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Articolo estratto con il permesso dell’autore dal testo di Daniele TrevisaniIl potenziale umano. Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance”. Franco Angeli editore, Milano.

Costruire spazi e tempi di rilassamento e pausa dall’autocontrollo

Le energie biologiche e psicologiche non sono disposte in un “contenitore” unico, ma rispondono a criteri di segmentazione. Sono, cioè, localizzate in giacimenti separati, ciascuno dei quali ha una propria autonomia.

Tra i diversi strati esistono collegamenti, o vasi comunicanti, ma questi non sono automatici.

La limitatezza delle energie specifiche è facilmente sperimentabile ogniqualvolta ci sentiamo stanchi di un’esperienza o situazione: le nostre energie in quel budget di sopportazione sono esaurite, ma non lo sono per attività diametralmente opposte.

Un manager può avere esaurito, a fine giornata, le energie relazionali necessarie a sostenere i rapporti umani basati su conversazioni impegnate (dialogo su temi professionali o “seri”), ma avere integre le energie fisiche per un buon allenamento in palestra o partita di tennis, o le energie sessuali.

Quando la scarica corrisponde ad una precisa performance, come una gara (per un atleta) o il rispetto di una scadenza (per un manager), le interferenze con i meccanismi di carica-scarica assorbono energie e interrompono il buon funzionamento del sistema.

Se un atleta soffre di iperattivazione pre-gara, di ansia da prestazione, brucerà larga parte delle energie prima della competizione, arrivando alla partenza già deprivato e stanco. La condizione ansiosa non gli permetterà di riposare, e ridurrà la capacità digestiva, nonché la concentrazione.

Se un manager litiga con la moglie/marito il giorno prima o il giorno stesso di un importante lavoro, attingerà alle energie relazionali e depriverà pertanto il budget energetico relativo, arrivando al momento in cui deve dare il massimo con il patrimonio emotivo e mentale scarico.

Le energie di ogni persona sono limitate e questo richiede concentrazione. Studi svolti sui meccanismi di autoregolazione (autocontrollo), hanno evidenziato che quando una persona è costretta ad attingere ad energie di autocontrollo per compiere un compito, le energie vengono prosciugate e ne rimangono meno per compiti successivi.

Le ricerche di Baumeister[1] evidenziano che studenti obbligati a controllarsi in qualche campo (es.: mangiare radicchio e astenersi dal mangiare biscotti al cioccolato posti sotto i loro occhi), hanno poi abbandonato più precocemente di altri studenti un puzzle difficile, rispetto agli studenti cui era stato dato permesso di mangiare i dolci al cioccolato.

Resistere ai dolci ha utilizzato alcune delle risorse interne, lasciandoli meno in grado di continuare a provare il puzzle difficile.

Gli studi di Baumeister evidenziano quindi che le energie di autocontrollo sono limitate e non possono essere “stirate” su troppi fronti.

Le energie non sono solo quelle del fare, ma esistono anche le energie del non fare, o dell’autocontrollo, sottoposte alle stesse leggi.

Esperimenti scientifici di Muraven e Baumeister hanno dimostrato che:

esercitare autocontrollo può consumare la forza di autocontrollo, riducendo l’am­mon­tare di forza disponibile per sforzi di autocontrollo successivi.

Affrontare lo stress, cercare di regolare o imbrigliare le proprie emozioni, e resistere alle tentazioni, richiede autocontrollo, e dopo tali sforzi di autocontrollo, tentativi susseguenti ad autocontrollo avranno maggiori probabilità di fallimento.

E non solo, continui sforzi di autocontrollo, come il mantenere una vigilanza elevata per lungo periodo e costantemente, perdono di efficacia nel tempo[2].

L’individuo deve quindi apprendere a costruire spazi e tempi di rilassamento e pausa dal continuo autocontrollo, se vuole sopravvivere.

Deve imparare arti e tecniche del decongestionamento, rilassamento, recupero, spazi di tempo destrutturato e privi di regole assillanti, e non solo l’arte del fare e produrre, soprattutto se vuole dare prestazioni continuative, se ha un futuro davanti a se, e non vuole bruciarsi.

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[1] Vedi, tra gli altri: Baumeister, Roy, F. (2002), Yielding to Temptation: Self-Control Failure, Impulsive Purchasing, and Consumer Behavior, Journal Of Consumer Research, Vol. 28, March.

[2] Nostra traduzione, da Muraven, M., Baumeister, Roy F. (2000), Self-Regulation and Depletion of Limited Resources: Does Self-Control Resemble a Muscle?, Psychological Bulletin, Vol. 126, No. 2, pp. 247-259.

