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© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Psicologia di marketing e comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore

Interpretazione semiotica e valenza simbolica del prodotto

Oltre alla psicologia del prodotto, anche la semiotica del prodotto è in grado di fornire un contributo all’interpretazione di cosa accade nella mente del consumatore, tramite numerose tecniche di analisi. 

Alla base della dottrina semiotica si colloca il concetto di “segno”. Riprendendo uno dei principali semiologi mondiali, Umberto Eco (1987)[1], «è segno ogni cosa che possa essere assunto come un sostituto di qualcos’altro». 

Il segno, nel metodo ALM, costituisce un importante punto di riferimento concettuale. Ad esempio, rappresenta un segno aziendale la carta intestata, il logo, il packaging del prodotto (e questo è abbastanza evidente). Quello che dobbiamo sottolineare, è che anche la modalità di risposta telefonica, l’abbigliamento di un manager, lo stato d’uso di un’auto aziendale, o un quadro alla parete in un corridoio, possono assumere la funzione di “segno” per un cliente. Essi diventano “sintomi dello stato di salute aziendale”, veicoli da cui fuoriesce informazione sulla cultura aziendale e sulla potenziale qualità.

I segni vengono suddivisi in categorie in base alle diverse proprietà assunte:

  • Icone: hanno proprietà di rassomiglianza. Ad esempio una fotografia di un prodotto rappresenta un’icona del prodotto.
  • Indici: sono significati tramite relazioni causali. Ad esempio il fumo è indice di un incendio possibile. Un balbettio può indicare nervosismo durante una trattativa.
  • Simboli: stabiliscono convenzioni arbitrarie tra un significato e un’entità. A differenza delle Icone, non hanno una proprietà di rassomiglianza.  Ad esempio, una parola (non onomatopeica) per indicare un concetto.

In termini aziendali, questi concetti si prestano alla realizzazione di diversi tipi di analisi sviluppate nel metodo dall’autore:

  • Analisi iconica del prodotto/comunicazione: ha lo scopo di evidenziare correlazioni di rassomiglianza tra elementi visivi (ma anche provenienti da altri sensi) di un prodotto e sensazioni/ricordi provocate da questi elementi. Così come una fotografia di un prodotto rappresenta un’icona del prodotto, i fanali di alcune auto possono essere disegnati per ricordare, in qualche modo, gli occhi di un felino. Oppure, un abito può essere costruito in modo tale da ricordare l’abbigliamento di un guerriero, ed ancora un PC può essere costruito in modo tale da ricordare un oggetto fantascientifico.
  • Analisi indicale del prodotto/comunicazione: rappresenta l’analisi di tutto ciò che, nel prodotto o nella comunicazione d’impresa, possa essere utilizzato come “indicatore di”, segnale di qualcos’altro (es: una prestazione). Ad esempio, un marchio di qualità viene utilizzato per indicare una possibile qualità elevata. Una sede prestigiosa può essere utilizzata come indicatore di stabilità finanziaria. Una brochure raffinata può essere utilizzata come indicatore di cura dei dettagli.
  • Analisi socio-simbolica del prodotto: L’analisi socio-simbolica si prefigge di determinare le valenze sociali e culturali che correlano un prodotto, un suo elemento, o un modo di consumarlo, a dei concetti sociali, politici, a delle sfere di significati e valori riconosciuti all’interno di un gruppo. Un’analisi simbolica può determinare che valenza sociale assuma il possesso di un certo marchio di occhiali all’interno di un gruppo, quali connotazioni si leghino al suo possesso, cosa significhi per un ragazzo portare l’orecchino, che connotazioni assume la maglia sociale per i tifosi di un club, che implicazioni ha una certa capigliatura, quali inferenze sulla personalità del proprietario vengono svolte a seconda dell’auto posseduta, ecc. 

