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Articolo estratto con il permesso dell’autore, dott. Daniele Trevisani, dal testo “Team leadership e comunicazione operativa. Principi e pratiche per il miglioramento continuo individuale e di team

Comunicazione efficace

Una delle questioni più critiche nella creazione e gestione di gruppi vincenti è l’incomunicabilità. Non capirsi, andare in direzioni diverse, non parlarsi, litigare, rimanere a un livello di coscienza e conoscenza solo superficiale sono solo alcuni sintomi.

comunicazione efficace.1

Mancano modelli specifici che ne indagano le possibili cause, e lo sforzo di ricerca che sto portando avanti si è concentrato da decenni nella ricerca delle leve su cui agire per arrivare alla risoluzione del problema “inco­municabilità”, cercando l’efficacia resa possibile solo da una comunicazione profonda e di alto livello. L’incomunicabilità è spesso identificata come contrario di empatia, o capacità profonda di capire l’altro. In questo nostro approccio vogliamo invece opporla al suo vero rivale: l’efficacia. Incomunicabilità ed empatia affondano le proprie radici nella conversazione, la quale è oggetto di una scienza specifica (analisi della conversazione) che ne analizza le caratteristiche. L’analisi della conversazione può avere una forte implicazione sia sul piano terapeutico che all’interno delle organizzazioni.

La coscienza della realtà e la presa d’atto della realtà da parte di un gruppo: Shared Situational Awareness (SSA)

Una delle sfide che attende un gruppo ad alta efficacia e che opera in condizioni difficili o estreme è la grande capacità di distinguere il vero dal falso, le opinioni dai dati, la percezione falsata da una buona percezione.

Oltre a questo, sarà anche necessario imparare a condividere, a scambiare, a ricercare una percezione condivisa, ove le percezioni individuali siano diverse.

Senza questa capacità, al posto di un team avremmo un insieme di cani randagi, al posto di un branco di lupi un insieme di individui sconnessi.

Vediamo come viene definito il concetto da fonti militari.

Shared Situational Awareness (SSA)

La situational awareness (conoscenza, consapevolezza della situazione) indica il grado di precisione con cui la percezione di una situazione da parte di un individuo corrisponde alla realtà effettiva.

Quando la conoscenza della situazione è patrimonio comune di un insieme di attori (nel caso specifico, sensori, decisori e attuatori), si parla di “conoscenza condivisa” (shared).

I fattori che possono ridurre la consapevolezza della situazione sono fatica, stress, sovraccarico di lavoro, insufficienza della comunicazione, degrado del­l’ambiente operativo; fra quelli che al contrario contribuiscono a migliorarla vi è in primo luogo un efficiente networking della forza, che abilita la distribuzione tempestiva e capillare di informazioni precise, aggiornate e affidabili (Ministero della Difesa 2012).

Ogni singola riga di questa definizione merita grande approfondimento. In particolare:

•     il tema della precisione con cui la percezione individuale di una situazione corrisponde alla realtà effettiva;

•     i fattori di stress che contribuiscono a degradare la capacità di percezione;

•     la distribuzione delle informazioni e la condivisione.

Per compiere tutto questo, un team deve essere in grado di comunicare bene al suo interno.

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  • Team
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  • Percezione individuale
  • Percezione condivisa
  • Coscienza della realtà
  • Capacità di percezione

 

Articolo estratto con il permesso dell’autore, dott. Daniele Trevisani, dal testo “Team leadership e comunicazione operativa. Principi e pratiche per il miglioramento continuo individuale e di team

teamwork

Nell’era digitale, la leadership comprende l’abilità di far convergere messaggi attraverso più canali per raggiungere un “end-state” o punto di arrivo prefissato.

Questo vale per la leadership tra umani ma anche per ogni forma di leadership attuale e futura, inclusa quella del dominio del pensiero e dei valori sulle macchine, o la cooperazione con unità dotate di Intelligenza Artificiale, una nuova sfida della comunicazione.

Domanda. Perché crede che dovremmo temere l’intelligenza artificiale? È inevitabile che gli esseri umani creino dei robot in grado di uccidere?

Risposta. I computer supereranno gli esseri umani grazie all’intelligenza artificiale nei prossimi cento anni. Quando ciò avverrà, dovremo essere certi che gli obiettivi dei computer coincidano con i nostri (Hawking 2016).

Questa riflessione, non poi così fantascientifica, ci porta a ragionare su un concetto di base che domina ogni forma di analisi della leadership e della comunicazione nei gruppi:

Principio 1 – L’“allineamento sugli obiettivi” come fonte di energie del gruppo

Le performance di un team leader dipendono dal sapersi porre le domande corrette e dal saperle porre ai collaboratori e colleghi.

•     Vogliamo la stessa cosa? Riusciamo a “sentire” che cosa gli altri vogliono?

•     Quali diverse motivazioni ci spingono? Sono compatibili o possono diventarlo?

•     Come facciamo concretamente a essere certi di volere arrivare allo stesso risultato?

•     Le parole che usiamo hanno per tutti lo stesso identifico significato?

•     Quando diamo troppo per scontato che sia così?

•     Da che segnali puoi accorgerti che è in corso qualche fraintendimento o si stanno aprendo linee di divergenza sugli obiettivi?

•     Porti energie al gruppo di cui fai parte? Ci provi? Come lo fai?

Una buona comunicazione è uno dei fattori più critici per una Lead­ership che funzioni.

