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Copyright Daniele Trevisani. Tema “Chiarezza dei ruoli” – Dal libro

team leadership e comunicazione operativa - tema chiarezza dei ruoli

Team leadership e comunicazione operativa. Principi e pratiche per il miglioramento continuo individuale e di team

La chiarezza dei ruoli come fattore critico del successo aziendale

La chiarezza dei ruoli è un elemento di successo aziendale e di pulizia mentale per la persona. Ruoli chiari producono sempre maggiore efficienza ed efficacia.

Noi agiamo sempre in base a qualche teoria. Che ce ne rendiamo conto o meno, esiste una teoria per il fatto di lavarsi la faccia la mattina (teoria che l’atto di lavarsi il viso porti ad una maggiore rapidità di risveglio), sino alle teorie più complesse ed elaborate.

Anche i leader seguono teorie, che se ne accorgano o meno. Teorie che governano ogni loro azione come leader, che si tratti di come riprendere un errore (rimproverando bruscamente o sotto forma di feedback cortese), o distribuire deleghe (per iscritto oppure di persona). Ogni cosa che facciamo è governata da teorie implicite. Esplicitarle, farle uscire allo scoperto, ci farà molto bene.

Principio 13 – Riconoscimento delle teorie implicite sulla leadership, motivazione e direzione

La possibilità di crescita personale è correlata:

  • al riconoscimento delle teorie implicite che governano il proprio agire;

  • alla capacità di mettere in discussione le teorie implicite e ricercare vettori di miglioramento nei campi ove questo sia possibile, anche quando il miglioramento costringe a dolorose (o gradevoli) ristrutturazioni cognitive, e alla modifica delle credenze personali, creando una maggiore chiarezza dei ruoli di vita e ruoli professionali che la persona interpreta.

 I critical incidents e la chiarezza dei ruoli

La necessità di dedicarsi alla fissazione dei ruoli e dei confini è sempre presente, ma emerge in modo prepotente quando si presentano critical incidents, momenti di realtà particolarmente impattanti, che evidenziano le lacune e la cattiva separazione di ruoli, o una falla nella teoria organizzativa e comunicativa in uso.

Un critical incident può essere la perdita di un importante cliente senza che ne siano chiare le ragioni, un grave conflitto interno al­l’azienda o tra due persone, e qualsiasi situazione particolarmente difficile da gestire che sfugge al controllo quando utilizziamo le nostre teorie abituali sul­l’agire.

Microcaso 6 – Al crescere dei risultati per il cliente cala la sua soddisfazione[1] – Una questione di chiarezza dei ruoli

Massimo è un consulente progettista di formazione aziendale. È leader di un progetto di miglioramento per l’Associazione degli Industriali di una provincia italiana. In questa provincia esiste una discreta vocazione turistica, e un buon tessuto industriale. La cultura aziendale media è basata sulla produzione e non vi sono livelli manageriali molto elevati.

Una delle caratteristiche notate da Massimo è che nel catalogo dei corsi formativi dell’Associazione si trovano corsi di videoscrittura o di contabilità di base (che ogni scuola di informatica è in grado di offrire) ma mancano completamente corsi sulla comunicazione, innovazione e tecnologie, dei quali vi sarebbe (a suo parere) estremamente bisogno, e che proprio un’Associazione dovrebbe proporre.

All’avvio dei contatti con il cliente, il consulente nota subito questa situazione di fondo. Propone quindi al direttore un accordo quadro dove il consulente si impegna a fornire all’Associazione un’esclusiva per le sue proposte nella provincia indicata. Le iniziative partono, il primo anno vengono proposti e attuati con successo corsi per la comunicazione nel’export in alcune aziende locali (con buona soddisfazione dei clienti), nel secondo anno vengono fatti partire corsi di comunicazione e tecnologie per disoccupati, i quali producono un altissimo tasso di adesione e di occupazione per i ragazzi partecipanti. Il terzo anno viene lanciato un Master, organizzato da Massimo, su una nuova tematica di frontiera della comunicazione e tecnologie, in collaborazione con un’Università locale, in più vengono avviati progetti sperimentali in diverse aziende leader della provincia, con alta soddisfazione per i clienti. Dal quarto anno Massimo non viene più chiamato, le sue proposte non vengono più accolte. Il critical incident più forte accade quando un progetto di Massimo viene fatto circolare dall’Associazione presso altre associazioni, senza che egli percepisca il compenso pattuito per la divulgazione. Gli incontri di chiarimento e negoziazione si fanno sempre più fitti, ma il rapporto progressivamente decade. L’Associazione spiega chiaramente a Massimo che è pratica comune passarsi progetti tra associazioni, per trarne benefici reciproci. Dal quinto anno, il mercato della formazione in comunicazione nella provincia viene preso dai competitor del­l’associazione, da associazioni imprenditoriali concorrenti con quella per cui lavorava Massimo.

  • Quali sembrano essere le teorie implicite che utilizza Massimo?
  • A cosa porta la loro applicazione?
  • Quali sembrano essere le teorie implicite del direttore del­l’Asso­ciazione?
  • A cosa porta la loro applicazione?
  • Che cosa accade realmente nel critical incident e perché accade?

Formulare alcune possibili ipotesi evidenziando le dinamiche in corso.

Esercitazione di role-playing connessa al caso e analisi del tema della chiarezza dei ruoli.

  • Esercitazione 1: riprodurre in un role-playing il momento nel quale Massimo, dopo aver scoperto in internet che i suoi progetti sono stati divulgati ad altre associazioni, si incontra con il diretto­­re per un chiarimento.
  • Esercitazione 2: creare un role-playing finalizzato alla fissazione dei ruoli e confini dei ruoli (role-setting), tra il direttore e Massimo, al termine del terzo anno.

[1] Caso reale ricavato sulla base di interviste in profondità sui critical incidents, svolte a progettisti italiani della formazione. Tema: chiarezza dei ruoli in azienda

Copyright Daniele Trevisani. Dal libro

team leadership e comunicazione operativa

Team leadership e comunicazione operativa. Principi e pratiche per il miglioramento continuo individuale e di team

corso coaching a milano

Formazione in Coaching e Crescita Personale, a Milano: Corso sul Potenziale Umano e Personale, Comunicazione, Ascolto ed Empatia, per potenziare le competenze comunicative e percorsi di crescita personale.

  • Sui temi sotto evidenziati sono a disposizione anche sedute di coaching individuale direttamente con il Dott. dTrevisani il lunedì mattina dopo il Master.

Appuntamento con la Formazione Esperienziale in Sviluppo Personale, Coaching, Potenziale Umano, Ascolto Attivo e Comunicazione Efficace.

Date:

  • Domenica 8 Marzo
  • Domenica 5 Aprile
  • Domenica 3 Maggio

(per chi è interessato ad una formazione sulla comunicazione nella vendita, segnaliamo il Master in Solutions Selling, visibile in dettaglio al seguente link)

SPECIALE – COACHING RISERVATO AI PARTECIPANTI Master. Questo percorso comprende SENZA ULTERIORI ADDEBITI anche un servizio speciale di coaching via skype tra i partecipanti stessi, tra le diverse sessioni, destinato ad ogni singolo partecipante, per garantire la massima efficacia ed assimilazione delle tecniche che vengono studiate nel Percorso Formativo. Un servizio speciale e dedicato che è decisamente in grado di fare la differenza nei risultati di apprendimento pratico e nella vera e propria attività di vendita sul campo.

  • Da considerare che il costo di questo corso – quando condotto di persona dal dott. Daniele Trevisani come Autore di Bestseller Internazionali – per Consulting Internazionali, è in genere di 1.500 Euro Cadauno, per giornata, mentre tagliando tutte le intermediazioni, questo costo richiederà un investimento di soli 149 euro per giornata, pari a 447 Euro con prenotazioni tramite Eventbrite per intero percorso + diploma + materiale didattico PDF (5 E-book).
  • Il Ciclo di Incontri di Formazione Coaching e Crescita Personale è basato sui testi di Daniele Trevisani, in particolare ci ispireremo ai contenuti comprovati e di qualità pubblicati con i leader nazionali dell’editoria Italiana – esposti in questi volumi (clic sul titolo per vederne la scheda in Amazon).

Qui i testi che fanno da sfondo al Ciclo di Incontri di Formazione “Coaching e Crescita Personale” e alle esercitazioni Esperienziali

Il potenziale umano. Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance

libro Il Potenziale Umano - tecniche di coaching

Self-power. Psicologia della motivazione e della performance

Ascolto attivo ed empatia. I segreti di una comunicazione efficace

Parliamoci chiaro. Il modello delle quattro distanze per una comunicazione efficace e costruttiva

Psicologia della libertà. Liberare le potenzialità delle persone

psicologia della libertà - liberare le potenzialità delle persone

Programma di massima. Il programma tocca diversi punti e soprattutto vuole “farli vivere” ai partecipanti in modo concreto ed esperienziale. Trarremo spunto da temi trattati nei volumi del dott. Daniele Trevisani.