Nel campo informatico, è nota agli operatori del settore la querelle culturale e fortemente ideologica tra fautori dei sistemi Macintosh, Linux e sistemi Windows, in cui traspare simbolicamente tutta la lotta all’imperialismo, il mito di Davide contro Golia, la volontà di emanciparsi dai monopoli, che pervade certa cultura, dal Cyberpunk al mondo della grafica e della comunicazione. La semiotica sociale e culturale si presta all’analisi di queste dinamiche, e non solo come esercizi di stile. La comprensione delle dinamiche semiotiche del mercato permette di capire cosa vi sia alla base di fenomeni dalle enormi implicazioni economiche su scala mondiale, quali le lotte tra sistemi operativi e il controllo del mercato informatico, e di ogni altro mercato ove i marchi assumono valenze e simbologie sociali.

Codici comunicativi

Mentre per gli indici le associazioni sono comprensibili ed immediate (es: Rolls Royce indice di denaro, muscoli indice di forza, occhiaie indice di stanchezza), le interpretazioni dei simboli, essendo arbitrarie, devono essere concordate tra emittente e ricevente, costruendo un codice di comunicazione (sistema di regole che associa forme a significati), o ricorrendo ai codici di comunicazione già esistenti nella società. 

Ciascuna società, tuttavia, utilizza codici che sono frutto della sua storia e del suo passato, ed è quindi sbagliato pretendere o dare per scontato che i simboli funzionanti in una cultura funzionino anche in un’altra cultura. Le differenze culturali agiscono fortemente sulla comunicazione internazionale d’impresa, anche se le contaminazioni culturali tendono, nel corso del tempo, ad omogeneizzare alcuni codici di comunicazione internazionale.

Simboli aziendali ed anticipazione delle reazioni di mercato

Ciascun simbolo si presta a diversi livelli di lettura. È necessario quindi considerare la molteplicità di interpretazioni che, in chiave simbolica, qualsiasi elemento è in grado di assumere, e anticipare le possibilità di errore e devianza interpretativa che possono avvenire. 

Ricerche svolte dall’autore[2] hanno evidenziato che l’utilizzo di un logo aziendale (il simbolo di una mano aperta) può avere riflessi simbolicamente neutri per alcune culture, per altre culture può assumere significati negativi (nello specifico, una connotazione di “stop”), in altre ancora può produrre significati ancora più negativi. Ad esempio in Grecia il simbolo della mano aperta è un modo non verbale di offendere, di dire “sei stupido”, e un packaging che incorpora tale simbolo troverà ostacoli culturali molto forti in quel paese. 

In generale, in ogni nazione o area culturale esistono simbologie negative che le aziende devono attentamente evitare di inserire all’interno della propria comunicazione. Una nota casa di pneumatici ha dovuto ritirare dai mercati mondiali un suo prodotto il cui battistrada riproduceva sul terreno non asfaltato un disegno simile a versetti coranici. Questo è risultato molto offensivo per tutti i mercati in cui la religione islamica è dominante, e l’azienda si è vista costretta a ritirare il prodotto, fornendo inoltre scuse ufficiali.

Livelli di lettura del segno

La semiotica si occupa di analizzare i livelli di lettura dei segni. Possiamo infatti distinguere tra diversi livelli di interpretazione del segno o messaggio:

  • Sintattica: analisi della struttura del segno o messaggio;
  • Semantica: analisi dei significati;
  • Pragmatica: analisi di impatto, analisi degli effetti pratici del segno, cambiamento indotto dal segno sul ricevente, modificazioni di atteggiamento.

Ciascun livello di lettura ha una funzione specifica, e altrettanto specifiche implicazioni aziendali. Tra i ricercatori che più hanno approfondito gli studi di semiotica del prodotto e della comunicazione pubblicitaria, è necessario evidenziare i lavori di David Mick, pioniere nell’applicazione di metodi scientifici di misurazione dell’impatto semiotico della comunicazione di marketing (vedi Mick, 1986, 1989, 1991; Mick e DeMoss, 1990).