Tra i gruppi più importanti cui ispirarsi, vi sono le forze speciali e i team speciali. Questi comprendono persone e strutture che agiscono su compiti non convenzionali e in missioni ad alto grado di rischio operativo e personale, con sfide e pericoli concreti, per come operano e per quello che sono chiamati a perseguire.

In questi team, l’utilizzo di tecnologie di “realtà aumentata”, “sistemi esperti” e intelligenza artificiale è già una realtà.

Nel lavorare con questi team ho potuto constatare che un grande rischio strisciante nei gruppi e nella leadership è l’incomunicabilità, la difficoltà a trasferire messaggi chiari sul piano operativo per cui le risorse non riescono a interagire davvero bene e si creano colli di bottiglia o blocchi nella comunicazione.

La formazione “forte” opposta a una formazione debole e puramente amministrativa punta ad andare a caccia delle incomunicabilità, stanarle, forzarle a emergerle, per poi lavorarvi sopra.

Se servono esercizi difficili, poco importa.

Un pugile non disdegna sudare e sporcarsi, e lo stesso riguarda il manager che vuole davvero fare sul serio sulla propria formazione.

In questo caso, sarà il formatore a valutare la performance del manager, e non viceversa con le “pagelline di customer satisfaction di fine corso”, l’assurdità in cui gli studenti valutano i Maestri, la penosa e dolorosa realtà di una formazione mercificata e trattata come prodotto da banco.

L’allineamento sugli obiettivi riguarda la certezza che i leader, i team leader, i membri dei team e i supporti tecnologici e persino di intelligenza artificiale puntino tutti allo stesso “end-state” o punto di arrivo.

E se così non fosse, le persone che non ci credono, che non danno il contributo devono e possono essere cambiate.

Ne va, oramai, della sopravvivenza delle nostre aziende e della nostra stessa cultura umanistica.

Quando un gruppo funziona?

•     In un gruppo che funziona, le persone si sentono in grado di esprimersi lì, nel gruppo, e sanno di poterlo fare senza castrazioni inutili. Sanno allo stesso tempo distinguere un contributo al gruppo da un bisogno autoreferenziale di esprimersi. Sanno quando canalizzare sia la prima sia la seconda esigenza. Non confondono la missione del gruppo con altro.

•     Allo stesso tempo, in un gruppo che funziona ci sono poche regole chiare che fanno la differenza tra lo stare nel gruppo passivamente o esserne parte veramente vivendo appieno i suoi valori.

•     In un gruppo che funziona, il livello di coscienza è allineato a una visione forte di che cosa si voglia ottenere e sia i leader che i partecipanti hanno ben chiaro che cosa vogliono.

•     In un gruppo che funziona, la vicinanza tra i membri è morale e per quanto spazio li separi, saranno uniti. La loro modalità di operare li rende speciali.

•     Un gruppo che funziona si dota di modalità comunicative altamente efficienti sia quando si tratta di trasmettere pura informazione (dati) che quando si vuole trasmettere un messaggio a maggiore pregnanza emozionale (comunicazione emotiva). Entrambe vengono svolte con abilità specifiche diverse.

La leadership operativa si occupa di come fare funzionare questi gruppi nelle loro Comunicazioni Operative, quelle che essi attivano istante dopo istante, per coordinare attività, ruoli, compiti, scadenze, chi fa che cosa, quando, come, con chi, in che modo.

La libertà di azione è un valore sacro solo quando i membri del­l’orchestra vogliono dare il massimo nel brano che si deve suonare, e non diventarne puri solisti autonomi che operano per se stessi e non sentono l’esistenza di un risultato complessivo.

Chi intende intonare un brano che non contribuisce, o persino distrugge la performance del­l’intera orchestra, farà meglio a starne fuori.

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  • Incomunicabilità
  • Valori
  • Missione
  • Risultati

Articolo estratto con il permesso dell’autore, dott. Daniele Trevisani, dal testo “Team leadership e comunicazione operativa. Principi e pratiche per il miglioramento continuo individuale e di team

team leadership e comunicazione

Il vero collante di ogni gruppo è lo scopo, persone che perseguono lo stesso scopo sono unite al di là del tempo, dello spazio, delle ere in cui sono vissuti.

Daniele Trevisani

La leadership è la capacità di condurre e ispirare persone, team e organizzazioni verso uno scopo.

Anche condurre la propria vita verso qualche cosa di grande, di nobile, di sano, è una forma di guida, una guida spirituale, valoriale, profonda.

Se persone che condividono uno scopo comune hanno la fortuna di vivere nella stessa era, potranno fare grandi cose, e dare potenti contributi, a sé stessi e agli altri. Ma per farlo le persone devono potersi incontrare, devono potersi conoscere, devono potersi ri-conoscere. Devono unirsi.

I gruppi sono modalità fantastiche per fare alchimia tra le energie di più persone. Un gruppo di studio e ricerca può creare cose che un singolo, per quanto dotato, non raggiungerà mai. Un gruppo può arrivare là dove nessun singolo mai possa pensare, per quanto intelligente e preparato sia.

Un’orchestra può comporre brani di una ricchezza che il singolo suonatore non può eseguire. In ogni forza speciale e gruppo di élite, esistono ruoli diversi, per esempio avvistamento, protezione, incursori, ciascuno con le proprie peculiarità ma con un obiettivo di missione assolutamente condiviso.

Lo scopo è ciò che distingue un assembramento casuale di persone da un vero gruppo unito, per quanto distanti fisicamente siano i loro membri. La divisione dei ruoli è ciò che rende possibile la sinergia. La comunicazione è il flusso che rende possibile lo scambio d’informazione e di energie umane che alimenta tutto que­st’apparato.

