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© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategic selling. Psicologia e comunicazione per la vendita consulenziale e le negoziazioni complesse”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

Capire i ragionamenti del buyer: analisi di alcuni metodi di calcolo cognitivo

Il concetto di matematica mentale, ha lo scopo di definire alcuni modelli di base sottostanti il ragionamento che attua il cliente. I modelli valutano le diverse caratteristiche delle alternative presenti sul mercato, al fine di realizzare previsioni sulle scelte di acquisto. 

Questi studi hanno sinora evidenziato alcuni modelli sottostanti, dei quali esporremo in seguito quelli più semplici e sufficientemente compresi.

In particolare ci concentreremo su:

  • metodo dei punteggi semplici;
  • metodo sottrattivo;
  • metodo moltiplicativo;
  • metodo degli scostamenti ponderati.

Una ulteriore differenziazione che analizzeremo è data dal tipo di ponderazione dei rapporti tra le variabili, consistente nell’utilizzo di: 

  • metodi di calcolo mentale compensativi, vs.
  • metodi di calcolo mentale discriminanti (pass or fail). 

I diversi metodi si ritrovano sia nelle decisioni individuali del consumatore che nelle decisioni di acquisto aziendale.

Metodo dei punteggi semplici

Questo metodo consiste nell’applicazione del concetto di “pagella del prodotto” o griglia valutativa semplice. Ogni caratteristica saliente del prodotto viene valutata, e ad essa viene assegnato un punteggio. Il prodotto selezionato sarà quello che ottiene la somma più alta. 

Chi non capisce come un cliente valuta le alternative, quali “materie” inserisce nella propria pagella mentale, non può vendere se non in condizioni di monopolio o mancanza di alternative, una condizione sempre più rara.

La predisposizione di una griglia richiede tuttavia un lavoro cognitivo importante, basato soprattutto sulla emersione delle variabili che si utilizzano per valutare (consapevolezza dei propri criteri di scelta). 

Infatti, per poter applicare una pagella devo prima “far uscire” le variabili o “materie” di valutazione, devo esplicitare quali sono le questioni per me importanti. 

Questo processo è utile per far emergere dal subconscio le variabili critiche dell’acquisto, (key variables) – durata, economicità, valutazione del servizio post-vendita, etc.

Le strutture delle pagelle mentali del consumatore non sono uguali, ma differiscono da persona a persona, da azienda ad azienda.

Nonostante sia di forte aiuto per comprendere la dinamica di scelta, il metodo della pagella di prodotto possiede diverse lacune. Il limite più grave è dato dall’eguaglianza dei pesi attribuiti alle variabili: in altre parole, si ragiona come se tutte le componenti della valutazione avessero peso uguale, mentre in realtà il peso delle variabili o caratteristiche di prodotto può essere diverso. 

Se dimentichiamo la problematica del “peso” di un fattore di scelta, ci illudiamo che ogni variabile sia importante quanto le altre, ma così non è.

L’azienda consapevole dei processi mentali del cliente sa investire nelle variabili più “pesanti”, quelle che producono effetti, e non dà priorità a variabili che il consumatore non utilizza o utilizza poco nelle proprie scelte.

Metodo sottrattivo

Un secondo processo di calcolo mentale rilevato dalle nostre ricerche, più complesso e scientificamente accurato, consiste nel comparare :

  1. le caratteristiche percepite nei vari prodotti o scelte, con 
  2. le caratteristiche di una scelta ideale. 

Il procedimento richiede un’operazione di sottrazione che faccia emergere le carenze del prodotto analizzato rispetto alla soluzione ideale.

Per chi applica la vendita consulenziale, occorre quindi porre domande su:

  1. che caratteristiche dovrebbe avere il prodotto ideale, e
  2. che caratteristiche dovrebbe avere un fornitore ideale di quel tipo di prodotti.

La somma delle carenze di ogni prodotto/servizio rispetto al prodotto ideale e al fornitore ideale viene raffrontata, scegliendo ciò che si discosta meno. 