Workshkop 1 – Le vie della Crescita Personale e del Coaching con il Modello del Potenziale Umano HPM (Human Potential Modeling)

Esamineremo in modalità pratica ed esercitativa i fondamenti che rendono una persona carica o scarica di energie, felice o infelice di sè, capace o non capace di perseguire i suoi obiettivi e fare passi avanti nel proprio pesonale percorso di crescita. Verrà fatto un lavoro di selezione, partendo dai “Principi del Potenziale Umano” creati da Trevisani, per capire quale specifico principio debba diventare ora la nostra priorità di vita

Qui l’elenco di tutti i principi ampiamente spiegati e discussi nel Libro Il Potenziale umano. Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance

libro Il Potenziale Umano - tecniche di coaching

I principi del Potenziale Umano servono per confrontarsi con alcune “verità di fondo” che toccano ogni persona, dal lavoro sulla propria identità sino alle energie mentali, capacità di analisi interiore e di gestire le proprie priorità, sino ai metodi che consentono alla persona di essere carica di energie anzichè deprivata o spenta. Non passeremo in rassegna ogni singolo principio (cosa che ciascuno potrà fare con comodo), ma andremo a focalizzare i 3-5 principi che sono determinanti ORA per la nostra individuale crescita e sviluppo personale e professionale. Esponiamo la lista dei principi del Potenziale Umano solo per dare un’idea di quali siano le parole chiave di un lavoro serio ed efficace su di sè e sulle proprie energie e obiettivi.

  • Principio 1 – Identità, ruoli ed energie mentali
  • Principio 2 – Leadership emozionale ed energie mentali
  • Principio 3 – Stress management ed energie mentali
  • Principio 4 – Ansia ed energie mentali
  • Principio 5 – Motivazione ed energie mentali
  • Principio 6 – Saper attingere ai propri Repertori di esperienza
  • Principio 7 – Autoefficacia
  • Principio 8 – Locus of Control
  • Principio 9 – Rapidità cognitiva e problem solving
  • Principio 10 – Energie mentali, presenza mentale e mono-tasking

Oltre al lavoro di grupo e sottogruppo, realizzeremo esercizi specifici di TRAINING MENTALE – esercizi di meditazione, rilassamento, focalizzazione – per trovare l’assetto emotivo ottimale e migliorare le varie fasi del vissuto personale

Workshkop 2 – L’ascolto in profondità e la comunicazione profonda. Dall’ascolto di se stessi, all’ascolto degli altri, all’empatia, sino alla comprensione delle “Distanze Relazionali” attraverso il Modello delle 4 Distanze di Trevisani

  • L’ascolto come base fondamentale di ogni relazione
  • stadi dei livelli di ascolto attraverso la Piramide dei Livelli di Ascolto
  • Esercitazioni pratiche sulle capacità di ascolto e potenziamento dell’ascolto
  • le distanze relazionali: cosa sono e perchè ci impediscono di entrare in un rapporto vero con gli altri
  • Distanze di ruolo e di status
  • Distanze di codice comunicativo con esercizi teatrali di sblocco dei codici comunicativi
  • Distanze valoriali con esercizi specifici sugli ancoraggi valoriali che ci sostengono
  • Distanze relazionali con esercizi specifici sul’incomunicabilità e rottura delle incomunicabilità esperienziali

Lavoro sui Principi del Potenziale Umano

  • Principio 11 – Relazione tra memoria ed energie mentali
  • Principio 12 – Capacità e condizioni di apprendimento
  • Principio 13 – Relazione tra energie mentali e analisi interiore
  • Principio 14 – Gestione delle risorse attentive
  • Principio 15 – Energie delle reti relazionali
  • Principio 16 – Pride & Recognition
  • Principio 17 – Riduzione delle dissonanze cognitive
  • Principio 18 – Ricentraggio, consapevolezza situazionale, lucidità tattica
  • Principio 19 – Risk management e apertura al rischio

Workshop 3 –  Verso la liberazione totale delle nostre potenzialità

Quando comunicare ed analizzare bene fa la differenza. I modelli di studio della Comunicazione, delle Emozioni, e delle nostre traiettorie di vita

  • Il T-Chart (psicologia dei tempi personali) di Trevisan, il lavoro di analisi degli episodi sul proprio passato e di costruzione attiva di progetti sul proprio futuro
  • Le principali competenze emozionali:
    1. riconoscere le emozioni che si provano personalmente (self-emotional detection), autoempatia emotiva; partire da se stessi anziché da migliaia di kilometri di distanza, è sempre una buona scelta;
    2. riconoscere le emozioni che prova l’altro (other’s-emotions detection), empatia emotiva; sensibilizzarsi, sentirle, sub-odorarle, verificarle;
    3. fare scudo alle emozioni negative, agli inondamenti emotivi negativi (emotional shielding) – proprie ed altrui; questo non significa non ascoltarle, significa non farsi dominare dalla negatività, concedere alle emozioni di potersi esprimere senza farsene invadere in modo permanente;
    4. riconoscere i sequestri emotivi: capire quando un emozione assorbe completamente il vissuto e se questo sia bene o male, e nel caso di emozioni distruttive aiutare il soggetto a liberarsene e allentarle;
    5. riconoscere gli acquari emotivi: i climi emotivi che si creano nelle situazioni interpersonali e di gruppo;
    6. metabolizzazione emotiva: aiutare se stessi e gli altri a metabolizzare le emozioni, digerirle, capirle, ascoltarle, darvi accoglienza, e andare a step successivi;
    7. distinguere emozioni acute (di picco) e emozioni croniche (sfondi emotivi);
    8. distinguere gli stati emotivi complessi, riconoscere le emozioni miste (mixed emotions), saper riconoscere i vari strati e tipi di emozioni compresenti in un determinato momento, saper capire da dove vengono le emozioni negative, aiutare le persone a gestirle, ad alimentarsi delle emozioni positive (mixed-emotion analysis);
    9. saper esprimere le emozioni (emotional expression);
    10. saper usare le emozioni come motore della motivazione: la gestione delle emozioni non significa assolutamente comprimerle, negarle, ma significa saperle usare a proprio vantaggio, saper direzionare le energie interiori che agiscono sulle emozioni e canalizzarle in azioni positive e in pensiero positivo; gestire e dirigere le emozioni (emotional management), saperle canalizzare in positivo.
  • I Principi del Self Power (Potere Personale)
  • I principi della psicologia della libertà e della liberazione delle nostre potenzialità

Lavoro sui Principi del Potenziale Umano

  • Principio 20 – Valori personali, commitment e decision making
  • Principio 21 – Depletion, supercompensazione e condizionamento
  • Principio 22 – Carica, scarica e ricarica energetica
  • Principio 23 – Principio di qualità della scarica energetica
  • Principio 24 – Principio di qualità della ricarica energetica
  • Principio 25 – Riduzione ed eliminazione delle interferenze sulle performance
  • Principio 26 – Substrato energetico e autoregolazione
  • Principio 27 – Training simpatico e parasimpatico
  • Principio 28 – Microcompetenze, frames e centri di gravità per le performance
  • Principio 29 – Macro-competenze e metabolismo del cambiamento
  • Principio 30 – Focalizzazione degli obiettivi e backward planning

I punti esposti sono unicamente indicativi in quanto il seminario è ampiamente esperienziale e basato su esercitazioni pratiche.

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  • Sede Hotel Studios, Cologno Monzese, un hotel dedicato al mondo del Cinema e dell’arte, molto caratteristico e con ampia possibilità di parcheggio
  • Orario:  h 9.30-13 e 14.30-17
  • Pranzo in autonomia (per chi desidera, di fronte all’hotel si trova un’ottima pizzeria).

Occasione speciale per gli appassionati dei testi di Daniele Trevisani

Chi desidera acquistare o portare con sè libri di Daniele Trevisani per l’autografo dell’autore, è possibile farlo durante la giornata stessa, in un numero limitato di copie. Qui l’elenco di tutte le opere in Amazon

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Il Ciclo di incontri di Milano è propedeutico anche alla eventuale partecipazione futura, decisa dal partecipante stesso, al Master in Coaching e Counseling della Scuola di Coaching e Counseling UP-STEP visibile a questo link

 

In psicologia, il flusso (in inglese flow), o esperienza ottimale (spesso citato come trance agonistica nel linguaggio sportivo), è uno stato di coscienza in cui la persona è completamente immersa in un’attività.