Perché siamo qui, noi assieme? Perché ora? Che cosa vogliamo fare? Che cosa ci unisce? Che cosa ci può dividere? A che cosa vogliamo contribuire? Come?

Non esiste vera leadership se queste domande non vengono poste. E se di questo non si parla mai, non esiste vera comunicazione.

La comunicazione operativa è l’attività di scambio di messaggi necessari a produrre un effetto desiderato. Guida le persone attraverso i passi necessari.

La comunicazione è come il flusso sanguigno che porta nutrimento a ogni cellula, le alimenta di informazioni ed energie, ne porta via tossine e scorie. Come tale, la comunicazione, nei messaggi che porta e nel come li porta, deve essere nutriente e dis-inquinante, e non tossica e velenosa. Deve essere energetica e motivante, e non demotivante, e questo va tenuto in grande considerazione.

L’anima di un team e la comunicazione che utilizzano sono inscindibili. L’una senza l’altra non sono in sostanza possibili. Leader veri che non comunicano non esistono. Una comunicazione vuota, che non punti a un esito comunicativo positivo o non si ponga il problema di quale risultato darà, è praticamente solo rumore di fondo. Diventa inutile. Persino pericolosa.

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  • Valori
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  • Sinergia
  • Aspirazioni
  • Energie
  • Scopo
  • Missione

Copyright Daniele Trevisani. Dal libro

team leadership e comunicazione operativa

Team leadership e comunicazione operativa. Principi e pratiche per il miglioramento continuo individuale e di team

Elementi di qualità comunicativa di un leader:

  • chiarezza del messaggio, coerenza tra i vari messaggi;
  • riferimenti, presenza di “deissi” (chi, dove, come, quando, con chi, dati ed elementi di verità) in grado di ridurre confusione e combattere l’“entropia” (deriva verso il caos) nel progetto;
  • sensibilità emotiva: sa quando un messaggio può essere utile, motivante, e quando corrosivo, distruttivo; di base lavora per costruire;
  • sensibilità situazionale: sa quando è il momento di dare istruzioni rapide, ordini, e quando è il momento di ascoltare, di soppesare, empatizzare. Capire se si tratta di una situazione di crisi, di routine, di picco, di dare istruzioni, fornire un chiarimento, o di altro. Se così non fosse, un leader dirigerebbe un’evacuazione da un incendio come un colloquio psicanalitico.

Ogni gruppo indistintamente può passare da un assembramento casuale e forzato di persone, praticamente una massa di amebe che se ne fregano una dell’altra, a una forza speciale intesa come energie umane in azione che si coordinano e di cui qualcuno prende la responsabilità coordinativa (leadership).

La comunicazione di un buon leader ha capacità coordinative (pratiche) e ispirative (leadership spirituale e morale).

Quando queste due aree si uniscono, un gruppo diventa capace di cose incredibili. Un buon addestramento e formazione sulle comunicazioni operative sa attivare dei valori che motivano le persone a esserci e insegna alle persone come coordinare i loro sforzi.

Principio 2 – La comunicazione di un buon leader

La qualità della comunicazione è un fattore chiave per la leadership. La comunicazione di un buon leader:

  • è chiara e consistente nei messaggi, riferimenti, “deissi”, chiara nelle aspettative nei riguardi delle persone e le trasmette apertamente;

  • è chiara nei sistemi di “rinforzo” o “premi psicologici” dei comportamenti virtuosi e riconosce impegno, sforzi e risultati;

  • non trasmette aspettative impossibili, negative e demotivanti, ma input possibili e motivanti, distinguendo bene la trasmissione di una “vision” dalle comunicazioni operative che si attuano per produrre questa vision;

  • instilla “pride & recognition”: orgoglio e senso di appartenenza al gruppo;

  • è chiara sui “rinforzi negativi”, punizioni e interventi correttivi: riprende i comportamenti che non vanno, non li lascia strisciare né crescere, sa farsi valere quando serve, consapevole che il futuro del gruppo dipende dalla sua coesione e dai comportamenti agiti in ogni istante che conta;

  • tiene un buon battle rhythm, un ritmo di battaglia, una ritmica di messaggi e azioni che ha un suo flusso e una sua logica, una cadenza, una continuità, momenti e picchi alti e pause ragionate, in un concerto ben consapevole.

Se fossimo un’orchestra, chiediamoci: che brano vogliamo suonare ora in questo gruppo? Una marcia funebre, o la Cavalcata delle Valchirie? Un brano con sfondi emotivi allegri o tristi? Una musica epica o popolare? Che ritmi si sentono? 60, 120 battiti per minuto o 200? E per quanto una persona può tenere 200 battiti per minuto senza crollare?

Tutto questo ha a che fare con la gestione delle energie dei membri del team e soprattutto l’autogestione delle energie da parte del leader stesso. Il lavoro su di sé, da parte del leader, diventa sempre più una necessità quanto più alti sono gli obiettivi.

