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La riformulazione è una tecnica di ascolto attivo che permette di rielaborare il contenuto di un messaggio.

Per la precisione si tratta di un gruppo di tecniche che consistono in interventi che non interpretano mai le parole dette dall’interlocutore.

In pratica l’ascoltatore rimanda all’interlocutore dei segnali che, come veri e propri specchi, riflettono ciò che egli ha appena detto, senza alterare la costruzione del discorso o la situazione psicologica in cui esso avviene.

La riformulazione

Cosa esprime la riformulazione:

  • la capacità di ascolto e accoglienza;
  • la capacità di focalizzarsi sull’interlocutore;
  • il rispetto completo per il suo vissuto;
  • la capacità di facilitare la sua libera comunicazione.

Le tecniche di rispecchiamento sono strumenti di rinforzo del sé dell’altro. Hanno infatti il potere di creare un clima socio-affettivo caloroso e rassicurante. Tale clima consente alla persona che sta parlando di ricevere continui feedback che lo inducono a riflettere su di sé, sulle affermazioni ed i pensieri espressi. L’interlocutore si sente realmente ascoltato ed accettato. [1]

MECCANISMI DI ASCOLTO ATTIVO PER ACCERTARSI CHE LA COMPRENSIONE SIA CORRETTA

1.Riformulazione: riformulo quanto ho capito e lascio che l’interlocutore mi corregga su quello che diverge

2.Sintesi e recap: Ricapitolo quanto ho capito in sintesi e chiedo se è corretto.

3.Riverbero o eco: una riformulazione più ampia che prende intere categorie, tra queste:

  • Riverbero dei dati: fare la somma di tutti i dati sentiti,
  • Riverbero emotivo: fare la somma di tutte le emozioni percepite e a cosa sono associate
  • Riverbero della mappa di credenze: fare la somma di tutte le credenze percepite, che restituisce il “modo di vedere le cose” della persona.[2]

[1] https://brescia.unicusano.it/universita/tecniche-di-ascolto-attivo/

[2]  TrevisaniD. Ascolto attivo ed empatia. I segreti di una comunicazione efficace. Franco Angeli, Milano, 2019

Temi e Keywords dell’articolo:

  • Riformulazione
  • Ascolto attivo
  • Tecniche di ascolto attivo
  • Tecniche di rispecchiamento
  • Capacità di ascolto
  • Capacità di focalizzazione
  • Feedback
  • Ascolto
  • Accettazione
  • Sintesi
  • Recap
  • Riverbero
  • Riverbero dei dati
  • Riverbero emotivo
  • Riverbero della mappa di credenze

© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategic selling. Psicologia e comunicazione per la vendita consulenziale e le negoziazioni complesse”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

Il livello di relazione ed il suo sviluppo

L’avvio di un rapporto può essere basato sul concetto di “prova” nel quale il fornitore viene testato o ad un formato di “seduzione” nel quale si avvia un avvicinamento progressivo.

In pochi o rari casi un fornitore passa dall’essere un perfetto sconosciuto allo status di “fornitore ufficiale”, “fornitore di fiducia”, o “fornitore di riferimento”.

Il nostro obiettivo è quello di percorrere la strada che passa dall’essere estranei al sistema cliente al diventare il suo punto di riferimento per una intera categoria di bisogni.

Esiste una forte differenza tra essere venditore di prodotti o fornitore di un prodotto “una tantum” ed essere “il riferimento” per un cliente.

Dobbiamo quindi esplorare quale livello di relazione cercano gli interlocutori, entrando all’interno del Sistema Motivazionale (SM) del cliente

Dobbiamo chiederci:

  1. quali sono le possibili configurazioni del rapporto
  2. quali le possibili evoluzioni.

Alcune tipologie di rapporto:

  • copertura di una esigenza momentanea,
  • ricerca di un allargamento del parco fornitori ma senza mettere in discussione il fornitore attuale primario,
  • assaggio di una novità ma senza intenzioni di continuità con il fornitore precedente,
  • ricerca di un partner di continuità,
  • bisogno di un partner di continuità con capacità anche di comakership,
  • bisogno di un partner di continuità, comakership e R&D congiunta, estremamente integrato nella catena del valore,
  • ricerca di un “pollo da spennare” per ottenere Ricerca e Sviluppo gratis dal fornitore,
  • ricerca di un puro benchmark di prezzo o di qualità.