Questa condizione è caratterizzata da un totale coinvolgimento dell’individuo: focalizzazione sull’obiettivo, motivazione intrinseca, positività e gratificazione nello svolgimento di un particolare compito. Il concetto di flusso fu introdotto nel 1975 dallo psicologo Mihály Csíkszentmihályi nella sua teoria del flusso, e si è poi diffuso in vari campi di applicazione della psicologia, come lo sport, la spiritualità, l’istruzione, o la seduzione.[1]

Il meccanismo

In ogni momento, ciascun individuo riceve una grande quantità di informazioni provenienti dal mondo circostante; gli psicologi hanno scoperto che la mente ne può gestire solo un certo numero alla volta: circa 126 bit di dati al secondo in base allo studio di Csíkszentmihályi del 1956. Al contrario, un’intera conversazione “pesa” circa 40 bit, cioè un terzo della nostra capacità, e questo è il motivo per cui non è facile focalizzare l’attenzione su altre attività quando si sta tenendo un discorso.

Generalmente ogni individuo è in grado di decidere su cosa vuole concentrare la propria attenzione. Tuttavia, quando si è in stato di flusso si è completamente assorbiti nell’azione e, senza prendere coscientemente una decisione, si perde la consapevolezza di tutte le altre cose: tempo, persone, distrazioni e persino esigenze fisiologiche. Ciò si verifica perché tutta l’attenzione è occupata da quella particolare azione e non ne resta per le altre attività, pur necessarie.

 

 

Per testare il flusso nell’esperienza cosciente, Csíkszentmihályi ha utilizzato il metodo del campionamento dell’esperienza: per tutta la durata dello studio i partecipanti devono indossare un cercapersone e, contattati a intervalli di tempo casuali, devono fornire un resoconto dei propri pensieri su un questionario. Questi studi hanno dimostrato che le persone si sentivano più attivate positivamente quando svolgevano compiti impegnativi, per i quali ritenevano di possedere le abilità necessarie.

Le condizioni identificate nel flusso coincidono con le condizioni di massima motivazione e prestazione riscontrate a proposito del goal setting. Se le persone si percepiscono efficaci, i compiti con obiettivi impegnativi non rappresentano un peso, ma sfide gratificanti.

Componenti dell’esperienza ottimale

Bambino concentrato in un’attività

Csikszentmihalyi individua i seguenti fattori che, pur potendo apparire indipendentemente l’uno dall’altro, in realtà sono in combinazione tra loro e costituiscono la cosiddetta esperienza di flusso:[2][3]

  1. Obiettivi chiari: le aspettative e le modalità di raggiungimento sono chiare.
  2. Concentrazione totale sul compito: un alto grado di concentrazione in un limitato campo di attenzione (la persona non ragiona su passato e futuro ma solo sul presente).
  3. Perdita dell’autoconsapevolezza: il soggetto è talmente assorto nell’attività da non preoccuparsi del suo ego.
  4. Distorsione del senso del tempo: si altera la percezione del tempo. Non si rende conto del suo scorrere.
  5. Retroazione diretta e inequivocabile: l’effetto dell’azione deve essere percepibile dal soggetto immediatamente ed in modo chiaro.
  6. Bilanciamento tra sfida e capacità: l’attività non è né troppo facile né troppo difficile per il soggetto.
  7. Senso di controllo: la percezione di avere tutto sotto controllo e di poter dominare la situazione.
  8. Piacere intrinseco: l’azione dà un piacere intrinseco, fine a se stesso (esperienza autotelica).
  9. Integrazione tra azione e consapevolezza: la concentrazione e l’impegno sono massimi. La persona è talmente assorta nell’azione da fare apparire l’azione naturale.[4]

Etimologia

Csikszentmihaly utilizzò il termine inglese flowflussocorrente per definire nel 1975 uno stato mentale descritto da molte persone da lui intervistate come una corrente d’acqua che li trascinava[3]. Nei libri Optimal Experience: Psychological Studies of Flow in Consciousness[5] e Flow: The Psychology of Optimal Experience[6] del 1990 egli parlò dell’esperienza che si prova durante il flusso come un'”esperienza ottimale”, in cui la prestazione è al culmine e lo stato d’animo è positivo. Quando le sfide e le capacità son contemporaneamente sopra la media, l’esperienza ottimale emerge.

Flusso di gruppo

Csikszentmihalyi suggerì varie maniere in cui un gruppo può lavorare in modo che ciascun membro si trovi in uno stato di esperienza ottimale. Le caratteristiche che tali gruppi devono includere sono:

  • Spazio di lavoro organizzato in maniera creativa con sedie, pareti decorate, cartine ma niente tavoli per permettere il lavoro in piedi, con il movimento.
  • Spazio ricreativo con grafici indicanti le informazioni in ingresso, diagrammi di flusso, riassunti del progetto, spazio alla follia, luoghi franchi dove si può dire tutto ciò che altrove è solo pensato, parete con i risultati, temi aperti.
  • Lavoro parallelo e organizzato.
  • Concentrazione sugli obiettivi di gruppo.
  • Sviluppo di obiettivi esistenti (prototipi).
  • Incremento dell’efficienza attraverso la visualizzazione.
  • Differenze tra i partecipanti sono un’opportunità, più che un ostacolo.

Applicazioni

Apparentemente Csikszentmihalyi è il solo ad aver pubblicato suggerimenti specifici per il raggiungimento dello stato di flusso, come metodi per la progettazione di spazi per il gioco che facilitino l’ottenimento dell’esperienza ottimale. Altri autori invece si sono concentrati sull’uso dello stato per migliorare attività, come la spiritualità, il rendimento in molte aree tipo negli affari,[7] improvvisazione libera, psicologia sportiva e stand-up comedy.[8]

Religione e spiritualità

Csikszentmihalyi è stato forse il primo a descrivere questo concetto nella psicologia occidentale ma, come lui stesso riconosce, non è stato il primo a quantificare il concetto di flusso o a sviluppare applicazioni basate sul concetto.

Per millenni i seguaci delle religioni orientali come l’Induismo, il Buddhismo ed il Taoismo hanno perseguito il superamento della dualità tra mente e corpo come elemento centrale dello sviluppo spirituale, sviluppando una serie di teorie sul superamento di tale dualità, attraverso la pratica spirituale.

I praticanti di varie scuole di Buddhismo Zen applicano concetti simili a quello di “flusso” nella pratica della loro arte, come nel caso dell’aikidōkendō e ikebana. Nella tradizione yoga si fa riferimento allo stato di “flusso”[9] per quanto riguarda la pratica dello Samyama, la focalizzazione della psiche sull’oggetto della meditazione.[10]

Istruzione

In materia di istruzione esiste il concetto di sovrapprendimento che sembra essere strettamente collegato all’esperienza ottimale, secondo lo stesso Csikszentmihalyi.[6] Infatti il sovrapprendimento permette la concentrazione mentale, visualizzando i risultati desiderati, come qualcosa di unico, l’azione integrata piuttosto che insieme di azioni.

Sport

Nel linguaggio sportivo spesso si parla di trance agonistica, concetto che nei paesi anglosassoni è definito come la “zona”, “stare nella zona”, indicando durante una prova atletica uno stato mentale che combacia perfettamente con la descrizione fatta da Csikszentmihalyi dell’esperienza ottimale. Le teorie e le applicazioni di tale stato e la sua relazione con la prestazione atletica sono argomenti di studio nella psicologia applicata allo sport.

Il famoso calciatore Pelé ha descritto la sua esperienza di stare nella zona come “se provassi una strana calma… una specie di euforia. Sentivo che potevo correre per tutto il giorno senza stancarmi e che potevo dribblare qualunque giocatore della squadra avversaria e quasi passare fisicamente attraverso loro”.[11]

Il pilota di Formula 1 Ayrton Senna raccontò la sua esperienza durante il Gran Premio di Monaco del 1988: “Ero già in pole e continuavo ad andare sempre più forte… Improvvisamente ero quasi due secondi più veloce di chiunque altro, compreso il mio compagno di squadra con la stessa macchina. E improvvisamente mi sono reso conto che non stavo più guidando la macchina coscientemente. La stavo guidando attraverso una specie di istinto, solo che ero in una dimensione differente. Era come se fossi in un tunnel”.[12]

Videogame

Uno studio condotto presso l’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale (Diotaiuti P., Zona A.M. & Rea L.; 2013), ha messo in evidenza la possibilità di sperimentare l’esperienza del “flusso” anche impegnandosi in attività video-ludiche. In questo studio, gli autori hanno anche dimostrato che l’esperienza del “flusso” può essere condizionata da un antecedente emotivo. Difatti, nell’esperimento condotto dal gruppo di psicologi, a metà dei partecipanti veniva mostrato un video capace di indurre uno stato emotivo negativo prima di ogni sessione di gioco. I risultati dello studio mostrano che il gruppo di soggetti sottoposti alla condizione con stimolo emotigeno negativo sperimentava sensibilmente una minore esperienza di “flusso” rispetto ai soggetti del gruppo di controllo non sottoposti a tale condizione. Gli autori suggeriscono quindi di considerare il “flusso” non solo in funzione del compito da eseguire, ma anche in funzione della predisposizione emotiva del soggetto, che può giocare un ruolo determinante nell’ostacolare o facilitare tale esperienza.

