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Copyright, Estratto dal volume

Strategic selling. Psicologia e comunicazione per la vendita consulenziale e le negoziazioni complesse, Franco Angeli editore, Milano

 

La leadership basata sul coaching

Una relazione d’aiuto forte verso il cliente è la base di ogni metodologia di vendita consulenziale onesta, autentica, sincera. Al centro di tutto c’è l’ascolto, la capacità di far emergere dati e situazioni che aiutano a realizzare una proposta utile, contributiva, efficace. La vendita, in questo modo, si trasforma in un vero e proprio coaching del cliente, che viene aiutato a fare passi avanti e miglioramenti grazie alle nostre soluzioni. (Daniele Trevisani)

Basare la leadership sul coaching significa anche predisporsi ad essere “allenatore” della propria squadra di vendita, promotore di uno sviluppo personale e professionale del venditore, e protagonista di una relazione di aiuto “centrata sulla persona” (il venditore).

Il coaching punta a far crescere l’individuo lungo tre vettori primari:

  • i saperi
  • il saper essere
  • il saper fare.

In un programma di leadership basata sul coaching, ogni venditore viene analizzato in termini di

  • Bilancio dei saperi, e relativo piano di crescita: cosa sai.
  • Bilancio del “saper essere”, degli atteggiamenti e tratti caratteriali, e relativo piano di crescita personale: come sei.
  • Bilancio del “saper fare”, delle competenze di cui dispone il soggetto, e relativo piano di sviluppo: cosa sai fare.

 

Area di attenzione Situazione attuale

X

Situazione ottimale

Y

Piano di coaching e sviluppo
Saperi
Saper essere
Saper fare

 

La leadership basata sull’Analisi della Conversazione (AC)

La Leadership Conversazionale rappresenta una tecnica di gestione della conversazione, intenta a:

  • riconoscere i formati conversazionali in corso
  • riposizionarli nella direzione voluta
  • riconoscere le mosse conversazionali attuate dagli altri
  • pianificare il proprio comportamento in una direzione più assertiva

Esempi di formati conversazionali inerenti la relazione con il venditore:

  • la lamentela (esternalizzazione del problema)
  • il “parlare di guai”
  • la “confessione”
  • l’analisi scientifica
  • le chiacchiere da bar

Esempi di mosse conversazionali:

  • i depistaggi o decentraggi del tema
  • le offerte di tema
  • il ricentraggio conversazionale
  • la gestione dei turni di conversazione

La leadership basata sulle abilità emozionali

La Leadership Emozionale è così definibile

“la capacità di attingere con successo alle risorse emotive della persona e del gruppo per coordinare e dirigere i team e i progetti”.

Nella direzione vendite, essa riguarda due aspetti pratici:

  • il riconoscimento e gestione delle proprie emozioni, come leader
  • il riconoscimento delle emozioni dei membri del team di vendita.

Copyright, Estratto dal volume

Strategic selling. Psicologia e comunicazione per la vendita consulenziale e le negoziazioni complesse, Franco Angeli editore, Milano

 

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© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.- Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Strategic Selling. Psicologia e Comunicazione per la vendita”, Franco Angeli editore, Milano

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La psicologia strategica è la scienza che si occupa di come generare risultati attraverso azioni comunicative e tattiche (e non, come nel caso della psicologia clinica, curare disturbi psicologici).

La psicologia positiva è una branca delle scienze psicologiche che si occupa di come generare un atteggiamento positivo in se stessi e nel gruppo, motivazione, voglia di vivere, capacità di analisi e costruzione attiva dei fattori che possono portare una persona a raggiungere risultati, stato di benessere interiore, e resilienza (capacità di apprendere dagli errori e rialzarsi dopo un insuccesso).

La vendita consulenziale non è un insieme di procedure, è un modo di essere analisti e strateghi che attinge a piene mani alla psicologia positiva e alla psicologia strategica.

Il metodo cui stiamo lavorando unisce le tecniche della psicologia strategica e della psicologica positiva.

Lo scopo è sviluppare una mente da analista e un modo di essere “stratega positivo”: una persona che utilizza la strategia, compie analisi, apprende dagli errori, considera la sua attività come un grande laboratorio di ricerca, riesce ad immettere energie positive nel suo lavoro, ricavando gratificazione dal modo con cui lavora più che dalle aspettative altrui.

Questo modo di essere si nutre della volontà di capire, di analizzare, di comprendere, anche e persino mentalità diverse, antitetiche, o distorte, strane mappe di potere, personalità razionali e personalità contorte, irrazionali, confusionarie, entrare in sistemi decisionali noti o invece immergersi in sistemi-cliente strambi, inusuali, dissonanti, senza farsi spaventare da questi, ma anzi accettandoli come “oggetto di ricerca” e sfida professionale.

Mettersi il “camice bianco” dell’analista è fondamentale per capire i sistemi-cliente e i varchi che si possono aprire per generare una vendita non solo sporadica, ma continuativa.

La vendita consulenziale è un approccio psicodinamico alle tecniche di vendita, centrato sul concetto di empatia strategica e di counseling d’acquisto (consulenza verso i bisogni, analisi dei bisogni espressi ed inespressi).

Secondo il modello della scuola consulenziale di vendita, l’obiettivo di una vendita è di attivare una forte relazione empatica con il cliente, essere di aiuto verso i bisogni espressi, far emergere il lato inespresso, e far precedere alla vendita vera e propria un’importante fase di analisi, di ascolto attivo, di comprensione, attivando una “percezione aumentata” (Extended Cognition).

Queste capacità provengono dalla psicologia clinica, in particolare dalle tecniche del colloquio clinico, dell’intervista in profondità, dalla “terapia centrata sul cliente” di Carl Rogers, che utilizza gli strumenti fondamentali della riformulazione verbale ed emotiva, senza la quale non potremmo mai sapere se siamo “connessi” o distanti dal vissuto del cliente[1].

Nella vendita consulenziale Business to Business non può esistere conclusione di vendita senza analisi dei processi aziendali o psicologici che rendono un certo prodotto – o soluzione – importante.

Perché qualcosa diventa importante? Perché ora? Perché non ieri? E come ha risolto il problema sinora il cliente? Quanto è soddisfatto? Che differenza esiste tra ciò che dice e ciò che sappiamo? O tra ciò che dice a voce e ciò che traspare dal suo volto o dall’osservazione della sua azienda? Tra quanto si è detto in riunione e quanto si sente dire nei corridoi?

Possiamo entrare in un livello di relazione tale da far “aprire” il cliente e tirar fuori i veri bisogni, anche quelli non detti?