In questo modo, il prodotto scelto sarà quello che minimizza il livello di insoddisfazione attesa.

La sua lacuna è tuttavia evidente: la mancanza di un “peso” per le variabili. Per esempio, la durata, l’economicità e il servizio assistenza, in questo tipo di ragionamento, potrebbero avere la stessa importanza relativa. Ma cosa succede se un consumatore attribuisce scarso peso ad una variabile? 

Mettiamo il caso che una madre acquisti il latte per i bambini e nel farlo ritenga che il latte a lunga conservazione sia alterato. Una buona valutazione sulla durata, in questo caso, non aumenta il valore del prodotto, ma dovrebbe anzi ridurlo.

Metodo moltiplicativo

Una sostanziale innovazione apportata dal metodo moltiplicativo consiste nel fornire un “peso” a ciascuna caratteristica nella decisione d’acquisto, cioè un’importanza diversa alle variabili di valutazione. Ogni variabile assume una rilevanza alta o bassa, diventando quindi poco o molto incisiva sulla scelta.

Ad esempio, nell’ambito di un pacchetto turistico o vendita di una crociera, la variabile “possibilità di socializzare” (partecipare a party e conoscere persone di altro sesso) avrà un peso maggiore per un single che per una coppia di sposi.

Secondo questo modello, i prodotti tra loro concorrenti vengono valutati dai clienti potenziali con un processo mentale che rapporta tra di loro:

  1. il livello di presenza degli attributi di prodotto e
  2. l’importanza (peso) data ai singoli attributi.

Il prodotto con punteggio complessivo più alto verrà selezionato. 

Queste variabili “pesanti” vengono chiamate nel metodo ALM “Key Variables”, o variabili chiave. Scoprirle è uno dei passi fondamentali di una vendita consulenziale.

Metodo degli scostamenti ponderati

Il metodo degli scostamenti ponderati è una modalità di calcolo cognitivo complessa, che comprende il valutare in un unico modello sia lo scostamento tra aspettative e prestazioni dei diversi prodotti, che il peso attribuito dal consumatore a ciascuna caratteristica del prodotto.

Metodo dei coefficienti di priorità bilanciati

Questa tecnica avanzata sviluppata nelle ricerche ALM consiste nel rilevare sul campo, tramite indagini psicometriche di prodotto:

  • il peso delle variabili valutative;
  • la loro direzione d’incidenza (positiva o negativa) tramite coefficienti di correlazione (coefficiente r, o correlazione di Pearson);
  • il gap che ciascun prodotto ha rispetto ai competitors;
  • la prevedibilità dei comportamenti del cliente rispetto al prodotto specifico
  • i margini di miglioramento che ciascun prodotto detiene, e le variabili specifiche sulle quali indirizzarlo (priorità).

Il risultato è la scoperta di un modello accurato di scelta che il cliente adotta nell’esprimere le valutazioni di prodotto o di un fornitore. 

La sua valenza strategica, tuttavia, consiste nel capire che è possibile andare alla ricerca empiricamente (con analisi sul campo) dei fattori chiave, dei pesi che i clienti assegnano alle variabili, facendo emergere quali sono le variabili importanti o poco importanti, e il tipo di influenza (positiva o negativa) che hanno sulla scelta. 

Questo consente di poter avviare azioni di miglioramento veramente significative, evitando di procedere nel buio o (peggio) di “tentare” in aree nelle quali non è più consentito fare errori (si pensi ad esempio a cosa significa oggi sbagliare un modello di auto, in relazione ai lunghi tempi e investimenti di progettazione e ingegnerizzazione che ne caratterizzano il time-to-market).

Modelli compensativi e modelli discriminanti

Le ricerche del laboratorio di matematica mentale hanno fatto emergere una considerazione importante: i modelli previsionali sopra analizzati sono fondamentalmente “compensativi”: un difetto o lacuna di un prodotto o di un fornitore, può essere compensato da altri pregi. 