Bibliografia

https://youtu.be/MhLVTS3eSEQ

Copyright Daniele Trevisani www.danieletrevisani.it www.danieletrevisani.com www.studiotrevisani.it – Dal testo Il Potenziale Umano, Franco Angeli Editore

Coaching Corsi e Corso Coaching il potenziale umano. metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance

La Crescita Personale è possibile solo quando inquadriamo bene gli obiettivi e facciamo pulizia dai falsi obiettivi

Il metodo delle regie è un utile a chi desidera produrre vero cambiamento, o agire sullo sviluppo reale, e inutile agli altri. Nella nostra visione deve agire seguendo la quarta definizione di Newton, secondo cui:

La forza impressa è l’azione esercitata su di un corpo, per mutare il suo stato di quiete o di moto uniforme e rettilineo[1].

E – ancora – secondo la prima legge del moto di Newton, secondo la quale:

…ogni corpo persevera nel suo stato di quiete o di moto uniforme e rettilineo, se qualche forza ad esso applicata non lo costringe a mutarlo.

Cosa possiamo cogliere da queste leggi, se vogliamo estrapolarle dalla fisica? A cosa ci può essere utile richiamarle? Innanzitutto Newton pone il problema del senso dell’azione: “mutare”, cambiare. Per evolvere serve azione, e non solo nella fisica, ma anche nella meccanica delle menti. Serve “forza”, senza la quale nulla cambia. Newton evidenzia il fatto stesso che senza azione non vi sarà cambiamento rispetto allo stato preesistente o alla traiettoria naturale. Il ragionamento ci invita, per estrapolazione, a fare una buona diagnosi dello stato preesistente, una “situation analysis”, prima di agire. Ci porta inoltre a chiederci se abbiamo o meno a disposizione i tools (strumenti) la cui forza può generare il cambiamento necessario. A questa visione si correla un principio fondamentale delle azioni di cambiamento:

Principio 19 – Focalizzazione dello stato attuale (X)

Un percorso di cambiamento, di qualsiasi natura (coaching, formazione, terapia, didattica, sviluppo organizzativo, mentoring, sviluppo personale) richiede:

  • la definizione dello stato attuale del cliente, del soggetto o del sistema o su cui agire (stato X);

  • l’inquadramento degli obiettivi di trasformazione rispetto all’esistente (minima informazione indispensabile);

  • la rimozione dal campo di lavoro di tutti i falsi dati, le credenze non verificate, le analisi non corredate da supporti di realtà (false X), che rischiano di spostare le energie dalle azioni realmente urgenti e importanti ad aree-bersaglio illusorie, ingannevoli.

Le energie da immettere nel processo di diagnosi dello stato attuale devono essere soppesate rispetto alle attese di rapidità dell’intervento; va valutato il tradeoff (equilibrio) tra massima informazione auspicabile e informazione minima indispensabile per partire.

La focalizzazione dello stato attuale è uno dei fattori indispensabili per poter calcolare la forza d’impatto da produrre e i tools da impiegare.

 

Un formatore o consulente esperto dovrà quindi individuare il livello minimo indispensabile di focusing del cambiamento, senza il quale è sconveniente e addirittura controproducente partire.

Il ragionamento di Newton evidenzia il problema della “forza”, dell’impatto necessario per alterare lo stato preesistente.

Che tipo di forza dobbiamo mettere in campo, che tipo di energie? Quali e quanti strumenti adoperare? Con che vigore?

E (piccolo problema) per ottenere quale risultato?

Principio 20 – Focalizzazione dei risultati obiettivo (Y) e Hyperdreaming

Un percorso di cambiamento, di qualsiasi natura (coaching, formazione, terapia, didattica, sviluppo organizzativo, sviluppo personale) richiede:

  • la fissazione di uno stato ideale cui tendere, uno stato Y ideale, posto oltre gli obiettivi della attuale realizzabilità (Hyperdreaming); esso andrò distinto dai goals concreti che sono invece entro la soglia di realizzabilità;

  • l’inquadramento degli obiettivi di trasformazione concretizzabili rispetto all’esistente (stato Y auspicato), consonanti rispetto alla visione di Hyperdreaming;

  • la rimozione dal campo di lavoro di tutti i falsi obiettivi, gli obiettivi che emergono da diagnosi imprecise o inaccurate, false rappresentazioni, o da dati insufficienti (false Y), che rischiano di far dirigere gli sforzi verso percorsi improduttivi o addirittura controproducenti.

La focalizzazione dei goals concreti è uno dei fattori indispensabili per poter calcolare la forza d’impatto da produrre e i tools da impiegare.

Il modello delle Forze di Cambiamento: il coaching e la formazione come risultato di un incontro tra campi di forza

La possibilità di ottenere un risultato di cambiamento dipende da almeno due fattori: il Change Agent e il cliente/fruitore.

Sotto il profilo del Change Agent (formatore, docente o terapeuta, direttore risorse umane o responsabile dello sviluppo organizzativo), dovremo considerare la sua capacità operativa di produrre un Flusso Registico per il cambiamento.

Questa capacità dipende sia dalla sua Capacità Registica (CR) che dalle energie fisiche e mentali di cui dispone (stati energetici).

Dal punto di vista del cliente/utente, dobbiamo considerare l’esistenza di un vero e proprio Flusso Partecipativo al processo di cambiamento, una condizione di attenzione e interesse verso il processo.

Questa condizione dipende a sua volta dal Desiderio Profondo di Evoluzione del cliente/fruitore (DPE) o Bisogno Profondo di Evoluzione (BPE), e dalla disponibilità di energie fisiche e psicologiche per partecipare al processo.

Il ricentraggio delle energie mentali, il processo di RME (Retargeting Mental Energy™)[1]

Esiste un’area di lavoro dove l’impegno trova sempre un riscontro – in azienda ma anche nello sviluppo personale – il ricentraggio delle energie mentali, o RME (Retargeting Mental Energy™).

Per RME intendiamo una serie di attività di focusing (localizzazione) e positioning (posizionamento) dell’uso delle proprie energie mentali.

Le attività di retargeting vanno dal riconoscere dove stiamo impegnando le nostre forze psicologiche, sino al rivedere le priorità, scartare attività e tempi estranei ai nostri processi vitali o fare piazza pulita di vecchi obiettivi e trovarne di nuovi.

Questo significa anche identificare i distrattori (attività o persone che ci decentrano rispetto all’obiettivo) e gli absorbers (attività assorbenti energie), per riposizionarle nel tempo e nello spazio.

Riflessioni operative:

  • ricentrare le proprie energie mentali su pochi target significativi;
  • riconoscere i falsi target ed evitarli;
  • eliminare le attività concomitanti che richiedono energie anziché ricaricarle;
  • riconoscere quando si avvia il multitasking (assorbimento di energie su più fronti) ed evitarlo ancora prima che si radichi concretamente;
  • ri-scoprire la gioia della concentrazione focalizzata su pochi obiettivi alla volta.

Le sole attività di retargeting possono ridurre drasticamente il livello di ansia e di stress, prodotto molto spesso dall’iperaccumulo di obiettivi e desideri accorpati in tempi troppo stretti e irragionevoli.

Uno dei motivi che produce l’inefficienza personale e aziendale –  ma anche patologie come ansia e stress – si ritrova nel principio errato secondo il quale le persone dispongano di energie incondizionate, infinite e sempre attive.

La realtà con la quale dobbiamo fare i conti è invece quella che vede le persone come proprietarie di energie mentali condizionate (producibili solo a certe condizioni), non infinite, limitate e bisognose di rigenerazione, disponibili per tempi circoscritti e non attivabili meccanicamente (si pensi solo all’energia dell’entusiasmo e di quanti fattori servono per produrle realmente e non falsamente). Per questo le energie mentali costituiscono merce preziosa da trattare con cura. Le attività di retargeting possono, in sé, rappresentare uno degli strumenti più forti di una regia e di qualsiasi processo di sviluppo.

Principio 2 – Principio di RME (Retargeting Mental Energy)

Il cambiamento positivo viene favorito dalle seguenti operazioni:

  • mappatura e identificazione delle aree critiche su cui lavorare, e degli stati obiettivo (end-state) su cui centrare la focalizzazione;
  • ritarare le energie mentali sulle priorità e mantenere la concentrazione su end-state positivi (Retargeting Mental Energy™).