Per farlo servono vere e proprie metodologie e tecnologie di analisi psicologica. Ad esempio, la Consulenza di Processo (Edgar Schein)[2] offre numerosi spunti, ma nessuna scuola in sé è sufficiente. Per affrontare il mondo delle vendite complesse dobbiamo entrare in un territorio di sperimentazione.

La vendita consulenziale non ha alcuna regola prefissata e rigida, non esistono concetti rapidi o giochi ipnotici, o altre scorciatoie comporta­mentali: esistono solo tante competenze da apprendere, provare sul campo, per poi ritornare ad apprendere, in una palestra professionale che è anche e soprattutto palestra di vita.

Dovremo sempre tenere alto il fronte della Psicologia Positiva, come nuova scienza che può aiutarci a trovare nuove vie della crescita individuale.

La psicologia positiva ambisce alla coltivazione di uno stile di vita e di pensiero positivo, lo sviluppo delle energie mentali, la crescita dell’otti­mismo e dell’ottimismo appreso[3], per costruire gli atteggiamenti che ci servono ad affrontare un mestiere duro ma ricco di enormi soddisfazioni.

[1] Per alcuni riferimenti bibliografici su Carl Rogers, vedi bibliografia a termine volume. Rogers C.R. (1977), On Personal Power, Delacorte Press, New York. Trad. it Potere Personale. La forza interiore e il suo effetto rivoluzionario, Roma, Astrolabio, 1978; Rogers C.R. (1951), Client-Centered Therapy: Its Current Practice, Implications, and Theory, Houghton Mifflin, Boston; Rogers C.R. (1961), On becoming a Person, Houghton Mifflin, Boston.

[2] La metodologia della Consulenza di Processo è strettamente derivata dagli studi di Psicologia Umanistica di Carl Rogers, ed è in grado di inquadrare i processi evolutivi che il cliente vive, e le sue dinamiche aziendali da un punto di vista evoluzionistico. Tuttavia, si tratta di un metodo destinato originariamente alla consulenza di Direzione Aziendale. La sua applicazione alla vendita consulenziale va creata (ed è il nostro compito), va appresa, va studiata, e serve una formazione forte, professionale.

[3] Citiamo le opere di Myers D.G. (1993), The pursuit of happiness: Discovering the pathway to fulfillment, well-being, and enduring personal joy, Avon, New York; Seligman M.E.P. (1998), Learned optimism: How to change your mind and your life (2 nd ed.), Pocket Books, New York; Seligman M.E.P. & Csikszentmihalyi M. (2000), Positive psychology: An introduction. In: American Psychologist, 55, 5-14; Anolli L. (2005), L’ottimismo, il Mulino, Bologna.

© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.- Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Strategic Selling. Psicologia e Comunicazione per la vendita”, Franco Angeli editore, Milano

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Vendita Consulenzialetecniche di venditacorsi di vendita e corsi di comunicazione

© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.- Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Strategic Selling. Psicologia e Comunicazione per la vendita”, Franco Angeli editore, Milano, 2011

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La Psicologia della Fiducia è un intero nuovo settore della psicologia aziendale che si occupa proprio di questo: come generare (non solo a livello esteriore, ma soprattutto nei fatti) un legame di fiducia forte tra azienda e cliente[1], un “filo rosso”, un senso di sicurezza che unisce il cliente all’azienda.

Questo comprende la nostra capacità di generare certezze, e per il cliente sapere di poter contare su persone genuine, autentiche, credibili, esperte, preparate e serie, tenendo alla larga i tanti improvvisatori e disonesti.

Chi opera nelle vendite complesse diventa presto consapevole di quanto sia determinante trasferire al cliente un’immagine di identità chiara, forte, vendere chi siamo, far capire dove si colloca il nostro valore, e vendere soluzioni (Solutions Selling), far seguire alle promesse i fatti.

I clienti non acquistano solo “pezzi” (es., una fornitura di PC) ma vogliono soddisfare dei bisogni psicologici e aziendali, es. velocizzare il lavoro o far sparire il “mal di denti” dei continui malfunzionamenti informatici che li assillano e gli impediscono di concentrarsi su quello che conta, sul loro lavoro.

Per vendere soluzioni, dobbiamo essere abili nel capire i bisogni, il mondo dei problemi così come percepiti ora dal cliente. E non solo quelli evidenti, ma soprattutto quelli nascosti. Quelli che “non si dicono”.

È difficile per chiunque, e soprattutto per un dirigente, un titolare d’azienda o un buyer, affermare o “confessare” di aver scelto in precedenza un fornitore sbagliato.

Avviare il meccanismo della “confessione”, far si che un cliente si apra e “confessi” le proprie esigenze, è un risultato da vero professionista. Un risultato che richiede tempo e abilità.

È umanamente difficile confessare di aver fatto scelte di mercato che si sono rivelate errate nei fatti, o avere buchi organizzativi, personale demoti­vato o impreparato (con il rischio di emergere come leader poco abili), difettosità nei prodotti e lamentele dei clienti, e far trasparire i problemi reali che rischiano di dare di sé un immagine negativa.

La paura di proiettare un’immagine di sé come manager inadeguato esiste, per cui le verità vengono nascoste.

Ma verità rimangono. E di tali verità di tutti i giorni, nessuna azienda è completamente priva, nemmeno le migliori.

Da queste condizioni di bisogno non dette partono i moventi di acquisto più forti. Anzi, proprio questi elementi di realtà sono i motori della vendita.

Come ho espresso nel volume Psicologia di Marketing e comunicazione[2], i moventi d’acquisto si collegano a tensioni sottostanti, stati di discrepanza tra (1) come le cose sono, come vengono percepite ora e (2) come il cliente le vorrebbe. In altre parole, stati di “mancanza di omeostasi”, percezione di squilibrio, e desiderio di cambiare questi stati.

Per scoprirli, non sarà sufficiente fare domande aperte o contare sulla trasparenza, ma dovremmo arrivare alla verità con una strategia oculata, o una raccolta di informazioni da più fonti, e una forte abilità nelle tecniche di intervista e ascolto attivo.

È necessario coltivare l’abilità, nel venditore, di produrre un clima comunicazionale o “stato conversazionale” in cui si possa creare questa “confessione”, facendo emergere la verità anziché mascherarla.

Solo così avremo capito come stanno veramente le cose.

Tuttavia, le aziende – come sa benissimo chi le abita – pullulano di bugie, dette sia internamente sia all’esterno, per cui questa attività di scoperta delle verità è un gioco davvero duro, un gioco per professionisti.

