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©Copyright. Estratto dal testo di Daniele Trevisani “Psicologia della libertà. Liberare le potenzialità delle persone”. Roma, Mediterranee. Articolo estratto dal testo e pubblicato con il permesso dell’autore.

Trovare le parole per capirsi. Concetti di Coaching e Counseling, Psicologia e Comunicazione

Esponiamo alcuni concetti chiave a mò di glossario, anticipando tuttavia in tutta franchezza che la comprensione di questi concetti e soprattutto la loro vera assimilazione nella tua personale vita, richiedono un lavoro personalizzato, in presenza, e sicuramente non sono sufficienti letture frettolose e ricette facili. 

Possono aiutare ad avvicinarsi al concetto, ma non il suo “embodiment”, il fatto che il concetto “ti entri” nei comportamenti reali.

Esponiamoli comunque nella speranza di poterci incontrare in vita e sperimentarne la potenza per il benessere e la libertà che possono generare.

  • Calco comportamentale. Un’esperienza che ti entra e resta tale, anche quando la ragione di questo calco è finita. Consolidamento di un modello che è nato per un motivo ma rimane anche senza quel motivo scatenante
  • Sequestro sensoriale. Il corpo è costantemente coinvolto in una vastità di segnali, il sequestro avviene quando veniamo avviluppati senza la nostra volontà esplicita in una determinata sensazione corporea o emotiva e non riusciamo a liberarcene o a capirla
  • Flessibilità esistenziale ed energie mutevoli. Per vivere a pieno, dobbiamo mantenere il grounding (radicamento solido nel terreno e nella nostra identità) ma farlo in modi di volta in volta diversi, con libertà di cambiare 
  • Stile comunicativo: che tu te ne accorga o no, hai uno stile, un “modo” nel chiedere le cose, più o meno assertivo o supplichevole o invece arrogante, o invece razionale, o ancora assertivo, o poetico. Esiste un modo nel dire le cose, piuttosto deciso o invece cortese, o esitante o confuso, qualsiasi sia questo “modo” esso influisce su quello che gli altri fanno di te e con te. Scoprire il proprio stile comunicativo e lavorarvi sopra è una grandissima conquista da adulti consapevoli. Questo, anche nel dialogo interiore. Breve nota di riflessione. Questo vale anche nei linguaggi d’azienda. Il politically correct aziendale consiste nell’usare 155 parole per dire quello per cui ne basterebbero 10, deviando allo stesso tempo un’analisi vera del problema e spostandola su temi di massima in cui, alla fine, non si capisca nulla. Entropia comunicativa allo stato puro, che porta i problemi a rimanere tali e le aziende a chiudere. Usarlo con se stessi, è farsi del male. Meglio che i problemi emergano e li guardiamo in faccia, piuttosto che lasciarli marcire nel silenzio, perché da dentro, non affrontati, corrodono.
  • Assertività esistenziale. Decido di costruire situazioni e ambienti ecologicamente buoni per me, decido di liberarmi di quelli che mi intossicano. Questo comprende anche fenomeni molto pratici come il quanto insistere se una persona non mi risponde subito al telefono (per alcuni il numero di chiamate massime è “1 poi se vuole mi richiama”, per altri “lo chiamo 13 volte o finché non mi risponde chiamo”. Non esiste un giusto o sbagliato, esiste solo una grande presa di coscienza su cosa va bene per noi in un certo momento e in una certa situazione.
  • Preparazione Mentale e Presenza Mentale, alla presenza dell’altro possiamo “esserci mentalmente” o essere “altrove”. La presenza mentale è fondamentale durante l’esecuzione di compiti e attività, la non-distrazione, la totale assenza di pensieri interferenti che impediscono il fluire dell’azione e il successo dell’azione. Questo è uno dei motivi per cui, ad esempio, il mio scrivere un libro funziona meglio se in una biblioteca spaziosa e tranquilla, magari in un tavolo da solo, piuttosto che in un ufficio dove 100 altri stimoli possono distrarmi e dai quali, se voglio mai scrivere, devo usare energie per schermarmi. Nella biblioteca ideale, invece, le energie che non sono costretto ad usare si liberano e diventano energie per la scrittura. E la biblioteca ideale probabilmente esiste solo dopo averne visitate dieci che non andavano bene e nelle quali non sarei riuscito a scrivere. Questo concetto di attenzione al setting, alla preparazione mentale, al contesto, vale in ogni ambito della vita.
  • Pattern corporei, modelli corporei, es. curvatura del dorso, posizioni del corpo, posizioni delle spalle, tipo di camminata, velocità o lentezza dei movimenti, modelli di body language, danno luogo a veri e propri modelli psico-corporei alcuni dei quali vanno bene mentre su altri è necessario lavorare per ripristinare condizioni di equilibrio psicologico e fisiologico.
  • Pattern comportamentali. Accorgersi di quando siamo in condizione di disagio, di come facciamo a cacciarci nei casini da soli e finire nel disagio, a volte involontariamente; accorgersi di quali comportamenti automatici mettiamo in campo, di quando vanno bene, e cosa vogliamo imparare a cambiare e automatizzare.
  • Battle Rhythm. Nella vita facciamo tante cose, ma le facciamo con il ritmo e per il tempo giusto? Esempio, per fare un lavoro corporeo sano, è bene allenarsi tutti i giorni o al massimo a giorni alterni, e servono strategie, piuttosto che stare fermi per 6 giorni e massacrarsi di iper-allenamento una domenica mattina. Non funziona così! Eccedere porta a distruggendosi con il malsano pensiero di recuperare l’intera settimana. Una “dose allenante” sana al giorno invece fa bene, benissimo. Lo stesso vale per il Training Mentale e l’allenamento di facoltà mentali. Perdere il Battle Rhythm in qualsiasi area della vita significa dimenticare per troppo tempo una certa attività e farla arrugginire. Tenere il Battle Rhythm significa invece tenere “sotto pressione” un certo problema fino a che non se ne sia andato o eliminato in modo sensibile. In altre parole, finché non hai vinto tu.
  • Vettore memetico. Un “meme” è una traccia mentale, un ricordo, una credenza, può essere persino un ritornello o una frase del tipo “prima il dovere poi il piacere”. E’ tutto quello che abbiamo appreso sinora e ci circola nel “database mentale”. A volte questa traccia, sotto forma di persona o di messaggio, ti trascina o vuole portare la tua vita verso un determinato stato. Quello stato è buono per te? Lo vuoi davvero? Ti fa bene? Se dici di no ma lo fai per dispetto sarebbe possibile invece dire si? O ancora, dici un si “forzato” che non senti veramente dentro, e vorresti imparare a dire un sano no?

Ciò che importa è notare quando, grazie a un lavoro di Coaching e Counseling, alcuni meccanismi di funzionamento del soggetto si sono rimessi in moto, ed è in atto un percorso di ricerca, di esplorazione di nuove possibilità di vita, una ricerca che ha una sua direzionalità positiva.

La presa di coscienza di nuove aree di crescita personale e organizzativa, legate a competenze mai prima prese in considerazione, è uno dei fattori che permette lo sviluppo, la crescita personale, il viaggio verso il benessere, la libertà.

Quando le azioni di formazione, di coaching e counseling iniziano a prendere piede, si nota anche un riverbero (osmosi positiva) tra aumento di micro-competenze apprese su vari livelli. In altre parole, un lavoro sul corpo porta spesso ad un benessere collaterale sulle emozioni. E un lavoro sulle emozioni o sulle scelte di vita può ridare energie al corpo o cambiare e migliorare il sonno. Nel corpo, nella respirazione, o nelle relazioni umane, come la gestione di incontri e riunioni, tutto è collegato.

La sensazione di avere un orizzonte temporale nuovo, non più rigidamente legato a abitudini vecchie e obsolete, offre un senso di “movimento” interno che si può trasformare anche in movimento esterno, fino al camminare, correre o viaggiare.

Tutti questi dati vengono da descrizioni soggettive, sensazioni interne, ed è esattamente questo il livello che ci interessa in questo momento: quanto una persona senta o meno voglia di viverespirito vitale, slancio, quanto pensa di poter far fronte a sfide o stress, quanta voglia di fare e di esistere ha in circolo o si senta invece finito, annientato, bruciato, spento, svuotato.

Per realizzare una consulenza alla persona, al team o all’organizzazione, è indispensabile individuare i vettori su cui lavorare.

Bisogna scoprire come guardare in modo da riuscire a vedere tutte le cose che accadono all’esterno e all’interno di noi come un processo unitario, un movimento totale.

Jiddu Krishnamurti, La domanda impossibile

Altri materiali su Comunicazione, Ascolto, Empatia, Potenziale Umano e Crescita Personale disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online

© Articolo di Daniele Trevisani, dal testo “Il potenziale umano. Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance

Dalla perfezione impossibile ai segmenti di soddisfazione: capsule spaziotemporali, frames, sensation windows

Per accrescere il proprio potenziale bisogna apprendere nuove abilità, e si tratta spesso di abilità sottili, sfuggenti, impalpabili.

Imparare ad apprezzare le “capsule spaziotemporali” è una delle aree di apprendimento del metodo HPM, centrale sia nei piani di crescita personale, che nello sviluppo delle prestazioni.

Una capsula spaziotemporale è un segmento del tempo e dello spazio dotato di significato proprio. Può trattarsi di pochi minuti di un incontro, o del segmento di tempo di un allenamento, o di un qualsiasi brano di vita. La vita è piena di stupende “capsule” non viste.

In una capsula o frame (finestra, brano di esistenza) possono trovarsi esperienze meditative o fisiche, riflessive, o invece molto attive e dinamiche, valori e significati, da vivere soli o in compagnia.

I sensation seekers (cercatori di sensazioni) sono alla continua ricerca di capsule spaziotemporali positive e ne traggono energie.

La matematica non è opinione.

Se vivi 2 momenti positivi la mattina, 1 al pomeriggio, e 1 alla sera, avrai avuto 4 momenti positivi nella giornata, al di là del loro contenuto. Se questo si ripete per almeno 5 o 6 giorni, avrai una settimana in cui prevalgono sensazioni positive. Se invece nella giornata hai avuto 1 evento negativo la mattina, 1 il pomeriggio, il vuoto esistenziale la sera, e nessun momento positivo di ricarica, avremo una sequenza di giornate che scaricano.

Alla fine della settimana, del mese, dell’anno, e della vita, saremo sempre più scarichi e rintanati in un guscio sempre più stretto. Al punto di non aver nemmeno più la voglia di guardare fuori, o peggio, la forza di cercare.

Ancora una volta, stiamo attenti a non confondere le capacità di rilassamento (un fatto in sé positivo, da apprendere e coltivare) con stasi, apatia e abulia, la perdita di voglia di vivere.