Principio 1 – Capacità di cogliere il grado di relazione ottimale e svilupparne il percorso

Il successo della vendita consulenziale dipende:

  • dalla capacità di capire quale grado di relazione sia auspicabile avviare per l’azienda venditrice;
  • dalla capacità di capire quale grado di relazione sia desiderato dall’azienda cliente;
  • dalla capacità di negoziare la relazione ancora prima della vendita;
  • dalla capacità di far evolvere la relazione (percorso della relazione).

La vendita consulenziale deve appurare se esistono condizioni per il successo reciproco – condizioni win-win – partendo sia dai dati disponibili che dagli atteggiamenti.

Le condizioni lose-win – in cui l’azienda venditrice va incontro a trappole o perdite sia economiche che di know-how – devono essere attentamente scrutinate e colte, prima che possano arrecare danni profondi, come la perdita di know-how, erosione di impegno, tempo e denaro.

In ogni comunicazione dobbiamo analizzare attentamente il livello di relazione ricercato, i segnali di fiducia (trust-signals) e di sfiducia (distrust-signals) in essa contenuti, che danno spessore alle ipotesi in costruzione.

Inquadrare la vendita complessa attraverso il metodo Action Line Management

Modello e sequenza ALM:

  1. Scenari
  2. Mission
  3. Marketing Mix – Value Mix
  4. Action Line
  5. Front Line

Il modello ALM invita tutti nell’impresa, il venditore consulenziale, il commerciale, il responsabile marketing sino all’amministratore delegato.

Chiunque ha impatto sul cliente deve porsi una serie di domande, che presuppongono altrettante consapevolezze sui 5 punti della sequenza ALM.

Appropriarsi della parte, per un venditore consulenziale, significa essere pienamente consapevole di tutta la sequenza ALM dell’impresa: i suoi scenari, la sua missione, il suo mix di valori, le sue tattiche, le sue comunicazioni. 

Diventano quindi importanti:

  1. domande di scenario e consapevolezze di scenario: cosa accade nel settore, cosa stanno facendo i concorrenti, quali trend hanno impatto su di noi, quali sono i nostri punti di forza e di debolezza;
  2. domande sulla missione e consapevolezza della mission: cosa facciamo, perché lo facciamo, quali bisogni di base cerchiamo di risolvere nel cliente (BSS – Bisogno Sottostante Servito), dove sono i confini della nostra missione, cosa ci accomuna e cosa ci differenzia da altri competitors. Domande sull’organizzazione e sulla sua struttura interna: come si differenziano i ruoli aziendali, sono chiare le differenze, esistono possibili confusioni organizzative e di ruolo di cui il cliente può accorgersi e che dovremo essere chiamati a pagare o cui dovremo cercare di rimediare?
  3. domande sul marketing mix e value mix: il marketing mix (caratteristiche dei prodotti e servizi, sistema dei prezzi, sistemi di distribuzione e vendita, comunicazione e promozione) racchiude le leve di marketing usate dall’impresa per portare valore al cliente. La nostra missione in quali prodotti e servizi si concretizza? Quali sono le caratteristiche, vantaggi, benefici e unicità (CVBU) dei nostri prodotti e servizi? Dove si concentra il valore? Quali sono i CVBU dell’intero marketing mix, i CVBU nel sistema di pricing, il CVBU del sistema distributivo, il CVBU della nostra immagine e della nostra comunicazione? Il venditore consulenziale deve conoscere attentamente il value mix di cui dispone, il mix di valore che possiamo erogare al cliente – il quale nasce dalla somma e interazione delle diverse caratteristiche, vantaggi, benefici e unicità che la nostra azienda può produrre.
  4. Domande sulle nostre action-lines: come ci prepariamo per incontrare il cliente? Abbiamo la strategia relazionale adeguata? È sottoposta a sperimentazione, prove, verifica, autocritica o feedback?
  5. Domande sul front line: che stile di comunicazione percepisce in noi il cliente? Che dissonanze comunicative può cogliere? Su quali diversi punti di contatto si dispiega il nostro front-line? Presidiamo tutti i possibili punti di contatto alla ricerca di una qualità totale nella nostra comunicazione o qualcosa rimane scoperto?

Il punto essenziale qui trattato è la consapevolezza del venditore o negoziatore sui punti critici del proprio sistema-impresa.