Vediamo più in dettaglio le peculiarità di questi diversi livelli di lettura della comunicazione aziendale, e più in generale del “segno” aziendale :

Livelli di lettura del segno :

Sintattica – Analisi della struttura del segno.

Ad esempio, 

  • analisi della struttura della frase pubblicitaria, 
  • analisi della composizione visiva di un quadro, 
  • analisi delle componenti visive di un packaging.

Semantica – Analisi scientifica dei significati del segno e delle sue componenti.

Ad esempio,

  • il colore rosso della Ferrari come simbolo di sportività nel mercato dell’auto;
  • il significato percepito in uno spot pubblicitario,
  • l’interpretazione di senso da dare ad una frase ambigua,
  • quale interpretazione dare ad un inatteso silenzio. 

La semantica è centrale nella fase di interpretazione corretta della comunicazione, la cui riuscita dipende dalla comunalità dei codici utilizzati.

Pragmatica – Analisi dell’effetto comportamentale ed impatto del segno.

Ad esempio,

  • Quali effetti pratici produce il segno sul ricevente? 
  • Quali reazioni comportamentali suscita il messaggio o il prodotto? Modifica opinioni e comportamenti o no?
  • che effetti concreti, pratici, reali, ha avuto una campagna di comunicazione antifumo?
  • come potrebbe reagire il mercato  ad un cambiamento di packaging (colori e forme)?

Altri problemi posti dalla semiotica sono dati dal livello di intenzionalità dei segni. Eco (1987)[3] sottolinea come alcuni comportamenti “appaiono capaci di significare anche se chi li emette non è cosciente di significare attraverso di essi”, e questo può dare luogo a una “commedia degli equivoci intessuta di arrière pensées, reticenze, doppi giochi e così via” (cfr Eco, 1973,[4]in Eco, 1987).

Ogni azienda deve rendersi conto di un dato di fatto: come sottolinea Watzlawick, non è possibile non comunicare. Ogni dettaglio, ogni parola, ogni elemento, proietta un’immagine, e incide sulle scelte del cliente.

Un ulteriore aspetto semiotico aziendalmente rilevante è dato dalle modalità di descrizione del segno, tra cui l’analisi denotativa e l’analisi connotativa.

L’analisi connotativa richiede l’utilizzo di frame interpretativi (angoli di osservazione valoriali e sociali del prodotto). A seconda del punto di osservazione semiotico, infatti il prodotto diviene “segno” di un insieme di relazioni tra oggetti sociali. La pelliccia può divenire “segno” dell’appartenenza ad una classe agiata o di aspirazione ad appartenervi. Questo segno assume una valenza positiva o negativa in funzione del frame interpretativo adottato: un frame alto-borghese porterà alla decodifica della pelliccia come oggetto di classe e distinzione. Un frame ambientalista porterà ad una decodifica della pelliccia come sinonimo di superficialità del proprietario. Inoltre, connoterà in esso il possesso di valori antisociali, consumistici, antiambientalistici. 

È il frame di osservazione, in altre parole, che determina il giudizio del prodotto e il suo luogo all’interno dei valori e significati del soggetto.

Mentre l’analisi denotativa si prefigge la descrizione “oggettiva”, non valutativa, dei contenuti manifesti del prodotto o del messaggio, l’analisi connotativa si prefigge di stabilire le associazioni di significato legate al segno. 

Macro-tipologie di analisi semiotica

Analisi denotativa

  • Descrizione oggettiva dei contenuti del segno.
  • Analisi avalutativa, asettica, puramente descrittiva.
  • Analisi degli elementi fisicamente percepibili nell’immagine o nel segno in generale.

Es: descrizione di una fotografia, porzione per porzione, frame-by-frame, identificando gli oggetti presenti e la loro posizione nello spazio; analisi descrittiva delle componenti grafiche e dello schema-colori di un sito web aziendale.