Le capsule non sono pastiglie da digerire per “tirare avanti”, ma momenti dotati di significato in sé e per sé. Hanno valore per come attivano le nostre sensazioni ed emozioni, e non come anestetico di altro che non va. Se ne hanno la proprietà, non è comunque questa la loro funzione.

Una capsula per qualcuno può essere un momento di allenamento in palestra o sul campo, “sentendo” un’attività intensa o che piace, una cena, la scrittura, la lettura di una lettera, o di un passaggio che colpisce in un  libro, un momento di solitudine guardando il tramonto, una preghiera, un gioco, un dialogo profondo tra persone, o qualsiasi altro brano di vita dotato di significato proprio, persino uno sguardo.

Il semplice fatto che un momento di esperienza sia dotato di significati dovrebbe farci rizzare le antenne, visto che senza significati la vita muore e le energie mentali si annullano. Le capsule sono contenitori di significati.

Spesso si ricerca il senso compiuto all’interno della perfezione. Capsule di durata eterna, anziché di durata limitata e praticabile. Questa è una delle più grandi bestialità che un essere umano possa apprendere, e se gli capita di incamerare questo virus, farà bene a disfarsene prima possibile.

Il contrario è saper cogliere il dono limitato. Per dono limitato si intende nel metodo HMP una finestra di sensazioni (Sensation Window – SW), ad esempio la sensazione positiva che si prova quando siamo in presenza di persone che ci piacciono, in quel preciso momento, anche non potendo possedere illimitatamente il tutto, tutto il suo tempo, tutte le sue ore o minuti.

O ancora, la sensazione che può dare un allenamento, persino un brano di un allenamento (training experience), senza per forza dover vincere qualcosa, e dover diventare campioni per forza. Apprezzare il training, oltre che il risultato che ne può derivare, persino indipendentemente da esso, è una nuova forma di competenza.

Di fatto, siamo poco allenati a riconoscere e generare finestre di sensazioni positive, e ben allenati verso quelle negative. Questo produce danni psicologici e fisiologici.

Tra i fattori determinanti del lavoro sul potenziale umano: 1) far apprezzare alla persona i frames esperienziali di cui si compone un’esperienza allenante o formativa, 2) scoprire sensazioni nascoste anche nei momenti più piccoli o apparentemente insignificanti,  3) aumentare la capacità di cogliere, percepire e assaporare il fluire di sensazioni, 4) diminuire le passività e aumentare la capacità di costruire esperienze positive e di crescita.

Radicamento solido (grounding) e ali per volare

Le persone hanno bisogno di tante cose: cibo, acqua, amore, denaro oggetti, ma, ancora di più, hanno bisogno di radici su cui poggiare (grounding) e ali per volare, strumenti per raggiungere i propri scopi, sogni, aspirazioni, e non spegnersi.

Lavorare su entrambi i piani è il nostro credo fondamentale. È un lavoro diretto ad un potenziamento generale della persona, ad un suo radicamento solido, un ancoraggio su piattaforme salde, per poi poter guardare in alto.

È un rafforzamento indispensabile, necessità sulla quale non è bene chiudere gli occhi.

Questo bisogno è mosso da due grandi classi di motivi: (1) potenziarsi per il desiderio di raggiungere obiettivi che solo con energie elevate possiamo toccare, (2) sviluppare la resistenza esistenziale, saper incassare, farsi forti e assorbire i colpi che arrivano con forza, quanto più la vita si fa complessa e competitiva, e centrano l’individuo da ogni lato (fisico, psicologico, economico, esistenziale). Colpi a volte durissimi e imprevisti.

Gli unici a non subirli sono coloro i quali hanno abbandonato, sono protetti, o possono permettersi di non avere obiettivi. Anche per loro tuttavia, quando la situazione cambia, farsi trovare forti e preparati piuttosto che deboli e impreparati farà la differenza.

Per tutti gli altri, la giostra è aperta qui ed ora, non è possibile scendere, ma solo imparare a potenziarsi, capire cosa succede, prendere coscienza, smontare i meccanismi del gioco, prendere in mano qualche leva di comando, e governare il timone dell’imbarcazione che ci conduce.

Prepararsi e potenziarsi ha senso non solo peri l’oggi ma anche per un domani in cui vogliamo farci trovar pronti rispetto alle sfide che ancora non possiamo prevedere, l’imprevisto. E, come evidenzia l’umanista e scrittore francese Rabelais, verso il futuro è meglio essere preparati.

 

Bevo per la sete che è da venire

François Rabelais (1494-1553)

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© Articolo di Daniele Trevisani, dal testo “Il potenziale umano. Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance

 

preparazione mentaleVi sono gare che prosciugano le nostre energie prima ancora di compiersi. Vi sono eventi cui pensiamo con preoccupazione drenando la nostra energia.

L’articolo seguente, tratto dalla preparazione mentale per le arti marziali e sport di combattimento, può aiutarci a capire come migliorare la nostra gestione delle energie, che si tratti di sport, di business o di vita.

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Copyright, Trevisani, Daniele (2013). La preparazione psicologica prima di una gara, negli sport da Ring e nelle Arti Marziali. In: Carli, Davide (ed). Preparazione tecnica e riabilitazione. Fondamenti del movimento umano, scienza e traumatologia dello sport, principi di trattamento riabilitativo. Edizioni Medico Scientifiche, Torino, pp. 369-372

davide carli libro preparazione atletica e riabilitazioneArticolo a cura di: Daniele Trevisani – Fulbright Scholar, www.studiotrevisani.it

Conoscere e gestire l’attivazione psicologica generata da una gara, distinguere l’attivazione positiva da quella negativa, e dirigerla verso i canali giusti

Vi dirò il mio segreto per liberare la mente dai pensieri negativi.

Quando un tale pensiero entra nella mia mente,

lo visualizzo come se fosse scritto su un pezzo di carta.

Quindi gli do mentalmente fuoco

e lo visualizzo mentre brucia fino a diventare cenere.

Il pensiero negativo è distrutto, e non entrerà più.
Bruce Lee

Che si tratti di arti marziali o sport da ring, prima di una gara tutti vivono stati emotivi alterati. Si tratta di una forma di “attivazione” psicologica, a volte piena di tranelli che dobbiamo conoscere. Così come è importante per un coach evoluto saper fornire agli atleti strumenti per gestire le energie mentali.

L’attivazione psicologica può prendere due strade:

·         Attivazione positiva: vivere l’evento nei suoi lati più belli, sentendone soprattutto i lati positivi, il piacere dell’esperienza, il gusto della passione e dell’azione, il fluire delle propri energie vitali.

·         Attivazione negativa: l’evento si carica di ansia, tensione, distrugge le energie mentali, rende la persona incapace di esprimere liberamente se stessa, le sue potenzialità, e annienta di colpo tutta la sua preparazione.

Per tantissimi motivi, i praticanti sportivi professionisti nelle società occidentali vivono soprattutto nel secondo stato. Nessuno insegna veramente loro cosa fare, al di là del dare consigli derivanti dal buon senso. Un buon punto di partenza è iniziare a esaminare le credenze potenzianti e le credenze depotenzianti che si generano prima di una gara.

Le credenze potenzianti sottostanti l’attivazione positiva sono:

·         non ho bisogno di dimostrare niente a nessuno, che vinca o che perda il mio valore viene dal mio essere, dal mio allenamento, e non dal mio piazzamento

·         chi ha detto che non posso sbagliare? Faccio del mio meglio, ma io posso sbagliare come ogni essere umano

·         non devo far contenti gli altri, ma cercare le emozioni positive che questo evento può darmi

·         si vive una volta sola, e questa giornata è un inno alla vita, da gustare e gioire come tale.

Le credenze de-potenzianti che generano attivazione negativa sono:

·         devo assolutamente dimostrare che valgo

·         non posso permettermi di sbagliare, devo essere teso al massimo

·         gli altri saranno delusi se sbaglio e non posso deluderli

·         da questa giornata dipende tutto.

Vi sono tecniche applicabili per aumentare le energie positive nel pre-gara. Ne citiamo una che tutti possono praticare.

Esercizio di visualizzazione (visual imagery) pre-gara

La tecnica consiste nella visualizzazione positiva: ogni giorno (per circa 20 giorni), per 30 minuti, occorre creare uno “spazio mentale vuoto” nel quale ricercare la condizione migliore. Se ci alleniamo ogni giorno per il corpo, lo stesso dobbiamo fare per la mente.

Occorre distendersi su un divano, o su un letto con doppio cuscino per evitare eventuali capogiri dovuti al fatto di avere la testa troppo bassa. La persona deve sentire di avere sempre la padronanza della situazione e la massima libertà.

Occorre inoltre coprirsi in caso di climi freddi o freschi, e non avere luci forti sugli occhi. L’esercizio di visualizzazione va svolto ad occhi chiusi. Occorre inoltre una musica di sottofondo rilassante (es, musiche Reiki, o altre musiche sinfoniche, orientali, o classiche, niente di “agitato”).

1.       Nella prima fase occorre concentrarsi solo sul respiro, respirare lentamente e profondamente, senza troppo sforzo.

2.       Nella seconda fase (derivante dal Training Autogeno) si avvia la pratica delle ripetizioni mentali: occorre ripetere mentalmente e molto lentamente la frase “il mio corpo è pesante (5 volte), e io sono calmo, tranquillo, sereno. Il mio corpo è pesante, e io sto bene”. Vi sono numerose varianti a queste frasi, ma l’essenziale è che siano frasi positive, sul “sentirsi bene” nel presente e non nel futuro (evitare di dire, ad esempio, “ed io starò bene”, ma dire “e io sto bene”).

3.       Fase di visualizzazione positiva: vedersi mentalmente mentre ci si prepara negli spogliatoi, mentre si viaggia verso la destinazione, mentre ci si riscalda, mentre si combatte, e vedersi in tutte queste fasi esattamente come dovremmo essere: felici, rilassati, appagati di quello che stiamo facendo senza nessuna ossessione per il risultato, ma solo sentire il piacere di quello che stiamo vivendo.

4.       Vedersi nel combattimento o in azione, vedere i colpi fluire, vedersi padroni del proprio corpo e della situazione, vedersi al meglio di come possiamo essere. Nelle forme, vedersi muovere esattamente come vorremmo, vedere il proprio corpo che fluisce nel movimento, alternando velocità e rallentamento, pienamente padroni. Tutto ciò permetterà di aumentare la coordinazione e la determinazione con cui si eseguono le tecniche da combattimento, aumentandone così l’efficacia; inoltre anche la scelta tattica risulterà migliore e quindi verranno create le condizioni più favorevoli per il raggiungimento della vittoria.

