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© Articolo di: dott. Daniele Trevisani www.danieletrevisani.it, Direttore Studio Trevisani Formazione e Consulenza e Studio Comunicazione Aziendale, articolo estratto con modifiche dell’autore dal libro “Strategic Selling”, Franco Angeli editore. Per approfondimenti è possibile iscriversi al canale YouTube dedicato ai video di Vendita del dott. Daniele Trevisani – e alla rivista online di Formazione “Communication Research e Potenziale Umano” da questo link

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Il concetto di Action Line è equiparabile alla “linea di azione”, la tattica, la ricerca della “mossa giusta”, della sequenza di mosse azzeccate, così come nell’analisi delle possibili “mosse sbagliate”.

Come concetto, è applicabile in diverse modalità:

 

  • fare action line significa preparasi ad un incontro ed esplorare le possibili opzioni comportamentali da applicare, soprattutto tramite role-playing,
  • significa analizzare le possibili reazioni che possono avere gli interlocutori (modello Se-Allora, If- Then),
  • significa demolire le tattiche dell’interlocutore prima ancora che esse avvengano.

 

Dobbiamo distinguere (1) le action line di preparazione agli incontri, e (2) le action line dell’istante, le singole mosse che accadono durante le interazioni reali.

Come una strategia dell’istante, o tattica comportamentale, la action line richiede sia base teorica che capacità di adattamento rapido.

La linea di azione esprime il senso tattico delle mosse comportamentali e comunicative che vengono condotte da un attore per avvicinarsi al proprio obiettivo.

Il tema di fondo delle action line è la capacità di essere flessibili e adattare le proprie skills alle variazioni situazionali anche istantanee (strategia dell’istante: cosa faccio ora).

Le scuole di vendita e negoziazione rigide prescrivono generalmente comportamenti standard e formule da apprendere, mentre il metodo delle Action Line focalizza il valore dell’ascolto, delle tecniche conversazionali e della capacità di essere se stessi, “vivi” e non ripetitivi nell’applicarle.

Nel teatro, soprattutto nel metodo Stanislavskij, troviamo la stessa impostazione:

Una delle cose che colpisce di più studiando Stanislavskij e il suo “metodo” è la coscienza che egli aveva dei pericoli di ogni cristallizzazione, di ogni irrigidimento teorico. Stanislavskij aveva troppa pratica viva del teatro per non accorgersi che è proprio l’irrigidimento, il fermarsi alle “ricette” facilmente riproducibili e immediatamente trasformabili in “luoghi comuni”, a costituire uno dei maggiori pericoli per chi fa pratica teatrale[1].

Marketing per la vendita e Action Line

Applicare il marketing strategico alla vendita significa soprattutto:

  • capire come adeguare i prodotti ai cambiamenti di mercato,
  • come trasmettere identità e senso della missione,
  • quali strategie di segmentazione e posizionamento adottare,
  • quali strategie pubblicitarie e di direct-marketing,
  • come costruire la rete di vendita, le politiche distributive
  • quali politiche di prezzo adottare.

A queste attività vengono dedicate ampie risorse e tempo.

Tutto questo investimento, tuttavia, può essere distrutto da negoziazioni sbagliate.

Nelle aziende, la preparazione alla negoziazione risulta ampiamente sottovalutata. Si presta grande attenzione ai budget pubblicitari ma poi si trascurano i micro-comportamenti nei riguardi del cliente, fatti di singole azioni, incontri, telefonate, frasi e corrispondenza.

La storia del comportamento tenuto dall’azienda nei riguardi del cliente nasce dall’impatto delle micro-comunicazioni e forma quella “Customer Experience” così importante per creare fidelizzazione.

Cerchiamo quindi di dare corpo – nella negoziazione – a tale approccio di attenzione ai dettagli, definendo una terminologia che ci permetta di affrontare tecnicamente l’argomento.

Ciascuna storia individuale del rapporto tra organizzazione e cliente è suddivisibile in Steps, ovvero fasi temporali successive durante le quali si articola il rapporto. L’insieme dei passi attuati costituisce un percorso della linea di azione (Path).

L’insieme degli Steps la cui responsabilità ricade sull’impresa è definibile come linea di azione – Action Line. Essa ci pone il problema della scelta tra alternative e corsi d’azione diverse,  in quanto è sempre possibile attuare altre tipologie di step, producendo esiti diversi (maggiormente negativi o maggiormente positivi).

 

Principio 3 – Definizione ottimale degli steps nelle action line

Il successo della negoziazione dipende:

  • dalla capacità di pensare a quali sequenze di azioni (steps) siano ottimali per rapportarsi al cliente, partendo dalla volontà iniziale sino all’esito finale;

  • dalla capacità di creare percorsi di azione (path) soppesati in termini di probabilità di successo e insuccesso;

  • dalla capacità di valutare quali punti di rottura, trappole o fallimenti siano possibili nella linea di azione seguita.

 

Dall’analisi delle Action Lines che hanno avuto esito negativo è possibile ricavare preziosi elementi per evitare futuri errori e per correggere le proprie strategie (lessons learned: lezioni apprese).

L’analisi delle Action Lines già accadute permette di rivedere la propria impostazione sul mercato in termini di comportamenti quotidiani.

Nell’analisi degli eventi negativi (critical incidents negativi) è possibile determinare in quale punto esattamente si sia verificato il Breakdown, o dove sia localizzata la trappola relazionale (Trap).

E’ possibile identificare le eventuali azioni di recupero (Recovery) in caso di fallimento della linea di azione, valutando la loro fattibilità e la loro convenienza.

Lo stesso tipo di analisi è possibile anche sulle Action Lines che hanno avuto esiti positivi (critical incidents positivi).

In caso di esito negoziale positivo, il metodo ALM prevede il ricorso ad una analisi degli atteggiamenti positivi, piuttosto che alla riproposizione esatta dei comportamenti in altre sedi.