Passare la barriera dell’immagine, delle menzogne, e la coltre di reciproche coperture, è un compito arduo, che richiede professionalità.

Vendere in ambienti complessi è possibile solo dopo aver capito dove si situano i gap, le dissonanze, le vulnerabilità, il “non detto”, le molle psicologiche che possono far scattare un acquisto, nella intricata rete di decisori e influenzatori. Ed è un compito che richiede formazione.

Diventano essenziali quindi non soltanto i training per l’espressività (farsi capire, saper presentare con efficacia), ma soprattutto training che coltivano le doti di ascolto attivo, analisi tattica ed empatia strategica.

Tutto questo fa parte della sfera di competenza della psicologia strategica.

[1] Tra i tanti articoli in merito, citiamo alcuni tra cui: Karmarkar U.R. & Tormala Z.L. (2010), Believe Me, I Have No Idea What I’m Talking About: The Effects of Source Certainty on Consumer Involvement and Persuasion, in Journal Of Consumer Research, Vol. 36, April 2010; Beverland M.B. & Farrelly F.J (2010), The Quest for Authenticity in Consumption: Consumers’ Purposive Choice of Authentic Cues to Shape Experienced Outcomes, in Journal Of Consumer Research, Vol. 36, February 2010.

[2] Trevisani, D. (2001), Psicologia di marketing e comunicazione: pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management, FrancoAngeli, Milano.

© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.- Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Strategic Selling. Psicologia e Comunicazione per la vendita”, Franco Angeli editore, Milano, 2011

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© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.- Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Strategic Selling. Psicologia e Comunicazione per la vendita”, Franco Angeli editore, Milano, 2011

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La Psicologia Semiotica del Marketing si occupa di comprendere le connessioni tra “segni” esterni (es. un marchio), significati esistenziali (cosa significa per me quel marchio o simbolo), e comportamenti di acquisto.

È attenta quindi ai simbolismi che le persone associano a un prodotto o un comportamento di acquisto, quali sono i segni e segnali ai quali un cliente presta attenzione, e che valore hanno per lui.

Senza l’analisi semiotica non potremmo mai afferrare, ad esempio, il legame ancestrale che lega moto e motociclista (la moto come mezzo di libertà), e lo vedremmo solo come mezzo di trasporto. Se entriamo nell’analisi di uno specifico marchio – perderemmo di vista il significato di ribellione, potenza e voglia di trasgressione (e tanti altri simbolismi) che un motociclista appassionato associa alla sua Harley Davidson.

Altri studi analizzano il valore dimostrativo o esibitivo che hanno i comportamenti specifici di acquisto, come il recarsi in un casinò a giocare o il gioco d’azzardo, i tanti “perché nascosti, dimostrativi e auto-dimo­strativi” che conducono una persona a farlo[1]. Questi studi esaminano soprattutto i bisogni profondi cui risponde questo atto, nonostante si tratti di un comportamento che esce di ogni logica apparente.

Sempre in campo semiotico, si producono analisi interessantissime, quali quelle sulle “costellazioni di consumo”: i “raggruppamenti” nei quali troviamo mescolati marchi, prodotti, tipologie di persone e strati sociali. Uno studio di Chaplin e Lowrey[2] dimostra che i bambini e ragazzi sono in grado di distinguere con precisione queste “costellazioni”, e compiono scelte di acquisto correlate, hanno “fiuto” per il mondo sociale che li circonda, come emerge da questa intervista fatta dai ricercatori:

Il mio vicino di casa… è così “Crunchie”… hai presente… vegetariano, ambientalista, superintelligente… ma così svaccato… si mette le Birkenstocks, guida una Prius, mangia solo cibi organici… ci scommetto che lava i panni con il detersivo Seventh Generation… l’“Accarezza Alberi”… non so se mi spiego… [ride]

(ragazza 12enne intervistata nello studio di Chaplin e Lowrey, 2010).

Una costellazione di consumo è definita come un gruppo di “prodotti complementari, specifici marchi, e/o attività di consumo utilizzate per costruire, dare significato o assumere uno specifico ruolo sociale”[3].

Per fare un esempio nazionale, sulla riviera romagnola – in una ben precisa località – si distinguono, entro una tribù sociale comune, i ragazzi o adulti che frequentano il Papeete (stabilimento balneare dei vip), portano i sandali infradito di Armani o Prada, hanno costantemente occhiali da sole in testa anche se piove, bevono cocktail rigorosamente esotici come il Mohito (guai bere un normale The… in quanto farebbe uscire da quella costellazione di persone!).

Questa costellazione non mangia a tavola alle 19,30 in pensione o albergo in mezzo ai comuni mortali, come fanno le famiglie normali, ma verso quell’ora consuma un ape (che sta per aperitivo o aperi-cena), stuzzicando olive e salatini accompagnati da spumanti o cocktail.

Alla notte la costellazione frequenta una specifica discoteca “di tendenza”, dove i buttafuori son addestrati (è un dato reale, avendoli intervistati di persona) a selezionare e scremare chi far entrare o tenere fuori in base al grado di “firme” e look delle persone in coda all’ingresso.

Parcheggiare davanti a quella discoteca con una normale auto da famiglia e magari un portapacchi da valigie montato, sarebbe una sorta di insulto, e i buttafuori non li lascerebbero nemmeno entrare.

A duecento-trecento metri da questa “costellazione”, nella località balneare più vicina, abbiamo il contrario. L’esatto contrario: una tribù di famiglie che si armano di secchielli e retini da spiaggia, pescano granchi, hanno sandali di cuoio o di plastica “non firmati”, bevono the o succhi, giocano a bocce in spiaggia, si alzano quando il popolo dei vip va a dormire e la sera fanno una passeggiata sul viale con i bambini, acquistano al mercato e fanno la spesa al supermercato locale.

Verso la mezzanotte (prima sarebbe disdicevole, segno di essere poco “in”), la costellazione dei vip o “pseudo-vip e aspiranti tali” esce per la serata, mentre la costellazione delle famiglie va a dormire e chiude la giornata familiare.

Due mondi vicini fisicamente, ma completamente di fatto separati dal punto di vista esistenziale, del tipo di vita, e dei comportamenti di consumo.

I motivi di un acquisto possono essere tanti, ma tutti portano verso il bisogno di comprensione del lato psicologico del cliente, dei comporta­mento di acquisto, e della correlazione con la strategia di vendita.