5.       Fase di meditazione o “raffreddamento”: fermare i pensieri consapevoli,  immaginare un luogo della natura che amiamo, lasciare che la mente vaghi, lasciare che i pensieri vadano e vengano, lasciare che i pensieri si susseguano liberamente, sino ad arrivare ad un sentimento di rilassamento (in genere, arriva dopo alcune sessioni).

6.       Fase di ripresa: muovere lentamente mani e piedi, stirarsi ad occhi chiusi, rialzarsi lentamente, stirarsi ancora, riprendere a muoversi lentamente, alzarsi lentamente dopo essersi stirati.

Questa sequenza è una delle numerose opzioni che utilizzo nei coaching di training mentale e coaching agonistico. Ve ne sono molte altre che prevedono in addizione azioni fisiche che pratico sulla persona – compressioni, trazioni, e altre tecniche derivanti dalla psicologia organismica – che non possono essere facilmente prescritte ma vanno realizzate ad-hoc, di volta in volta, in base allo stato dell’atleta.

Esponiamo di seguito un esempio della tecnica utilizzata in uno degli incontri preparatori diversi campioni che ho allenato nel training mentale. Le tecniche esposte sono solo indicative e non seguono esattamente le verbalizzazioni date all’atleta, vengono offerte solo come esempio.

Inizio della procedura

Adesso inizieremo l’esercizio, sentiti libero di muoverti in qualsiasi momento, di fare quello che ti senti e prenderti questi minuti per te stesso e per potenziare le tue energie … Chiudi gli occhi, sentiti rilassato, senti ogni tuo muscolo abbandonato … la testa e i muscoli della fronte, il collo, le braccia, la schiena… l’addome, le gambe, le caviglie e i piedi …  (ogni zona viene richiamata molto lentamente, senza fretta) … fai un buon respiro e preparati a visualizzarti mentre ti prepari ad una gara o ad un allenamento.

Durante l’esercizio, ascolta le parole senza nessun obbligo, sentiti libero di riaprire gli occhi in qualsiasi momento, libero completamente, anche di interrompere l’esercizio, di riaprirli per poi richiuderli … non hai alcun obbligo di ascoltare, lascia semplicemente che le parole scorrano e la tua mente le colga senza sforzo alcuno … il senso di queste parole entrerà comunque … consideralo un momento per te, un momento prezioso che ti prendi per te … una riflessione, e nient’altro … (ogni frase viene pronunciata molto lentamente, con musica di sottofondo accuratamente selezionata dal Mental Trainer. L’utilizzo di musiche sbagliate può completamente annullare gli effetti)

Ora, immagina di essere nel giorno dell’incontro … ti alzi la mattina e senti una sensazione di benessere, di pienezza, di gioia … Immaginati mentre ti svegli e decidi di rimanere ancora un po’ disteso, per assaporare questa sensazione … e ora ti vedi durante la giornata della gara …. tranquillo, riposato, sereno ….

Siamo al momento della preparazione prima della gara, sei negli spogliatoi … vedi la fase della bendatura e senti un’energia positiva crescere dentro … ad ogni giro della benda … ti senti calmo e forte, niente può disturbarti … sei assolutamente concentrato, tranquillo, focalizzato …

Immagina adesso di vederti durante l’incontro, immagina che l’inizio del tuo incontro sia un film … e adesso vedi questo film in bianco e nero, immagina che il film sia in bianco e nero … guardati mentre ti muovi nel peggiore dei modi, ti senti goffo, fai degli errori, ti senti poco concentrato … focalizzati su questo film in bianco e nero, e guardalo mentre si svolge, come se tu fossi solo uno spettatore esterno del film … ti vedi e non ti piaci …

Adesso immagina che il film sia una proiezione su uno schermo o una finestra del computer … la finestra si rimpicciolisce … va in alto, a destra, si fa sempre più piccola mentre il film continua … e mentre si fa più piccola e si sposta in alto a destra … si sgrana … diventa come polvere … il film si frantuma in tanti pezzettini che volano via … vanno via in alto a destra ed escono dallo schermo ….

Ora rimane solo uno schermo bianco …. Nessun film, e tu osservi questo schermo sereno …

Respira lentamente mentre l’immagine esce di scena e si frantuma in tanti piccoli pezzetti e volano via ….

Ora lo schermo inizia ad animarsi, e stavolta il film è a colori, ci sei tu, vedi i tuoi occhi aperti, diretti, determinati … vedi energia nei tuoi occhi, il tuo corpo è forte, la tua mente è lucida, sei pienamente padrone della situazione e non vedi l’ora che inizi l’incontro …

L’incontro inizia e ti vedi muovere con assoluta padronanza del tuo corpo…. L’avversario tira colpi, ci prova ma non ci riesce … tu li vedi e li schivi o li pari e l’avversario si sente impotente … in questo film a colori ti senti pieno di energia … veloce …  riesci a prevedere ogni singola mossa … e adesso vedi che l’avversario si muove come al rallentatore … mentre tu lo osservi e lo studi… poi decidi di affondare alcuni colpi … li vedi potenti, decisivi, a bersaglio … ti senti nel pieno delle tue forze, i tuoi colpi sono potenti … vedi l’avversario arretrare, chiudersi, girarsi … mentre avanzi …  senti chiaramente che sei tu a decidere come deve andare l’incontro … vediti completamente padrone, i tuoi occhi aperti, lucidi, la tua mente concentrata, il tuo sguardo come un raggio laser, percepisci ogni movimento, anticipi ogni mossa …

… la ripetizione della alternanza tra visualizzazione negativa e positiva viene ripetuta diverse volte, mentre il Mental Trainer osserva la presenza di segnali di distensione nella respirazione diaframmatica dell’atleta e altri segnali specifici

Fase finale dell’esercizio

Ed ora  in scena nuovamente  l’immagine a colori … e ti vedi esattamente come vuoi … ti vedi sicuro, tranquillo, determinato …. Niente ti sfugge … riesci a percepire ogni cosa … i tuoi colpi sono forti e potenti, il tuo sguardo determinato, lucido … come quello di un lupo che osserva la preda…  e quando azzanna colpisce esattamente dove vuole, senza scampo … (fase archetipica)… vedi chiaramente i tuoi canini esposti, fondi l’immagine mentale di te con quella di un lupo…

Poi ti vedi alla fine dell’incontro, soddisfatto di come l’hai condotto … di come ti sei sentito … provi gioia … il verdetto non ti interessa nemmeno … saluti il tuo avversario che ti ha permesso di fare questo viaggio … un viaggio che è soprattutto dentro di te …. Sai che questa è solo una tappa di un lungo viaggio … dove vuoi gustarti ogni istante, ogni allenamento, come qualcosa di sacro … di potente, di immenso… non hai nessuna fretta di arrivare alla fine…. Perché il viaggio in sé ha per te un valore

Tecniche principali utilizzate e mixate nella traccia:

  • Psicologia degli archetipi
  • Terapia organismica
  • Bioenergetica

Capire e dominare la tensione psicologica pre-gara

Al di la della tecnica che useremo, dobbiamo capire la radice del problema: la generazione dell’ansia e la sua gestione, la sua rimozione per dare spazio alle energie positive.

L’ansia, uno dei mali più drammatici della società contemporanea, è stret­tamente correlata allo stress.

L’ansia è – nella nostra visione – il prodotto di un incremento di attivazione mentale (arousal) mixato ad emozioni negative (paura, angoscia, timore, apprensione). La sola attivazione mentale, di per se positiva, acquisisce nell’ansia sfumature negative e innesca un dialogo interiore tutto centrato sugli eventi negativi, producendo un “sequestro emotivo” della persona.

L’ansia può essere uno stato permanente o prodursi in relazione ad alcuni eventi scatenanti o trigger (eventi che l’individuo vede come problematici, es, parlare in pubblico, stare in situazioni pubbliche, o prendere un aereo, una galleria, o in ambiti sociali e nella vita di relazione).

Alcuni autori erroneamente espongono il concetto di “ansia positiva”, intesa come fonte di energie. In realtà è corretto trattare come fenomeno ipoteticamente positivo unicamente l’arousal (aumento dell’attivazione mentale), mentre l’ansia – espressa come un correlato tra attivazione ed emozioni negative – porta con sé numerosi rischi dal punto di vista psicoenergetico.

Si distingue nella letteratura tra:

·         ansia di stato (collegata ed eventi specifici, es., prendere l’ascensore), e

·         ansia di tratto (componente ansiosa più permanente, insita nella personalità dell’individuo, con componenti che possono essere sia di derivazione genetica che apprese durante la vita

Il training psicoenergetico adeguato consiste in diverse linee di attacco:

  1. eliminare l’arousal connesso agli eventi scatenanti o trigger, tramite tecniche di rilassamento, refraiming cognitivo o ristrutturazione cognitiva; eliminare l’ansia situazionale nei contesti precisi in cui si presenta (es., prima di una lezione, prima di un discorso pubblico);
  2. associare gli eventi scatenanti o trigger ad emozioni positive, con una ristrutturazione cognitiva profonda, es. trasformare l’ansia da lezione in gioia per l’essere protagonista di una relazione d’aiuto, gioia del dare e dell’aiutare il prossimo a capire o a crescere; questo richiede smontare la componente competitiva insita nella prestazione didattica (io contro loro) e sostituirla con la componente della relazione di aiuto (io per loro);
  3. affrontare la componente ansiosa della personalità e quella appresa (ansia di tratto). Questo può richiedere di andare alla ricerca del disagio trans-generazionale (assorbimento di ansia dai genitori e altri referenti importanti nel passato della persona) e degli schemi mentali appresi che la producono e mantengono in vita. Quando sono stati appresi? Da chi? Come rimangono attivi? Quali relazioni personali e culturali la mantengono elevata? Quali abitudini dobbiamo sradicare? Quali inserire? Un lavoro profondo richiede anche la ricerca dei messaggi genitoriali o sociali assimilati che la alimentano (es.: devi riuscire a qualsiasi costo), delle credenze disfunzionali che vivono nella mente dell’individuo, e come virus mentali la danneggiano, dei prototipi cognitivi personali (relazioni tra valori, credenze, atteggiamenti) che la nutrono (es.: devi sempre essere perfetto altrimenti non vali).

In sintesi, possiamo dire che il Training Mentale è una tecnica per potenziare la crescita umana, il Potenziale Umano dell’agonista[1], al di la dello specifico risultato ottenuto in un incontro.

Le tecniche del Potenziale Umano sono spesso decisive nel creare un vantaggio competitivo, ma ancora di più per aiutare l’atleta a trovare equilibri psicologici ed emotivi, generare energie positive in sé e nel proprio team. Secondo la filosofia del Potenziale Umano che ho sviluppato, migliorare la persona, la sua maturità e la sua crescita assume un valore assolutamente superiore al migliorare unicamente l’atleta.