Ma non sempre un cliente è disposto a “chiudere un occhio” su una lacuna. Alcune scelte, alcuni test ai quali viene sottoposto un prodotto o servizio, sono del tipo “pass or fail” (promosso o bocciato, presente o assente). 

Emerge quindi una sostanziale differenza tra due diversi modi di pensiero: compensativo e discriminante.

  • In un ragionamento compensativo la presenza di una caratteristica fortemente positiva può eliminare gli effetti di una caratteristica fortemente negativa, nel punteggio finale del prodotto/servizio o del fornitore. 
  • In un ragionamento discriminante il prodotto/servizio o il fornitore devono obbligatoriamente possedere alcune caratteristiche, senza le quali il modello (o il fornitore) sono esclusi a priori dalla scelta. Nessun punto di forza su altre caratteristiche può compensare la caratteristica mancante.

Nel campo degli acquisti di alimentari, se utilizziamo un modello compensativo possiamo ritenere che il risparmio reso possibile dal discount sia sufficiente a compensare la minore certezza di qualità delle merci disponibili. 

In altre parole, nelle formule compensative avvengono degli “scambi di valori” e il cliente “accetta” una lacuna in quanto altre caratteristiche del prodotto o servizio possono compensare le mancanze.

All’opposto, il ragionamento discriminante ricorre a sistemi mentali diversi di valutazione più rigidi. Tra questi:

  • la presenza di fattori di valutazione discriminante del tipo “presente/assente”. La caratteristica ricercata deve essere assolutamente presente, in caso contrario il modello viene espulso dal consideration set.[1] Es: se il modello di autovettura è disponibile in versione turbodiesel, esso rimane nel consideration set (la “rosa” di scelta), altrimenti viene espulso, al di là di qualsiasi altra valutazione sull’auto. La presenza della caratteristica diventa una variabile discriminante dell’acquisto.
  • l’introduzione di livelli di soglia al di sotto dei quali il prodotto viene eliminato dal set di scelta. Non si tratta qui di valutare la presenza/assenza di una caratteristica, ma di fissare livelli minimi o massimi di prestazione desiderata, lungo un continuum ordinale o numerico. Es.: un’azienda decide di rinnovare periodicamente, con metodo, il proprio parco PC ogni 3 anni, e di escludere dal consideration set ogni offerta che non prevede i 3 anni di garanzia on site (assistenza svolta direttamente in azienda). Ogni ipotesi di garanzia inferiore o che prevede che i PC vengano inviati altrove, viene scartata, non esiste alcuna altra caratteristica (potenza dei computer, sconti, dotazioni, ecc.) che possa compensarla.

Questi metodi di scelta possono essere definiti modelli “discriminanti”, e contengono scelte del tipo “promosso o bocciato” (pass or fail) che corrispondono a processi di matematica mentale più rigorosi e rigidi, in cui predominano i banchi o neri, e non le sfumature. 

Al contrario dei modelli compensativi, in cui il risultato di una variabile negativa poteva essere compensato da una variabile molto positiva, qui la comparazione finale avviene solo all’interno dei prodotti o soluzioni che superano le soglie critiche, i prodotti che entrano nel “consideration set” (il gruppo di alternative entro le quali avviene la scelta finale).

Fissare delle soglie produce il risultato di eliminare dalla rosa delle alternative (il consideration set) prodotti caratterizzati dalla mancanza di un fattore, e facilita il processo di scelta. 

In termini persuasivi, una nuova capacità dell’azienda che realizza prodotti e soluzioni di qualità, consiste nel condurre una riflessione guidata nel cliente, rispetto alle soglie minime sotto le quali il cliente stesso otterrebbe un danno dall’acquisto, anziché un beneficio.

Questa attività comunicazionale costituisce una forma di Customer Training (acculturazione del cliente) senza la quale non sarà possibile far apprezzare le differenze di prezzo che le aziende di qualità alta necessariamente richiedono, rispetto alle aziende di fascia inferiore.