Dobbiamo qui differenziare tra atteggiamenti positivi e comportamenti positivi. Non è possibile generalizzare sempre i comportamenti di successo al fine di riproporli in altre situazioni, in quanto – in realtà – esistono sfumature diverse in ogni tipo di rapporto tra persone e tra imprese. Gli atteggiamenti positivi invece hanno maggiore possibilità di essere generalizzati.

 

Principio 4 – Rivisitazione critica delle Action Lines passate, analisi dei critical incidents positivi e negativi e costruzione delle best-practices

Il successo della negoziazione dipende:

  • dalla capacità di riflettere sui casi positivi (critical incidents positivi) e trarre da essi prassi da replicare (best practices), analizzando gli atteggiamenti e steps attuati e i motivi del successo;
  • dalla capacità di riflettere sui casi negativi (critical incidents negativi) e trarre da essi insegnamenti sui possibili errori strategici, modi di approccio, e motivi dell’insuccesso;
  • dalla capacità di trasformare le analisi sul passato in conoscenza operativa per il futuro.

 

Nel metodo ALM, come già sostenuto, più che regolette semplici è necessario dedicare tempo ed energie alla riflessione sui casi di successo e insuccesso, estrapolandone una teoria basata sulla realtà dei fatti.

La decostruzione e ricostruzione del passato è fondamentale per attivare una crescita personale, poiché spesso il flusso di esperienza (flow of experience) sovrasta l’individuo, porta le persone a vivere istante dopo istante in un turbine lavorativo e non fermarsi ad analizzare quanto accade.

Le analisi retrospettive di maggiore efficacia richiedono la presenza di un counselor o coach e devono comunque essere svolte, almeno, con un confronto tra colleghi preparati a farlo, per poter confrontare opinioni e posizioni e non realizzare analisi da un unico punto di vista. La sola voce interiore non basta, per crescere è indispensabile il confronto.

Una distinzione necessaria nelle Action Lines è quella tra linea di azione (LDA) acquisitiva, che opera sul cliente potenziale già identificato (prospect) e LDA fidelizzativa sul cliente già acquisito.

La LDA sul prospect si pone il problema di come giungere alla acquisizione del cliente attraverso passi di contatto iniziale, contatti pre-negoziali e contatti negoziali, sino alla conclusione o chiusura.

La LDA sul cliente già acquisito riguarda invece il problema della Retention, ovvero della fidelizzazione del cliente, riducendo il rischio di perdita del cliente da attacchi della concorrenza e errori interni.

 

© Articolo di: dott. Daniele Trevisani www.danieletrevisani.it, Direttore Studio Trevisani Formazione e Consulenza e Studio Comunicazione Aziendale, articolo estratto con modifiche dell’autore dal libro “Strategic Selling”, Franco Angeli editore. Per approfondimenti è possibile iscriversi al canale YouTube dedicato ai video di Vendita del dott. Daniele Trevisani – e alla rivista online di Formazione “Communication Research e Potenziale Umano” da questo link

[1] Failla, 2005.

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Tecniche di vendita centrate sul valore: porsi prima di tutto il problema di come il nostro prodotto/servizio andrà ad aumentare la produttività del cliente, i suoi risultati, i suoi desideri, per creare valore dove conta e non disperdere la vendita su mille argomenti inutili.

© Articolo di: dott. Daniele Trevisani www.danieletrevisani.it, Direttore Studio Trevisani Formazione e Consulenza e Studio Comunicazione Aziendale, articolo estratto con modifiche dell’autore dal libro “Strategic Selling”, Franco Angeli editore.

Passare dal CD di vendita alle domande che ci permettono di inserire la nostra vendita entro il valore aggiunto che il cliente vuole essere in grado di produrre per i suoi clienti

© Articolo sulle tecniche di vendita di: dott. Daniele Trevisani

Molti venditori hanno imparato a memoria un argomentario, una presentazione e la recitano chiunque ci sia dall’altra parte, sia esso un ingegnere, un buyer, un responsabile marketing, un titolare. L’errore fondamentale consiste proprio nel “mettere su il CD di vendita” anziché fare domande al cliente per capire in che scenario opera e come gli vanno le cose, e che tipo di valore aggiunto vorrebbe veramente creare per i suoi clienti. Quando le nostre tecniche di vendita  saranno improntate a creare un valore aggiunto per la SUA vendita, le magie accadranno.

Le domande da porsi, e da porre, per vendere

Idealmente, la vendita consulenziale e la vendita complessa devono interessarsi del cliente, e non vendere ad un soggetto fantasma.

Il comportamento da adottare nelle tecniche di vendita è il contrario del “mettere su il disco” della vendita, e consiste nell’applicarsi in un ascolto attento, partecipe, empatico, forte, analitico.

L’ascolto nelle tecniche di vendita deve essere praticato anche quando il cliente “decentra” rispetto all’esplorazione delle problematiche. Se non poniamo attenzione al ricentraggio dei temi conversazionali che contano, cadremo presto nella strategia della controparte ben formata (buyer professionali) che consiste nel “far scoprire” il venditore e trovarne le lacune, per poi utilizzarle contro di esso.

Quanto più potenziale esiste nel cliente, tanta più attenzione occorre dare nell’analisi. In una analisi accurata è necessario applicare attenzione a numerosi punti, in particolare occorre presidiare e diagnosticare:

  • gli scenari del cliente: che fase vive il cliente, a quali forze e pressioni è sottoposto, che implicazioni e vincoli ci sono sui suoi acquisti; che punti di vulnerabilità ha oggi sul mercato?
  • la mission del cliente e la sua organizzazione: cosa cerca in profondità il cliente, a quali target attuali si dirige, a quali nuovi target punta; come possiamo aiutarlo a raggiungere la sua mission e i suoi obiettivi?
  • il value mix del cliente: in cosa desidera fare la differenza, in quali aspetti del prodotto, del servizio, o dei prezzi, della distribuzione, o di immagine;
  • le action lines del cliente: riguarda sia le linee di azione che adotta verso i clienti, che le linee di azione che adotta verso i fornitori. Che strategia applica verso i clienti? Che strategia relazionale applica verso i fornitori e in particolare verso di noi?
  • Il front-line del cliente: come comunica il cliente al suo mercato e ai suoi clienti? Con quale posizionamento e stile? Quali canali usa? Quali messaggi lancia, ma soprattutto, quali vorrebbe lanciare?

tecniche di vendita Solution Selling by dott. Daniele Trevisani

Capire questo ultimo punto è essenziale in termini di tecniche di vendita consulenziale: se la fornitura riesce a diventare un tassello fondamentale del messaggio che il cliente desidera lanciare al proprio mercato, essa aumenta considerevolmente di valore.