Liberare la persona dai “sassi nello zaino” che egli porta con sé, trovare le vie per la sua crescita personale prima di tutto, è la mia filosofia. La traiettoria complessiva di crescita personale, il mio vero obiettivo latente, porta inevitabilmente con sé risultati positivi nella vita così come nella pratica sportiva.

Copyright, Trevisani, Daniele (2013). La preparazione psicologica prima di una gara, negli sport da Ring e nelle Arti Marziali. In: Carli, Davide (ed). Preparazione tecnica e riabilitazione. Fondamenti del movimento umano, scienza e traumatologia dello sport, principi di trattamento riabilitativo. Edizioni Medico Scientifiche, Torino, pp. 369-372

davide carli libro preparazione atletica e riabilitazioneArticolo a cura di: Daniele Trevisani – Fulbright Scholar, www.studiotrevisani.it

 

Note sull’autore:

  • dott. Daniele Trevisani (www.danieletrevisani.com), Fulbright Scholar, consulente in formazione aziendale e coaching (www.studiotrevisani.it) insignito dal Governo USA del premio Fulbright per gli studi sulla Comunicazione nel 1990, è Master of Arts in Mass Communication alla University of Florida e tra i principali esperti mondiali in Sviluppo del Potenziale Umano.
  •  Formatore e ricercatore in Psicologia e Potenziale Umano, ha operato per oltre 200 aziende e con decine di campioni Mondiali, Europei e Italiani di diverse discipline. Laureato in Dams-Comunicazione, è inoltre specializzato in Psicometria all’Università di Padova. Ha realizzato docenze in oltre 10 Università Italiane ed estere, ed è il tra i principali formatori italiani nella formazione risorse umane, formazione formatori, coaching, formazione di manager, di istruttori e trainer

Psicologia Marziale. La preparazione psicologica prima di una gara, negli sport da ring, nelle forme marziali (e …per la vita)

hapkido

© articolo Di Daniele Trevisani – Fulbright Scholar, Formatore, Coach, Counselor d’Impresa, Maestro 9° Dan Sistema Daoshi,

Conoscere e gestire l’attivazione psicologica generata da una gara, distinguere l’attivazione positiva da quella negativa, e dirigerla verso i canali giusti. Vale per il ring. Vale per la vita. Valer in ogni campo.

Estratti con modifiche dell’autore, dal libro Il Potenziale Umano

Che si tratti di arti marziali o sport da ring, di azienda o famiglia, prima e durante una situazione cui attribuisci un significato personale forte, tutti vivono stati emotivi alterati. Si tratta di una forma di “attivazione” psicologica, a volte piena di tranelli che dobbiamo conoscere.

L’attivazione può prendere due strade:

  • Attivazione positiva: vivere l’evento nei suoi lati più belli, sentendone soprattutto i lati positivi, il piacere dell’esperienza, il gusto della passione e dell’azione, il fluire delle propri energie vitali.
  • Attivazione negativa: l’evento si carica di ansia, tensione, distrugge le energie mentali, rende la persona incapace di esprimere liberamente se stessa, le sue potenzialità, e annienta di colpo tutta la sua preparazione.

Per tantissimi motivi, i praticanti nelle società occidentali vivono soprattutto nel secondo stato. Nessuno insegna veramente loro cosa fare, al di là del dare consigli derivanti dal buon senso. Un buon punto di partenza è iniziare a esaminare le credenze potenzianti e le credenze depotenzianti che si generano prima di una gara.

Le credenze potenzianti sottostanti l’attivazione positiva sono:

  • non ho bisogno di dimostrare niente a nessuno, che vinca o che perda il mio valore viene dal mio essere, dal mio allenamento, e non dal mio piazzamento
  • chi ha detto che non posso sbagliare? Faccio del mio meglio, ma io posso sbagliare come ogni essere umano
  • non devo far contenti gli altri, ma cercare le emozioni positive che questo evento può darmi
  • si vive una volta sola, e questa giornata è un inno alla vita, da gustare e gioire come tale.

Le credenze de-potenzianti che generano attivazione negativa sono:

  • devo assolutamente dimostrare che valgo
  • non posso permettermi di sbagliare, devo essere teso al massimo
  • gli altri saranno delusi se sbaglio e non posso deluderli
  • da questa giornata dipende tutto.

Vi sono tecniche applicabili per aumentare le energie positive nel pre-gara. Ne citiamo una che tutti possono praticare.

Esercizio di visualizzazione (visual imagery) pre-gara

La tecnica consiste nella visualizzazione positiva: ogni giorno (per circa 20 giorni), per 30 minuti, occorre creare uno “spazio mentale vuoto” nel quale ricercare la condizione migliore. Se ci alleniamo ogni giorno per il corpo, lo stesso dobbiamo fare per la mente.

Occorre distendersi su un divano, o su un letto con doppio cuscino (non spiegherò in dettaglio tutti i motivi di questi accorgimenti, che hanno motivi tecnico-fisiologici complessi).

Occorre inoltre coprirsi e non avere luci forti sugli occhi. L’esercizio di visualizzazione va svolto ad occhi chiusi. Occorre inoltre una musica di sottofondo rilassante (es, musiche Reiki, o altre musiche sinfoniche, orientali, o classiche, niente di “agitato”).

  1. Nella prima fase occorre concentrarsi solo sul respiro, respirare lentamente e profondamente, senza troppo sforzo.
  2. Nella seconda fase (derivante dal Training Autogeno) si avvia la pratica delle ripetizioni mentali: occorre ripetere mentalmente e molto lentamente la frase “il mio corpo è pesante (5 volte), e io sono calmo, tranquillo, sereno. Il mio corpo è pesante, e io sto bene”. Vi sono numerose varianti a queste frasi, ma l’essenziale è che siano frasi positive, sul “sentirsi bene” nel presente e non nel futuro (evitare di dire, ad esempio, “ed io starò bene”, ma dire “e io sto bene”).
  3. Fase di visualizzazione positiva: vedersi mentalmente mentre ci si prepara negli spogliatoi, mentre si viaggia verso la destinazione, mentre ci si riscalda, mentre si combatte, e vedersi in tutte queste fasi esattamente come dovremmo essere: felici, rilassati, appagati di quello che stiamo facendo senza nessuna ossessione per il risultato, ma solo sentire il piacere di quello che stiamo vivendo.
  4. Vedersi nel combattimento o in azione, vedere i colpi fluire, vedersi padroni del proprio corpo e della situazione, vedersi al meglio di come possiamo essere. Nelle forme, vedersi muovere esattamente come vorremmo, vedere il proprio corpo che fluisce nel movimento, alternando velocità e rallentamento, pienamente padroni.
  5. Fase di visualizzazione negativa: vedersi mentalmente mentre ci si prepara negli spogliatoi in modo agitato e teso, con movimenti bruschi, osservarsi mentre si viaggia verso la destinazione, mentre ci si riscalda tesi e nervosi, mentre si combatte incapaci di fare quello che sappiamo fare, e vedersi in tutte queste fasi esattamente come non vorremmo essere: tesi, ossessionati per il risultato, agitati. Nel combattimento, vedere i colpi che non partono, vedersi incapaci di parare e schivare, vedersi poco padroni del proprio corpo e della situazione. Nelle forme, vedersi sgraziati, vedersi scivolare o sbagliare.
  6. Ritorno alla visualizzazione positiva: ripetere la fase di visualizzazione positiva.
  7. Fase di meditazione o “raffreddamento”: fermare i pensieri consapevoli, immaginare un luogo della natura che amiamo, lasciare che la mente vaghi, lasciare che i pensieri vadano e vengano, lasciare che i pensieri si susseguano liberamente, sino ad arrivare ad un sentimento di rilassamento (in genere, arriva dopo alcune sessioni).
  8. Fase di ripresa: muovere lentamente mani e piedi, stirarsi ad occhi chiusi, rialzarsi lentamente, stirarsi ancora, riprendere a muoversi lentamente, alzarsi lentamente dopo essersi stirati.

Questa sequenza è la prima che insegno svolgere nei miei corsi di training e coaching agonistico. Ve ne sono molte altre che non possono essere descritte perche prevedono azioni fisiche che pratico sulla persona – compressioni, trazioni, e altre tecniche derivanti dalla psicologia organismica – che non possono essere facilmente descritte ma vanno provate su di sé per essere capite.

Capire e dominare la tensione psicologica pre-gara

Al di la della tecnica che useremo, dobbiamo capire però la radice del problema: la generazione dell’ansia e la sua gestione.

L’ansia, uno dei mali più drammatici della società contemporanea, è stret­tamente correlata allo stress.

L’ansia è – nella nostra visione – il prodotto di un incremento di attivazione mentale (arousal) mixato ad emozioni negative (paura, angoscia, timore, apprensione). La sola attivazione mentale, di per se positiva, acquisisce nell’ansia sfumature negative e innesca un dialogo interiore tutto centrato sugli eventi negativi, producendo un “sequestro emotivo” della persona.

L’ansia può essere uno stato permanente o prodursi in relazione ad alcuni eventi scatenanti o trigger (eventi che l’individuo vede come problematici, es, parlare in pubblico, stare in situazioni pubbliche, o prendere un aereo, una galleria, o in ambiti sociali e nella vita di relazione).

Alcuni autori erroneamente espongono il concetto di “ansia positiva”, intesa come fonte di energie. In realtà è corretto trattare come fenomeno ipoteticamente positivo unicamente l’arousal (aumento dell’attivazione mentale), mentre l’ansia – espressa come un correlato tra attivazione ed emozioni negative – porta con sé numerosi rischi dal punto di vista psicoenergetico.

Si distingue nella letteratura tra:

  • ansia di stato (collegata ed eventi specifici, es., prendere l’ascensore), e
  • ansia di tratto (componente ansiosa più permanente, insita nella personalità dell’individuo, con componenti che possono essere sia di derivazione genetica che apprese durante la vita).