Copyright Daniele Trevisani. Dal libro

team leadership e comunicazione operativa

Team leadership e comunicazione operativa. Principi e pratiche per il miglioramento continuo individuale e di team

Quando mi chiedono cosa sia la Team Leadership e Comunicazione Operativa, dal titolo del libro omonimo visibile qui https://www.ibs.it/team-leadership-comunicazione-operativa-principi-libro-daniele-trevisani/e/9788891740083
trovo utile fare soprattutto degli esempi.
La regola base è togliere entropia (caos) dal sistema, che significa prima di tutto disporre una gestione professionale e organizzata del team, e poi emettere comunicazioni non entropiche, chiare, dirette ad uno scopo chiaro a tutti, e quindi “disentropizzare” la comunicazione (rimuovere incertezza, dubbio, gradi di confusione, fare pulizia comunicativa).
Ecco uno stupendo esempio (in negativo) di messaggio entropico di Schettino: “la situazione a bordo è che al limite ci mandino un rimorchiatore” – una frase priva di senso, “al limite” non significa niente, non è una richiesta precisa, e non è la situazione a bordo.
Per 2 anni, dopo la tragedia, sono stato impegnato in Coaching sulla Crisis Communication & Leadership a bordo nave, ed essendo passato parecchio tempo, voglio iniziare a condividere pensieri e risultati per il beneficio di tutti, in nome di una “comunicazione per la sicurezza” che non deve passare mai in secondo piano. Prima la sicurezza, poi tutto il resto.
Di seguito: Un estratto conversazionale, dalla relazione tecnica del GIP del Tribunale di Grosseto.

https://youtu.be/jFibrQgRdtI

https://studiotrevisani.it/ Copyright dal testo

Team leadership e comunicazione operativa.

Principi e pratiche per il miglioramento continuo individuale e di team


Esistono molte forme di leadership. Questo lavoro di ricerca vuole esaminare anche i gruppi come “sistemi di energie”.

Le energie nutrono e gli esseri umani hanno bisogno di comunicare tanto quanto hanno bisogno di aria, di proteine, di carboidrati, grassi e vitamine. Un buon leader è quindi anche un grande motore di energie. Usa la comunicazione consapevole del fatto che essa può essere nutrimento o invece tossina. Un buon leader ama il suo team e vuole il suo bene; in caso contrario, si tratta solo di un manovratore e di un burattinaio.

Vi sono metodi diversi per classificare i tipi di leader. Alcuni vedono il leader come un condottiero operativo immischiato nella battaglia e sporco di fango tanto quanto i suoi compagni di battaglie, altri come un visionario mistico, distaccato, etereo, superiore alle banalità quotidiane.
Un’alternativa è osservare un leader come generatore di energie, un direttore d’orchestra che sa canalizzare le energie e competenze di ogni musicista entro un brano in cui possono entrare decine o centinaia di strumenti per comporre qualche cosa di meraviglioso.

Ogni volta che due o più persone si uniscono per fare qualche cosa di speciale, nasce una nuova forma di energia. Le energie di più persone che credono in qualcosa non solo si sommano ma si moltiplicano. Le intelligenze altrui diventano le nostre risorse. Le energie degli altri sono lo stimolo che ci permette di superare i nostri limiti.
In un’esplosione di forze, prende vita un’entità, da una diade sino a un firmamento di persone che si influenzano a vicenda, producendo quello che in una letteratura esoterica viene chiamata un’“egregora” positiva, un’entità mentale generata dal pensiero e dallo stato mentale del gruppo, che opera quasi a sé stante, dona energia a ogni partecipante ed è in grado di influenzare lo stato di ogni singolo appartenente al gruppo stesso.

Quando entriamo in un insieme, in un ambiente, in una riunione, in un’azienda, possiamo quasi percepire il “clima” che si respira, o come in alcune canzoni viene descritta, la “vibrazione”, vibrazioni positive o vibrazioni negative. Sentiamo letteralmente la presenza di energie o l’assenza di energie, in modo così forte e tangibile che la scienza deve ancora capire di che cosa si tratti veramente.

In altri insiemi notiamo la dominanza di “egregore” negative, stati mentali e comunicativi che drenano energie, leader tossici, e persone che inquinano il gruppo.
La leadership e la formazione, in senso forte, hanno a che fare con la creazione di gruppi in cui le persone hanno voglia di riversare le loro migliori energie venendone a loro volta ricaricate. Chi ne fa parte sente di essere entro qualche cosa di speciale, sente il proprio contributo, come il dipingere anche solo un tratto di un nuovo, fantastico, quadro a più mani.
Per farlo, occorre saper portare le persone a nuovi livelli di coscienza, e anche i leader devono saper fare di se stessi un grande laboratorio di crescita personale, per poter ispirare le coscienze e invitarle a elevarsi.

La qualità della comunicazione, intesa proprio come “tipo” di comunicazione che circola in gruppo, determina l’egregora dominante.
Quando in un gruppo predominano comunicazioni apatiche, negative, distruttive, e “leader tossici”, questo gruppo sarà presto appestato da energie emotive negative. Dove circolano messaggi chiari, circola rispetto, i messaggi sono portatori di valori, le persone si sanno ascoltare e valorizzare, allora questo gruppo viene permeato da energie emotive positive e ricarica ogni membro che vi appartiene.

La comunicazione operativa vuole fare risplendere questo firmamento nel suo pieno potenziale, alimentarlo di energie, proiettare nella sua danza, e non permettere che, come accade a tante stelle, imploda, si spenga, o si inquini. È questione di credere o meno nel potenziale umano e nel fatto di volere a tutti i costi vederlo innalzarsi nel suo splendore possibile (Trevisani 2008).

Che si tratti di gruppi di manager, di atleti, di vigili del fuoco e soccorritori, di una squadra di calcio o di pallavolo, di un’équipe marziale, di un gruppo di artisti, poco importa. Ciò che rende speciale un gruppo sono i valori che esso persegue. E come questi si trasformano in atti comunicativi di qualità.
Tali valori devono guidare i gruppi a fare cose che altri non possono nemmeno pensare.

https://studiotrevisani.it/ Copyright dal testo

Team leadership e comunicazione operativa.