Tecniche di vendita. Per approfondimenti

Contatta il Dott. Daniele Trevisani

Corsi di vendita. Il Modello Solution Selling  erogato da Studio Trevisani prevede che il venditore si ponga come riferimento per la qualità della consulenza che offre al cliente. Come tale, il Solution Selling è una relazione preziosa, che va spesa solo su quei clienti che hanno probabilità di ritorno elevata, evitando i perditempo e i clienti dannosi. Fare una consulenza d’acquisto ben fatta è uno dei costi psicologici  di vendita che bisogna apprendere ad accettare, ma questo costo va pagato e offerto solo a chi lo merita. I “ladri di tempo”  lasciamoli alla concorrenza, ne avremo un ritorno di vendita maggiore potendoci concentrare di più su quello che conta davvero!

Corsi di Vendita modello Solution Selling. La scalata del rapporto. Diventare il riferimento per il cliente

© Articolo di: dott. Daniele Trevisani www.danieletrevisani.it, Direttore Studio Trevisani Formazione e Consulenza e Studio Comunicazione Aziendale, articolo estratto con modifiche dell’autore dal libro “Strategic Selling”, Franco Angeli editore

L’avvio di un rapporto può essere basato sul concetto di “avvicinamento” nel quale il fornitore viene testato, arrivando ad un formato di “seduzione” nel quale si avvia un avvicinamento progressivo. In pochi o rari casi un fornitore passa dall’essere un perfetto sconosciuto allo status di “fornitore ufficiale”, “fornitore di fiducia”, o “fornitore di riferimento”. Ma arrivarci è possibile

Comprendere quale livello di relazione cercano gli interlocutori e le mosse di risposta adeguate

Tra le domande potenti della vendita c’è la domanda da 1000 punti che va fatta assolutamente: Che caratteristiche dovrebbe avere il vostro fornitore ideale? Solo così potremmo capire come crescere e come impostare la nostra offerta e la nostra relazione, soprattutto.

Il nostro obiettivo è quello di percorrere la strada che passa dall’essere estranei al sistema cliente al diventare il suo punto di riferimento per una intera categoria di bisogni.

Esiste una forte differenza tra essere venditore di prodotti o fornitore di un prodotto “una tantum” ed essere “il riferimento” per un cliente.

Dobbiamo quindi esplorare quale livello di relazione cercano gli interlocutori, entrando all’interno del Sistema Motivazionale (SM) del cliente

Dobbiamo chiederci (1) quali sono le possibili configurazioni del rapporto e (2) quali le possibili evoluzioni.

Alcune tipologie di rapporto:

  1. copertura di una esigenza momentanea,
  2. ricerca di un allargamento del parco fornitori ma senza mettere in discussione il fornitore attuale primario,
  3. assaggio di una novità ma senza intenzioni di continuità con il fornitore precedente,
  4. ricerca di un partner di continuità,
  5. bisogno di un partner di continuità con capacità anche di comakership,
  6. bisogno di un partner di continuità, comakership e R&D congiunta, estremamente integrato nella catena del valore,
  7. ricerca di un “pollo da spennare” per ottenere Ricerca e Sviluppo gratis dal fornitore,
  8. ricerca di un puro benchmark di prezzo o di qualità.

Principio 1 – Capacità di cogliere il grado di relazione ottimale e svilupparne il percorso

Il successo della vendita consulenziale dipende:

  • dalla capacità di capire quale grado di relazione sia auspicabile avviare per l’azienda venditrice;

  • dalla capacità di capire quale grado di relazione sia desiderato dall’azienda cliente;

  • dalla capacità di negoziare la relazione ancora prima della vendita;

  • dalla capacità di far evolvere la relazione (percorso della relazione).

La vendita consulenziale deve appurare se esistono condizioni per il successo reciproco – condizioni win-win – partendo sia dai dati disponibili che dagli atteggiamenti.

Le condizioni lose-win – in cui l’azienda venditrice va incontro a trappole o perdite sia economiche che di know-how – devono essere attentamente scrutinate e colte, prima che possano arrecare danni profondi, come la perdita di know-how, erosione di impegno, tempo e denaro.

In ogni comunicazione dobbiamo analizzare attentamente il livello di relazione ricercato, i segnali di fiducia (trust-signals) e di sfiducia (distrust-signals) in essa contenuti, che danno spessore alle ipotesi in costruzione.

Corsi di Vendita. Il caso di analisi per la ricerca dei livelli di relazione e dei distrust-signals

Mail realmente ricevuta

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From: xxx [mailto:xxx@alice.it]

To: xxxx@studiotrevisani.it

Subject: ricerca partner

gentili signori,

la nostra è una società di servizi che opera in sardegna dal 1990 e stiamo  ricercando un partner per la prtecipazione ad una gara  di appalto sul POR sardegna per una campagna di comunicvazione sull’ambiente.

vi chiediamo la vostra disponibilità a progettare insieme un intervento.

in allegato vi inviamo la sintesi delle azioni previste.

vi preghiamo di rispondere con moplta urgenza al XXXX (nome ente) srl xxx@tin.it  o al mio indirizzo xxx@alice.it .

grazie xxx xxx (nome cognome)

risposta

—– Original Message —–

From: dott. Daniele Trevisani

To: xxx

Subject: RE: ricerca partner

Grazie per la richiesta, noi abbiamo forti competenze progettuali ma le mie conoscenze ed esperienze decennali in merito ai POR e altri progetti pubblici mi hanno convinto che – se da un lato viene richiesto un forte carico e impegno progettuale – molto spesso questo sforzo e queste numerose giornate lavorative progettuali non trovano adeguate forme di pagamento, o non ne trovano alcuna, e i progetti li vincono enti o persone che non esprimono adeguata qualità progettuale, ma hanno i migliori contatti politici o le conoscenze giuste. Per questo motivo le chiedo se il tempo di progettazione è remunerato in modo garantito o se viene remunerato solo in caso di vittoria del bando.