Un cerchio giallo all’orecchio, con sopra “qualcosa che luccica” può avere valore di “gioiello” solo se chi lo indossa lo vede come tale, in caso contrario verrebbe trattato come un sovrappeso, qualcosa di inutile.

I Semiologi del marketing hanno segnalato da tempo agli economisti un aspetto fondamentale per chi si occupa di vendita: il bisogno di concentrarsi sul “consumo di simboli”, sull’“acquisto di significati”, il meccanismo che porta una persona a volere non solo il prodotto quanto i simbolismi che quel prodotto porta con sé, per quanto irrazionali essi sembrino.

I premi Nobel Kahneman e Tversky[4] con i loro studi di psicologia economica, dimostrano come i processi decisionali umani non seguono sempre principi di razionalità, e gli umani non sono “consumatori razionali”.

A cosa affidarsi quindi? Ad alcuni valori ancestrali, come il valore della fiducia. Si diventa fornitori primari e si vende non solo per i prodotti che si possono mettere a disposizione ma anche per la capacità di generare fiducia.

La fiducia è un fatto molto personale, richiede attenzioni, sensibilità, avere un’immagine positiva alla quale non sia disdicevole accostarsi.

La distintività, su un mercato affollato di fornitori, arriva oggi dal creare relazioni che possono offrire e valori aggiunti: certezza, garanzia di esserci, rassicurazione, problem solving, assumersi dei carichi che il cliente non riesce a gestire da solo o non vuole gestire.

[1] Humphreys A. (2010), Semiotic Structure and the Legitimation of Consumption Practices: The Case of Casino Gambling, in Journal of Consumer Research, October 2010.

[2] Chaplin L.N. & Lowrey T.M. (2010), The Development of Consumer-Based Consumption Constellations in Children, in Journal of Consumer Research, Vol. 36, February 2010.

[3] Englis B.G. & Solomon M.R. (1995), To Be and Not to Be: Lifestyle Imagery, Reference Groups, and the Clustering of America, in Journal of Advertising, 24 (Spring), 13-28; Englis B.G. & Solomon M.R. (1996), Using Consumption Constellations to Develop Integrated Communications Strategies, in Journal of Business Research, 37 (3), 183-91.

[4] Kahneman D. e Tversky A. (1979), Prospect Theory: An Analysis of Decision Under Risk, in Econometrica, 47(2), 263-291; Id. (1974), Judgement under Uncertainty. Heuristics and Biases, in Science, 185, 1124-1131.

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© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.- Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Strategic Selling. Psicologia e Comunicazione per la vendita”, Franco Angeli editore, Milano, 2011

La drammaturgia della vendita consulenziale, i suoi rituali di interazione: copioni, maschere, personaggiPrincipio della vendita consulenziale e strategic sellingI tanti perché di un approccio consulenziale nella vendita e nella negoziazione - corsi di vendita

La Vendita Consulenziale richiede prima di tutto un approccio mentale specifico: una mente da analista

© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.- Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Strategic Selling. Psicologia e Comunicazione per la vendita”, Franco Angeli editore, Milano, 2011

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Il mondo della vendita e del marketing è fatto di scelte.
Come osserva Mick, “il sistema di macromarketing è in larga misura la funzione di molte decisioni di micro marketing prese ogni giorno” .
E, per ogni micro-decisione, occorre che la mente sia preparata a svolgere analisi rapide, a volte persino istantanee.
La vendita complessa è in larga misura la funzione di molte abilità comportamentali e strategiche micro (come la capacità di condurre una conversazione, o osservare dettagli non verbali) e macro (fare analisi di scenario, planning, realizzare progetti e report).
La mente da analista non si ferma al lavoro a tavolino (deskwork), entra in ogni contatto, in ogni stretta di mano, in ogni riunione, in ogni analisi.
Niente viene trascurato.
Comprende anche abilità macro, quali la capacità di compiere analisi socioeconomiche e di progettare piani complessi, elaborare dati, svolgere un’intera analisi di scenario e impostare una strategia.
Nessuno può pretendere di concludere affari o realizzare progetti complessi senza applicare un atteggiamento di analisi profondo, senza avere e coltivare una “mente da analista”.
Un analista si chiede molto spesso “perché”. Nota segnali e sintomi, sviluppa ipotesi, si documenta, svolge ricerca, vuole capire.
Questo atteggiamento, che ho denominato empatia strategica , include diversi livelli di comprensione, di attenzione strategica al sistema/cliente al quale ci stiamo avvicinando o che stiamo gestendo:

(1) empatia comportamentale (capire i comportamenti del sistema con cui vogliamo lavorare e interagire),
(2) empatia cognitiva (capire come ragiona l’altro),
(3) empatia emozionale (capire gli stati emotivi dell’altro) e
(4) empatia relazionale (capire la rete di relazioni in cui vive l’altro).

Immaginate il contrario:

– non capire i comportamenti altrui o non coglierne il senso,
– subire azioni le cui ragioni ci sfuggono, e ancora,
– non capire che ruolo gioca la controparte,
– non capire come ragiona l’altro e dare per scontato che ragioni come noi vorremmo o “come si dovrebbe ragionare secondo la (nostra) logica”.