 

Il cambiamento viene bloccato o ostacolato da:

  • mappatura confusa, imprecisa o inesatta delle aree critiche e end-state;
  • dispersione di energie mentali su falsi target, su distrattori e absorbers (attività assorbenti) estranei alle aree di focusing.

 

Il processo di RME (Retargeting Mental Energy) richiede la più assoluta concentrazione e dedizione ad “un progetto alla volta”, sulle priorità che contano.

RME e sovraccarico mentale: focalizzazione vs. multitasking

Troppo spesso notiamo (in noi e negli altri) la mente vagare alla ricerca di un numero impossibile di traguardi da raggiungere. Il principio RME richiede la disaggregazione di fasi specifiche di vita e di progettualità, con la dedizione totale a “ciò che conta” in un certo periodo della propria vita o della vita dell’azienda, sviluppando la capacità di posticipare ogni altro progetto.

Se un manager o chiunque altro nella vita civile pretende di “tenere in piedi” troppi progetti significativi, finisce per pagarne le conseguenze con il consumarsi e abusare delle proprie energie fisiche.

Il principio e le tecniche di RME intendono riportare equilibrio tra obiettivi, ambizioni, ed energie disponibili nell’individuo.

Le azioni di RME sono finalizzate a distinguere il core targeting –  gli effetti desiderati cui puntare – dalle false priorità, falsi target (fake targets) o assorbitori di energie (absorbers).

Lo stesso principio viene applicato anche alle aziende, con forti operazioni di retargeting delle priorità aziendali, complessive o di intere aree.

Nelle tecniche di RME è essenziale ribadire l’importanza della concentrazione mentale.

RME significa anche impostare e inquadrare alcuni end-state (stati di arrivo) che possono aiutarci a definire conclusa una certa operazione o progetto.

In termini tangibili, la consegna di un libro entro una data è un end-state, così come l’uscita sul mercato di un nuovo prodotto. In termini intangibili, possiamo evidenziare come end-state esemplificativi la serenità ritrovata in famiglia, dopo un percorso di terapia familiare, o la costruzione di un atteggiamento vincente in un team aziendale o agonistico.

Ciascuno di questi end-state deve trovare precisi indicatori di verifica.

[1] Tecnica sviluppata e trademark by Studio Trevisani.

[1] Newton, Isaac (1687), Principi di filosofia naturale. Teoria della gravitazione, Edizione a cura di Zanichelli Editore, Bologna, 1990.

 

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Portare fuori il proprio dialogo interiore. Comunicazione, Identità, Incomunicabilità

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La comunicazione implica uno scambio d’informazioni e di emozioni. L’identità ci chiede di fare luce sulla nostra vera natura, sul nostro essere. L’incomunicabilità può impedirci di far capire ad altri cosa vorremmo fare, come ci sentiamo, il nostro valore vero, e cosa siamo.

https://youtu.be/lXd9PsgFYPg

Una grande fonte di incomunicabilità avviene quando noi stessi non abbiamo fatto chiarezza su noi stessi, sul nostro essere. Potrei non riuscire a trasferire correttamente un’informazione anche perchè io stesso ce l’ho sfumata, non chiarificata, dentro di me. La comunicazione che ne uscirà sarà certamente portante di dosi di incomunicabilità, in partenza.

Il focusing, focusing emotivo, focusing informativo, ci permette di chiarire prima a noi stessi quello che vogliamo trasmettere, quello che sentiamo importante trasmettere, e quello che vogliamo che accada in seguito alla nostra comunicazione.

Il tema dell’incomunicabilità ci porta a chiederci quale sia il possibile “common ground”, cosa io e te abbiamo in potenza da condividere, quali interessi comuni abbiamo o potremmo avere, di cosa potremmo parlare. Il tema delle 4 distanze ci chiede anche di cercare possibili aree di interesse comune sul ruolo che le persone ci presentano, sui codici comunicativi comuni che potremmo avere, sui valori comuni che ci sono o ci potrebbero essere, sui nostri passati condivisi, anche solo a livello emotivo o esperienziale.

Lottare contro l’incomunicabilità a livello intrapsichico, interpersonale, e nei contesti mediati (es, mail, scrittura, messaggi e scambi sui social) richiede una grande consapevolezza di noi stessi, prima di tutto.

Fare emergere il contenuto della nostra “nuvoletta dei pensieri” che ci accompagnano sempre ci consente di poter interagire tra “il mio mondo” e “il tuo mondo” per cercare spazi comuni.

Esplicitare il dialogo interno è una tecnica, chiamata “think aloud” (parlare a voce altra del proprio dialogo interno) è una modalità di avvicinamento alla comunicazione autentica. Non tutti ci dicono sempre cosa stanno pensando. Dire cosa stiamo pensando è un atto liberatorio.

Aprire la nuvoletta dei nostri pensieri e di quelli altrui, vedere quello che c’è dentro, richiede il lasciare perdere tutta quella serie di timori comunicativi, la paura del rifiuto, la voglia di cercare un flusso comunicativo libero.

Questo cercare mondi comuni o interessi comuni riguarda sia i contatti personali, quelli professionali, le amicizie del mondo reale ma altrettanto le “amicizie” sui social, dove – senza nessuna comunalità e interesse comune, anche solo valoriale – non ci sarà comunicazione vera e profonda.

A volte l’ascolto interiore vero, e l’accesso alla propria personale “nuvoletta dei pensieri” è possibile solo in determinate situazioni di rilassamento, o addirittura in stati di trance, dove il filtro della razionalità si abbassa.

Nelle sessioni di coaching che conduco, portando le persone ad un maggiore silenzio esterno, riesco a produrre condizioni in cui si può cogliere molto meglio il proprio dialogo interno. Questo significa liberare la nuvoletta, lasciare che si esprima, e poi farla diventare parole, sia riferite a fatti, che a stati emotivi.

Le 4 Distanze entrano prepotentemente nella possibilità o meno di avere uno scambio comunicativo o un intero rapporto centrato sulla comunicazione autentica, diretta, vera e non la falsità che emerge da maschere e ruoli obbligati.

Qual è quel “qualcosa” che ci fa da collante? È sufficiente che ci sia qualcosa anche di minimale che ci faccia da collante, per poi poter ampliare, sino al punto desiderato, la profondità di una relazione.

Il common ground o territorio di intersezione è ciò che ci accomuna, può essere anche solo un interesse comune molto limitato, o anche invece un forte interesse comune verso una vasta gamma di aree della vita.

Avere cose da dirsi richiede la ricerca di un common ground.

In ciò che diciamo o non diciamo abbiamo:

  1. Una parte di informazione che noi consideriamo verità, qualcosa che crediamo sia vero, almeno per noi
  2. Una parte di comunicazione non autentica, comunicazione di ruolo, informazioni o messaggi su di noi che esponiamo per realizzare un “impressions management”, un’impressione sugli altri, ma che non corrisponde alla nostra verità più profonda
  3. Una parte di non-detto, di nostre verità interiori non dette, taciute per motivi di convenienza o di timori per le conseguenze (es, se sapesse questa mia verità, questa cosa di me, mi lascerebbe, o non sarebbe più mio amico, o mio cliente, o mio collega, o mio confidente)

Dobbiamo anche stare attenti al fatto che la parte 1, la verità creduta, è in molti casi frutto di invenzione, di autoinganni, che crediamo in tutta fede veri, ma che veri non sono.

Quando una persona ha fatto un bel lavoro di pulizia interna, il suo messaggio diventa chiaro anche fuori.  Una persona che comunica bene in genere ha fatto questo lavoro di pulizia interna, e il suo messaggio si rende poco suscettibile a disinterpretazioni, il suo messaggio sarà chiaro e difficilmente disinterpretabile. Sarà un messaggio a basso livello di entropia comunicativa, o caos informativo, detto in altro modo.

Se una persona dice alla moglie “in questo momento non vorrei essere sposato con te”, i mondi interpretativi sono ampissimi, si va dall’interpretazione possibile “non ti voglio più”, al messaggio “ti voglio un enorme bene e proprio per questo vorrei che tu cambiassi quella cosa che ora mi sta tenendo lontano da te, quel qualcosa che ci sta allontanando”.

Una buona interpretazione viene quando ci sforziamo di non ascoltare e osservare solo gli atteggiamenti esterni o i “segni” esterni, ma cerchiamo di comprendere i valori più profondi e le credenze più profonde di una persona.