Analisi connotativa

  • Descrizione dei significati che il segno e i suoi elementi assumono nel contesto culturale, sociale e simbolico dell’emittente e/o del ricevente
  • Analisi che fa riferimento a strutture sociali,  schemi culturali, valori, associazioni simboliche, proiezioni nel vissuto personale o sociale.

Es: analisi del significato che una pelliccia assume all’interno di una fotografia di moda; analisi del ruolo e significati di una sequenza di azione all’interno di uno spot; analisi del significato simbolico di un rifiuto; analisi delle espressioni facciali come segnalatori di stati emotivi.

Definire la funzione semantica del prodotto permette di capirne il suo significato sociale e simbolico, i vincoli e le barriere che esso può incontrare, i motivi di accettazione e rifiuto che esso incontra sul mercato. 

Principio  – Carica simbolica  – loading semantico del prodotto

  • Gli effetti pragmatici (vendite, reazioni del mercato) derivano dalla capacità di definire le componenti sintattiche del prodotto (forme, strutture, e caratteristiche) e le componenti semantiche (valenze culturali e valoriali, simbolismi ed associazioni).
  • Il valore del prodotto aumenta al crescere della carica simbolica che esso assume.

[1] Eco, U. (1987). Trattato di semiotica generale. Milano: Bompiani.

[2] Daniele Trevisani (1991). Corporate Symbols and Corporate Image. University of Florida.

[3] Eco, U. (1987). Trattato di semiotica generale. Milano: Bompiani.

[4] Eco, U. (1973). Il segno. Milano: Isedi.

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Altre risorse online

Le parole chiave di questo articolo sono La funzione semantica del prodotto :

  • Funzione semantica del prodotto
  • Semiotica del prodotto
  • Segno
  • Icona
  • Indice
  • Simbolo
  • Codice di comunicazione
  • Logo aziendale
  • Livello di lettura del segno
  • Sintattica
  • Semantica
  • Pragmatica
  • Frame interpretativi
  • Analisi semiotica
  • Analisi denotativa
  • Analisi connotativa
  • Carica simbolica
  • Effetti pragmatici
  • Valore del prodotto
  • Frame di osservazione

 

© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Psicologia di marketing e comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore

L’equilibrio cognitivo del cliente nelle situazioni d’acquisto

L’equilibrio interno della persona, in termini psicologici (tra opinioni possedute ed espresse, tra azioni e atteggiamenti, e tra i diversi atteggiamenti concatenati), è una necessità  per la stabilità emotiva e per la qualità della vita. 

Ogni persona ha la necessità di possedere un equilibrio psicologico, anche in relazione alle valutazioni e alle scelte di acquisto. La presenza di valutazioni miste, cioè la compresenza di valutazioni sia positive che negative – può portare il soggetto ad uno stato di dissonanza interna – teorizzato nella letteratura psicologica classica come dissonanza cognitiva.

La dissonanza cognitiva è uno stato mentale che avviene ogniqualvolta una persona prova pulsioni tra di loro contrastanti, emozioni di opposta natura, desideri tra di loro antitetici, o si trova a doversi comportare in modo difforme dai propri valori. Le scelte di acquisto sono tra i comportamenti che più sottostanno alle leggi della dissonanza e dell’equilibrio cognitivo.

Non è possibile acquistare tranquillamente un prodotto se questo è fortemente contrastante con i valori della persona. Un prodotto può avere alcune componenti gradevoli ed altre assolutamente indesiderabili. Ad esempio, un ecologista che consideri di acquistare un profumo per lui o lei molto gradevole, si trova in dissonanza cognitiva se viene a conoscenza del fatto che esso è stato testato su animali.