Immaginiamo anche cosa significhi portare con se il fardello di una insensibilità emotiva, l’incapacità di cogliere sfumature, non capire se una persona con cui trattiamo sia triste o felice. Oppure, essere indifferenti verso le reazioni emotive che l’altra persona ha nei riguardi di una scelta o ad alcuni aspetti del progetto che trattiamo, e cosa in specifico la preoccupa, o cosa la interessa.
E ancora, i problema delle gaffe culturali che possono offendere un dirigente straniero centrale per il successo della trattativa.
Altro grande tema: l’insensibilità al quadro “tribale” della decisione, i rapporti di forza in essere, la matrice dei poteri (Power Matrix), il rischio di non capire se stiamo trattando con un vero decisore o con un semplice emissario, un influenzatore, o con un puro “parafulmini”, qualcuno che non ha alcun potere. Perdere tempo non è piacevole per nessuno.
A catena, la mancanza di una mente da analista può portarci a perdere di vista persone e ruoli aziendali che dovremmo coinvolgere in un progetto e magari stiamo trascurando completamente.
E, peggio, non afferrare il sistema nelle sue inter-relazioni, ad esempio non capire che esiste un centro di gravità (persone fisiche, o concetti chiave su cui far leva) in ogni acquisto, in ogni decisione.
Possiamo avere di fronte a noi “clan aziendali” e altre forme tribali che si oppongono al nostro ingresso in azienda così come la compresenza di possibili “amici”, persone che ne vedono invece dei vantaggi.
Larga parte delle trattative complesse consiste nel “portare dalla nostra parte” i centri di gravità della decisione, con – ancora una volta – abilità nel condurre incontri personali e sviluppo di rapporti umani.
In un mondo difficile, solo persone preparate e con una “mente da analista” possono penetrare sistemi ostili, individuare le priorità e la “sequenza di mosse” utili per poter spostare l’ago della bilancia decisionale a nostro favore.
Una mente da analista si chiede “Perché dice questo?”, “Perché lo dice adesso?”, “Cosa c’è dietro a questa domanda?”, “Perché non è qui il dott. X… mentre all’altro incontro era presente?”, “Per quali motivi potrebbero dirci di no?”, “Cosa abbiamo di distintivo da proporre?” E tante altre domande, non stereotipate, mai uguali.
I sistemi di contatti e di relazioni in un progetto complesso richiedono visione d’insieme.
Avere visione d’insieme è una capacità, cogliere il senso di un macro-progetto, capire quando è il momento di fare un incontro, individuare quali sono le informazioni critiche che ci servono (Info-Gap), e arrivare ad esaminare il micro-dettaglio di ogni negoziazione.
Le capacità nell’analisi micro sono altrettanto fondamentali: come viene condotta una telefonata, un incontro, una stretta di mano, un’occhiata, un gesto, per poi tornare al macro, e, quando serve, ripensare un’intera strategia.
In altre parole, il successo di un’impresa dipende non solo dalle grandi strategie ma anche dalla capacità di portare a casa risultati in ogni singola vendita, e diventare abili in ogni singola conversazione e contatto che costituiscono la linea di vendita. Buoni numeri arrivano solo da buone azioni.

© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.- Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Strategic Selling. Psicologia e Comunicazione per la vendita”, Franco Angeli editore, Milano, 2011

Copyrighty, Articolo estratto dal volume Strategic Selling (Franco Angeli editore), di Daniele Trevisani, Formatore e Consulente Aziendale, Coach

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Qualsiasi negoziatore aziendale efficace deve essere consapevole:

  1. della propria mission: perchè sono li, in cosa posso davvero aiutare il mio cliente, quali problemi posso risolvergli davvero che siano urgenti e importanti per lui
  2. del valore che egli può apportare alla controparte, e
  3. dei motivi unici per cui la controparte può aver bisogno esattamente di lui o lei, e non di altri (fattore unicità)

 

La consapevolezza del negoziatore deve riguardare tutti i tre punti principali che precedono la negoziazione (Scenari, Mission, Marketing Mix e Value Mix).

I punti a valle della sequenza (Action Line e Front Line) comprendono l’atto del prepararsi a negoziare (Action Line) e del negoziare reale (Front-Line).

Ripetiamo le consapevolezze primarie del negoziatore rispetto ai 5 punti critici:

 

  • Consapevolezze di scenario: quali scenari vive la propria azienda, ad esempio, cosa accade nella distribuzione, nella ricerca, nella concor­renza, cosa accade a livello legale, tecnologico, e ad ogni altro livello che sia in grado di modificare l’ambiente in cui l’azienda opera. Sapere in quali scenari ci si muove è indispensabile per essere consa­pevoli della mission, in quanto la mission aziendale (come risposta ad un bisogno di mercato) si inserisce sempre in una dinamica innescata da scenari di bisogno sul mercato stesso.
  • Consapevolezza della mission e dei confini della mission: sapere quale mission ha, realmente, l’azienda per cui si opera, cosa si fa e perché, cosa non si fa e per quali motivi. Per mission si intende nel metodo ALM il senso di esistere dell’azienda, i tipi di relazione d’aiuto che l’azienda può attivare e per chi, i bisogni che può risolvere, e la sua differenzialità, distintività o unicità rispetto alle altre aziende che aspirano anch’esse a servire quei mercati.
  • Consapevolezza del valore erogabile: come l’azienda concretizza la mission in valore reale attraverso un marketing mix reale, fatto di prodotti/servizi concreti, di prezzi e listini prezzi, di condizioni di fornitura e distribuzione, di strategie promozionali e di informazione. Tutte le leve del marketing mix, nel metodo ALM, devono essere viste come apportatrici di valore. Non si parla più quindi semplicemente di marketing mix ma di value mix come patrimonio del negoziatore.

 

Il negoziatore deve essere consapevole di tutte le argomentazioni che può usare (consapevolezza della to-say-list) collegate agli scenari, alla mission e al value mix, e del momento in cui usarle.

Allo stesso tempo, la consapevolezza deve riguardare la not-to-say list, l’elenco delle frasi o affermazioni che possono uccidere il valore percepito da parte della controparte.

 

Principio 5 – Consapevolezza della sequenza ALM e degli argomentari negoziali

Il successo della negoziazione dipende:

  • dalla consapevolezza degli scenari in cui opera l’azienda e di quelli in cui opera la controparte negoziale;
  • dalla consapevolezza dei fattori di “collimazione” tra catene del valore, che possono portare le due mission aziendali a cooperare ed interagire;
  • dalla capacità di gestire il posizionamento percettivo in termini di unicità, distintività e differenzialità rispetto agli altri soggetti in grado di servire il cliente;
  • dalla capacità di tradurre lo stato di unicità o distintività in specifiche to-say-list e not-to-say list, argomentabili e realmente difendibili.

Valore totale percepito (VTP) e segmenti di valore (SV)

Uno dei passaggi più critici nella preparazione negoziale è comprendere come si forma il possibile valore totale percepito (VTP), sommatoria di vari segmenti di valore (SV).

Il valore percettivo, nel metodo ALM, viene considerato come una sommatoria di credenze positive, che si addizionano nella mente dell’acqui­rente mentre valuta le proposte o condizioni.

Le caratteristiche distintive dell’offerta sono una combinazione di segmenti di valore che formano il valore complessivo. Ad esempio, un’im­presa chimica che negozia una gomma speciale fonoassorbente con un produttore di auto, può creare valore percepito adducendo:

 

–       il valore dell’unicità: essere i primi a disporre di tale tecnologia;

–       il valore della rapidità: essere tra i pochi a poter consegnare il prodotto in tempo per il lancio dei nuovi modelli di auto sui quali si potrebbe applicare;

–       il valore della ricerca e sviluppo: poter realizzare varianti su richiesta della ditta costruttrice, a seconda delle aree di utilizzo (assorbimento del rumore degli interni, del motore, ecc.);

–       il valore dell’affidabilità: dare garanzie di poter consegnare i volumi previsti poiché si è produttori diretti e non semplici distributori del prodotto;

–       … altri valori identificabili da una analisi accurata.