Articolo estratto con il permesso dell’autore dal testo di Daniele TrevisaniIl potenziale umano. Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance”. Franco Angeli editore, Milano.

Come creare una realtà interna solida

Una delle principali capacità mentali inerenti il potenziale umano è la lucidità tattica: sapere dove sono, cosa sta accadendo realmente dentro di me e attorno a me, prendere coscienza della realtà, delle variabili e dei loro mutamenti, per reagire rapidamente e nella direzione giusta.

La perdita di lucidità tattica è ciò che accade ad una persona in un incendio quando scappa nella direzione sbagliata in preda al panico. È ciò che succede una squadra quando smette di giocare con gli schemi e “perde la testa”. È ciò che capita in azienda quando una crisi fa perdere di vista gli ancoraggi forti e le prospettive di soluzione, impegnando tutte le menti in ragionamenti pessimistici e di riparo, perdendo di vista qualsiasi lucidità.

La centratura personale è l’obiettivo delle attività di “ricentraggio personale”, inteso come miglioramento della coerenza e organizzazione interna, della lucidità, del “sapere cosa si vuole” e fare chiarezza su come arrivarvi.

La centratura personale corrisponde ad un una condizione di allineamento ed equilibrio delle componenti bioenergetiche, psicoenergetiche, motivazionali e pratiche quotidiane.

La condizione opposta corrisponde ad un disequilibrio, alle dissonanze tra stati energetici ed obiettivi, e alle incongruenze tra obiettivi stessi, a perdita del senso di realtà.

Possiamo riconquistare lucidità tattica attraverso la ricerca di un maggiore allineamento tra tutte le componenti e strati della piramide HPM (energie, competenze, obiettivi).

La perdita di lucidità è invece in agguato non appena uno degli elementi di cui si compone una scelta non trova supporto nelle aree corrispondenti: energie biologiche (stato bioenergetico), energie mentali (stato psicoenergetico), desideri, volontà, aspirazioni, goal (obiettivi) e pratiche quotidiane (azioni giornaliere) sono variabili interdipendenti. La caduta di una provoca una frana anche nelle altre, per cui è nostra responsabilità, se desideriamo conquistare buona lucidità tattica, “farci manutenzione” sia sul fronte fisico che mentale e progettuale, e lavorare per ottenerla.

Principio 18 – Ricentraggio, consapevolezza situazionale, lucidità tattica

Le energie mentali diminuiscono o si esauriscono quando:

  • l’individuo vive una condizione di disallineamento o incongruenza tra energie biologiche (stato bioenergetico), energie mentali (stato psicoenergetico), desideri, volontà, aspirazioni, goal (obiettivi) e pratiche quotidiane (azioni giornaliere);
  • l’individuo non è consapevole pienamente degli elementi di scenario che lo circondano (scarsa consapevolezza situazionale), vive in una realtà percettiva distorta o impoverita, cogliendo solo alcuni aspetti di essa o solo gli aspetti meno rilevanti, mancando di rilevare alcuni degli aspetti essenziali;
  • l’azione del soggetto non è coerente con la realtà che lo circonda;
  • le scelte tattiche (linea d’azione comportamentale) sono distorte e incoerenti con la realtà, o con i propri obiettivi profondi, portano a conseguenze negative, diminuiscono il benessere e/o l’autostima, o il senso di progressione verso le proprie mete.

Le energie mentali aumentano quando:

  • le energie tra i diversi stati segnalati dalla piramide HPM sono congruenti tra di loro (energie mentali e fisiche, competenze, progettualità e valori, sono ben allineati);
  • esiste o viene acquisita tramite training una buona consapevolezza situazionale e senso di realtà, con capacità di percezione sia dei singoli elementi che delle interazioni tra i vari piani di realtà, e capacità di cogliere l’insieme in prospettiva (Gestalt);
  • esiste lucidità tattica rispetto alle decisioni da intraprendere sul proprio futuro, si sviluppa senso di progressione verso una meta, puntuale e/o esistenziale.

La perdita del senso di Gestalt (insieme, quadro complessivo di riferimento) si traduce molto spesso nella concentrazione mentale su pochi dettagli a discapito della visione d’insieme più ampia. Questo genera caduta di lucidità tattica e linee d’azione perdenti.