Principio 8 – Capacità di produzione di criteri, soglie e discriminanti nella cultura d’acquisto del cliente

  • Il successo dell’azienda dipende dalla capacità di acculturare ed educare il cliente su quali siano le soglie e livelli minimi di qualità, prestazione, relazione,  contenuto – o di way-of-buying – al di sotto dei quali è svantaggioso per il cliente stesso avventurarsi – in relazione alle scelte di acquisto che il cliente sta per compiere.
  • Il successo di tale attività è tanto maggiore quanto il cliente percepisce un rischio concreto e personale nell’adottare il comportamento.
  • Il successo richiede inoltre la capacità di posizionarsi tra le possibili scelte che superano il criterio (ingresso nel consideration set).
  • Il successo dipende dalla capacità di effettuare sessioni di Customer Training che mettano il cliente in grado di capire, orientarsi, percepire e apprezzare le differenze. Un patto psicologico adeguato deve consentire di effettuare il training.

Alla ricerca delle key-variables

L’analisi dei casi sopra riportati permette di delineare un fenomeno dei processi di acquisto: esistono variabili critiche (key-variables), nel processo di acquisto, che assorbono la maggior parte dell’attenzione decisionale dell’individuo. Ad esempio, per un ragazzo giovane, amante delle autovetture sportive, il livello di aggressività del look dell’autovettura (es: doppi scarichi, cerchi in lega allargati, linea sportiva) assorbirà una quota elevatissima del peso decisionale, mettendo in secondo piano gli altri fattori (es. la sicurezza, il risparmio, lo spazio interno, la possibilità di carico bagagli), che divengono secondari. L’innamoramento verso il prodotto o verso il fornitore è generato dalle key variables e non da una analisi logica e razionale, asettica.

La complessità del processo di scelta cresce all’aumentare del numero di persone coinvolte (scegliere in gruppo è difficile senza adeguata leadership).

Questi dati consentono di capire come il cliente pensa, quali processi decisionali vengono attuati dagli individui e dai gruppi. Ciò permette di progettare comunicazioni strategiche, creare una strategia del messaggio definendo quali contenuti trasmettere al cliente per incidere sulla valutazione di prodotto o sulla percezione.

Esiste un forte legame quindi tra analisi dell’antropologia del cliente e comunicazione strategica.

Al di là degli esempi svolti, più in generale le aziende traggono beneficio dall’applicare un approccio di ricerca (comprensione e diagnosi delle variabili critiche che dominano il pensiero del cliente) al fine di progettare la propria  comunicazione e l’innovazione di prodotto/servizio.

Principio 9 – Capacità di identificazione delle variabili critiche e discriminanti

  • Il successo dell’azienda dipende dalla capacità di capire le variabili critiche e discriminanti che dominano la psicologia delle scelte del cliente (key variables).
  • L’emersione dei processi mentali di scelta deve essere condotta tramite apposite diagnosi di mercato orientate all’ascolto, ricerca in profondità delle variabili latenti, e utilizzando tecniche di analisi scientifica.

A livello metodologico, sia le tecniche qualitative che le tecniche quantitative si prestano all’analisi, con un approccio decisamente più efficace nel caso di utilizzo congiunto delle due metodologie.

Capire le dinamiche riferite alle key variables fa parte di un tipo particolare di vantaggio competitivo: il vantaggio competitivo di ricerca ed analisi, che consiste nella maggiore abilità dell’azienda di identificare i processi decisionali del cliente.

Queste competenze si traducono in una maggiore capacità aziendale di intervento sui prodotti/servizi (innovazione e miglioramento), e in strategie più efficaci a livello di comunicazione, pricing e distribuzione.

In sintesi, l’importanza dei nuovi metodi e approcci scientifici all’algebra mentale ha una valenza su numerosi fronti, e ci permette di capire:

  • il ragionamento del cliente posto di fronte ad una scelta tra alternative (processi mentali interiori del cliente);
  • quali variabili il cliente utilizza per valutare se un prodotto risulta o meno di gradimento (comprensione delle variabili in campo);
  • perché un prodotto viene scelto rispetto ad un suo concorrente (comprensione delle variabili critiche e meccanismi di scelta);
  • se e perché un prodotto verrà acquistato (comprensione del grado di possibile successo di un prodotto/servizio). 