Cordiali saluti, Daniele Trevisani

La mail del possibile cliente presenta una grande quantità di segnali di sfiducia (distrust signals), ad esempio la parola “sardegna” scritta senza iniziali maiuscole, la “moplta” urgenza, e altri sintomi di fretta e disattenzione, che invitiamo il lettore saggio a localizzare per sensibilizzarsi al metodo, e capire che fare Solution Selling è un’arte da destinare a persone che lo meritano perchè a loro volta dimostrano impegno e volontà.

L’evoluzione di questo caso, se non fosse stata attuata una prova relazionale del tipo di rapporto desiderato, sarebbe stata sicuramente (al 100% nella nostra lunga esperienza) un impegno di decine di giornate di progettazione per nulla remunerato, nemmeno in caso di vittoria della gara.

La vendita consulenziale è uno sforzo, e tale sforzo deve essere speso su clienti e soggetti dai quali si può trarre profitto o soddisfazione, non deve essere disperso su clienti che stanno solo cercando “soggetti da sfruttare” e progettazioni gratuite.

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Formazione vendite e corsi di vendita. Per approfondimenti, vedi i seguenti libri:

Corsi di Vendita: la bibliografia suggerita

Corsi di vendita business to business libro Solution Selling di Daniele Trevisani

corsi di vendita - la psicologia dell'acquisto - psicologia del marketing e della comunicazione centrata sulle esperienze d'acquisto

corso vendita copertina la psicologia dell'acquisto psicologia del marketing e della comunicazioneCorso Vendita, materiale dal libro “ La psicologia dell’acquisto: Psicologia del Marketing e della Comunicazione centrata sulle Esperienze d’Acquisto

  • Il corso vendita Solution Selling è basato sulla psicologia del marketing e della comunicazione, tema trattato nel libro “la psicologia dell’acquisto”.
  • Il corso vendita Solution Selling è un percorso formativo nel quale apprendere a trovare soluzioni per i problemi che un cliente possiede, ascoltare il cliente, creare un’esperienza di acquisto di qualità e positiva, e nel quale si realizza soprattutto un’esperienza pratica di vendita consulenziale.
  • Il corso vendita Solution Selling si tiene sia online che in aula di formazione, a Milano, ogni mese, con cadenze alternate.
  • Per informazioni sul prossimo corso vendita Solution Selling, centrato sulla psicologia del Marketing e della Comunicazione, clicca su questo link.

Di seguito, un estratto dal testo “Psicologia dell’acquisto. Psicologia del marketing e della comunicazione centrata sulle esperienze d’acquisto”

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Il Fattore Umano come caratteristica essenziale del Valore. Il CVBU del Fattore Umano

 

“Uno sforzo continuo – non la forza o l’intelligenza – è la chiave che sprigiona il nostro potenziale.”

Sir Winston Churchill

 

La crescita delle capacità di vendita e del fare felici i clienti richiede un lavoro continuo su sé stessi, ricordando che la vendita consulenziale è essenzialmente dominata dalla centralità del fattore umano e delle relazioni umane.

Il Fattore Umano è l’elemento critico spesso sottovalutato. Se siamo in un ristorante, ad esempio, il cameriere dovrà capire se è bene lasciare le persone tranquille ad un tavolo a lungo, perché stanno avendo un momento di intimità, o aiutarli per accelerarne il pagamento e l’uscita (distinguere, ad esempio, avventori per piacere da avventori per lavoro che devono ripartire subito). Non sapere cogliere questa percezione sottile è una lacuna che rientra tra gli elementi di Fattore Umano.

Il Fattore Umano nella psicologia dell’acquisto si gioca sulla puntualità, sul rispetto totale della parola data, sulla volontà di fare quel “qualcosa di più” che non è scritto da nessuna parte ma che il cliente apprezza e anzi ricorda più di qualsiasi altra cosa.

Per un certo cliente industriale può essere importante essere assistito e curato nella fase di messa in avvio di un macchinario, nell’istruzione e formazione degli operatori, o ancora la garanzia totale sulla Business Continuity (la continuità operativa di produzione), nella promessa (da mantenere) che il processo produttivo del cliente, per quanto riguarda la nostra parte, non sarà mai fermo per più di due ore, o qualsiasi altra esigenza che emerga da un ascolto attento.

Vediamo un caso diverso. Il Fattore Umano nella psicologia dell’acquisto in uno studio dentistico è dato dal fatto di saper rilassare il cliente che è già agitato di suo, e nel metterlo in una atmosfera emotiva e umana di relax. Per un dentista specializzato nel target bambini, il CVBU del Fattore Umano può essere la capacità di trasformare lo studio dentistico in una specie di filiale della Disney, con TV che trasmettono cartoni, giochi da usare per distrarsi, e persino far continuare lo stesso cartone dalla sala di aspetto, sino ad uno schermo che il bambino vede mentre viene trattato dal dentista. Una carie è una carie e un’otturazione è un’otturazione, ma c’è modo e modo di far vivere questa esperienza al bambino, e di riflesso ai genitori, in modo traumatico, o invece in modo giocoso e gradevole.

Saper vendere questa caratteristica è una Vendita Professionale a tutti gli effetti e progettare l’esperienza del cliente è una parte raffinata del marketing.