Il training psicoenergetico adeguato consiste in diverse linee di attacco:

  • eliminare l’arousal connesso agli eventi scatenanti o trigger, tramite tecniche di rilassamento, refraiming cognitivo o ristrutturazione cognitiva; eliminare l’ansia situazionale nei contesti precisi in cui si presenta (es., prima di una lezione, prima di un discorso pubblico);
  • associare gli eventi scatenanti o trigger ad emozioni positive, con una ristrutturazione cognitiva profonda, es. trasformare l’ansia da lezione in gioia per l’essere protagonista di una relazione d’aiuto, gioia del dare e dell’aiutare il prossimo a capire o a crescere; questo richiede smontare la componente competitiva insita nella prestazione didattica (io contro loro) e sostituirla con la componente della relazione di aiuto (io per loro);
  • affrontare la componente ansiosa della personalità e quella appresa (ansia di tratto). Questo può richiedere di andare alla ricerca del disagio trans-generazionale (assorbimento di ansia dai genitori e altri referenti importanti nel passato della persona) e degli schemi mentali appresi che la producono e mantengono in vita. Quando sono stati appresi? Da chi? Come rimangono attivi? Quali relazioni personali e culturali la mantengono elevata? Quali abitudini dobbiamo sradicare? Quali inserire? Un lavoro profondo richiede anche la ricerca dei messaggi genitoriali o sociali assimilati che la alimentano (es.: devi riuscire a qualsiasi costo), delle credenze disfunzionali che vivono nella mente dell’individuo, e come virus mentali la danneggiano, dei prototipi cognitivi personali (relazioni tra valori, credenze, atteggiamenti) che la nutrono (es.: devi sempre essere perfetto altrimenti non vali).

Principi del Potenziale Umano, n.4  – Ansia ed energie mentali

Le energie mentali diminuiscono o si esauriscono quando:

  • si innesca nell’individuo attivazione (arousal) associata ad emozioni negative, rispetto a compiti, situazioni, aspetti della vita o dell’esperienza;
  • l’individuo possiede una componente elevata di ansia di tratto (ansia caratteriale) assimilata durante la crescita o alimentata da prototipi di pensiero e credenze disfunzionali,da modelli di pensiero assorbiti dai genitori o dalla società non localizzati e schermati;
  • l’individuo subisce ansia situazionale, e non pratica attività di riduzione localizzata tramite tecniche di rilassamento o altre forme di training;
  • l’individuo non affronta il fenomeno della propria ansia di derivazione trans-generazionale (trasmissione del disagio psichico) in modo sistematico;
  • l’individuo non ricerca ed affronta i propri prototipi cognitivi disfunzionali (sistemi di pensiero) produttori di ansia e gli stili di vita che la alimentano.

Le energie mentali aumentano quando:

  • l’attivazione (arousal) per azioni o eventi viene ripulita dalle componenti emotive negative;
  • l’individuo riesce a localizzare e ridurre l’ansia di stato (ansia legata a task specifici e situazioni specifiche);
  • vengono svolti con successo interventi di riduzione dell’ansia di tratto (elemento ansioso della personalità, ansia caratteriale);
  • vengono localizzati e riconfigurati i prototipi di pensiero che alimentano l’ansia e il disagio psichico, anche di fonte traumatica, transgenerazionale o culturale;
  • vengono praticate attività costanti e programmatiche di riduzione dell’ansia, con un programma specifico seguito professionalmente, volto anche alla rivisitazione dello stile di vita.

Dott. Daniele Trevisani, elaborato dall’autore dal libro Il Potenziale Umano, Franco Angeli editore, Milano

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Note sull’autore:

dott. Daniele Trevisani (www.danieletrevisani.com), Fulbright Scholar, consulente in formazione aziendale e coaching (www.studiotrevisani.it) insignito dal Governo USA del premio Fulbright per gli studi sulla Comunicazione nel 1990, è Master of Arts in Mass Communication alla University of Florida e tra i principali esperti mondiali in Sviluppo del Potenziale Umano.

In campo marziale e sportivo, è preparatore certificato Federazione Italiana Fitness, praticante di oltre 10 diverse discipline, Maestro di Kickboxing, Sensei 8° Dan Sistema DaoShi® Bushido – formatore di atleti e istruttori di Muay Thai, MMA, Kickboxing, Karate  (Kumite), Taekwondo, Full Contact, Sanda, K1, Autodifesa. E’ stato agonista negli USA nei trofei di Karate Open Interstile e campione universitario USA alla University of Florida.

Formatore e ricercatore in Psicologia e Potenziale Umano. Laureato in Dams-Comunicazione, è inoltre specializzato in Psicometria all’Università di Padova.

Ha realizzato docenze in oltre 10 Università Italiane ed estere, ed è il tra i principali formatori italiani nella formazione risorse umane, formazione formatori, coaching, formazione di manager, di istruttori e trainer.

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Chi è interessato a riprodurre o citare l’articolo deve chiederne autorizzazione scritta all’autore, via email. L’indirizzo di email è visibiile sul sito www.studiotrevisani.it – Non sono ammesse modifiche al testo.

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simona ritratto WTA-Coach-DAVIDE-CARLI3 Prototipi come sistemi di credenze-valori-atteggiamenti

Spesso agiamo senza riflettere… e questo costa. Molti sportivi nella vecchia scuola venivano forgiati o massacrati da allenamenti esternuanti, senza alcuna forma di training mentale. Questo, per fortuna, sta cambiando…

In questo articolo, qualche riflessione sulla boxe, sugli sport di combattimento, sulla preparazione mentale più in generale, come veicolo per la crescita personale…

Nature 1  Nature 3

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Buona lettura…. e una piccola citazione…

Che stupidi che siamo,

quanti inviti respinti, quanti…

quante frasi non dette,

quanti sguardi non ricambiati…

tante volte la vita ci passa accanto

e noi non ce ne accorgiamo nemmeno.

dal film “Le fate ignoranti” di Ferzan Ozpetek

Un grande augurio per una nuova era ricca di esperienze positive
dott. Daniele Trevisani
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Redazione a cura di Medialab Research

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Dal lavoro svolto a Thaiboxing Mania, sino alla preparazione di diversi atleti che combatteranno ad Oktagon, il gruppo Daoshi, qui rappresentato  dal dott. Daniele Trevisani in qualità di ricercatore e Sensei, ottiene grande attenzione per il lavoro di ricerca e formazione di agonisti sul Training Mentale, con un apposito sul numero di Marzo di Budo International, da non perdere.
articolo training mentale arti marziali e sport di combattimento budo international
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Contribuiamo con orgoglio alla preparazione degli atleti, degli agonisti, di chiunque opera in ambienti estremi e sfidanti, e vuole sviluppare il suo potenziale oltre il limite attualmente conosciuto, e conoscere nuovi territori della propria crescita.
dott. Daniele Trevisani

La preparazione psicologica prima di una gara di Kickboxing o Sport da Ring, Arti Marziali e Forme

Di Daniele Trevisani – Fulbright Scholar, Formatore, Sensei 8° Dan Sistema Daoshi, www.studiotrevisani.it

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© Articolo elaborato dall’autore, con modifiche, dal volume “Il Potenziale Umano” di Daniele Trevisani, Franco Angeli editore, Milano. Approfondimenti del volume originario sono disponibili anche al link www.studiotrevisani.it/hpm2

Chi è interessato a riprodurre o citare l’articolo deve chiederne autorizzazione scritta all’autore, via email. L’indirizzo di email è visibiile sul sito www.studiotrevisani.it – Non sono ammesse modifiche al testo.

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Che si tratti di arti marziali o sport da ring, prima di una gara si genera “attivazione” psicologica.

L’attivazione può prendere due strade:

  • Attivazione positiva: vivere l’evento nei suoi lati più belli, sentendone soprattutto i lati positivi
  • Attivazione negativa: l’evento si carica di ansia, tensione, distrugge le energie mentali, rende la persona incapace di esprimere liberamente se stessa e tutta la sua preparazione.

Per tantissimi motivi, i praticanti nelle società occidentali vivono soprattutto nel secondo stato. Nessuno insegna veramente loro cosa fare, al di là del dare consigli derivanti dal buon senso.

Vi sono invece tecniche applicabili:

Esercizio di visualizzazione (visual imagery)

La tecnica consiste nella visualizzazione positiva: ogni giorno, per 30 minuti, occorre creare uno “spazio mentale vuoto” nel quale ricercare la condizione migliore. Se ci alleniamo ogni giorno per il corpo, lo stesso dobbiamo fare per la mente.

Occorre distendersi su un divano, o su un letto con doppio cuscino (non spiegherò in dettaglio tutti i motivi di questi accorgimenti, che hanno motivi tecnico-fisiologici che non ho qui il tempo di approfondire).

Occorre inoltre coprirsi e non avere luci forti sugli occhi. L’esercizio di visualizzazione va svolto ad occhi chiusi. Occorre inoltre una musica di sottofondo rilassante (es, musiche Reiki, o altre musiche sinfoniche, orientali, o classiche, niente di “agitato”).

  1. Nella prima fase occorre concentrarsi solo sul respiro, respirare lentamente e profondamente, senza troppo sforzo.
  2. Nella seconda fase (derivante dal Training Autogeno) si avvia la pratica delle ripetizioni mentali: occorre ripetere mentalmente e molto lentamente la frase “il mio corpo è pesante (5 volte), e io sono calmo, tranquillo, sereno. Il mio corpo è pesante, e io sto bene”. Vi sono numerose varianti a queste frasi, ma l’essenziale è che siano frasi positive, sul “sentirsi bene” nel presente e non nel futuro (evitare di dire, ad esempio, “ed io starò bene”, ma dire “e io sto bene).
  3. Fase di visualizzazione positiva: vedersi mentalmente mentre ci si prepara negli spogliatoi, mentre si viaggia verso la destinazione, mentre ci si riscalda, mentre si combatte, e vedersi in tutte queste fasi esattamente come dovremmo essere: felici, rilassati, appagati di quello che stiamo facendo senza nessuna ossessione per il risultato, ma solo sentire il piacere di quello che stiamo vivendo. Nel combattimento, vedere i colpi fluire, vedersi padroni del proprio corpo e della situazione, vedersi al meglio di come possiamo essere. Nelle forme, vedersi muovere esattamente come vorremmo, vedere il proprio corpo che fluisce nel movimento, alternando velocità e rallentamento, pienamente padroni.
  4. Fase di visualizzazione negativa: vedersi mentalmente mentre ci si prepara negli spogliatoi in modo agitato e teso, con movimenti bruschi, osservarsi mentre si viaggia verso la destinazione, mentre ci si riscalda tesi e nervosi, mentre si combatte incapaci di fare quello che sappiamo fare, e vedersi in tutte queste fasi esattamente come non vorremmo essere: tesi, ossessionati per il risultato, nervosi. Nel combattimento, vedere i colpi che non partono, vedersi incapaci diparare e schivare, vedersi poco padroni del proprio corpo e della situazione, vedersi al meglio di come possiamo essere. Nelle forme, vedersi sgraziati, vedersi scivolare o sbagliare.
  5. Ritorno alla visualizzazione positiva: ripetere la fase di visualizzazione positiva
  6. Fase di meditazione: fermare qualsiasi intenzione di visualizzare o pensare qualcosa in particolare, lasciare che la mente vaghi, lasciare che i pensieri vadano e vengano, qualsiasi pensiero sia, lasciarlo venire, accettarlo, e lasciare che se ne vada e un altro lo sostituisca, sino ad arrivare ad un sentimento di rilassamento (in genere, arriva dopo alcune sessioni).
  7. Fase di ripresa: muovere lentamente mani e piedi, stirarsi ad occhi chiusi, rialzarsi lentamente, stirarsi ancora, riprendere a muoversi lentamente.