Non è facile nelle società avanzate essere “centrati” e trovare coerenza con la realtà stessa. La scuola e i genitori cercano di insegnare ai bambini che più si impegnano e studiano e più avranno successo, promuovono il valore della famiglia e dell’impegno, il valore del sacrificio. Dall’altro lato, i personaggi dei serial televisivi occidentali, i modelli che osservano in televisione, sembrano non lavorare mai, impegnati tra una tavola da surf, un party e un’audizione per un balletto, un concerto, i flirt, giochi idioti, battibecchi, litigi, e ogni altra attività purché non lavorativa.

I lavori, se praticati, sono prevalentemente idilliaci, quali attore, attrice, modello, modella, atleta, scenografo, musicista, DJ, campione sportivo, giornalista di successo, creativo pubblicitario, e altre favole.

La dissonanza tra la dura realtà che i giovani incontrano nella vita e le promesse sulla vita vista nei film e nella televisione commerciale è disarmante. Questa dissonanza produce devastanti effetti sulla psiche degli adolescenti, altera la percezione della realtà, crea sensi di inadeguatezza e insoddisfazione permanente.

I mass media pongono come esempi del successo (calciatori, cantanti, attori e star televisive) che non sono certo ricercatori seri o scienziati, e hanno intrapreso altre strade. Il malavitoso di periferia che ha auto lussuose, potere e denaro, confrontati con il laureato a pieni voti costretto ad emigrare per mancanza di lavoro, sono un messaggio dissonante.

Vedere un idiota fare carriera, perché amico o parente di qualcuno, o vicino ad un partito politico, contrasta con chi vive il valore della meritocrazia e della ricerca. Si perde completamente di vista per che cosa si sta lavorando, la missione sembra non contare più nulla. Dobbiamo impegnarsi affinché questo partito non vinca.

Il ricentraggio deve mantenere la forza interiore elevata, e la coscienza che le scorciatoie non sono un valore in sé, che esiste qualcosa per cui vale la pena impegnarsi, e non è per forza patinato, non importa veramente se questo qualcosa non è tra le strade per il successo proposte dai media.

Per questo motivo l’attività di ricentraggio deve andare prima di tutto alla ricerca di alcuni valori cardine in cui l’individuo possa ritrovarsi, indipendentemente da quanto osserva nella realtà vissuta o mediatica.

La costruzione di una realtà interiore solida è la base per cogliere aspetti essenziali della realtà esteriore e posizionarli correttamente. Questa realtà è la piattaforma per nuovi e diversi ragionamenti, ad esempio: il malavitoso può anche avere denaro e potere, ma per quanto tempo ancora? E con che faccia guarderà i propri figli? Voglio veramente questo come modello? La velina e l’attrice sono lì perché hanno un bel culo, e quando gli sarà diventato flaccido, che fine faranno? Su cosa si basa il loro successo, su un culo? Voglio questo anche per me? A me piace studiare per scoprire come funziona il mondo, me ne devo vergognare? Quanti prima di me hanno fatto della scoperta una propria missione? Chi ha detto che la gratificazione per lo studio debba essere immediata o perfettamente corrispondente? Che valore c’è nel guardarmi allo specchio e essere comunque soddisfatto di me, e dei miei valori, piuttosto che dovermi girare dall’altra parte?

Consapevolezza situazionale e crisis management

Le capacità mentali si fanno preziose anche e soprattutto in condizioni estreme, in casi di crisi, di affanno, di pericolo.

La performance richiede la capacità di gestire gli stati di crisi che spessissimo si accompagnano ad eventi sfidanti e obiettivi ambiziosi.

Una micro-crisi riguarda eventi di durata relativamente ridotta (minuti, ore), mentre una macro-crisi può riguardare eventi di portata più prolungata (una malattia, un fallimento, un periodo di vita, un trauma sportivo).

I fattori che interferiscono con l’essere “situazionalmente consapevole” nelle situazioni di crisi sono soprattutto:

  • distorsioni emotive: l’ingresso in campo di forti emozioni (rabbia, disgusto, volontà di vendetta, orgoglio ferito, paura e panico) produce annebbiamento della realtà, sopravvalutazione di dati, e sottovalutazioni, chiusura alle diverse alternative realmente possibili, visione ristretta;
  • stanchezza, attenzione ridotta, affaticamento mentale, affaticamento sensoriale: incapacità di cogliere tutti gli aspetti percettivi e i dati in ingresso.

I segnali (cues) che indicano la perdita dalla consapevolezza situazionale:

  • fisici: agitazione, respiro affannoso, vertigini o capogiri, disorientamento;
  • comportamentali: ripetizione di gesti, indecisione, errori (cadute, urti), dimenticanze.