Che cosa differenzia del resto una clinica privata di lusso, da una struttura della sanità pubblica, forse sono le siringhe o garze ad essere diverse, o è la sensazione del “come sei trattato” che ti fa pensare di rivolgerti a quella specifica clinica, o il passaparola su “come sono stato trattato bene”, sentito da un nostro collega o familiare?

Il CVBU del fattore umano della clinica può essere ad esempio:

  1. riduzione dei tempi di attesa nelle visite;
  2. riduzione dei tempi di ricovero e dimissione;
  3. essere trattati sempre dalle stesse persone anziché sentirsi sballottati da un medico all’altro;
  4. sentire che i medici e operatori tengono davvero al tuo caso;
  5. sapere che i medici che mi tratteranno sono aggiornati allo stato dell’arte sulle specifiche patologie e cure.

Si parla del Fattore Umano come della parte intangibile della psicologia dell’acquisto, ma a mio parere, questa parte è estremamente concreta.

Spesso, sono sufficienti questi elementi per far spendere ad un malato anche decine di migliaia di euro in più.

Ma lo stesso vale per una concessionaria di auto, o qualsiasi altra realtà ove si venda. Una concessionaria BMW può essere fisicamente del tutto simile ad un’altra, ma magari il clima umano e l’attenzione data al cliente in una delle due sedi è molto diversa, e questo fa spostare le persone anche di parecchi chilometri pur di sentirsi trattati come si ritiene giusto.

Se il venditore della concessionaria A denigra il mio usato, dicendo che “è roba che non vale niente, al massimo può valere 5.000 euro”, e parla con disprezzo dell’auto che io magari ho trattato con tanta cura, mentre il venditore della concessionaria B mi dice che “si vede che l’auto è stata trattata bene, ma purtroppo non riesco a dare più di 5.000 euro di valutazione”, da chi andreste voi?

Leggi della felicità del cliente 2

La cortesia, la disponibilità, la cura che il venditore e l’azienda venditrice mettono nelle relazioni umane è un valore tanto alto quanto almeno quello economico, se non di più.

Per creare clienti felici occorre progettare la Customer Experience del cliente, la sua esperienza totale di acquisto, di pre acquisto e post-acquisto, il tipo di facilità di accesso alle informazioni, la facilità di accesso all’impresa e la disponibilità a farsi carico di problemi che si dovessero determinare. Il CVBU (Caratteristiche, Vantaggi, Benefici, Unicità) del fattore umano che il venditore sa mettere in campo determina la differenza tra felicità e infelicità del cliente.

Bisogna pensare sempre di più come il proprio consumatore, considerare come cerca informazioni, come usa il prodotto/servizio, quali sono le tappe del suo Customer Journey, quali sono i “touchpoints” o punti di contatto tra il cliente e l’impresa/prodotto/servizio, e progettarli accuratamente.

 

Lo stesso meccanismo del Fattore Umano si applica anche a grandissime forniture industriali nel B2B, dove anzi e ancora di più, i gesti contano, come – per un cliente che viene a negoziare da noi un acquisto importante – il fatto di andarlo a prendere all’aeroporto, portarlo in hotel, andarlo a prendere la mattina e farlo sentire come a casa.

Al centro di ogni analisi CVBU si collocano le peculiarità del cliente specifico, e non di un cliente astratto. Nessun ciclo CVBU può svolgersi nel vuoto: la percezione di valore ha luogo solamente nella mente del cliente, ed è lì che dobbiamo lavorare.

 

“Ci sono piccole differenze tra le persone ma queste piccole differenze creano una differenza enorme.

Le piccole differenze costituiscono l’atteggiamento mentre la grande differenza deriva dal fatto che questo atteggiamento sia positivo o negativo”

  1. Clement Stone (uomo d’affari e filantropo)

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© Copyright. Materiale di formazione vendite per il corso vendita Solution Selling, basato sui concetti esposti nel  libro “Psicologia dell’acquisto. Psicologia del marketing e della comunicazione centrata sulle esperienze d’acquisto

 

Preparazione e struttura della conversazione nel Solution Selling. Una checklist riepilogativa.

© Daniele Trevisani. Materiale dal libro Corso di Vendita “Solution Selling”: La Vendita centrata sul Cliente

Ogni conversazione fa storia a sé, per cui ogni conversazione è diversa dalle altre. Tuttavia, è possibile rintracciare alcuni comportamenti che “fanno bene” alla conversazione di Solution Selling. Ne esponiamo alcuni, che riguardano sia la preparazione alla conversazione con il cliente, che la conversazione faccia a faccia, in presenza.

  1. Preparazione al dialogo con il cliente
  • Le persone di contatto pertinenti e i decisori chiave sono identificate nel periodo precedente al dialogo con il cliente?
  • Le informazioni pertinenti vengono richieste nelle prime fasi del dialogo?
  • Esiste un “obiettivo strategico” per il dialogo?
  1. Inizio del dialogo con il cliente
  • Esiste un’introduzione chiara e comprensibile dell’argomento?
  • Notiamo un incremento dello stato di attivazione e interesse del cliente?
  • Eventuali pretese e obiezioni vengono gestite correttamente?
  1. Percezione del target group
  • Il Gruppo target è stato individuato correttamente?
  • Viene attuata una chiarificazione degli specifici bisogni del cliente?
  • I benefici rivolti al target group sono specifici per loro?
  1. Vendita consulenziale
  • Vengono usate domande sulla situazione?
  • Vengono usate domande su quali sono i punti di forza del cliente?
  • Vengono usate domande per scoprire i punti di debolezza del cliente?
  • Vengono usate domande su quali siano le conseguenze negative dei punti di debolezza?
  • Vengono usate domande che chiedono esplicitamente quali benefici il cliente cerca?
  • Viene offerta una gamma di possibili benefici al cliente?
  • I segnali che lancia il cliente sono riconosciuti e considerati?
  1. Problem solving
  • Vengono usate diverse tecniche di problem solving?
  • Le tecniche utilizzate sono specifiche per il target group?
  • Esiste una possibile formulazione di una soluzione finale e decisiva?
  1. Conclusione del dialogo con il cliente
  • Viene presa una decisione d’acquisto definitiva?
  • C’è un chiarimento sui prossimi passi da intraprendere?
  • Viene attuata una chiusura (conclusione) positiva?
  1. Competenze conversazionali
  • La conversazione viene condotta attivamente?
  • Si fa ricorso frequente a riformulazioni (recap) e chiarificazioni?
  • Si riesce a creare un clima conversazionale positivo?
  • Eventuali rifiuti sono gestiti in modo competente?

