale e dei Team. Anteprima editoriale dal volume di Daniele Trevisani “Personal Energy”.

…ho attraversato anch’io momenti di indecisione, se devo dirtela tutta, non mi sono ancora passati… ogni giorno ho qualche indecisione, e penso veramente ci serva un faro. Se hai un faro le indecisioni sono meno dure e la luce si fa più chiara. Il mio faro è sempre stato la voglia di conoscenza… la sete di conoscenza può essere il tuo faro primario, e la voglia di sperimentare il faro secondario. Lo studio è solo un momento di un percorso di vita in cui ci si chiede sempre cosa si vuole fare, ma senza lo studio ogni domanda è vana, il nostro fine ultimo di esseri umani è la ricerca.. la ricerca interiore, la ricerca spirituale, la ricerca di chi siamo… studiare serve in fin dei conti proprio a questo…

Daniele Trevisani

…ho attraversato anch’io momenti di indecisione, se devo dirtela tutta, non mi sono ancora passati… ogni giorno ho qualche indecisione, e penso veramente ci serva un faro. Se hai un faro le indecisioni sono meno dure e la luce si fa più chiara. Il mio faro è sempre stato la voglia di conoscenza… la sete di conoscenza può essere il tuo faro primario, e la voglia di sperimentare il faro secondario. Lo studio è solo un momento di un percorso di vita in cui ci si chiede sempre cosa si vuole fare, ma senza lo studio ogni domanda è vana, il nostro fine ultimo di esseri umani è la ricerca.. la ricerca interiore, la ricerca spirituale, la ricerca di chi siamo… studiare serve in fin dei conti proprio a questo…

Daniele Trevisani

Dal film “Matrix”

Morpheus: Matrix è ovunque, è intorno a noi. Anche adesso, nella stanza in cui siamo. È quello che vedi quando ti affacci alla finestra, o quando accendi il televisore. L’ avverti quando vai al lavoro, quando vai in chiesa, quando paghi le tasse. È il mondo che ti è stato messo davanti agli occhi per nasconderti la verità
Neo: Quale verità?
Morpheus: Che tu sei uno schiavo, Neo. Come tutti gli altri sei nato in catene. Sei nato in una prigione che non ha sbarre, che non ha muri, che non ha odore. Una prigione, per la tua mente