Il venditore consulenziale non è un burattino inconsapevole mosso da fili che non conosce, ma un vero e proprio “attore di ruolo”, nel senso che “agisce” in un testo che deve conoscere molto bene e deve interpretare un ruolo in modo molto consapevole, non robotizzato. 

Diagnosi del cliente: la sequenza ALM

Idealmente, la vendita consulenziale e la vendita complessa devono interessarsi del cliente e non vendere ad un soggetto fantasma.

Il comportamento da adottare è il contrario del “mettere su il disco” della vendita e consiste nell’applicarsi in un ascolto attento, partecipe, empatico, forte, analitico.

L’ascolto deve essere praticato anche quando il cliente “decentra” rispetto all’esplorazione delle problematiche. Se non poniamo attenzione al ricentraggio dei temi conversazionali che contano, cadremo presto nella strategia della controparte ben formata : buyer professionale che consiste nel “far scoprire” il venditore e trovarne le lacune, per poi utilizzarle contro di esso.

Quanto più potenziale esiste nel cliente, tanta più attenzione occorre dare nell’analisi. In una analisi accurata è necessario applicare attenzione a numerosi punti, in particolare occorre presidiare e diagnosticare:

  • gli scenari del cliente: che fase vive il cliente, a quali forze e pressioni è sottoposto, che implicazioni e vincoli ci sono sui suoi acquisti; che punti di vulnerabilità ha oggi sul mercato?
  • la mission del cliente e la sua organizzazione: cosa cerca in profondità il cliente, a quali target attuali si dirige, a quali nuovi target punta; come possiamo aiutarlo a raggiungere la sua mission e i suoi obiettivi?
  • il value mix del cliente: in cosa desidera fare la differenza, in quali aspetti del prodotto, del servizio, o dei prezzi, della distribuzione, o di immagine;
  • le action lines del cliente: riguarda sia le linee di azione che adotta verso i clienti, che le linee di azione che adotta verso i fornitori. Che strategia applica verso i clienti? Che strategia relazionale applica verso i fornitori e in particolare verso di noi?
  • Il front-line del cliente: come comunica il cliente al suo mercato e ai suoi clienti? Con quale posizionamento e stile? Quali canali usa? Quali messaggi lancia, ma soprattutto, quali vorrebbe lanciare?

Capire questo ultimo punto è essenziale in termini di vendita consulenziale: se la fornitura riesce a diventare un tassello fondamentale del messaggio che il cliente desidera lanciare al proprio mercato, essa aumenta considerevolmente di valore.

Passare da una vendita stereotipata ad una vera espressione di sè

Tra venditore classico e venditore consulenziale notiamo la stessa differenza che esiste tra attore “recitativo” (che impara a memoria un testo) e attore vero (colui che “diventa” un personaggio).

Riferendoci al metodo sviluppato da Stanislavskij per la formazione dell’attore, notiamo questa importante somiglianza:

Tra gli elementi più duraturi degli insegnamenti di Stanislavskij, quello riguardante l’attore è senz’altro il più importante.

Attore non è più solo colui (o colei) che su un palcoscenico interpreta un personaggio. Attore è un professionista della recitazione, che pone il suo salire sul palcoscenico come atto finale di un percorso di appropriazione della “parte”. 

Ciò non consiste solo nell’imparare a memoria le battute e le azioni da compiere, ma soprattutto in un lavoro di composizione del personaggio. 

L’attore non è chiamato a riprodurre pigramente delle “maschere”, ma a “comporre” un personaggio in tutto il suo spessore, psicologico e fisico.[1]


[1] Failla, Barbara (2005), Il sistema Stanislavskij. In: Antenati, storia delle letterature europee. Pubblicato in www.girodivite.it, marzo 2005.

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online

© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategie di comunicazione e marketing. Un metodo in 12 punti per campagne di comunicazione persuasiva”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

I punti chiave che determinano il successo di una campagna

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Le persone non comprano prodotti e servizi, ma relazioni, storie e magia
Seth Godin

Esponiamo di seguito la struttura di una campagna di comunicazione utilizzabile per un approccio organizzato al Communication Planning.