Questo vale per il tipo di abbigliamento che abbiamo, ed è portatore di interpretazioni valoriali (es, tradizionalista come giacca e cravatta, vs. sportivo o in tuta da ginnastica, vs. mistico come una tunica, e mille altre possibilità). Dobbiamo chiederci se vogliamo meno dare messaggi attraverso i simbolismi di cui ci dotiamo. Questa è una delle più forti affermazioni che la scienza Semiotica ci può portare: ogni segno è portatore di messaggi, che lo si voglia o meno, che lo si faccia volontariamente o meno.

Le nostre distanze ideologiche possono essere solo periferiche – e denotabili da segnali periferici – o profonde, nascoste ben oltre i segni esterni di cui siamo portatori. Un vero lavoro sull’incomunicabilità va alla ricerca di questi strati profondi e non si accontenta della superficie delle cose.

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Un Corso Comunicazione e Sviluppo Personale può e deve insegnare alle persone a scoprire “ciò che non sa”, le cosiddette “incompetenze inconsapevoli”, le lacune che ognuno di noi porta con sè senza saperlo, e dare spazio alla crescita dei nostri talenti, alimentandoli con un allenamento intelligente. Dal libro

Self-power. Psicologia della motivazione e della performance

di Daniele Trevisani, Franco Angeli editore, Milano.

https://youtu.be/wK_UHsq6ouE

I grandi capitoli formativi:

– la nostra identità, il nostro ruolo, come influenzano la nostra comunicazione

– i codici comunicativi e gli stili comunicativi, sul piano si verbale che paralinguistico e non verbale, sino alla comunicazione poli-sensoriale e multi-canale

– i nostri valori, convinzioni, credenze più profonde e atteggiamenti periferici, come essi si manifestano, come trasmetterli nel modo più efficace

– il nostro vissuto relazionale ed emotivo, e come questo può essere elaborato e analizzato per ricaverne lezioni di vita e auto-casi (metodologia T-Chart), sino a traguardare i nostri progetti e i nostri sogni ed esprimerli con una comunicazione chiara, precisa, pulita

– l’ascolto e l’empatia e le tecniche di ascolto attivo.

Tutto ciò deve essere fatto tramite la Formazione Attiva ed Esperienziale, basata su esercitazioni pratiche, role-playing, simulazioni, casi, visite, momenti outdoor nella natura, e ogni altro stimolo che ci porti verso il nostro obiettivo e risultato.

La formazione in comunicazione è un’arte espressiva, deve dare voce alla comunicazione degli aspetti emotivi così come a quelli informativi, perchè la realtà è composta da entrambi.

Quest’operazione è la materia prima per poter poi avviare un lavoro di formazione e sviluppo personale centrato sulla nostra vera natura e identità, e su ciò che possiamo e vogliamo migliorare.

Un lavoro continuativo sulle competenze, una volta compreso che lavorarvi sia importante, può arrivare persino a sviluppare “competenze inconsce”, ovvero competenze che applichiamo con perfezione senza nemmeno doverci pensare, in quanto i nostri canali neurali sono così rodati e lubrificati che l’azione scorre da sola, senza nemmeno dover pensare alla sua esecuzione.

Questa operazione di “scalata” verso i nostri talenti più autentici può farci arrivare anche allo Stato di Flusso (Flow), lo stato di grazia e di piacere che può accompagnare una performance, anche difficile, quando sentiamo che il nostro corpo e la nostra mente stanno rispondendo perfettamente e riusciamo ad entrare in risonanza con l’azione. Nello stato di Flow, il tempo scorre senza che nemmeno ce ne accorgiamo, e viviamo con estremo piacere ogni forma di azione e di performance.

Lo sviluppo personale può toccare competenze molto pratiche, ma arrivare anche a migliorare la comunicazione su piani molto profondi sino allo sviluppo spirituale e alla ricerca spirituale. Uno dei punti importanti che un corso comunicazione e sviluppo personale affronta, quando ben condotto, è il fatto di affrontare l’incomunicabilità.

Questo ci aiuta a cambiare la modalità che usiamo nel rapportarci agli altri, uscendo dalla nostra corazza pesante di stereotipi, e aprendo nuovi canali di comunicazione. Questo può aiutarci anche ad affrontare situazioni comunicative ove si insinuano rabbia, litigio, incomprensione.

E’ spettacolare e fantastico poter pensare a se stessi come a persone che decidono attivamente di scoprire le proprie aree di miglioramento o criticità per potervi lavorare sopra, ed è altrettanto spettacolare quando arriva il tempo e momento del fare di se stessi un vero e proprio laboratorio di sviluppo personale. Quando questo avviene, gli errori o i fallimenti diventano momenti di apprendimento, e viviamo la vita in modo molto diverso.

Il progresso nelle competenze porta con se una forza espansiva, aumenta la nostra zona di comfort, fa entrare questioni prima per noi impossibili entro la nostra area di sfida, amplia la nostra visione di cò che sia possibile. Dobbiamo ringraziare chiunque ci porti anche solo una piccola dose di incremento di consapevolezza, o di competenze, perché da esse traiamo le nostre migliori energie.

Un Corso Comunicazione e Sviluppo personale può incidere su:

  1. le nostre credenze potenzianti e limitanti
  2. le nostre convinzioni più radicate su come sia bene agire
  3. le nostre abitudini
  4. la nostra identità e come la esprimiamo al di fuori di noi nei nostri contatti comunicativi.
  5. i nostri valori profondi, inserendovi il valore di una comunicazione di qualità come nuovo riferimento per una grande gamma di situazioni di vita.

Possiamo anche affrontare

  • Distorsioni comunicative, imparare a riconoscere le dissonanze comunicative
  • Ambiguità, imparare a riconoscere le comunicazioni ambigue o “entropiche”
  • Finzioni, imparare a distinguere bugie e verità, anche attraverso l’osservazione dei segnali deboli che le persone emettono (Eckman, metodologia Facial Action Coding System)
  • Metafore e figure logiche, gli strumenti che danno forza ed enfasi al messaggio, lo rendono più bello, meglio strutturato, più potente ed efficace

Si parla di ciò che facciamo ogni giorno, e di ciò che siamo. Persone in crescita, persone alla ricerca della verità, e alla ricerca di conferme e stimoli, trovano in un Corso Comunicazione e Sviluppo Personale un momento di approfondimento, che, ad un certo livello di profondità è assolutamente raro.

Abbiamo una sola vita da vivere, perché viverla ad un livello inferiore a quello che potrebbe essere, quando ci siamo formati, personalmente e culturalmente, nel corpo e nella mente, nelle competenze e nel modo di essere. Non esiste un vero confine tra la sfera privata e la sfera professionale, perchè quando una persona migliora la propria comunicazione, questo miglioramento si estende ad ogni ambito e territorio della vita, in famiglia e nel lavoro.

“Nel momento in cui uno si impegna a fondo, anche la provvidenza allora si muove. (Goethe)”

Sviluppare le abilità, coltivare i talenti, dare spazio al potenziale personale di ciascuno, in qualsiasi direzione esso si possa esprimere. La consapevolezza di ciò che possiamo conquistare con le nostre forze e con una buona strategia è il risultato di un lavoro profondo che si attua in un Corso Comunicazione e Sviluppo Personale.

In Studio Trevisani, lavoriamo per questo.

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https://youtu.be/GQRPPljf8do

Per fare Formazione Personale, Crescita Personale e Sviluppo Personale serve un modello scientifico di riferimento. Il modello HPM (Human Potential Model) risponde a questa esigenza.

Il Potenziale Umano non è un concetto generico e si compone di diversi strati o “celle”, che ne racchiudono una porzione. Ogni strato o piano del potenziale personale richiede tecniche specifiche di sblocco e amplificazione.

Localizzare queste celle e le azioni specifiche è uno dei compiti primari di questo lavoro. Nel sistema HPM – Human Performance/Potential Model, qui sviluppato, le azioni di Coaching sono collegate ad uno schema che fa da sfondo concettuale:

Figura  – Coaching, modello HPM

HPM ModelTM, Copyright

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Possiamo parlare, per la maggior parte degli esseri viventi, di un potenziale compresso. Un insieme di energie che deve ancora dispiegarsi, o esisteva, ma non ha trovato terreno fertile ed è in stasi, oppure, a volte, è persino regredito.