– Copyright Daniele Trevisani. Dal testo Team Leadership e Comunicazione Operativa

https://youtu.be/KaU7vrjD1xY

Discorso sulla leadership. È  importante prendere posizione e parlare di leadership in relazione allo stress, alla ricarica di energia e alla scarica di energia. Un leader può vivere stress e disagio o notare o anche creare stress e disagio.

Un vero leader sa prendere posizione. Un vero leader riconosce che il problema esiste, e decide di agire. Non fa finta che il problema di leadership non esista. Di qualsiasi problema si tratti, la formazione leadership insegna a non girarsi dall’altra parte, un corso leadership motivazionale e comportamentale insegna a guardare il problema dritto negli occhi e un discorso sulla leadership non fa finta che tutto vada bene ma agisce sui nodi critici (fattori causali o root causes) che possono ridurre o mitigare il problema.

La formazione leadership comportamentale e un discorso sulla leadership non può prescindere dalla capacità di affrontare i problemi. La formazione leadership e un corso sulla leadership insegna a prendere posizione, riconoscere i problemi e agire con ampie opzioni di strategie.

Un vero leader e una sana formazione leadership insegna a ritagliarsi spazi nella giornata, nella settimana, nel mese, in cui stare lontani dallo stress, per bloccare gli effetti del sistema nervoso simpatico sempre allertato, che rende inefficiente la leadership.

I corsi leadership devono insegnare a sapersi ricaricare, sapersi rigenerare.

Il corso leadership di Studio Trevisani costruito secondo i dettami della Team Leadership e Comunicazione operativa di Daniele Trevisani insegna le tecniche per ricaricarsi e rigenerarsi per poter essere al cento per cento nel momento del bisogno. Per poter affrontare le sfide note ma anche quelle impreviste. Per avere quella riserva di energia che – stai sicuro – prima o poi ti servirà e benedirai di essertela costruita

La formazione leadership insegna anche a riconoscere le false forme di recupero, esempio gli impegni relazionali come cene di lavoro che in realtà sono momenti di non-rilassamento e non-recupero ma anzi consumano le energie relazionali. Saperlo è fondamentale per non confondere questo aspetto con i veri momenti di recupero.

Formazione leadership forte significa anche insegnare tecniche settimanali per la rigenerazione fisica, sia nella natura, come camminare in un bosco, che in palestra e in attività di fitness e wellness. Un leader forte sa farsi carico di problemi veri, un leader debole non riesce ad alzare nemmeno la lettera sui quali sono scritti.

Un corso leadership di Studio Trevisani insegna una filosofia di sacralità del corpo e delle proprie energie personali. Le aziende più evolute sono quelle che tengono di più alle proprie persone e non quelle che le mandano in burnout.

Un leader che brucia le proprie persone è un leader tossico, applica una leadership tossica, non è un vero leader.

In un corso leadership si insegna la capacità di lettura di segnali e degli ambienti, delle persone e delle situazioni comunicative.

I segnali che “è ora di fare qualcosa” ci sono, ed è sempre ora di fare qualcosa, per migliorarsi, cercando un piccolo aspetto da migliorare nella gestione della giornata, nella gestione della settimana, nella gestione del mese, nella gestione della stagione aziendale.

Un vero leader e una formazione leadership vera insegna i valori, il primo valore è far crescere la squadra. lasciare dietro di sè una squadra più forte, più coesa e più compatta è lo scopo di un vero leader.

Un corso leadership e la formazione leadership insegnano a sviluppare una squadra, a farla crescere, non certo a spremere le persone generando un turnover assurdo nel quale ci si trova sempre a dover ripartire da capo.

Test di leadership e formazione leadership, corso leadership
Sezione dal testo di Leadership Emozionale EMLEAD72 presente nel libro “Team Leadership e Comunicazione Operativa” https://www.ibs.it/team-leadership-comunicazione-operativa-principi-libro-daniele-trevisani/e/9788891740083

Test 2.12 – Area della valutazione di autoefficacia. Self-Efficacy Evaluation (SEA)

Scaling

  • Molto vero
  • Abbastanza vero
  • Poco vero
  • Per niente vero

Mi considero una persona di grande efficacia in termini di leadership
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Nel complesso, sono soddisfatto della mia capacità di gestire le persone
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Penso di avere un comportamento di leadership ideale, mi sento esattamente come vorrei essere
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Vi sono situazioni nella gestione delle persone che mi sfuggono ancora
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Diversi obiettivi che vorrei raggiungere professionalmente mi sembrano ancora troppo difficili per le mie capacità
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Sento di avere bisogno di affermare me stesso/a in modo più efficace
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Gli item e la scala di misurazione Self-Efficacy Evaluation SEA© sono copyright Studio Trevisani Communication Research, www.studiotrevisani.it. È vietata la riproduzione o diffusione non autorizzata se non al­l’interno di articoli scientifici.

Commento al test leadership e formazione leadership, corso leadership

La valutazione di autoefficacia riguarda l’analisi dell’immagine di se stessi come leader efficace. Come tale, è una variabile dipendente sulla quale influiscono diverse delle valutazioni specifiche svolte in precedenza, ma anche altri fattori latenti del proprio inconscio e subconscio.