  1. Titolo: una buona campagna deve avere un titolo, una sigla o acronimo che permetta di identificarla. Dare un titolo significativo è uno dei primi e più trascurati problemi di management comunicativo
  2. Problem Setting,  Situation Analysis – Mission e Obiettivi (P.S.M.): Ogni campagna deve agire su problemi o obiettivi, è quindi necessario passare da definizioni vaghe o imprecise ad una esatta definizione del problema che genera il bisogno di fare una campagna o attività
  3. Team di progetto: Definire il Project Leader, i membri del team, i loro confini di ruolo, il loro motivo di inclusione nella campagna e le attese nei loro riguardi
  4. Partners: quali enti o associazioni o aziende coinvolgere, chi può collaborare e portare contributi? Come incoraggiare e motivare i partners? 
  5. Target Audience Primarie: quali sono i destinatari principali? Se si tratta di una campagna di comunicazione, a chi vogliamo comunicare, per ottenere o cambiare cosa?
  6. Target Audience Secondarie: a chi altri è necessario comunicare per rinforzare il risultato o renderlo possibile. Esistono influenzatori e opinion leaders che dovremmo “toccare”?
  7. Communication Goals: passare da un generico obiettivo ad un goal misurabile permette di fissare le azioni sul campo e valutare la qualità delle strategie. La fissazione dei goals richiede la produzione di variabili-target (su cosa voglio vedere effetti) e proposizioni dettagliate di risultato. Es, numero di click, cambiamenti nella percezione, numero di vendite attivate nel periodo di campagna… qualsiasi obiettivo può essere fissato purché misurabile o inquadrabile.
  8. Message Strategy, “Narrative Strategy”, “Storytelling” (“Battle for the Narratives”): La strategia del messaggio si pone il problema di quale sia la stimolazione adeguata, quali messaggi inviare e perché. Quale “storia” si sta veicolando? Contro quale storia alternativa stiamo combattendo? Es., la “storia” che ci vuole azienda locale che deve limitarsi ai piccoli clienti locali vs. la storia di un’azienda artigiana di lusso in grado di servire ogni cliente nel mondo? La storia che siamo una multinazionale cattiva che fa del male al mondo o la storia che siamo un’azienda che studia prodotti che possono cambiarlo questo mondo? Esistono poi le auto-storie, le auto-rappresentazioni: come ti vedi, come vedi te stesso, e come questo incide su quanto racconti, su come comunichi? E come cambiare in meglio? Ogni comunicazione ha dietro di se una storia ed è sempre in corso una “battaglia” per quale storia avrà il sopravvento. Di questa storia, di questo messaggio, chi ne sono i protagonisti? Problemi concreti diventano: quale stile di comunicazione utilizzare (es: ironico, poetico, manageriale, informativo, emotivo…), quali argomentazioni, quali informazioni inserire, come organizzare le parti del messaggio, il timeline della comunicazione, e quindi il tipo e struttura del messaggio. Far uscire la “storia” giusta significa fare una buona pianificazione della psicologia del messaggio, base di ogni risultato.
  9. Channel Strategy – per far sì che il messaggio arrivi è necessario ricorrere a canali comunicativi, siano essi persone, mass media o canali social, direct marketing, mailing, fiere, eventi, convegni, incontri fisici, o elettronici e online, videoconferenze e ogni altro media che emergerà in futuro, senza mai dimenticare il media più antico, l’incontro umano (tecnicamente chiamato Key Leader Engagement quando applicato alla comunicazione persuasiva). È necessario quindi fissare i canali comunicativi da utilizzare, media primari e secondari, e il media-mix. La strategia dei media deve essere “command driven” (seguire una linea strategica impostata), e utilizzare una “matrice di sincronizzazione” (Synchronization Matrix) in cui tutti i mezzi di comunicazione, di informazione, di delivery (consegna di messaggi), e di contatto umano, vengano compresi e sincronizzati. Sincronizzare le attività comunicative e tutti i media elettronici e umani è di assoluta necessità, perché ogni azione ha bisogno delle azioni di supporto che la accompagnano in un esatto, preciso momento del tempo. Ogni campagna ha bisogno di sostegno, e come in un cantiere, quando manca sostegno, o non c’è sincronizzazione tra le azioni degli operai in azione, l’impalcatura cade.
  10. Sistema di valutazione. Per capire se la campagna ha funzionato è necessario poter misurare, far riferimento ai goals prima definiti. Ricavare feedback permette anche di tarare in corso d’opera, per quanto possibile, i temi e messaggi, i canali e i veicoli comunicativi. La difficoltà nel valutare la comunicazione consiste soprattutto nel misurare sia i risultati tangibili che quelli intangibili ma comunque accaduti. La Activation Research misura quanti clienti o altri soggetti sono stati “attivati” e da quale canale. Questo permette di valutare l’efficacia dei vari canali e iniziative utilizzate e ottimizzare le campagne per il futuro.
  11. Project Management. Una campagna mette sul campo una serie di risorse, uomini e mezzi, investimenti, impegni, che devono essere coordinati dall’alto e seguiti. Il project management definisce fasi, tempi e responsabilità, all’interno di una matrice di coordinazione (Coordination Matrix).
  12. Budgeting – per una campagna servono risorse, e quindi è necessario avere una stima adeguata dei costi di tutte le operazioni e delle risorse per le diverse fasi, capire quali saranno le fonti di finanziamento e assicurarsi che la campagna non si interrompa sprecando tutte le azioni precedenti.
idea