[1] Per un approfondimento sul concetto di consideration set, vedi D. Trevisani, “L’arena di acquisto e la concorrenza psicologica”, in Psicologia di Marketing e Comunicazione, Milano, FrancoAngeli, 2001.

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online

© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategie di comunicazione e marketing. Un metodo in 12 punti per campagne di comunicazione persuasiva”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

Definizione del problema: problem setting

setting

Mentre il problem solving è l’arte (e scienza) di risolvere i problemi, il problem setting è l’arte (e scienza) di fissare i problemi, definirli, di capire quali problemi siano da porre in primo piano. 

Risolvere problemi è spesso fattibile, ma risolvere problemi sbagliati è inutile e dispersivo per le risorse aziendali.

Non risolvere i problemi veri è invece deleterio, poiché essi continueranno a macerare e a minare il successo dell’azienda.

Il problem setting richiede che l’azienda si impegni in apposite sessioni di analisi, di emersione delle criticità, e di priority setting (definizione delle priorità).

Il problema deve essere sempre scritto e formulato. La formulazione del problema così ottenuta prende il nome di problem statement.

Esempio di problem statement  errato e corretto

  • Errato (centrato su di sè): Vendiamo meno di quanto vorremmo
  • Corretto (centrato sulle esigenze dell’utilizzatore): I nostri concessionari non utilizzano tecniche di ascolto adeguate, questo produce un tasso di chiusura ridotto e resi elevati a danno nostro e loro

Il “non vendere a sufficienza” è certamente un problema per l’azienda, ma un problema molto ampio che non produce, così come formulato, alcuna ulteriore idea su come affrontarlo.

Isolando un tema specifico, quale l’area delle tecniche di ascolto e l’efficacia nella chiusura, possiamo invece affrontare una componente primaria del problema per poterlo risolvere più efficacemente. 

Se non vendi, è un tuo problema, e questo non aiuta a capire quale sia il messaggio da portar fuori, e a chi. Un problem statement deve spostare la luce dei riflettori verso chi deve prendere le decisioni d’acquisto.

Questo processo di “narrowing down” (restrizione del campo di problemi da affrontare), richiede che sia stata svolta qualche forma di ricerca a priori, in grado di formulare ipotesi e possibili soluzioni per isolare la fonte del problema. 

research

La ricerca – opposta all’improvvisazione – è il fondamento del metodo ALM (Action Line Management).

Esempio di problem statement  errato e corretto

  • Errato (centrato su di sè) : dobbiamo farci conoscere dagli albergatori e far comprare i nostri impianti solari
  • Corretto (centrato sulle esigenze dell’utilizzatore): i gestori di alberghi hanno ad oggi informazioni confuse e insufficienti per decidere come utilizzare le energie rinnovabili
  • Un’azienda che offre impianti basati su energie rinnovabili, può svolgere una campagna diretta agli alberghi “per farsi conoscere” (ma questo è l’obiettivo interno, il fatto in sè non interessa al cliente) oppure cogliere alcuni dei BSS (Bisogni Sottostanti Serviti) nel cliente e farne bersaglio del proprio comunicare. 

    Questo significa fare “problem sensing”, rendersi conto che i Direttori degli alberghi e i Titolari hanno molta confusione in testa, sono poco informati rispetto alle vaste gamme di tecnologie possibili nel campo solare, conoscono poco o in modo superficiale la differenza tra pannello solare termico, pannello termodinamico, pannello solare fotovoltaico, pompe di calore, rinfrescamento da fonte geotermica, e questo non permette loro di scegliere bene. 