Questa sequenza è la prima che faccio svolgere nei miei corsi di training mentale e coaching. Ve ne sono molte altre che non possono essere descritte perche prevedono azioni fisiche che pratico sulla persona – compressioni, trazioni, e altre tecniche derivanti dalla psicologia organismica, che non possono essere facilmente descritte ma vanno provate su di sé per essere capite.

Al di la della tecnica che useremo, dobbiamo capire però la radice del problema: la generazione dell’ansia e la sua gestione.

L’ansia, uno dei mali più drammatici della società contemporanea, è stret­tamente correlata allo stress.

L’ansia è – nella nostra visione – il prodotto di un incremento di attivazione mentale (arousal) mixato ad emozioni negative (paura, angoscia, timore, apprensione). La sola attivazione mentale, di per se positiva, acquisisce nell’ansia sfumature negative e innesca un dialogo interiore tutto centrato sugli eventi negativi, producendo un “sequestro emotivo” della persona.

L’ansia può essere uno stato permanente o prodursi in relazione ad alcuni eventi scatenanti o trigger (eventi che l’individuo vede come problematici, es, parlare in pubblico, stare in situazioni pubbliche, o prendere un aereo, una galleria, o in ambiti sociali e nella vita di relazione).

Alcuni autori erroneamente espongono il concetto di “ansia positiva”, intesa come fonte di energie. In realtà è corretto trattare come fenomeno ipoteticamente positivo unicamente l’arousal (aumento dell’attivazione mentale), mentre l’ansia – espressa come un correlato tra attivazione ed emozioni negative – porta con sé numerosi rischi dal punto di vista psicoenergetico.

Si distingue nella letteratura tra:

  • ansia di stato (collegata ed eventi specifici, es., prendere l’ascensore), e
  • ansia di tratto (componente ansiosa più permanente, insita nella personalità dell’individuo, con componenti che possono essere sia di derivazione genetica che apprese durante la vita).

Il training psicoenergetico adeguato consiste in diverse linee di attacco:

Ü eliminare l’arousal connesso agli eventi scatenanti o trigger, tramite tecniche di rilassamento, refraiming cognitivo o ristrutturazione cognitiva; eliminare l’ansia situazionale nei contesti precisi in cui si presenta (es., prima di una lezione, prima di un discorso pubblico);

Ü associare gli eventi scatenanti o trigger ad emozioni positive, con una ristrutturazione cognitiva profonda, es. trasformare l’ansia da lezione in gioia per l’essere protagonista di una relazione d’aiuto, gioia del dare e dell’aiutare il prossimo a capire o a crescere; questo richiede smontare la componente competitiva insita nella prestazione didattica (io contro loro) e sostituirla con la componente della relazione di aiuto (io per loro);

Ü affrontare la componente ansiosa della personalità e quella appresa (ansia di tratto). Questo può richiedere di andare alla ricerca del disagio trans-generazionale (assorbimento di ansia dai genitori e altri referenti importanti nel passato della persona) e degli schemi mentali appresi che la producono e mantengono in vita. Quando sono stati appresi? Da chi? Come rimangono attivi? Quali relazioni personali e culturali la mantengono elevata? Quali abitudini dobbiamo sradicare? Quali inserire? Un lavoro profondo richiede anche la ricerca dei messaggi genitoriali o sociali assimilati che la alimentano (es.: devi riuscire a qualsiasi costo), delle credenze disfunzionali che vivono nella mente dell’individuo, e come virus mentali la danneggiano, dei prototipi cognitivi personali (relazioni tra valori, credenze, atteggiamenti) che la nutrono (es.: devi sempre essere perfetto altrimenti non vali).

Principio 4 – Ansia ed energie mentali

Le energie mentali diminuiscono o si esauriscono quando:

  • si innesca nell’individuo attivazione (arousal) associata ad emozioni negative, rispetto a compiti, situazioni, aspetti della vita o dell’esperienza;
  • l’individuo possiede una componente elevata di ansia di tratto (ansia caratteriale) assimilata durante la crescita o alimentata da prototipi di pensiero e credenze disfunzionali,  da modelli di pensiero assorbiti dai genitori o dalla società non localizzati e schermati;
  • l’individuo subisce ansia situazionale, e non pratica attività di riduzione localizzata tramite tecniche di rilassamento o altre forme di training;
  • l’individuo non affronta il fenomeno della propria ansia di derivazione trans-generazionale (trasmissione del disagio psichico) in modo sistematico;
  • l’individuo non ricerca ed affronta i propri prototipi cognitivi disfunzionali (sistemi di pensiero) produttori di ansia e gli stili di vita che la alimentano.

Le energie mentali aumentano quando:

  • l’attivazione (arousal) per azioni o eventi viene ripulita dalle componenti emotive negative;
  • l’individuo riesce a localizzare e ridurre l’ansia di stato (ansia legata a task specifici e situazioni specifiche);
  • vengono svolti con successo interventi di riduzione dell’ansia di tratto (elemento ansioso della personalità, ansia caratteriale);
  • vengono localizzati e riconfigurati i prototipi di pensiero che alimentano l’ansia e il disagio psichico, anche di fonte traumatica, transgenerazionale o culturale;
  • vengono praticate attività costanti e programmatiche di riduzione dell’ansia, con un programma specifico seguito professionalmente, volto anche alla rivisitazione dello stile di vita.

Dott. Daniele Trevisani

Note sull’autore:

dott. Daniele Trevisani (www.danieletrevisani.com), Fulbright Scholar, consulente in formazione aziendale e coaching (www.studiotrevisani.it) insignito dal Governo USA del premio Fulbright per gli studi sulla Comunicazione nel 1990, è Master of Arts in Mass Communication alla University of Florida e tra i principali esperti mondiali in Sviluppo del Potenziale Umano.

In campo marziale e sportivo, è preparatore certificato Federazione Italiana Fitness, praticante di oltre 10 diverse discipline, Maestro di Kickboxing, Sensei 8° Dan Sistema DaoShi® Bushido www.daoshi.it formatore di atleti e istruttori di Muay Thai, MMA, Kickboxing, Karate  (Kumite), Taekwondo, Full Contact, Sanda, K1, Autodifesa. E’ stato agonista negli USA nei trofei di Karate Open Interstile e campione universitario USA alla University of Florida.

Formatore e ricercatore in Psicologia e Potenziale Umano, è consulente NATO e dell’Esercito Italiano. Laureato in Dams-Comunicazione, è inoltre specializzato in Psicometria all’Università di Padova.

Ha realizzato docenze in oltre 10 Università Italiane ed estere, ed è il tra i principali formatori italiani nella formazione risorse umane, formazione formatori, coaching, formazione di manager, di istruttori e trainer.

Trasformarsi in un’arma

Di Daniele Trevisani www.studiotrevisani.it – Fulbright Scholar, esperto in Potenziale Umano, Psicologia e Formazione. Sensei 8° Dan Sistema Daoshi, Gruppo Facebook Praticanti di Arti Marziali e Sport di Combattimento in Italia

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© Articolo elaborato dall’autore, con modifiche, dal volume “Il Potenziale Umano” di Daniele Trevisani, Franco Angeli editore, Milano. Approfondimenti del volume originario sono disponibili anche al link www.studiotrevisani.it/hpm2

Questo articolo può essere copiato e riprodotto su siti web autorizzati, previa richiesta all’autore, purché sia mantenuta la citazione come segue: Articolo a cura di Daniele Trevisani, www.studiotrevisani.it – Non sono ammesse modifiche al testo.

Tecniche delle energie mentali e della motivazione: potenziare la mente nelle arti marziali e sport di combattimento, e il senso del “trasformarsi in un’arma”

La mente è il nostro organo più debole e forte allo stesso tempo. Può essere il migliore alleato di chi vuole vivere a pieno il suo viaggio nelle arti marziali e negli sport di combattimento. Ma occorre un metodo anche per coltivare le abilità mentali, e la coscienza profonda di cosa significa trasformarsi in un’arma

Esistono “tecniche” molto precise per il potenziamento delle facoltà mentali.

Queste tecniche – derise dagli ignoranti – vengono utilizzate da millenni nelle arti marziali e in diverse religioni, ma paradossalmente, proprio dalle arti marziali moderne sono via via sempre più dimenticate, per non parlare degli sport da ring dove vengono considerate superflue, salvo poi scoprire che un atleta ben preparato perde quasi sempre per motivi soprattutto psicologici e tattici, e non di forza muscolare.

Queste tecniche sono invece praticate al massimo livello dalla stragrande maggioranza dei vincitori olimpici in ogni disciplina. Ci sarà un motivo o no?

Caricare la mente

L’area più importante di analisi della psicoenergetica è la carica psicoenergetica. Sentirsi psicologicamente carichi è fondamentale.

L’aggettivo “psicoenergetico” si riferisce a ciò che nasce puramente da processi mentali o emozionali, e non da processi unicamente fisiologici.

Si tratta quindi di isolare l’energia autoctona dello spirito vitale, cercando di distinguerla da quella delle energie fisiche e biologiche. Un lavoro pionieristico e complesso su cui le conoscenze sono in fase davvero embrionale, lavoro difficile, ma per questo affascinante.

La carica psicoenergetica si riferisce alle energie psichiche che il soggetto riesce a produrre, separatamente dallo stato biologico e fisiologico.

Le energie mentali possono certamente essere condizionate dallo stato bioenergetico – ciascuno di noi può subire il condizionamento negativo che deriva dalla stanchezza, da un dolore fisico, dalla fame o sete, da uno squilibrio corporeo. Tuttavia, quando il corpo si trova in condizione di omeostasi, di relativa quiete, la componente mentale non è ferma. Essa può comunque trovarsi a fluttuare tra stati di carica energetica (positiva) o di mancanza di energia.

Il compito della psicoenergetica è di isolare i fattori che determinano queste fluttuazioni nella carica mentale, al di là del piano fisico. È necessario capire a quali fattori esistenziali si associano ai diversi livelli umorali, analizzare come ci si sente interiormente e come questo incide sulle nostre energie mentali.

Dobbiamo quindi analizzare prima di tutto i fattori di natura il più possibile isolata dalla condizione organismica fisica, quali l’autostima (ci sentiamo meglio o peggio ne vederci come artisti marziali o fighter?), l’autorealizzazione (ho un ideale di me stesso a cui puntare?), il desiderio di riscatto personale e di riscatto sociale (nelle arti marziali e sport di combattimento trovo la possibilità di esprimere ciò che in altri campi della vita non mi è possibile fare o non sono riuscito a fare?).