Il valore di un’idea sta nel metterla in pratica.

Thomas A. Edison

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Altre risorse online

Copyright. Articolo estratto dal libro “Direzione Vendite e Leadership. Coordinare e formare i propri venditori per creare un team efficace” di Daniele Trevisani, Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

La formazione e il coaching per dare tono ed energie al team di vendita

I risultati dipendono da una sommatoria di energie e abilità canalizzate in obiettivi. Questo è – in sintesi – il pensiero sottostante il metodo HPM per lo sviluppo della performance. 

Incentivare la rete di vendita significa porre attenzione ad iniziative diversificate.  

Nel modello HPM sono fondamentale:

  • le energie biologiche (Bio-En),
  • le energie psicologiche e motivazionali (Psic-En)
  • le Micro Competenze (Micro-Skills)
  • le Macro Competenze (Macro Skills)
  • i Goal e progettualità (G)
  • la Vision includente i valori e le aspirazioni (V)

Cosa si può fare concretamente?

  • Sul fronte energetico: Marathon training e “ritiri di formazione” della squadra di vendita;
  • Coaching al venditore, soprattutto un Coaching Umanistico e Coaching Comunicazionale, cioè centrato sulle sue potenzialità e come svilupparle con la comunicazione. Un ciclo di incontri di coaching deve essere tra le 6 e le 10 giornate.
  • Sul fronte micro: training e role-playing, in azienda, almeno settimanalmente, per prepararsi agli incontri in arrivo.
  • Affiancamenti di vendita con feedback in uscita.
  • Sul fronte macro: training plan annuale e pluriennale, personalizzato.
  • Sul fronte Goal: sessioni di goal-setting congiunte.
  • Sul fronte Vision: analisi dei mercati, degli spazi, dei trend, nella zona o area di pertinenza del venditore.

La visione d’insieme deve tenere un doppio focus:

  • sugli individui: colloqui in profondità e valutazioni periodiche;
  • sulle procedure e sulle campagne per il futuro: analisi strategiche di quali campagne di vendita implementare;
  • valutazioni di feedback sulle campagne già svolte.

La costruzione attiva del parco clienti da condividere con il venditore

Per agire all’interno di un processo di vendita consulenziale, il venditore deve condividere alcuni principi base:

  • Il parco clienti non si subisce, si costruisce. Un parco clienti bilanciato può contenere pubblico e privato, tradizionale e innovativo, locale e internazionale, ma, comunque, deve essere il risultato di una logica e di una scelta.
  • Il parco clienti si costruisce tramite:
    • Eliminazione di clienti inutili (De-marketing)
    • Addizione di clienti di valore (Pro-Marketing)
  • Questo presuppone darsi una Strategia Commerciale, l’impostazione di una quota di fatturato da generare per tipologia di cliente. In seguito, si sviluppa un piano commerciale e di promozione per ciascuna tipologia, attivando campagne di vendita tematiche.
  • Ogni strategia di vendita e costruzione attiva del parco clienti va fissata con apposite riunioni, concise, brevi e che fissino unicamente i passaggi concreti da fare.

“Coloro che non sanno imparare dalle riunioni precedenti saranno condannati a ripeterle.”

Massima di McKernan

  • Il venditore è un fattore chiave della strategia commerciale, è un protagonista, non una comparsa.
  • I suoi risultati permettono a tutta l’azienda di procedere, l’azienda deve sempre dimostrare che ha bene in mente questo dato di fatto.

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