    Il loro “non conoscere” alza inoltre i costi di gestione perché l’albergo non fa uso dei risparmi notevoli resi possibili da questi tecnologie pulite. La nostra missione diventa quindi aiutare gli alberghi a cogliere opportunità. Aiutare loro a migliorare la loro condizione. Il nostro impianto, diventa un mezzo per il loro fine. Diventa qualcosa che permetta a loro di migliorare.

    Come emerge chiaramente, la fase di problem setting richiede la realizzazione di analisi sul campo, ricerche empiriche e manageriali in grado di far emergere i problemi sia nostri che dei clienti potenziali, trasformando vaghe formulazioni in specifiche proposizioni manageriali (passaggio dal problema indistinto al problema affrontabile).

    Senza avere definito con precisione uno o più problemi, non sarà possibile progettare alcun programma comunicativo efficace.

    Ogni campagna deve agire su problemi o obiettivi, è quindi necessario passare da definizioni vaghe o imprecise ad una esatta definizione del problema che genera il bisogno di fare una campagna o attività

    Ricerca sul problema: situation analysis

    Se un problema è tale, la sua consistenza deve essere supportata da dati di fatto. I numeri parlano, le impressioni “sussurrano”, i silenzi non dicono nulla. 

    La situation analysis si prefigge di realizzare un report descrittivo del problema, del target, della situazione aziendale di mercato, di scenario o organizzativa. 

    Il report direzionale dovrà illustrare dati e tendenze in modo verificabile, esplicitando le fonti di ogni singola informazione (ove non coperte da segreto). Lo scopo è di fornire una rappresentazione oggettiva della realtà.

    Poniamo il caso di una campagna di comunicazione finalizzata a modificare l’immagine aziendale: abbiamo dati empirici su come siamo percepiti da parte del pubblico, o ci basiamo sul “sentito dire”? Senza una fotografia dell’immagine aziendale al “tempo 0” non avremo alcun modo per capire scientificamente se la campagna di comunicazione, al “tempo 1”, avrà avuto successo. Mancando ogni termine di paragone con la situazione iniziale (ex ante – situazione precedente la campagna), il divario con la situazione finale (ex-post, situazione al termine della campagna) diventa non misurabile.

    Per avere successo, serve azione, e sapere da dove a dove ci vogliamo spostare

    Avere un’idea dovrebbe essere come stare seduti su uno spillo; dovrebbe farti balzare in piedi e fare qualcosa.

    Harvey B. Mackay

    Vediamo un ulteriore caso. Un’azienda informatica decide di attuare una campagna di “comunicazione situazionale” (legata ad un particolare evento): valorizzare la presenza presso un evento fieristico e massimizzare i contatti fieristici dal punto di vista commerciale. Il problema sottostante da affrontare è la scarsa qualità dei contatti commerciali avuti nelle fiere precedenti, in cui la partecipazione aveva prodotto molto meno di quanto atteso.

    Su quali dati ci basiamo per monitorare un futuro miglioramento, dovuto alla campagna di comunicazione? Abbiamo una tabella che numerizza il tipo di contatti avuti e i risultati prodotti in precedenza? Abbiamo realizzato uno studio per capire chi vogliamo far partecipare all’evento? Sappiamo dove sono localizzati i nuovi clienti da raggiungere? Come misureremo l’esito della campagna?

    Un ultimo esempio inerente un tema di comunicazione pubblica: la realizzazione di una campagna per la sicurezza stradale. Abbiamo un quadro chiaro ed esaustivo di quanti incidenti avvengono e dove? Sappiamo a che ora avvengono maggiormente, in quali giorni, in quali strade o tipologie di strada, e perché? Senza questi dati la comunicazione non saprà letteralmente dove agire, e produrrà sicuramente messaggi “nel vuoto”.

    La situation analysis si prefigge quindi di chiarificare il quadro del presente per poter raffrontare, rispetto ad esso, il quadro futuro.


    [1] Trevisani, D. (2000). Competitività aziendale, personale, organizzativa: strumenti di sviluppo e creazione del valore. Milano, FrancoAngeli.

    Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

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