Quando – durante un anno di allenamento, o una giornata – ci si sente realizzati, motivati, sicuri di sé o piuttosto afflitti e avviliti? Quanto spesso demotivati, frustrati, o invece grintosi e forti? Questo incide certamente sulle energie totali dell’individuo e su questo punto si gioca larga parte dello sviluppo del potenziale umano.

Fissare come vorremmo essere: il sé aspirazionale come motore del nostro potenziamento

Un esercizio fondamentale di visualizzazione, che pratico con alcuni praticanti selezionati, è un esercizio di visualizzazione mentale. Iniziare a “vedere” mentalmente se stessi “come se fossimo e ci muovessimo nel modo che rappresenta davvero il mio ideale…”. Una variante, è visualizzare lo stato di forma fisica, una “fotografia mentale” di come vorremmo essere fisicamente, che funge da ancoraggio mentale per i nostri sforzi e il nostro impegno. Una variante ulteriore, è “vedersi in movimento” mentre si svolge una forma o un combattimento, sia nel modo peggiore possibile, che nel modo migliore possibile, poi discutere in gruppo che cosa esattamente c’è di diverso tra la variante “negativa” e goffa, e quella “positiva” o ideale.

Molto spesso in questi esercizi viene veramente fuori qualcosa di fondamentale: i punti specifici sui quali dover lavorare per migliorarsi.

Sul piano fisico, se riusciamo a fissare con forza, con estrema forza, un’immagine mentale fisica (il sé aspirazionale fisico), che rappresenta un nostro ideale, e fissarlo con decisione come un punto di arrivo, questo diventerà un “motore psicologico” fortissimo.

Sul piano mentale, se riusciamo a fissare con forza, con estrema forza, un’immagine mentale di come vorremmo sentirci, in allenamento o in gara (il sé aspirazionale psicologico), e fissarlo con decisione come un punto di arrivo, questo diventerà un “motore psicologico” fortissimo per allenarsi e “tendere” verso quello stato. Naturalmente questo deve essere uno stato positivo, qualcosa che ci faccia sentire bene.

A quel punto il dubbio se andare o non andare in palestra o nel Dojo la sera, o quando siamo stanchi, troverà un nemico potentissimo, l’immagine mentale “aspirazionale” che abbiamo di noi stessi e a cui vogliamo tendere. Questo fatto, oltretutto, è nemico mortale di un pericolo altrettanto mortale: la perdita di senso e di motivazione. Quando abbiamo fissato cosa vogliamo diventare, e verso cosa tendere, questa immagine mentale riempie di senso ogni nostra giornata, o ogni nostra attesa del prossimo allentamento, che diventa un “traghetto” verso quello stato ideale.

Sul “Trasformarsi in armi”

Esiste poi un altro punto fondamentale: noi non giochiamo a calcetto o a bocce. Impariamo arti che – senza tanti giri di parole – sono nate storicamente o per uccidere, o per difendersi, o per difendere altri.

Facciamo di queste arti un percorso di crescita personale, cerchiamo la componente mistica, trascendentale, e filosofica di questo percorso, e senza questa saremmo solo degli animali, ma non dobbiamo mai dimenticare l’origine vera del mondo marziale: combattere, diventare armi.

Su questo, vorrei esprimere il pensiero di un Samurai Naganuma Muneyoshi (1635-1690), che ha espresso molto meglio di quanto riuscirò mai a fare io, la sua opinione su questo fatto, del “trasformarsi in armi”.

Le armi sono strumenti di sventura.

La guerra è una faccenda pericolosa.

Se viene usata per risolvere i problemi del mondo ed eliminare la sofferenza della popolazione, è una guerra giusta.

Attaccare città che non si sono macchiate di alcuna colpa e uccidere persone innocenti è una guerra di rapina.

I predoni non vedono l’ora di mobilitarsi, mentre gli uomini nobili lo fanno solo quando è inevitabile.

Credo che sia chiara la coscienza che nessuno deve mai fare del male gratuitamente, il bullismo di chi si sente forte perché artista marziale o fighter è da ignoranti e va punito e perseguito come una piaga sociale, ma per i puri di cuore le armi sono strumenti di bene, non vanno usate se non come risorsa ultima, e solo per cause davvero nobili.

Credo che il senso del tutto sia sapere quanto e quando sia positivo diventare un arma che – pur nella nostra limitatezza di singole persone – può dare un contributo a risolvere i problemi del mondo e lottare contro la sofferenza, e mai si scaglierà contro bersagli sbagliati o innocenti.

Un arma che si tiene affilata, lubrificata, preparata, pur sapendo e sperando di non essere mai usata, ma che se occorresse, e – come sostiene Muneyoshi – solo quando è inevitabile, saprà fare ciò per cui si allena, e non si girerà dall’altra parte.

Dott. Daniele Trevisani

Note sull’autore:

dott. Daniele Trevisani, Fulbright Scholar, consulente in formazione aziendale e coaching in www.studiotrevisani.it – insignito dal Governo USA del premio Fulbright per gli studi sulla Comunicazione e Psicologia, è Master of Arts in Mass Communication alla University of Florida e tra i principali esperti mondiali in Sviluppo del Potenziale Umano.

In campo marziale e sportivo, è preparatore certificato Federazione Italiana Fitness, praticante di oltre 10 diverse discipline, Maestro di Kickboxing, Sensei (8° Dan DaoShi® Bushido), formatore di atleti e istruttori di Muay Thai, Kickboxing e MMA. E’ stato agonista negli USA nei trofei di Karate Open Interstile.

Ha realizzato docenze in oltre 10 Università Italiane ed estere, ed è il tra i principali esperti italiani nella ricerca sul potenziale umano e formazione.

Liberarsi dall’apnea psicologica: attivare e potenziare le energie mentali, agire sullo stato psicoenergetico e la preparazione psicologica in chi pratica arti marziali e sport di combattimento

Di Daniele Trevisani www.danieletrevisani.com – Fulbright Scholar, esperto in Potenziale Umano, Psicologia e Formazione per le Arti Marziali e di Combattimento. Sensei 8° Dan Sistema Daoshi http://daoshi.wordpress.com/ – Gruppo Facebook Praticanti di Arti Marziali e Sport di Combattimento in Italia

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© Articolo elaborato dall’autore, con modifiche, dal volume “Il Potenziale Umano” di Daniele Trevisani, Franco Angeli editore, Milano. Approfondimenti del volume originario sono disponibili anche al link www.studiotrevisani.it/hpm2

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© Daniele Trevisani

Jules: Per me è troppo stare insieme a te!

Hilary: Fammi capire… stare con me è troppo cosa?

È… troppo divertente? O troppo intenso? Troppo bello?

Jules: Richiede troppa energia.

Dal film: A time for dancing, di Peter Gilbert

Ricordo perfettamente gare di Karate full contact negli “Open Tournaments” negli USA ad inizio anni 90. Molto simili ai tornei che si vedono nei film di “Karate Kid”, tanto per dare un’idea. In quella gabbia di matti, potevi incontrare chiunque, di qualsiasi disciplina, di qualsiasi livello tecnico, c’erano persone che vivevano e dormivano in palestra, li ho incontrati davvero. Eccitante, emozionante, sfidante… ma… c’è un “ma” che spesso tendiamo a nascondere, e adesso voglio parlare proprio di quel “ma…” quel “ma…” che è diventata per me una missione di studio e di insegnamento…

Facevo sia Full che Taekwondo (stile Moo Duk Kwan a contatto pieno) all’epoca, avevo già 2 cinture nere, e la mia specialità erano i calci alti e girati, ero tra i migliori davvero, in allenamento, in riscaldamento, nell’insegnamento nel piccolo club di emarginati in cui insegnavo ai ragazzi cubani, nella cittadina calda e sudata di Gainesville, Florida.

Piccolo e assurdo problema: in combattimento non tiravo calci. Sembrava che mi avessero amputato le gambe, uscivano solo colpi di braccia. E tutti a dire… ma perché non tiri i tuoi calci? La risposta…  non l’avevo neanch’io…. Semplicemente, non uscivano. Davvero, avevo i  piedi incollati al suolo… da un colla che non capivo… una colla in combattimento, un’apnea mentale che mi impediva di respirare a pieni polmoni la gioia di quei momenti speciali.

In quegli istanti di contatto con la vita, che non tornano più, se hai la mente libera puoi toccare il cielo con un dito, anche se perdi, non importa. Hai vissuto qualcosa, hai incontrato te stesso e le tue possibilità, ti sei misurato con lealtà… sei stato vivo… ma se seri annebbiato e la mente si fa confusa, questa magia svanisce. Le mie 2 cinture nere, le mie 4 ore di allenamento al giorno, non valevano più niente, se la mente non era libera…

I miei precedenti preparatori non mi avevano mai parlato del concetto di training mentale, e di allenamento psicoenergetico. Semplicemente, pensavano che più colpi tiravo in allenamento più sarei riuscito a tirarne in gara. Bugia, estrema bugia, detta non volontariamente, ma per mancanza di conoscenza.

Oggi, dopo 20 anni, so una cosa, e di questo voglio fare partecipi tutti.

Raggiungere il proprio potenziale non è solo materia muscolare o di sviluppo fisico. Anzi, vi sono attività nelle quali il supporto biologico e fisico è soprattutto latente, agisce in background, e predomina ampiamente la presenza di energia mentale e motivazionale, oltre alla la capacità di ripulirsi dai rumori di fondo psicologici che ci ostacolano nell’essere ciò che possiamo essere.

Durante le mie gare, e soprattutto prima, ero sopraffatto da rumori di fondo psicologici che mi assorbivano completamente, impedendomi di essere me stesso. Per dare 100 in gara, dovevo prepararmi per 1000. … Intanto, i calci che sapevo benissimo di poter fare, non uscivano lo stesso.

Come abbia fatto a vincere comunque dei tornei risiede solo nel fatto di essere arrivato ad allenarsi 365 giorni l’anno per oltre 10 anni, ma è come usare un Caterpillar per sollevare una pianticella in giardino.

Oggi nessuno deve più vivere nel regno dell’ignoranza, della materia fisica dimenticando quella spirituale. Le conoscenze devono uscire allo scoperto. E non vale solo per le Arti Marziali e gli sport di combattimento. La preparazione mentale vale per tutte le arti.

Tra queste, le professioni prettamente intellettuali, o la prestazione didattica-educativa, o ancora le micro-prestazioni quali gestire una riunione tra manager, o l’atto dell’ascoltare un cliente, un collega, un familiare. In tutte queste situazioni, e in molte altre, le energie mentali sono fondamentali.