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© Daniele Trevisani. Materiale dal libro Corso di Vendita “Solution Selling”: La Vendita centrata sul Cliente

Copyright dott. Daniele Trevisani, dal testo “Corso di Vendita Solution Selling: La Vendita centrata sul Cliente”

Solution Selling. Vendere Soluzioni, non solo prodotti/servizi

Vendere soluzioni significa farsi carico del problema del cliente, capirlo fino in fondo, e trovare il mix giusto tra come, quando e con cosa aiutare il cliente a risolverli.

Solution Selling e Customer-Centric Selling

Il Metodo che affrontiamo in quest’opera ha per iniziali tre C: Comunicazione, Centrata sul Cliente, in sintesi, C3. Ognuna di queste parole ha un significato e un peso specifico, che esamineremo di seguito.

Perché oggi si parla sempre più di comunicazione di vendita centrata sul cliente, di Solution Selling e Customer Centric Selling? Perché è sempre più necessario passare da stili di vendita che “parlano addosso” al cliente, a stili di vendita centrati sulla “conversazione vera” con il cliente, e sull’ascolto attivo ed empatia. La dove l’ascolto del cliente domina, è possibile offrire soluzioni reali, e non solo prodotti e servizi, perché il venditore riesce a capire i veri bisogni e produrre un mix efficace di soluzioni personalizzate e ad alto valore aggiunto.

Il focus principale è di aiutare gli individui e le organizzazioni attive nella vendita nel migrare da un tipo di vendita tradizionale ad un comportamento “Customercentric”, ovvero, “centrato sul cliente”.

Sono convinto, dopo oltre trent’anni anni di esperienza di vendita e consulenza, e nella formazione di migliaia di persone che vendono, che l’approccio “centrato sul cliente” sia assolutamente più efficace del “parlare addosso al cliente”, perché risponde ai bisogni umani più veri delle persone, primo di tutti, quello di essere presi in considerazione.

Mi sono occupato di vendita centrata sul cliente a vari livelli. Ho insegnato ai CEO di grandi aziende come concentrare l’attenzione sulle esperienze del cliente (Customer Experience) e di conseguenza sui comportamenti che risultano efficaci da adottare dalle forze vendita. Ho formato la Direzione Vendite di grandi e medie aziende, sino ai venditori e al loro affiancamento sul campo, constatando in prima persona quanto siano diversi e più efficaci i metodi “centrati sul cliente” rispetto alle classiche presentazioni di vendita e tecniche di vendita tradizionali.

Di cosa si compone quindi il “comportamento centrato sul cliente” nella vendita? Bosworth e Holland ne identificano otto “pilastri” o principi fondamentali:

Nella tabella seguente vengono esposti per condividerli. Immaginateli non solo come singoli stati, ma come polarità di un continuum, lungo il quale possiamo localizzare la nostra posizione e comportamento prevalente.

Tabella 1 – Focus sulle Soluzioni (Solution Selling)

Vendita tradizionale Vendita CustomerCentric “Centrata sul Cliente”
Fa presentazioni Conversa situazionalmente
Offre opzioni Fa domande rilevanti
Focalizzata sulla relazione Focalizzata sulla soluzione
Gravita attorno all’utente Si indirizza ai compratori e manager
Mette il prodotto e le sue caratteristiche al centro Mette al centro l’utilizzo del prodotto, l’esperienza che ne deriva
Cerca di vendere prodotti e servizi Cerca di vendere soluzioni ai problemi del cliente
Chiude la vendita secondo la prospettiva temporale del venditore Chiude la vendita basandosi sulla prospettiva temporale del compratore
Cerca di vendere tramite:

·        Convincimento/persuasione

·        Gestione obiezioni

·         Superare le resistenze

Mette il potere nelle mani del cliente per:

·         Ottenere i suoi goals

·         Risolvere problemi

·         Soddisfare dei bisogni

Realizzare conversazioni situazionali vs. fare “presentazioni”

Bosworth e Holland mettono in guardia i venditori e direttori vendite sul fatto che i venditori tradizionali si affidano troppo alla “presentazioni”, spesso usando applicazioni come Power Point e similari. Perché? Perché pensano che questo approccio dia loro opportunità e aggiunga dinamismo, nella forma di grafiche ad alto impatto, animazioni etc. Offre loro un’occasione per far calare il sipario e aumentare l’effetto drammaturgico delle loro presentazioni.

Nella vendita centrata sul cliente, si trova invece che le conversazioni, non le presentazioni, sono di gran lunga più potenti. E sì, è anche possibile conversare con le proprie audience usando anche i Power Point, invece di presentarli e basta, ma è molto più difficile. Avete mai avuto una conversazione “vera” con un amico o collega che fosse basata su una presentazione di diapositive preparata? Non credo. Per cui, non dovrebbe essere una sorpresa constatare che molti venditori “presentatori” non vengano ascoltati, o che quando i manager senior di un’azienda vedono un venditore entrare nel loro ufficio con un computer sotto il braccio, girano gli occhi all’indietro e iniziano a guardare l’orologio ancora prima che sia partita la presentazione.

Questo è il contrario di quanto vorremmo.

Cosa vorremmo sentirci dire noi invece? “Tu sei la soluzione ai miei problemi!”