Ancora, può accadere che il gradimento e le preferenze di acquisto di un individuo vadano in direzione opposta alle aspettative dei gruppi di riferimento, le persone per lui importanti: la famiglia, o gli amici, o i colleghi di lavoro, o altri gruppi sociali che contano nella sua vita. Anche questi casi creano dissonanza cognitiva. Ogni azione, comportamento, valore, atteggiamento, ha connessioni con altre azioni, valori, comportamenti, atteggiamenti. Mantenere equilibrio in un reticolo così complesso è un compito difficile.

Tra le aree di più forte interesse nel campo della dissonanza, vi è quella delle contraddizioni tra pulsioni primarie (istintuali, non inibite, impulsive, di natura spesso inconscia) e le pulsioni secondarie, frutto dei doveri, delle norme, della cultura radicata nell’individuo[1].

I lavori di Heider (1946, 1958)[1] nell’area della dissonanza e dell’equilibrio cognitivo hanno prodotto modelli di ampia portata, utilizzabili anche nello studio dei processi di acquisto.

La tensione di cui parla Heider è stata sperimentata da tutti noi, ogniqualvolta ci siamo confrontati con scelte difficili relative ad un acquisto. Ad esempio, acquistare un abito desiderato ma troppo costoso a discapito di altri utilizzi del denaro, oppure un acquisto che sia in grado di generare discordia: l’acquisto di una minigonna eccessivamente corta da parte di una adolescente, ben sapendo che essa sarebbe stata mal digerita dalla famiglia. Oppure l’acquisto aziendale di beni da un fornitore sgradito, ma imposto da equilibri politici della direzione. 

Tra le strategie aziendali di riduzione della dissonanza ha un posto importante la comunicazione post-vendita, che deve tranquillizzare l’acquirente della bontà della scelta effettuata. Ogni atto di vendita importante deve essere seguito da messaggi rassicuranti, affinché venga meno la dissonanza post-vendita

Le applicazioni di marketing della teorie sulla dissonanza trovano un terreno applicativo enorme nella ponderazione dell’acquisto svolta dal cliente e nelle dinamiche che avvengono durante la trattativa di vendita.

Quando si determinano dissonanze interne nel cliente, l’individuo cercherà di ridurre lo stato di tensione, che è sempre in qualche misura doloroso. 

Un passo importante per la comprensione di questi comportamenti è dato dal riconoscere che il comportamento manifesto, quello messo in atto dalle persone giorno dopo giorno, è il risultato di una diversa serie di pulsioni complesse, anche tra di loro contraddittorie. Capire queste relazioni richiede (1) studio analitico, e (2) possibilità di disporre, collocare, visualizzare i rapporti di forza tra variabili su un media idoneo (carta, PC, o altri formati).

Le dinamiche della dissonanza cognitiva sono al centro dell’analisi del processo persuasivo. Infatti, solo la percezione di una dissonanza è in grado di aprire il varco al cambiamento di atteggiamento duraturo. L’intensità della dissonanza percepita è correlata alla necessità dell’individuo di ritrovare un equilibrio. Al crescere della dissonanza, cresce la necessità di trovare soluzioni. Il marketing cognitivo, basato sulla percezione delle dissonanze e successiva risoluzione, è la chiave strategica per la vendita dei servizi innovativi e intangibili (formazione manageriale, ricerca di mercato, interventi di sviluppo della comunicazione).

Principio – Ridefinizione cognitiva e cambiamento degli equilibri psicologici (rottura-ricostruzione)