Osserviamone alcuni contenuti:

  • Sviluppo Personale – Il Coaching delle energie fisiche e corporee o Coaching bioenergetico. Quest’area permette di focalizzare il lato del potenziale personale che si connette alle componenti organiche, fisiche, forza, resistenza, flessibilità, benessere fisiologico, potere del corpo di compiere azione e prestazione. Consente di avviare il lavoro sulle energie fisiche e potenziamento del corpo. Es.: tecniche di allenamento corporeo, tecniche alimentari, tecniche legate allo stile di vita, tecniche di recupero fisico, tecniche di allenamento psicofisico, tecniche di overreaching allenante (alternanza di fasi di allenamento di alta intensità e riposo adeguato). È l’area più fisica, tangibile e corporea del modello.
  • Sviluppo Personale – Coaching per le energie mentali e motivazionali. Tecniche per sbloccare la volontà, alimentare la passione, localizzare blocchi emozionali e quelli legati ai ruoli, le contratture mentali, i colli di bottiglia dei ragionamenti, dei sistemi di credenze, e, più in generale, l’azione sulla psicologia individuale. La cella delle “energie mentali” o energie psicologiche permette di avviare un lavoro sul potenziale insito nelle energie del pensiero. Es.: training mentale, Coaching analitico, analisi in profondità dei ruoli personali e professionali; analisi delle reti di relazioni, della dispersione o ricarica di energie relazionali durante la giornata, il mese, l’anno, i cicli di vita, analisi dei sistemi di credenze su se stessi e sul campo di operazioni nel quale si deve agire, e, ancora più in profondità, analisi esistenziale. Rappresenta l’area più intrinsecamente psicologica del modello.
  • Sviluppo Personale – Coaching per le macro-competenze: utilizza tecniche di analisi e di formazione legate all’obiettivo di sviluppare “copertura” o collimazione (coverage o fit) tra le diverse skills che una performance richiede, e il portfolio di competenze individuali. Comprende quindi la localizzazione di dove sia bene agire distinguendo tra interventi su (1) saperi, (2) saper fare, (3) saper essere o atteggiamenti, per migliorare in modo strategico l’estensione e vastità del piano di competenze. Prevede azioni di formazione con un approccio enciclopedico e non solo iperspecialistico, e saper cogliere i diversi piani di una performance (es.: storico, politico, morale, culturale, scientifico, sociale, strategico) e non esserne puramente esecutore meccanico ignorante o passivo. Comprende quindi un lavoro formativo sulle macro-competenze. Es.: aggiornare competenze in rapporto ai ruoli che si intendono giocare, la formazione, il Coaching professionale, le azioni di allargamento del repertorio personale. Tanto più ampia è la copertura, tanto maggiori sono i margini di sicurezza e di manovra che la persona potrà affrontare, al variare delle condizioni esterne o al verificarsi di imprevisti. Rappresenta nel modello la parte più legata ai processi formativi classici.
  • Sviluppo Personale – Il Coaching sulle micro-competenze: azioni per aumentare la padronanza di esecuzione di atti specifici di performance, gesti operativi, o operazioni mentali specifiche e necessarie per ottenere buoni risultati. Le micro-competenze non mettono in discussione l’intero assetto del ruolo o del profilo professionale, ma entrano nei dettagli operativi. L’azione di Coaching sulle microcompetenze intende elevare il grado di profondità e progressione nell’acquisizione di una specifica competenza, i suoi dettagli più fini, stimolando la scalata dal livello di principiante al livello di mastery (completa e totale padronanza). Il lavoro sulle micro-competenze permette di evidenziare e avviare la ricerca di elementi minimali e particolari significativi, l’analisi al “microscopio comportamentale” degli dettagli che danno luogo alle performance, e l’analisi al “microscopio mentale” dei sistemi di pensiero o sistemi cognitivi che entrano in gioco nelle performance. Mentre l’analisi delle macro-competenze ci parla di una “estensione” o ampiezza di competenze, le micro-competenze ci parlano della “profondità” con cui una certa abilità entra nel nostro repertorio sino a diventarne addirittura parte inconscia. Rappresenta la parte del modello più legata ai fenomeni di percezione e di conseguenza alla formazione attiva esperienziale (active training).
  • Sviluppo Personale – Il Coaching per la progettualità e concretizzazione: agisce sulla cella della “concretizzazione”, per aumentare la capacità di essere concreti e operativi, intervenendo sulla capacità di dare corpo a progetti e piani, la pianificazione di obiettivi concretizzabili ed eseguibili, il lavoro sulla fissazione dei goal, es.: saper sviluppare un progetto, capire che risorse servono, come organizzarle, saper gestire il tempo in relazione ai propri progetti; riconoscere le dispersioni di energie in tempi inutili o controproducenti. Rappresenta la parte più manageriale del modello.
  • Sviluppo Personale – Il Coaching valoriale, spirituale e morale. Agisce sulla cella dei valori, Visione e missione, per recuperare il “motore morale”, il senso dello scopo, o causa, il senso della missione, dei valori più forti che spingono e muovono una performance, ma anche il vissuto quotidiano e l’impegno verso qualsiasi cosa. Comprende il lavoro di scavo e rafforzamento per localizzare verso cosa valga la pena spendere energie o attivarle, localizzare e alimentare valori, Visioni, ideali. Generalmente si tratta di una porzione della performance e del potenziale personale assolutamente trascurata, e per questo rappresenta l’area più difficile, in quanto obbliga a trattare fenomeni delicati come lo spessore morale, il “muoversi verso” qualcosa di superiore alla propria esistenza limitata, il voler contribuire a una causa o progetto importante, trovare o riscoprire motivi di esistere non unicamente materialistici, trovare un senso per l’esistenza, scoprire e riscoprire i propri valori ancestrali, lavorare a nuove forme di esistenza, lavorare per nuove forme di energie, lavorare per curare o migliorare le condizioni di vita delle persone. In questa cella si colloca la volontà di trovare ancoraggi a ideali da perseguire e da collegare a specifici progetti. Comprende azioni di scavo motivazionale, di mappatura dei valori personali, di localizzazione dei blocchi e contratture che impediscono di credere e volere, di alimentare la passione per un progetto o un’idea. Costituisce l’area del modello più legata a concetti di filosofia, religione, e morale.

 

Nel complesso, ogni piano di CoachingSviluppo Personale può essere più o meno “caricato” su una o più delle diverse aree.

Avremo quindi piani di Coaching più fisici, altri di tipo psicologico e motivazionale, altri più legati a costruire progetti, altri ancora legati a migliorare l’esecuzione dell’esistente, e via così.

Ciò che conta è che si sappia bene cosa si sta facendo, consapevoli del fatto che un Coaching totale non può prescindere da tutte le aree. Se si decide di focalizzare un Coaching solo su una area o su aree limitate, questa deve essere una scelta tattica consapevole e non un atteggiamento di miopia verso la vastità dei possibili piani di intervento.

Cambiare o migliorare un singolo gesto può immettere energia in tutto il sistema. Cambiare o migliorare un singolo pensiero o credenza può immettere equilibrio. Nessuno sforzo di miglioramento è mai vano.

 

Mantieni i tuoi pensieri positivi

Perché i tuoi pensieri diventano parole

Mantieni le tue parole positive

Perché le tue parole diventano i tuoi comportamenti

Mantieni i tuoi comportamenti positivi

Perché i tuoi comportamenti diventano le tue abitudini

Mantieni le tue abitudini positive

Perché le tue abitudini diventano i tuoi valori

Mantieni i tuoi valori positivi

Perché i tuoi valori diventano il tuo destino

(Mahatma Gandhi)

“The Call”: La chiamata, viaggio verso la luce

Articolo Copyright. Dal libro Psicologia della libertà. Liberare le potenzialità delle persone di Daniele Trevisani, edizioni Mediterranee, Roma

https://youtu.be/ev8TXCo9Xiw

Ispirato al modello HPM di Sviluppo del Potenziale Umano, dal testo Il potenziale umano. Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance, Franco Angeli editore, Milano

La notte oscura dell’anima è un viaggio verso la luce, un percorso dall’oscurità verso la forza e le risorse nascoste dell’anima. Attraversare la notte oscura richiede dialogo interiore, contemplazione, preghiera, tempo trascorso in silenzio, e condivisione con chi comprende la natura profonda della trasformazione interiore…. è un viaggio per imparare a vedere il mondo da mistici attraverso una lente senza tempo che percepisce al di la della ragione.

Carolin Myss.

Tante volte sentiamo una “chiamata” che ci dice “fai qualcosa per te”, prenditi tempo per te stesso, dedicati uno spazio speciale, trasformati e lavora sulle tue energie, cerca il meglio di te dovunque sia “nascosto”.

Il problema è che la risposta a questa “chiamata” viene soffocata dal vivere quotidiano, dallo stress, o dal non trovare “compagni di viaggio” e veri Maestri per affrontare un percorso di trasformazione in un clima piacevole e sereno, o dal non sapere letteralmente come farlo e dove farlo.

Altre volte, ancora peggio, l’orgoglio e la rabbia chiudono questa voce e la soffocano. La voglia di vedere che cosa può esserci oltre il muro, oltre a ciò che facciamo, rimane soffocata, ma pulsa, ed esige ascolto per non diventare malattia.