A quanti venditori, professionisti, o aziende, piacerebbe sentirsi dire così da un cliente? A tutti, con – al massimo – la variazione “Voi siete la soluzione ai nostri problemi!” se immaginiamo che il Voi si riferisca all’azienda nel suo complesso.

Bene, non è solo un sogno, ma una possibilità concreta.

Il più importante segreto nell’arte del vendere è: scoprite quel che il cliente vuole ed aiutatelo ad ottenerlo.

Frank Bettger

La vendita consulenziale, e il modello “Solution Selling”, trattano il tema della “vendita di soluzioni” “dove il venditore-consulente si occupa di (1) capire e (2) risolvere le questioni che stanno a cuore al cliente, che si tratti di problemi attuali o anticipazione di problemi futuri.

La Vendita Consulenziale è un approccio di vendita nel quale si agisce come consulenti e partner per assistere il cliente nel risolvere problemi, creare opportunità, trovare soluzioni e ottenere obiettivi.

Il focus della vendita è la conversazione con il cliente, la fase di intervista al cliente, il far aprire il cliente al punto di identificare quali questioni egli debba risolvere, quali siano i “problemi” da affrontare, quali obiettivi voglia raggiungere, o dove siano i “nervi scoperti”, per inserire la vendita come soluzione a tali obiettivi e problemi.

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Copyright dott. Daniele Trevisani, dal testo “Corso di Vendita Solution Selling: La Vendita centrata sul Clientecorso di vendita solution selling copertina libro

Daniele Trevisani

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Tecniche di Vendita Consulenziale – Portare fuori le nostre domande. Sito di riferimento: Medialab-Research – Formazione per la Comunicazione, le Tecniche di Vendita, la Vendita Consulenziale, la Psicologia del Marketing
3.2. © Copyright – Dal libro Strategic selling. Psicologia e comunicazione per la vendita consulenziale e le negoziazioni complesse, di Daniele Trevisani – Franco Angeli Editore, Milano

Il valore delle domande nelle tecniche di vendita consulenziale

https://youtu.be/7ArTmHhiVSo

Qualsiasi tecnica di vendita avanzata evolve verso una dinamica di rapporto sempre più consulenziale, dove diventa fondamentale la diagnosi (ascoltare e capire) prima ancora della persuasione pura (esprimersi e convincere). Oggi, appena viene colto un intento persuasivo, le persone se ne vanno. E’ così ed è bene sia così, se è vero che persuadere senza avere capito niente del quadro del cliente ha davvero poco senso.

La complessità dei mercati e degli scenari ci obbliga a sviluppare le capacità di essere attenti ed empatici (capire l’altro), condurre diagnosi del cliente, dell’interlocutore, della situazione.

E’ necessario saper portare fuori le domande, non tenersele dentro. Le domande sono uno degli strumenti più utili e fondamentali in una tecnica di vendita che vuole offrire valore vero al cliente. Senza domande, una tecnica di vendita può essere solo equivalente a “mettere su un DVD” con un disco oramai consunto.

Questo produce un forte cambio di paradigma, dove prima erano fondamentali le capacità espressive (parlare), diventano essenziali le competenze di ascolto, di diagnosi (saper ascoltare, capire), e quindi le competenze progettuali (studiare e costruire soluzioni basate sulla diagnosi).

Sapere di avere buona capacità di analisi inoltre aumenta la sicurezza nella fase di comunicazione e produce un’immagine di maggiore autorevolezza e assertività. Questo si traduce in un forte incremento della capacità comunicativa e negoziale.

Tutto ciò non è semplice. Ma non è ancora abbastanza.

3.3. Principio dello stretching comunicazionale e rottura dell’incomunicabilità

In una negoziazione avanzata troviamo tutte le difficoltà, i limiti e le barriere date dall’incomunicabilità umana, amplificate dalle barriere culturali e organizzative, dalle abitudini stratificate, dagli stereotipi, e da interessi contrapposti che spesso sembrano antagonistici, uno contro l’altro. Rompere questo circolo vizioso è un principio basilare.

Una regola fondamentale della vendita complessa è il bisogno di trovare il “Common Ground”, i valori e principi condivisi, sui quali costruire i piani successivi. Ad esempio, chiarire che per entrambe le parti sia importante non solo il prodotto ma l’affidabilità reciproca.

Dobbiamo anche considerare che esiste quasi sempre una componente “interculturale” nel fare vendita e negoziazione ad alti livelli: le persone che interagiscono tra loro hanno culture diverse e regole implicite diverse (anche entro la stessa nazione), ed ancora maggiormente quando si rapportano tra loro manager di nazioni diverse. Questo complica il quadro.

La vendita consulenziale e la negoziazione sono tra le attività più complesse e impegnative svolte dall’essere umano. Durante una interazione di vendita o una negoziazione possiamo assistere ad un incontro tra mondi mentali distanti, culture diverse, stili linguistici e manageriali antitetici, differenti psicologie, scontri tra strategie e tattiche comportamentali, e spesso – ad un livello profondo – la collisione tra visioni del mondo contrastanti, accompagnata da forte incomunicabilità.

Lo stretching comunicazionale (saper cambiare stile comunicativo, ad esempio da persuasivo ad empatico, dove le domande potenti la fanno da padrone) permette alle persone che svolgono vendita e negoziazione di diventare più flessibili dal punto di vista comunicativo, saper utilizzare un linguaggio “tecnico” quando serve, e in altri momenti un linguaggio più “manageriale”, ed in altri ancora uno più “umanistico e valoriale”.

Vendere in America Latina, il giorno dopo in Germania, e la settimana successiva in Giappone, non richiede solo un aggiustamento di fuso orario, ma anche di “registro comunicativo”. Passare da un incontro con un dirigente del marketing ad un incontro con il responsabile della produzione, entro la stessa azienda-cliente, richiede ancora una volta una capacità di cambiare rapidamente stili comunicativi e sintonizzarsi su una “modalità di ricezione” adeguata ad interlocutori diversi. Questo ancora maggiormente se più interlocutori diversi tra loro sono presenti entro la stessa stanza.