 

La sommatoria di tali valori potenziali o segmenti di valore (SV) crea il valore percepibile totale. Il valore “percepibile” non verrà però colto nella realtà, se non si crea una comunicazione adeguata.

Soprattutto, ciascuna caratteristica dell’offerta diventa valore solo ed unicamente se la diagnosi è adeguata. In caso contrario, l’informazione che non tocca la mappa mentale del cliente passa da valore a rumore (noise).

 

Principio 6 – Valore Totale Percepito (VPT) come sommatoria di Segmenti di Valore (SV)

Il successo della negoziazione dipende:

  • dal valore totale percepito nella controparte rispetto alla nostra identità e alle nostre possibilità di intervento;
  • dalla capacità di costruire, far emergere ed essere consapevoli dei Segmenti di Valore (SV) che compongono la propria offerta;
  • dalla capacità di trasferire i SV all’interlocutore durante la comunicazione;
  • dalla capacità di creare fitting (adattamento, centratura) tra i segmenti di valore offerti e i bisogni della controparte che emergono dalla diagnosi.

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Copyrighty, Articolo estratto dal volume Strategic Selling (Franco Angeli editore), di Daniele Trevisani, Formatore e Consulente Aziendale, Coach

 

Copyright, articolo di Daniele Trevisani, Formatore Aziendale, Studio Trevisani Formazione e Coaching

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La vendita consulenziale (Consultative Selling) è un approccio psicodinamico alle tecniche di vendita, centrato sul concetto di empatia strategica e di counseling d’acquisto.

Nel Business to Business, è essenziale capire le esigenze del nostro interlocutore, anche quelle non sufficientemente espresse. Si tratta quindi di una vendita BASATA SULL’ASCOLTO. Tutto il contrario, quindi, di una vendita manipolatoria.

Si contrappongono sul fronte metodologico due importanti scuole di vendita consulenziale, i metodi che si ispirano alla NLP – Programmazione Neurolinguistica – di Bandler e Grinder, e i metodi che hanno come riferimento la scuola della Psicologia Umanistica (Carl Rogers, Eugene Gendlin, Egar Schein, tra i classici).

La tradizione degli autori contemporanei statunitensi fa in ogni caso riferimento una scuola di approccio europeo ed umanistico. Tra questi autori spiccano le ricerche sulla Consulenza di Processo di Edgar Schein, professore alla MIT Sloan School of Management, e le ricerche sul Self Gifting e Semiotica dell’Acquisto, di David Glenn Mick (University of Virginia).

Tra i pionieri dell’approccio strategico alla Vendita troviamo il lavoro storicamente significativo del formatore Mario Silvano, cui si deve un notevole sforzo per l’introduzione in Italia delle tecniche di vendita, dagli annni ’60.

Le differenze metodologiche tra scuola NLP e Psicologia Umanistica sono notevoli, trovano in alcuni punti rari elementi di condivisione (es: la centralità delle tecniche di ascolto, la derivazione psicoterapeutica), ma mantengno tuttavia una forte distinzione di approccio.

Secondo l’approccio NLP, la vendita può essere conseguita tramita una attenta analisi delle credenze del cliente, sulle quali poi intervenire con metodi persuasivi e di ristrutturazione cognitiva. La NLP ha storicamente diverse affinità con le tecniche di induzione ipnotica, derivando e ispirandosi anche agli studi di Milton Erikson.

Secondo la matrice della scuola umanistica, l’obiettivo di una vendita consulenziale è di attivare una forte relazione di aiuto verso i bisogni del cliente, facendo precedere alla vendita vera e propria una importante fase di ascolto attivo, e analisi dei processi aziendali in corso (Consulenza di Processo), in grado di inquadrare i processi evolutivi che il cliente vive, e le dinamiche aziendali da un punto di vista evoluzionistico. Si adatta soprattutto alla gestione di rapporti destinati ad una lunga collaborazione, nella quale il fattore fondamentale da sviluppare è il “trust” verso il venditore, che deve sempre e comunque evitare di produrre sensazioni manipolative.

La ricerca scientifica sulla vendita consulenziale, sul fronte accademico ed economico, si colloca principalmente negli studi sulla Consumer Research, che vede tra i principali protagonisti il docente universitario e scrittore David Mick, principale esperto mondiale in semiotica del marketing, past-editor del Journal of Consumer Research, autore che evidenzia la centralità dei processi decisionali del cliente e il bisogno di adottare un approccio che focalizza il bisogno dei clienti di “consumo di significati”. Tale modello che si contrappone alle teorie economiche del consumo razionale. Il bisogno di chiedersi dove debba essere il confine sui gradi di consapevolezza nella libertà del cliente viene analizzato da Mick (2008) nel paper “Degrees of Freedom of Will: An Essential Endless Question in Consumer Behavior,” Journal of Consumer Psychology, 18 (1), 17-21.

Secondo Schein, invece, la componente persuasiva della Consulenza di Processo, deve essere unicamente lasciata ai processi mentali del cliente e alla maturazione della sua consapevolezza. Compito del consulente, secondo Schein, è di far maturare nuove consapevolezze, supportare una buona analisi, non di sostituirsi alle sue scelte autonome. La vendita, in questo caso, avviene per progressivi passaggi di incremento della coscienza decisionale del cliente, per il quale i consulenti operano come Counselor d’acquisto.

La vendita consulenziale trova tra gli autori della scuola italiana diversi contributi bibliografici, in particolare i 6 volumi scritti da Daniele Trevisani (ricercatore di management e formatore), editi da Franco Angeli, e tra questi in particolare: “Negoziazione Interculturale” (2006), “Regie di Cambiamento” (2007), “Psicologia di Marketing e Comunicazione” (2002), “Il Potenziale Umano” (2009)” che esaminano diversi aspetti della dinamica di vendita consulenziale.

 

La scuola metodologica italiana è centrata sulla volontà del venditore di essere protagonista (regista) di un intervento volto a cambiare e migliorare uno stato attuale del cliente o impresa-cliente (modello X-Y di change management applicato alla vendita). Questa scuola è rappresentata in Italia da diversi formatori italiani attualmente impegnati nella ricerca scientifica sui processi psicologici di vendita consulenziale e della psicologia del marketing.

Ampio seguito trova in Italia anche la scuola della NLP, con diversi formatori attivi che si ispirano alla NLP per la realizzazione di formazione in vendita efficace.