I passaggi principali che favoriscono il recupero di lucidità:

  • riduzione dell’arousal (attivazione emotiva e sensoriale), ad esempio tramite respirazione lenta e profonda, o concentrazione e rilassamento;
  • check-up situazionale (cosa sta accadendo realmente a me, agli altri, all’ambiente);
  • visione dall’alto del problema;
  • valutazione di almeno 2 alternative e pro-contro correlati, rispetto alla linea di azione istintuale.

Quando una crisi può essere generatrice di un disastro, occorrono inoltre competenze di disaster management, come le seguenti:

  • assunzione del comando: prendere in carico la situazione;
  • esame degli eventi e condizioni in base ai dati esistenti, raccolta di nuovi dati;
  • inquadrare le traiettorie degli eventi che si verificheranno se non si interviene;
  • chiedersi come spezzare le catene di eventi e quali mosse possiamo attivare;
  • attivare una rete di risorse (umane, tecniche, psicologiche);
  • agire con rapidità ma mantenendo il controllo emotivo;
  • riesaminare periodicamente lo stato e le strategie.

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Copyright. Articolo estratto dal libro “Direzione Vendite e Leadership. Coordinare e formare i propri venditori per creare un team efficace” di Daniele Trevisani, Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

La formazione e il coaching per dare tono ed energie al team di vendita

I risultati dipendono da una sommatoria di energie e abilità canalizzate in obiettivi. Questo è – in sintesi – il pensiero sottostante il metodo HPM per lo sviluppo della performance. 

Incentivare la rete di vendita significa porre attenzione ad iniziative diversificate.  

Nel modello HPM sono fondamentale:

  • le energie biologiche (Bio-En),
  • le energie psicologiche e motivazionali (Psic-En)
  • le Micro Competenze (Micro-Skills)
  • le Macro Competenze (Macro Skills)
  • i Goal e progettualità (G)
  • la Vision includente i valori e le aspirazioni (V)

Cosa si può fare concretamente?

  • Sul fronte energetico: Marathon training e “ritiri di formazione” della squadra di vendita;
  • Coaching al venditore, soprattutto un Coaching Umanistico e Coaching Comunicazionale, cioè centrato sulle sue potenzialità e come svilupparle con la comunicazione. Un ciclo di incontri di coaching deve essere tra le 6 e le 10 giornate.
  • Sul fronte micro: training e role-playing, in azienda, almeno settimanalmente, per prepararsi agli incontri in arrivo.
  • Affiancamenti di vendita con feedback in uscita.
  • Sul fronte macro: training plan annuale e pluriennale, personalizzato.
  • Sul fronte Goal: sessioni di goal-setting congiunte.
  • Sul fronte Vision: analisi dei mercati, degli spazi, dei trend, nella zona o area di pertinenza del venditore.

La visione d’insieme deve tenere un doppio focus:

  • sugli individui: colloqui in profondità e valutazioni periodiche;
  • sulle procedure e sulle campagne per il futuro: analisi strategiche di quali campagne di vendita implementare;
  • valutazioni di feedback sulle campagne già svolte.

La costruzione attiva del parco clienti da condividere con il venditore

Per agire all’interno di un processo di vendita consulenziale, il venditore deve condividere alcuni principi base:

  • Il parco clienti non si subisce, si costruisce. Un parco clienti bilanciato può contenere pubblico e privato, tradizionale e innovativo, locale e internazionale, ma, comunque, deve essere il risultato di una logica e di una scelta.
  • Il parco clienti si costruisce tramite:
    • Eliminazione di clienti inutili (De-marketing)
    • Addizione di clienti di valore (Pro-Marketing)
  • Questo presuppone darsi una Strategia Commerciale, l’impostazione di una quota di fatturato da generare per tipologia di cliente. In seguito, si sviluppa un piano commerciale e di promozione per ciascuna tipologia, attivando campagne di vendita tematiche.
  • Ogni strategia di vendita e costruzione attiva del parco clienti va fissata con apposite riunioni, concise, brevi e che fissino unicamente i passaggi concreti da fare.

“Coloro che non sanno imparare dalle riunioni precedenti saranno condannati a ripeterle.”

Massima di McKernan

  • Il venditore è un fattore chiave della strategia commerciale, è un protagonista, non una comparsa.
  • I suoi risultati permettono a tutta l’azienda di procedere, l’azienda deve sempre dimostrare che ha bene in mente questo dato di fatto.

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