Punteggio
da 0 a 6
indica una bassa percezione di sé come leader efficace, ma questo non significa necessariamente che non vi sia un forte potenziale di leadership. Ciascuno può coltivare le attitudini necessarie, crescere e migliorare. Se la leadership è veramente importante per te, un piano di coaching può farti prendere coscienza dei tuoi limiti attuali e potrai tentare di superarli.
Punteggio
da 6 a 12
indica una percezione di sé come leader efficace, con diverse aree tuttavia sulle quali è importante lavorare. È indispensabile avviare un piano di lavoro con un coach.
Punteggio
da 13 a 18
Un punteggio alto evidenzia una buona percezione della propria efficacia come leader, tuttavia è indispensabile non sopravvalutarsi, non considerarsi mai arrivati, sapersi accettare ma allo stesso tempo rimanere aperti a ulteriori evoluzioni e sviluppi. La stasi sui risultati raggiunti rischia di cristallizzare ogni persona.
Lo spazio della crescita personale e del­l’impegno verso se stessi. Prova a fare una valutazione di sintesi delle tue priorità, al termine di questo test di riflessione. Quali sono i punti principali sui quali vorresti lavorare? Prova a fissare qualche obiettivo praticabile, e valuta per quali di questi obiettivi ritieni di poter attivare un autocambiamento e per quali ritieni di poter ottenere benefici da supporti esterni (formazione, coaching, counseling). Una somma di piccoli cambiamenti può fare una grande differenza nella tua leadership.

 

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Lo spazio della crescita personale e dell’impegno verso se stessi. Su cosa mi fa riflettere questa porzione del test? Che cosa posso fare nella pratica da domani? Appuntati un cambiamento, anche minimo, che può portarti nella direzione desiderata. Cerca di identificare con precisione una situazione, persona, luogo o momento in cui applicarlo.

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Formazione leadership, discorso sulla leadership di Daniele Trevisani estratto dal Corso Leadership e Comunicazione Operativa
Segna le Keywords principali che ricordi, le parole chiave che caratterizzano questo brano di formazione leadership e di corso leadership, nel discorso sulla leadership di Daniele trevisani. Elencane almeno 10

1

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4

5

6

7

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9

10

Indica alcuni dei principali “insight” che ha tratto dalla Formazione leadership, discorso sulla leadership di Daniele Trevisani estratto dal Corso Team Leadership e Comunicazione Operativa
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La coscienza della realtà e la presa d’atto della realtà da parte di un gruppo: Shared Situational Awareness (SSA)

fonte:

Copyright, Tratto dal libro Team leadership e comunicazione operativa. Principi e pratiche per il miglioramento continuo individuale e di team . Franco Angeli editore, Milano

Una delle sfide che attende un gruppo ad alta efficacia e che opera in condizioni difficili o estreme è la grande capacità di distinguere il vero dal falso, le opinioni dai dati, la percezione falsata da una buona percezione.

Oltre a questo, sarà anche necessario imparare a condividere, a scambiare, a ricercare una percezione condivisa, ove le percezioni individuali siano diverse.

Senza questa capacità, al posto di un team avremmo un insieme di cani randagi, al posto di un branco di lupi un insieme di individui sconnessi.

Vediamo come viene definito il concetto da fonti militari.

Shared Situational Awareness (SSA)

La situational awareness (conoscenza, consapevolezza della situazione) indica il grado di precisione con cui la percezione di una situazione da parte di un individuo corrisponde alla realtà effettiva.

Quando la conoscenza della situazione è patrimonio comune di un insieme di attori (nel caso specifico, sensori, decisori e attuatori), si parla di “conoscenza condivisa” (shared).

I fattori che possono ridurre la consapevolezza della situazione sono fatica, stress, sovraccarico di lavoro, insufficienza della comunicazione, degrado del­l’ambiente operativo; fra quelli che al contrario contribuiscono a migliorarla vi è in primo luogo un efficiente networking della forza, che abilita la distribuzione tempestiva e capillare di informazioni precise, aggiornate e affidabili (Ministero della Difesa 2012).

Ogni singola riga di questa definizione merita grande approfondimento. In particolare:

  • il tema della precisione con cui la percezione individuale di una situazione corrisponde alla realtà effettiva;
  • i fattori di stress che contribuiscono a degradare la capacità di percezione;
  • la distribuzione delle informazioni e la condivisione.

Per compiere tutto questo, un team deve essere in grado di comunicare bene al suo interno.

Copyright, Tratto dal libro Team leadership e comunicazione operativa. Principi e pratiche per il miglioramento continuo individuale e di team . Franco Angeli editore, Milano

Video di approfondimento sul tema Comunicare la Sicurezza. Comunicazione Operativa e Comunicazione Ecologica

https://youtu.be/0FJBmDgPsI4

 

Che cosa produce il salto di qualità

team leadership e comunicazione operativa, corso leadership© Daniele Trevisani. Testo estratto dal libro Team leadership e comunicazione operativa. Principi e pratiche per il miglioramento continuo individuale e di team. Franco Angeli editore. Con commenti inediti dell’autore.

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Il salto di qualità in un team è qualcosa che si vede, si sente, si percepisce. Servono meno parole e la comunicazione è più intuitiva. I linguaggi diventano precisi e chiari, spariscono i fraintendimenti o vengono ridotti al minimo e riconosciuti prima che diventino grandi errori. Si va nella sede dove opera il team con il sorriso e con la voglia di entrare e non se uscirebbe mai. Questo non è un sogno, è qualcosa che ho vissuto tante volte, in tanti posti diversi, in team aziendali e sportivi, per cui è bene estrarne alcuni ingredienti e avviare una riflessione. Questo primo articolo avvia tale discussione sulla leadership di qualità.