Quando siamo arrivati in fondo, o ci sentiamo in un momento di svolta e vogliamo cambiare pagina, vogliamo un percorso di cambiamento totale, un percorso che ci metta in grado di conoscere noi stessi e il nostro potenziale,  che sino ad ora abbiamo messo a disposizioni di altri, di tutti tranne che per noi stessi.

Quando avremo deciso di non essere più disposti a vivere a pieno sentiremo la chiamata, e capiremo che non siamo più disposti a vivere un altro giorno senza “me stesso” al centro della mia vita, nella bellezza, nella gioia e nell’armonia.

The Call™ è un percorso formativo che ho sviluppato per chi vuole iniziare un percorso di conoscenza e di profondo cambiamento e, con l’aiuto di seri professionisti, fare passi avanti.

The Call si basa su un metodo scientifico bioenergetico e di neuroscienze, e non richiede di “crederci” o di “non divulgare ciò che si fa” ma anzi al contrario si invitano tutti a leggere, studiare, capire ciò che si fa e perché lo si fa, e divulgarlo. Questa è la differenza tra una “Scuola del Potenziale Umano” e una setta.

Il metodo del potenziale umano alla base del lavoro è supportato da un’enorme letteratura e ai partecipanti vengono fornite letture, ma le sole letture e concetti, senza esperienza applicativa, sono nulla.

In particolare, l’interno Modello di Potenziale Umano HPM è esposto nel volume  “Il Potenziale Umano” di Daniele Trevisani.

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Ciascuna di queste “celle” o stati viene esplorata e potenziata con azioni allenanti specifiche.

Gli ingredienti per un’esperienza trasformativa, così ben esposti da Myss, sono oggetto di questo approccio esperienziale.

Articolo Copyright. Dal libro Psicologia della libertà. Liberare le potenzialità delle persone di Daniele Trevisani, edizioni Mediterranee, Roma

Con il corpo si fanno i conti solo quando va male, si ammala, o una parte di esso smette di funzionare bene. Cambiare la cultura del corpo per manager è fondamentale, per lavorare meglio, per vivere meglio, per essere migliori

La cultura dell’abitare in un corpo cui dai “attenzione” è stata persa man mano che il lavoro si è spostato sul piano intellettuale. Si crede, erroneamente, che un compito come essere manager sia un compito della mente, dimenticando che è un compito ampiamente dipendente dalle energie corporee a disposizione. Provate a dirigere con attenzione una riunione avendo mal di testa, e capirete immediatamente quanto questo sia vero. Vi è poi un altro capitolo, quello dell’effetto che ha un corpo forte e sano sull’auto-immagine. L’assertività e la pacatezza di un corpo sano e forte sono un connubio assoluto. La malattia o un corpo debole portano sempre con sè anche disturbi dell’umore, sino a vere e proprie distorsioni della personalità

Un approfondimento dal testo “Psicologia della Libertà“, edito da Mediterranee, Roma (Copyright)

Libertà del corpo (attenzione alla proria “bioenergetica”)

La libertà del corpo è qualcosa che si conquista. Persino imparare a camminare, o a mangiare da soli, è una conquista e deve essere letteralmente “imparata”.

Se poi vogliamo essere liberi di correre o fare sport impegnativi, allora è davvero il caso che per ottenere questa libertà, mettiamo il corpo, il nostro corpo, al centro di un serio piano di allenamento, alimentazione, recupero, e lo trattiamo come macchina delicata, evitando di romperlo.

Qui diventa fondamentale distinguere tra stimoli allenanti (un buon allenamento, anche duro, e progressivamente impegnativo, fa bene) e stress inutili (intasarsi di smog, di stress relazionale, di climi tossici, non fa bene, mai).

La libertà corporea è condizionata dalle nostre credenze e abitudini sul funzionamento del corpo e del rapporto corpo-mente. Questo sfondo di conoscenze è spesso viziato da enormità di errori e informazioni dissonanti assorbite dalle fonti più disparate, riviste, media, amici, parenti.

Rispetto al corpo, esiste ogni tipo di atteggiamento e il suo contrario, per cui andiamo dai vegani che rifiutano ogni fonte di cibo legata agli animali (definendo il latte “sangue bianco”), ai fan delle proteine ad ogni pasto (mangio ogni cosa che abbia due occhi e un naso), dai fautori dello yoga del respiro ai praticanti di Mixed Martial Arts e dell’allenamento estremo. E non sto giudicando queste discipline, ne pratico parecchie. Ma è bene essere coscienti di cosa si fa con il proprio corpo e di quali effetti ne verranno.

Per cui, spendiamo tempo a curare la nostra macchina corporea, alleniamola, curiamola, diamogli attenzione. Ci ripagherà!

Mai dare per scontato niente. Un buon coach, deve verificare eventuali squilibri sul piano corporeo e biologico che impediscono all’individuo di avere un corpo libero, flessibile, sano, e uno stile di vita in cui il corpo va usato, gli va fatta manutenzione, va curato, e non solo abusato.

La libertà è anche alzarsi sulle proprie gambe e avere un corpo che ti porti dove vuoi e non ti faccia da ostacolo o palla al piede. E per quanto la vecchiaia, gli handicap, le malattie, non aiutino, l’attenzione al corpo e il lavoro allenante ha sempre una sua dignità, in qualsiasi condizione si sia.

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Di seguito, 2 video dal mio canale youtube (cui suggerisco di iscriversi) dove approfondisco alcuni punti chiave, ricordando che questo è solo un accenno ad un metodo di Coaching da me sviluppato (HPM – Human Potential Modeling), di cui trovate trattazione completa nel testo “Il potenziale umano. Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance” edito da Franco Angeli, Milano), pioniere tra le metodologie di coaching olistico comprendente sia dinamiche mentali e sviluppo professionale, ma anche una forte attenzione alle dinamiche corporee.

https://youtu.be/iMYLCOSewwo

 

https://youtu.be/POAPOIU3BJw

Metodo HPM e Attenzione alla macchina corporea, stile alimentare, recupero, sonno, centralità del corpo
Qualche consiglio per rimanere in contatto bene e trovare risorse utili connesse a questo progetto:
1. al blog https://studiotrevisani.it/ metto anticipazioni, estratti e novità, derivate dai libri che scrivo ma anche ad anticipazioni su temi di ricerca che anticipano di parecchio quello che uscirà sul mercato tra anni. Per iscriversi basta entrare e cliccare “segui il blog.”
2. Su Linkedin (ottimo e da me preferito) Indirizzo Linkedin: http://it.linkedin.com/in/danieletrevisani e il gruppo speciale Formazione, Coaching e Training, Comunicazione, Potenziale Umano, Risorse Umane, Management https://www.linkedin.com/groups/6501418
3. Qui vedi tutti i libri che ho scritto https://www.ibs.it/libri/autori/Daniele%20Trevisani – scrivere è una grande passione
4. Ti posso mandare la rivista di formazione, online, gratuita, di cui vedi un esempio qui https://studiotrevisani.it/2018/05/12/rivista-di-formazione-e-sviluppo-personale-e-dei-team-maggio-2018/
5. Se ti fa piacere ti invito alla presentazione del prossimo libro – qui c’è un modulo e a chi si iscrive posso mandare inviti riservati http://eepurl.com/b727Pv
6. Video sul canale youtube http://www.youtube.com/c/dottDanieleTrevisani – se ti vorrai iscrivere, ottimo
(ps. se cerchi Daniele Trevisani su google, vedrai tanti altri contenuti)
Un caro saluto Daniele.

Portare la libertà in azienda significa liberare l’enorme potenziale, gigantesco, oggi soffocato da ruoli ristretti, visioni miopi ed egoismi.

Questa è la rivoluzione aziendale che ci aspetta, nello spirito di Leonardo da Vinci, Italiano che ci ricorda cosa possiamo fare se solo usciamo dai ranghi culturali delle visioni del mondo di Paesi che non ci appartengono.

Le aziende oggi riescono a sfruttare si e no il 5-10% di quanto una persona potrebbe fare e generare, se solo non dovesse combattere contro incomunicabilità, meccanismi tribali, soffocatori di idee, uffici del Personale che non fanno vero Sviluppo Risorse Umane e Formazione ma si limitano a gestire l’ordinario.

Delle 6 libertà di cui parliamo  in questo video, certamente in azienda tutte contano, ma soprattutto la libertà progettuale, e la libertà data dall’allargamento della sfera di conoscenze anche ad altri campi fuori dalla visione ristretta della propria poltrona, ufficio, e reparto, per capire veramente l’azienda come sistema e il contesto dove opera come un universo da conoscere.

Serve uno scatto di orgoglio, e di qualità del pensiero. Qui un primo trailer, ne seguiranno altri.

https://youtu.be/n8RlsUkRFEw

Per chi vuole approfondire…

cpertina psicologia della libertà di daniele trevisani edizioni mediterranee roma