La vendita consulenziale – come tratto comune – si inquadra all’interno delle trattative complesse (Complex Sales) ed ha sempre una forte componente psicologica e a volte psicanalitica. Da qui, il bisogno di focalizzare il processo psicologico di acquisto. Questo processo prevede l’incontro tra il venditore consulenziale e i bisogni consci, subconsci e inconsi del cliente, che possono entrare in contrapposizione. Ruolo del consulente di acquisto, secondo la scuola della “Psicologia di Marketing e Comunicazione” diventa fare emergere questi diversi livelli (conscio, subconscio, inconscio) e supportare un processo decisionale coerente con il futuro aziendale, garantendo in questo modo un rapporto basato sulla relazione d’aiuto e la partnership autentica di lungo periodo tra venditore consulenziale e cliente.

Nella vendita consulenziale sono significative diverse competenze:

– conoscenze di psicologia della comunicazione (verbale, paralinguistica, non verbale) – conoscenze di negoziazione, anche interculturale e internazionale – capacità di ascolto empatico – capacità di progettazione di soluzioni – capacità di esaminare e far emergere dissonanze – capacità di concludere le trattative e fidelizzare verso futuri steps – capacità di sintonizzazione emozionale ed esperienziale.

Il tratto comune alle diverse scuole di vendita consulenziale, al di la delle differenze, è la visione strategica della centralità della relazione: la vendita consulenziale, al contrario della comunicazione pubblicitaria, è un lavoro estremamente relazionale e basato sul rapporto interpersonale, sulle capacità di sviluppo di relazioni solide, rapporti umani significativi, e ingresso in network relazionali virtuosi.

 

Fonti per approfondimenti sulla vendita consulenziale:

 

  • Mick, David Glen, Simone Pettigrew, Cornelia (Connie) Pechmann, and Julie L. Ozanne, editors, Transformative Consumer Research for Personal and Collective Well-Being, Taylor & Francis, 950 pages, expected publication in summer 2011.
  •  Mick, David Gen, Thomas S. Bateman, and Richard J. Lutz (2009), “Wisdom: Exploring the Pinnacle of Human Virtues as a Central Link from Micromarketing to Macromarketing,” Journal of Macromarketing, 29 (2), 98-118.
  •  McQuarrie, Edward F. and David Glen Mick (2008), “A Laboratory Study of the Effect of Verbal Rhetoric versus Repetition When Consumers Are Not Directed to Process Advertising,” International Journal of Advertising, 28 (2), 287-312.
  •  Mick, David Glen (2008), “Degrees of Freedom of Will: An Essential Endless Question in Consumer Behavior,” Journal of Consumer Psychology, 18 (1), 17-21. 2008 Degrees of Freedom of Will.
  •  Mick, David Glen (2008), “Inklings: From Mind to Page in Research,” Research Design Quarterly, 3:4, October, 16-20.
  •  Mick, David Glen (2007), “The End(s) of Marketing and the Neglect of Moral Responsibility by the American Marketing Association,” Journal of Public Policy and Marketing, 26 (2), 289-292.
  •  James E. Burroughs, C. Page Moreau, and David Glen Mick (2008), “Toward a Psychology of Consumer Creativity,” in Handbook of Consumer Psychology, eds. Curt P. Haugtvedt, Paul M. Herr, and Frank R. Kardes, New York: Erlbaum, 1011-1038.
  •  Mick, David Glen (2005), “Choice Writ Larger,” Presidential Column for the Newsletter of the Association for Consumer Research, [Word Version] Rogers, Carl (1951), Client-Centered Therapy, Houghton Mifflin, Boston, MA.
  •  Schein, Edgar (1999), Process Consultation Revisited: Building the Helping Relationship, Addison Wesley
  •  Schein, Edgar (1985), Organizational Culture and Leadership.
  •  Trevisani, Daniele (2005), Negoziazione Interculturale: comunicazione oltre le barriere culturali, FrancoAngeli, Milano.
  •  Trevisani, Daniele (2001), Psicologia di marketing e comunicazione: pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management, FrancoAngeli, Milano.

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Copyright, articolo di Daniele Trevisani, Formatore Aziendale, Studio Trevisani Formazione e Coaching

 

© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.- Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Strategic Selling. Psicologia e Comunicazione per la vendita”, Franco Angeli editore, Milano, 2011

Occuparsi di vendita significa trattare con la psiche umana, con i suoi meccanismi di funzionamento, e in particolare:

·quelli relativi alla decisione- come gli individui e le aziende attuano le scelte che devono compiere? Quando avvengono le decisioni? Cosa conduce una persona a prendersi un impegno? Quali azioni possiamo mettere in campo per far si che una decisione venga presa?

·la comunicazione interpersonale (come le persone si rapportano tra di loro). Con che stile, con quali canali, con quali effetti?

Significa anche osservare questi meccanismi in un contesto sociale e di gruppo che può mutare da un momento all’altro (il sistema azienda è un sistema tribale e complesso) e non in un laboratorio asettico.

L’approccio della drammaturgia, le scienze del teatro e della rappresentazione, ci aiutano enormemente a dare spessore e familiarità a meccanismi di allenamento alla vendita, alla trattativa e negoziazione, che altrimenti faticano a trovare forma, ad esempio:

·il prologo e l’epilogo di una rappresentazione teatrale hanno molti meccanismi comuni con le fasi di apertura e di chiusura di una vendita;

·gli attori e i personaggi diventano maschere di una rappresentazione in real-life;

·possiamo dividere i diversi incontri negoziali come “atti” (primo tempo, secondo tempo, terzo tempo, e via così) di una grande rappresentazione;

·entrano in scena i “personaggi”: durante un atto compaiono nuovi personaggi anche inaspettati, a scompigliare l’intera rappresentazione e a modificare il quadro strategico e gli assetti ed equilibri di una trattativa in corso;

·durante una vendita (e nel teatro) va in scena un copione emotivo, possiamo trovare momenti di vissuto quali la “confessione”, l’accusa, lo sproloquio, o la disperazione;

·il tono stesso di una scena o di una intera sequenza di vendita può toccare tutta la sfera dei “generi” e stili teatrali: comico, drammatico, ironico, surreale, etc;

·lo sfondo emotivo può essere poetico, drammatico, esistenziale, psicologico e psicanalitico, amicale o ostile al protagonista, può assumere tratti duri o sfumati, può avere tempi dilatati o tempi serrati, esattamente come una rappresentazione teatrale o in un film.