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Una grande varietà di forze speciali, in senso olistico, intese come gruppi ad alte performance, diventa tale quando riesce a compiere il salto di qualità che divide un assembramento di persone da un gruppo di persone estremamente motivate ed efficaci.

  • Il primo fattore a rendere speciale un team è la motivazione e senso di appartenenza,
  • Il secondo l’addestramento continuo, la formazione continua.
  • Un terzo fattore è la consapevolezza delle proprie possibilità.

Ogni individuo si comporta nella vita come se avesse un’opinione ben definita della sua forza e delle sue possibilità; come se al­l’inizio di un’azione, si rendesse conto della difficoltà o della facilità di un dato problema: in sintesi come se il suo comportamento dovesse derivare dalle sue opinioni (Adler 1933, p. 17).

Dobbiamo quindi fondere un lavoro molto sottile, come l’immagine che un gruppo ha di se stesso, e una persona ha di se stessa, con un lavoro molto pratico come l’addestramento e la formazione su capacità allenabili. Il tutto confluisce nella ricerca di un vero e proprio stile di vita (lifestyle) in cui affrontiamo le nostre paure anziché nasconderci, accettiamo esperienze anche senza la certezza di pieno successo e apprendiamo da esse.

Quando una sconfitta non diventa qualche cosa che distrugge il nostro senso di valore personale e la nostra personalità, quando elaboriamo un piano di vita che cominci ad avere senso, stiamo imparando atteggiamenti che Adler individua come veramente fondamentali per raggiungere risultati duraturi.

Se predomina il puro timore di un pericolo di sconfitta, se il perdere si confonde malamente con un abbassamento del senso di personalità, si cercherà di scappare dalla situazione. Al contrario, un atteggiamento sano consiste nel fatto di applicarsi, studiarla, allenarsi, lasciarsi allenare, cercare risorse ulteriori, potenziarsi, attivare il fuoco sacro del superare l’ostacolo e andare avanti. Questo è un grande salto di qualità.

Se l’ideale di perfezione è una persona che non sbaglia mai, non avremo mai veri leader né veri gruppi, si cercheranno solo vittorie facili e scontate.

Un leader conduce ricerca anche in territori inesplorati, e apprende dagli errori, a volte persino andando a cercare dove sarà il punto di caduta per poi imparare e spostarlo alla prossima occasione un po’ in avanti.

Come riferisce Adler, “ogni epoca culturale forma il proprio ideale di perfezione rapportandolo ai suoi pensieri e ai suoi sentimenti” (Adler 1933, p. 31). Per cui è davvero il caso di confrontarsi con la cultura che ci circonda e “farla uscire”, attivando quello che oggi nella scienza memetica possiamo chiamare uno “smontaggio” della cultura in cui siamo immersi, o in termini informatici un reverse engineering, andare a vedere con quale software siamo stati programmati e poi riprogrammarci con maggiore coscienza.

Questo lavoro è indispensabile per fare nella vita quello che vogliamo noi e non quello che la cultura storica in cui siamo nati ci dice sia bene o male senza il nostro permesso.

Grandi riflessioni sulla vita si devono accompagnare a grande addestramento del corpo e delle facoltà mentali.

Quando parliamo di “addestramento” non intendiamo l’esecuzione di semplici ordini robotizzati, ma l’interiorizzazione e completa assimilazione del­l’azione entro un modo di fare e di essere.

Se non partiamo dal miglioramento di sé e delle proprie capacità, avremmo sempre bisogno di dare istruzioni e ordini, senza mai arrivare al fatto che le persone abbiano la volontà interiore di migliorare e la capacità di dirigere le attenzioni dove serve, arrivando a un’autonomia operativa che toglie il bisogno di essere guidati passo per passo. Il vero salto di qualità in un gruppo avviene quando si ha sempre meno bisogno di dare ordini e sempre più coscienza autonoma di che cosa è bene fare data la situazione, il contesto, la sfida, il compito, lo stato delle cose.

Una Formazione vera deve passare non solo dai concetti ma entrare nel­l’azione in cui questi concetti possono essere provati, vissuti, toccati con mano.

Il valore del­l’esperienza è assoluto, ma serve l’abilità di apprendere dal­l’esperienza (la “metacapacità” di apprendere dal­l’esperienza): potremmo cadere senza capire mai perché siamo caduti, potremmo stare male senza capire mai perché e come siamo arrivati a stare male, potremmo persino avere dei risultati ottimi senza capire se è stato frutto del caso o di qualche nostra strategia che possiamo replicare e potenziare. Possiamo vivere una vita come alghe mosse dalle correnti senza mai mettere a sistema nel nostro repertorio di comportamenti le modalità vincenti che invece ci appartengono:

  • nelle aziende, possono e devono diventare team speciali i team di progetto che vogliono sviluppare idee e concetti d’innovazione, si concentrano su come progettare un futuro veramente migliore dando vita a progetti nuovi, innovazione vera e non solo su carta o per fini pubblicitari e di propaganda, cui segua il nulla;
  • diventano team speciali anche le famiglie che decidono di far crescere figli sani, coscienti e forti, in una società che offre loro modelli malati, una sfida per certi versi enorme;
  • sono forze speciali i corpi scelti del­l’esercito e altre forze che operano in ambienti difficili e in missioni critiche, rischiando la vita e con sacrificio;
  • sono team speciali, in un concetto esteso, le équipe mediche che effettuano interventi difficili che pochi altri riescono a realizzare;
  • sono team speciali i team agonistici e sportivi negli sport estremi, che devono trovare il modo di esplorare ogni angolo del potenziale umano, se vogliono sopravvivere;
  • sono team speciali i team sportivi anche in sport ordinari, dove la percezione di quello che si fa diventa sacra;
  • sono forze speciali gli operatori che agiscono nelle centrali operative, di sicurezza e protezione civile, e devono apprendere l’arte del coordinamento di migliaia di flussi informativi, arrivando a comprendere significati nascosti ai più, per poi trasformarli in decisioni e azioni;
  • sono persone speciali e gruppi speciali alcuni gruppi dediti alla spiritualità o alla religione, in cui si giunge alla trascendenza dei limiti umani e alla connessione con valori sovrumani, sovrordinati, percependo un senso del­l’universo che sfugge alle persone comuni. Anche la spiritualità ha proprie forme di leadership.