  • Ogni acquisto o cambiamento è influenzato dagli schemi cognitivi preesistenti. 
  • Gli schemi cognitivi agiscono in background nel cliente, a livello subconscio e inconscio.
  • L’acquisto di innovazione o il cambiamento comportamentale richiede la presa di coscienza nel soggetto (cliente o buyer) che gli schemi utilizzati precedentemente non sono più adeguati a fronteggiare i bisogni, gli scenari, i nuovi obiettivi o traguardi.
  • Il venditore o consulente può fungere da elemento in grado di scardinare gli schemi preesistenti, tramite tecniche che generano riflessione profonda nel cliente,  rivisitazione e presa di coscienza di schemi cognitivi errati.
  • L’atto di acquisto di prodotti e servizi innovativi –  non rientranti negli schemi preesistenti, o distanti concettualmente dal cliente – deve essere preceduto dalla rottura degli equilibri preesistenti (presa di coscienza).
  • La presa di coscienza che gli equilibri preesistenti non sono più adeguati apre la strada all’inserimento di nuovi comportamenti e atteggiamenti di acquisto, nei quali i prodotti/servizi innovativi possono trovare spazi e fungere da elementi riequilibratori.

Misurazione degli atteggiamenti e immagine del marchio

La misurazione quantitativa degli atteggiamenti verso il prodotto può essere effettuata con due classi di tecniche: metodi quantitativi e metodi qualitativi. La misurazione su base quantitativa segue alcune linee guida generali:

Linee guida per la realizzazione di ricerche quantitative sull’immagine

  • brainstorming[2] e desk-work[3]: Una prima fase qualitativa in cui viene costruito un modello preliminare, che contiene le componenti ipotizzate di atteggiamento sul prodotto. Il lavoro avviene tramite riunioni, analisi della letteratura e studio teorico del problema;
  • pretest: Il modello preliminare viene testato sul campo, tramite ricerca empirica (pretest) per poterlo tarare e migliorare;
  • campionamento: Viene selezionato statisticamente un campione rappresentativo della popolazione che si intende studiare;
  • raccolta dati: vengono realizzate interviste sul campione;
  • elaborazione: I dati raccolti vengono immessi su PC. Le diverse misurazioni sono elaborate statisticamente: la ponderazione delle diverse componenti di atteggiamento restituisce un immagine complessiva della valutazione di prodotto, rappresentata in forma di grafici e tabelle contenenti dati e indicatori statistici;
  • interpretazione: I risultati in formato grafico e tabellare vengono analizzati managerialmente, alla ricerca delle implicazioni per l’azienda e le sue strategie. Viene verificata ulteriormente la validità e affidabilità della metodologia di ricerca, per non rischiare di basare le strategie su dati errati o viziati;
  • implementazione: Dall’interpretazione vengono derivate le strategie (se i dati sono sufficienti a risolvere il problema o prendere la decisione), o viene stabilito di intraprendere ulteriori ricerche utili a far luce sul problema e prendere la decisione giusta

Questa procedura minima si basa su un approccio quantitativo e correlazionale alla misurazione degli atteggiamenti, basato sulla “rilevazione dell’esistente”.

Le ricerche sperimentali (basate su gruppi di controllo) vengono invece utilizzate per valutare quale impatto sull’immagine aziendale possono determinare specifiche modifiche (es: cambiamento di logo o packaging).

La misurazione qualitativa degli atteggiamenti richiede invece l’intervento di esperti in psicologia del profondo e tecniche di intervista psicologica, con il compito arduo, ma raggiungibile, di ricostruire il belief system del soggetto, e capire il ruolo del prodotto al suo interno. Il risultato di tale lavoro di indagine possiede una forte valenza strategica: permette di avviare azioni comunicative ad alto impatto, e di compiere un salto di qualità a livello di progettazione dei nuovi prodotti.

L’azione più incisiva in assoluto proviene dall’utilizzo combinato delle tre tecniche (correlazionale, sperimentale e in profondità).

Errori di misurazione degli atteggiamenti

Esistono diverse possibilità di errore nella misurazione, sia (a) legate al modello teorico adottato che (b) dipendenti dal metodo di rilevazione e da errori pratici accaduti durante la misurazione. 

Costituiscono elementi di errore imputabili al modello l’aver sottovalutato un fattore non inserendolo nel questionario, o aver inserito elementi inutili, aver utilizzato teorie sbagliate, o ipotesi di nessun valore predittivo. Gli errori del modello sono quindi errori fondamentali della teoria su cui si basa il lavoro di misurazione.