© Copyright – Tecniche di Vendita estratte dal libro Strategic selling. Franco Angeli editore, Milano

dott. Daniele Trevisani

Dott. Daniele Trevisani www.danieletrevisani.it www.medialab-research.com

Copyright Daniele Trevisani, dal libro “Strategic selling. Psicologia e comunicazione per la vendita consulenziale e le negoziazioni complesse

Conoscere se stessi, conoscere l’altro, capire la relazione in corso

Conoscere se stessi, conoscere l’altro, capire la relazione in corso. Esamineremo ora il primo aspetto: conoscere se stessi.

A quali aspetti della conoscenza di sè dobbiamo prestare attenzione?

Le scienze umane e la psicologia hanno evidenziato da tempo che aumentando la conoscenza dei propri meccanismi interiori si incrementano anche le abilità relazionali. Di certo che questo tocca anche le attività di vendita e negoziazione.

La vendita consulenziale è una scuola di vendita, ma soprattutto un grande laboratorio di ricerca applicativa e scientifica sulla comunicazione, sulla crescita personale, sui rapporti umani. Tocca inoltre fortemente i temi dello sviluppo (personale e organizzativo) e dell’antropologia (scienza del comportamento umano).

Ogni cultura stabilisce precisi margini di manovra per i comportamenti umani e definisce schemi comportamentali (frames culturali) che possono considerarsi accettabili da quella cultura stessa, o invece devianti.

Una prima scoperta da fare è quella della propria cultura latente, gli schemi che ciascuno di noi porta con sè, le regole e le credenze che guidano le nostre azioni e le nostre scelte, in modo anche subconscio.

Questo consente di esplorare alcuni limiti e blocchi che tutti noi portiamo con noi stessi nelle nostre attività professionali e soprattutto di interazione con gli altri.

Una seconda scoperta riguarda la cultura della propria organizzazione, i suoi punti di forza e di debolezza.

Una terza scoperta riguarda l’analisi dei giochi di interazione che accadono durante un incontro, cioè cosa accade sullo scacchiere negoziale, le mosse di una negoziazione complessa.

I giochi che accadono durante una vendita sono frutto di meccanismi psicologici che avvengono nell’individuo e nel gruppo.

Dobbiamo quindi saper distinguere i meccanismi dell’individuo da quelli del gruppo, e le loro reciproche interazioni.

Affrontare la vendita e la negoziazione con consapevolezza di sè significa intraprendere un percorso:

  • affrontare la scoperta di sè, la propria personalità, e i suoi limiti, un passo che l’individuo deve per forza compiere se desidera rimuovere blocchi e barriere che ne impediscono il pieno sviluppo professionale;
  • creare “consapevolezza aumentata” dell’organizzazione per cui si lavora, e dei suoi potenziali.

1.2.              Chi e cosa rappresento

Chiunque entra in scena in una vendita ha un ruolo che viene alimentato dall’istituzione che rappresenta.

Rappresentare una istituzione, o anche solo se stessi, significa mettere in scena la propria identità, la propria storia, la propria cultura e i propri valori.

Durante una vendita può accadere che l’individuo non sia sufficientemente abile nel trasferire il proprio “essere”, il proprio “io”, la propria identità, e quella aziendale, e quindi venga confuso con “qualcos’altro”.

Ad esempio, un costruttore di parti meccaniche su misura, una PMI che possiede anche un reparto di progettazione tecnica, può essere confuso con un semplice contoterzista che vende solo manodopera qualificata (e non progettualità).

Se questo accade possono nascere errori e incomprensioni (essere visti come dei saldatori invece che degli artigiani-ingegneri). Ancora, un militare in missione di pace può essere visto e percepito come un invasore e non come un pacificatore. Un consulente in comunicazione strategica può essere percepito erroneamente come un pubblicitario. Un educatore può essere confuso con un animatore, e via così.

In questi e in molti altri casi è essenziale chiarire la propria identità.

1.3.              I nostri confini. Confini operativi, confini della mission, cosa facciamo, cosa non facciamo, e perché

La missione aziendale o organizzativa definisce il motivo di essere dell’organizzazione stessa. La missione va interpretata come “relazione di aiuto”. Capire verso chi, e per cosa, noi siamo in grado di generare aiuto, è il tema stesso della scoperta dei confini.

Dobbiamo sapere esattamente cosa rientra nella nostra missione e cosa non vi rientra. La missione si definisce in base a ciò che si fa ma soprattutto in base a quello che non si fa (a ciò che ne sta fuori). Dobbiamo avere una forte cultura dei confini.

Facciamo un esempio: un’agenzia di information technology può avere una forza vendita che non sa esattamente se la propria azienda offra o meno siti web realizzati per conto terzi, essendo in realtà l’azienda specializzata in networking e telefonia. In passato sono state svolte alcune realizzazioni di siti web per clienti amici, ma sporadicamente; la realtà dei fatti crea una condizione tale che alcuni venditori possono rispondere “si, facciamo anche siti web”, e altri affermare “no, noi non facciamo assolutamente siti web, siamo una società di telecomunicazioni”.

Anche un formatore può vivere lo stesso problema, quando il suo lavoro viene ad essere identificato come erogatore di contenuti prodotti da altri (canale formativo) o invece come progettista di formazione, o entrambi. Se questi confini non sono definiti, le sue interazioni con il cliente ne soffriranno.

Non sarà mai in grado di dare risposte sicure. Cadrà in continue contraddizioni e trasuderà incertezze.

Ovviamente tutto questo margine di insicurezza e indecisione sulle identità (chi siamo e cosa facciamo) si ripercuote negativamente sulle vendite.

A questo, tuttavia, si può rimediare lavorandovi con un buon training sulle consapevolezze dei confini della mission e della propria identità.

 

Copyright Daniele Trevisani, dal libro “Strategic selling. Psicologia e comunicazione per la vendita consulenziale e le negoziazioni complesse