Per essere veri leader serve visione. Ma visione vera, proiettata in un futuro migliore, non solo nel prossimo “trimestre finanziario” come accade troppo spesso nelle aziende.

I governanti pensano a inaugurare garage e centri commerciali, mentre gli scienziati ci dicono che dovremmo preoccuparci di altro.

Da un’intervista a Stephen Hawking, astrofisico:

Domanda. Quale sarà il nostro destino come specie, secondo lei?

Risposta. Credo che la sopravvivenza della specie umana dipenderà dalla sua capacità di vivere in altri luoghi del­l’universo, perché il rischio che un disastro distrugga la Terra è grande. Quindi vorrei suscitare l’interesse pubblico per i voli spaziali. Ho imparato a non guardare troppo in avanti, a concentrarmi sul presente. Ci sono ancora molte altre cose che voglio fare (Valenza 2015).

Chi si preoccupa di qualche cosa di più grande di se stesso ha capito il valore della vita. Chi cerca di lasciare un contributo fisico o morale, un lascito che può andare oltre la propria vita individuale, è un vero leader spirituale e morale, gli altri sono solo maschere che abusano di questa parola.

© Daniele Trevisani. Testo estratto dal libro Team leadership e comunicazione operativa. Principi e pratiche per il miglioramento continuo individuale e di team. Franco Angeli editore. Con commenti inediti dell’autore.

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Ok fantastico, è uscito il libro “Team Leadership e Comunicazione Operativa“, basato su 11 anni di esperienza nella Formazione di Forze Speciali e Imprese.

Se lo passate al direttore HR, o interessa a Voi, sarà ed è il più gettonato del 2017 in tutta l’area della Formazione e anche del Coaching, perchè di “assembramenti” di persone sono piene le aziende, ma di veri Team c’è bisogno come l’aria – Qui l’indice del volume che corrisponde al programma del corso http://www.francoangeli.it/Area_PDFDemo/100.856_demo.pdf

Ricordo inoltre di iscriversi alla rivista online per avere sempre le notizie, aggiornamenti e articoli non appena escono. Qui il link http://eepurl.com/b727Pv

Oltre al pdf, offriamo uno strumento pratico per la localizzazione di cosa fare, tratto dal cap.2. : le 5 Zone Operative di un Team e la localizzazione dei segnali deboli

 

Le 5 zone operative di un team e la localizzazione dei segnali deboli

 

Esercizi di localizzazione per Team Leader

 

Zona 1 – Esistono attività condotte nella zona di noia, mediocrità o apatia, nei nostri collaboratori principali o nel team?

 

 

 

 

 

 

Segnali e indicatori (inclusi segnali deboli) cui possiamo prestare attenzione per capire se e quando le persone o il team operano in questa zona

 

 

 

 

 

 

Commenti e possibili azioni concrete di miglioramento

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Zona 2 – Quali sono alcune delle attività in cui possiamo accettare Medianità o Routine nei nostri collaboratori principali o nel team, senza che questa comprometta il lavoro del team stesso e la missione?

 

 

 

 

 

Segnali e indicatori (inclusi segnali deboli) cui possiamo prestare attenzione per capire se e quando le persone o il team operano in questa zona

 

 

 

 

 

 

 

Commenti e possibili azioni concrete di miglioramento

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Zona 3 – Quali sono alcune delle attività in cui è indispensabile chiedere maggiore qualità e dinamismo nei nostri collaboratori principali o nel team?

 

 

 

 

 

 

Segnali e indicatori (inclusi segnali deboli) cui possiamo prestare attenzione per capire se e quando le persone o il team operano in questa zona

 

 

 

 

 

 

 

Commenti e possibili azioni concrete di miglioramento

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Zona 4 – Quali sono alcune delle attività in cui è indispensabile chiedere l’Eccellenza Operativa, l’attenzione massima ai dettagli con contemporanea percezione dell’insieme?

 

 

 

 

 

 

Segnali e indicatori (inclusi segnali deboli) cui possiamo prestare attenzione per capire se e quando le persone o il team operano in questa zona

 

 

 

 

 

 

 

 

Commenti e possibili azioni concrete di miglioramento

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Zona 5 – Quali sono alcune delle attività che rischia di avvicinarsi alla maniacalità non necessaria, o aree in cui viene profusa troppa energia e attenzione rispetto alla reale importanza del compito?

 

 

 

 

 

 

 

Segnali e indicatori (inclusi segnali deboli) cui possiamo prestare attenzione per capire se e quando le persone o il team operano in questa zona

 

 

 

 

 

 

 

Commenti e possibili azioni concrete di miglioramento

 

 

 

 

 

 

Materiale copyright, utilizzabile solo con citazione della fonte: Trevisani, Daniele (2016). Team leadership e comunicazione operativa. Principi e pratiche per il miglioramento continuo individuale e di team. Milano, Franco Angeli editore