Anche nelle prestazioni più prettamente fisiche, come correre, lottare, combattere, o saltare, il grado di motivazione e le energie mentali addizionali, ma soprattutto la pulizia mentale, possono fare la differenza tra una prestazione standard e una prestazione eccellente. La voglia di fare è più potente di qualsiasi integratore.

La capacità di tenere fuori i rumori psicologici è più potente di qualsiasi sostanza.

Le energie mentali si attivano ampiamente sul fronte delle relazioni interpersonali. Anche stare con una persona richiede energie. Nei rapporti umani vi sono storie che logorano e consumano energie, altre che ne danno, altri ancora che innescano forti flussi di scambio reciproco, e numerose sfumature intermedie. Servono energie anche per incontrare le persone.

In ogni attività umana la componente fisica rimane importante ma comunque il supporto biologico non è condizione sufficiente ad esprimere performance: è una condizione necessaria, ma non l’unica parte della ricetta.

Le attivazioni fisiche sono diverse, impegnando maggiormente il sistema cognitivo e relazionale nell’attività manageriale, e il sistema muscolare e respiratorio nel caso di azioni ad alta fisicità. Tuttavia, nessun manager può permettersi di non respirare, e nessun pugile può permettersi di non pensare. Sono dati di fatto. Corpo e mente funzionano bene solo in sinergia.

Mentre il supporto bioenergetico è decisamente variabile, il supporto motivazionale deve essere presente in ogni situazione nella quale si richieda sforzo, impegno, dedizione, presenza mentale.

Il senso della psicoenergetica è quindi orientato a cogliere la componente non fisica della performance e del wellness.

La prestazione umana è ampiamente condizionata dal fatto di sentirsi “su di morale” o “giù di morale”, pieni di “voglia di fare” oppure svuotati, “carichi” o “scarichi”. Una scarsa condizione psicoenergetica si traduce in senso di stanchezza psicologica, apatia, perdita di vitalità, incapacità di reagire o di fare.

Si nota anche nella riduzione di performance tra il “fare tranquillo” e il “fare in condizioni di stress”, dove non ci riconosciamo più.

Esistono certamente collegamenti importanti tra energie biologiche e energie mentali. Ad esempio, la condizione di insufficienza di zuccheri e di ossigeno nel sangue conduce ad una diminuzione della capacità di ragionamento. Il nutrimento biologico della mente è indispensabile per farla funzionare. Ma se la benzina è di scarsa qualità, il motore andrà male.

I tentativi goffi di accrescimento delle energie mentali agendo esclusivamente tramite la via biochimica, dimenticando il lato esistenziale, sono distruttivi. Gli interventi chimici vanno distinti da quelli esistenziali.

Curare l’infelicità con le medicine, o generare motivazione o tranquillità mentale con una pillola non sono lo scopo di una via umanistica per le performance e il potenziale.

Ridurre tutto a chimica e fisica (riduzionismo psicofisiologico), impedisce di ragionare seriamente sul piano spirituale della vita. Negare un livello di valutazione esistenziale e filosofica dell’essere umano impoverisce l’analisi.

I rimedi farmaceutici finalizzati a risolvere il fattore “energie mentali” su un piano puramente biologico (sostanze psicoattive e psicofarmaci) sono da tempo considerati approcci insufficienti. Sono utili a spegnere incendi, non a creare felicità vera, lavorano sul sintomo e non sulla radice esistenziale di un disagio o della motivazione. E nemmeno possono durare a lungo.

Come evidenzia Jung, è molto riduttivo accettare una concezione materialistica…

secondo la quale la psiche sarebbe il prodotto delle secrezioni del cervello, come la bile lo è del fegato. Una psicologia che concepisca ciò che è psichico come un epifenomeno farebbe meglio a chiamarsi “fisiologia cerebrale” e ad accontentarsi dei modestissimi risultati che offre una psicofisiologia del genere[1].

Un’eccellente condizione psicoenergetica vede la persona lucida, “su di morale”, carica di energia, capace di tenere fuori dal campo l’ansia da prestazione, e – nel campo professionale – creativa, concentrata, produttiva, più saggia, meno vittima degli umori, e, nel campo fisico, desiderosa di esprimere tutto il suo corpo nell’azione, vogliosa di fare, di sudare, di correre, saltare, lottare, muoversi, e di amare.

Le stesse attività che possono dare gioia (es.: correre, nuotare, giocare, fare una vacanza, stare con amici) diventano fonte di dolore se affrontate con livelli di energie mentali basse e in condizioni di umore negativo.

Per me il tempo che precedeva la gara anziché diventare piacere era dolore, e questo dolore consumava tutto quello che potevo dare. Ero in apnea psicologica e tornavo a respirare solo dopo la gara. Nessuno mi aveva insegnato a gestire questo dolore e questa apnea psicologica e a capire da dove veniva.

Oggi, con i miei agonisti, pratico tecniche di Training Mentale e riduzione dello stress psicologico sia in allenamento, che nel pre-gara, ricorrendo soprattutto alle tecniche di visualizzazione (Visual Imagery), alla respirazione Pranayama, e alla bioenergetica.

Ma per conoscerle, sono dovuto uscire dal territorio in cui mi muovevo, ho dovuto muovermi in territori a me prima sconosciuti. Ho dovuto imparare a capire concetti come “ansia di stato” e “ansia di tratto” che si studiano in genere solo in campo clinico, mentre solo dopo ho capito quanto fossero importanti per chi si applica nei nostri sport. E non basta conoscerli, bisogna poi lavorarvi sopra, e non è facile. E poi.. visto che di apnea mentale si trattava..

..ho iniziato davvero a studiare cosa fanno gli apneisti prima di immergersi.

Ho contattato e lavorato, su di me, con l’allenatore della Nazionale Italiana di Apnea, Prof Lorenzo Manfredini, psicologo e psicoterapeuta, che ha allenato tra l’altro il Campione del Mondo Umberto Pellizari, e che dal 2001 (e stiamo ancora continuando = non si finisce mai di imparare) mi ha insegnato tecniche che ora pratico con i miei allievi e insegno nei miei seminari anche ad ufficiali dell’Esercito. Non è un caso se ora lui è nel comitato scientifico del Daoshi, la disciplina di insegnamento marziale che racchiude tutto ciò che ho appreso in questi 25 annni, così come lo sono persone che non praticano Arti Marziali, come un Comandante di Marina che insegna ai miei istruttori Leadership. Dobbiamo aprirci agli altri mondi, in caso contrario, predichiamo apertura e pratichiamo chiusura.

E allora? che implicazioni ci sono per chi insegna Arti Marziali o sport da Ring?

Sviluppare energie mentali elevate e addestrare la mente diventa il nostro obiettivo primario, ancora più sfidante rispetto al piano di lavoro delle energie fisiche, poiché lo stato di avanzamento delle conoscenze scientifiche sul funzionamento della mente è meno evoluto rispetto a quello sul corpo.

Il lavoro sulle energie mentali può essere avviato in un coaching ma diventa poi responsabilità della persona farlo diventare normalità, con un impegno essenzialmente quotidiano, continuativo, determinato dalla volontà di una progressione. Come evidenzia un classico di Jung:

Per progressione s’intende anzitutto l’avanzamento quotidiano del processo psicologico di adattamento. Come è noto, l’adattamento non si raggiunge mai una volta per tutte…[2].

Jung affronta, già nel 1928[3], i problemi dell’energia mentale, cercando (almeno concettualmente) di distinguere l’energia vitale dalla forza vitale. Secondo Jung l’energia vitale rappresenta un concetto soprattutto biologico, mentre la forza vitale sarebbe una specificazione di un’energia universale.

Possiamo o meno essere d’accordo, tuttavia il lavoro pionieristico di Jung avanza temi di frontiera e pone domande ancora non risposte, sulle connessioni tra energie biologiche e mentali, e su come accrescere l’“energia vitale”.

Ciò che sappiamo è che le energie mentali elevate non sono analizzabili in modo riduzionistico (solo biologicamente): esiste il tema delle condizioni esistenziali (e non solo biologiche), ad esempio una buona autostima e la fiducia in sé, il supporto degli altri, avere vicino persone sincere che ci apprezzano anche nei nostri difetti e non ci giudicano in continuazione, o il giocare un ruolo che si sente a pieno come proprio, tratti che non vogliamo esaminare solo sotto il profilo biochimico ma richiedono un intervento di analisi esistenziale.

Dobbiamo quindi comprendere che lo sviluppo delle energie mentali richiede il frutto congiunto di una analisi fisica delle condizioni biologiche dell’organismo (condizione bioenergetica) abbinata ad una analisi esistenziale dell’individuo.

Non insegniamo solo tecniche, non trattiamo solo con carne e muscoli. Il nostro lavoro sulla mente dei ragazzi, il nostro aiutarli a diventare pienamente sereni, creativi, generosi, buoni, ottimisti, persone non schiave del sistema e che pensano da sole… liberi di essere il massimo che possono essere, è una sfida al tempo stesso enorme, entusiasmante ed eroica, perché lavora sul cuore pulsante dell’uomo, la liberazione dalle catene che ci impediscono di essere ciò che potremmo.

Dal più profondo del mio animo, spero di essere con voi in questo sforzo eroico.

Dott. Daniele Treviani

Note sull’autore:

dott. Daniele Trevisani (www.danieletrevisani.com), Fulbright Scholar, consulente in formazione aziendale e coaching (www.studiotrevisani.it) insignito dal Governo USA del premio Fulbright per gli studi sulla Comunicazione nel 1990, è Master of Arts in Mass Communication alla University of Florida e tra i principali esperti mondiali in Sviluppo del Potenziale Umano.

In campo marziale e sportivo, è preparatore certificato Federazione Italiana Fitness, praticante di oltre 10 diverse discipline, Maestro di Kickboxing, Sensei (8° Dan DaoShi® Bushido), formatore di atleti e istruttori di Muay Thai, Kickboxing e MMA. E’ stato agonista negli USA nei trofei di Karate Open Interstile.

Formatore e ricercatore in Psicologia e Potenziale Umano, è consulente NATO e dell’Esercito Italiano. Laureato in Dams-Comunicazione, è inoltre specializzato in Psicometria all’Università di Padova.

Ha realizzato docenze in oltre 10 Università Italiane ed estere, ed è il tra i principali esperti italiani nella ricerca sul potenziale umano, nella formazione di manager, di istruttori e trainer per le discipline marziali e di combattimento.


[1] Jung, C. G. (1928), Energetica Psichica, Boringhieri, Torino, p. 48 (traduzione italiana, edizione 1970), p. 20.

[2] Ivi, p. 48.

[3] Ibidem.