Prepararsi atutto questo è essenziale per un professionista di vendita (e per ogni manager).

I paralleli tra i due mondi ci aiutano quindi a fare luce sui meccanismi sottostanti la vendita consulenziale.

Trattare la dinamica psicologica della vendita significa entrare nella psicologia della percezione (come viene decodificata la realtà), mentre trattarne l’aspetto drammaturgico significa evidenziarne gli aspetti teatrali, smontare il “gioco” in corso.

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©Copyright. Vietata la copia o riproduzione non autorizzata. Per contatti. Altri approfondimenti sul volume sono disponibili alla sezione dedicata alla Vendita Strategica sul sito Studiotrevisani e sul blog Strategic Selling, risorse per la formazione vendite.

© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.- Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Strategic Selling. Psicologia e Comunicazione per la vendita”, Franco Angeli editore, Milano, 2011

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Occuparsi di vendita significa trattare con la psiche umana, con i suoi meccanismi di funzionamento, e in particolare questo significa “percepire”. Una percezione aumentata che ci fa vedere i copioni del film che sta andando in scena, le maschere che stanno sopra alla persona, i “personaggi” che le persone cercano di interpretare.

Ascoltare non significa udire solo parole, ma decodificare quanto di “teatrale” e di drammaturgico sta andando in scena durante la comunicazione umana.
Passiamo quindi ad alcuni aspetti speciali dell’ascolto:

·quelli relativi alla decisione- come gli individui e le aziende attuano le scelte che devono compiere? Quando avvengono le decisioni? Cosa conduce una persona a prendersi un impegno? Quali azioni possiamo mettere in campo per far si che una decisione venga presa?

L’empatia aumentata significa non solo capire la persona ma capire come una persona decide o non decide

·la comunicazione interpersonale (come le persone si rapportano tra di loro). Con che stile, con quali canali, con quali effetti? A chi sembrano attingere per il loro “personaggio”?

Significa anche osservare questi meccanismi in un contesto sociale e di gruppo che può mutare da un momento all’altro (il sistema azienda è un sistema tribale e complesso) e non in un laboratorio asettico.

L’approccio della drammaturgia, le scienze del teatro e della rappresentazione, ci aiutano enormemente a dare spessore e familiarità a meccanismi di allenamento alla vendita, alla trattativa e negoziazione, che altrimenti faticano a trovare forma, ad esempio:

·il prologo e l’epilogo di una rappresentazione teatrale hanno molti meccanismi comuni con le fasi di apertura e di chiusura di una vendita;

·gli attori e i personaggi diventano maschere di una rappresentazione in real-life;

·possiamo dividere i diversi incontri negoziali come “atti” (primo tempo, secondo tempo, terzo tempo, e via così) di una grande rappresentazione;

·entrano in scena i “personaggi”: durante un atto compaiono nuovi personaggi anche inaspettati, a scompigliare l’intera rappresentazione e a modificare il quadro strategico e gli assetti ed equilibri di una trattativa in corso;

·durante una vendita (e nel teatro) va in scena un copione emotivo, possiamo trovare momenti di vissuto quali la “confessione”, l’accusa, lo sproloquio, o la disperazione;

·il tono stesso di una scena o di una intera sequenza di vendita può toccare tutta la sfera dei “generi” e stili teatrali: comico, drammatico, ironico, surreale, etc;

·lo sfondo emotivo può essere poetico, drammatico, esistenziale, psicologico e psicanalitico, amicale o ostile al protagonista, può assumere tratti duri o sfumati, può avere tempi dilatati o tempi serrati, esattamente come una rappresentazione teatrale o in un film.

Prepararsi atutto questo è essenziale per un professionista di vendita (e per ogni manager).

I paralleli tra i due mondi ci aiutano quindi a fare luce sui meccanismi sottostanti la vendita consulenziale.

Trattare la dinamica psicologica della vendita significa entrare nella psicologia della percezione (come viene decodificata la realtà), mentre trattarne l’aspetto drammaturgico significa evidenziarne gli aspetti teatrali, smontare il “gioco” in corso.

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©Copyright. Vietata la copia o riproduzione non autorizzata. Per contatti. Altri approfondimenti sul volume sono disponibili alla sezione dedicata alla Vendita Strategica sul sito Studiotrevisani e sul blog Strategic Selling, risorse per la formazione vendite.

© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.- Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Strategic Selling. Psicologia e Comunicazione per la vendita”, Franco Angeli editore, Milano, 2011

Nella vendita consulenziale sono significative diverse competenze, ne citiamo alcune, e molte altre emergeranno durante la lettura:

  • Conoscenze sulla comunicazione umana (verbale, paralinguistica, non verbale);
  • Conoscenze di negoziazione, anche interculturale e internazionale;
  • Capacità di ascolto empatico e ascolto attivo;
  • Capacità di progettazione soluzioni (Solutions Selling);
  • Capacità di esaminare i sistemi decisionali, mappare i poteri, creare “sociogrammi decisionali”;
  • Key Leader Engagement: coinvolgere i Key Decision Makers, gli influenzatori chiave, inquadrare i personaggi chiave che possono facilitare o rallentare la vendita;
  • Riconoscere dissonanze cognitive, comportamentali, conversazionali, anche quando si presentano in formato molto attenuato o nascosto;
  • Capacità di percezione aumentata; percepire i segnali deboli;
  • Capacità di micro-analisi: saper scomporre il flusso esperienziale in “frames”, localizzare brani significativi, fenomeni e comportamenti;
  • Saper riportare correttamente, a colleghi e membri del team, dati e comportamenti osservati (funzioni di debriefing e reporting);
  • Capacità di sintonizzazione emozionale ed esperienziale;
  • Saper utilizzare un repertorio di stili comunicativi vasto e sapersi rapportare ad interlocutori diversi (stretching comunicazionale);
  • Capacità di concludere le trattative e fidelizzare verso futuri steps, capacità di chiusura, di conclusione.

Il tratto comune alle diverse scuole di vendita consulenziale, al di la delle differenze, è la visione strategica della centralità della relazione.
La vendita consulenziale, al contrario della comunicazione pubblicitaria, è un lavoro estremamente interattivo e fluido, basato sul rapporto interpersonale, sulle capacità di sviluppo di relazioni solide, rapporti umani significativi, e sensibili.
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©Copyright. Vietata la copia o riproduzione non autorizzata. Per contatti. Altri approfondimenti sul volume sono disponibili alla sezione dedicata alla Vendita Strategica sul sito Studiotrevisani e sul blog Strategic Selling, risorse per la formazione vendite.