Sono da attribuire al metodo errori come il porre il soggetto in condizioni psicologiche sfavorevoli (ad esempio, chiedere ad un soggetto il suo grado di soddisfazione lavorativa in presenza del diretto superiore), o presupporre nella persona una consapevolezza che non esiste, valutare qualcosa del tutto estraneo per il soggetto (chiedere di valutare il potere benefico del ginseng ad una persona che non sappia cosa sia il ginseng), o ancora codificare male i dati statistici (errori di battitura e inserimento dati), o produrre manipolazioni sbagliate sul file (inversione di righe, ordinamenti alfabetici errati, confusione di codici).

L’impatto delle parole sulla percezione del consumatore

Come misurare l’immagine che generiamo negli altri? Come valutare l’immagine di un prodotto o di un marchio, per verificare se sono conformi a quanto dovrebbero? 

Le pulsioni d’acquisto nascono ogni qualvolta un profilo percepito di prodotto combacia con un’immagine ricercata. È quindi importante riuscire a misurare sia l’immagine desiderata che l’immagine percepita.

Il potere evocativo delle parole e l’immagine associata ai marchi è alla base di molti successi o fallimenti di mercato. La misurazione dei simbolismi, delle loro connotazioni semantiche e delle loro ripercussioni sulle vendite è una delle tecniche in grado di prevedere il successo di mercato. Come espone Packard in questo esempio:

..nel corso degli anni l’esperto di pubblicità Louis Cheskin… ha controllato il potere simbolico che le parole hanno per i clienti, con interessanti risultati. Un cliente del Texas, la Plenty Products (cioè «prodotti abbondanza») stava per lanciare una nuova linea di gelati. La ditta aveva deciso che Plentifors sarebbe stato un nome molto adatto. Cheskin osservò che dava l’idea della quantità, non della qualità e pertanto non si poteva vendere il prodotto a un prezzo elevato. Egli mise il gelato in un contenitore con l’etichetta Plentifors e lo espose accanto a quattro altri contenitori con etichette diverse, invitando poi 806 consumatori a dare un giudizio sui vari prodotti. In tutti i contenitori c’era il medesimo tipo di gelato. Il contenitore con l’etichetta Splendors (nome inventato da Cheskin) ottenne voti completamente favorevoli in numero quattro volte maggiore del Plentifors.

Il differenziale semantico originario

Una forma di misurazione dell’immagine, derivante dalla psicologia sociale e dagli studi di psicolinguistica, si attua tramite il “differenziale semantico”[4]. Questo strumento permette di costruire un profilo di immagine del prodotto, del marchio, o persino di una persona.  Esso restituisce al ricercatore il profilo percettivo che un qualsiasi oggetto o entità genera in un valutatore. 

Il modello si presta ottimamente ad essere utilizzato per valutare la performance comunicativa di un venditore, di un politico, di uno speaker, o di un docente, o per capire come gli amici colleghi ci vedono.

Le applicazioni del differenziale semantico sono state utilizzate per diversi scopi, tra cui la misurazione delle reazioni emozionali prodotte da uno stimolo di marketing, l’analisi dell’impatto di un nome di prodotto, di un logo o marchio. Un uso estensivo ne viene fatto anche nella ricerca sociale.

Il differenziale semantico originario aveva tra i suoi scopi primari l’obiettivo di misurare il significato delle parole, e compararlo tra diverse culture o sottoculture.

Il differenziale semantico originario permette di misurare fattori primari della reazione emotiva del consumatore rispetto ad un oggetto d’acquisto, e quindi determinare la potenza dell’oggetto in termini di generazione delle pulsioni d’acquisto. Al crescere dei punteggi lungo entrambi i fattori, aumenta la probabilità che si generi pulsione d’acquisto. Cala inoltre l’importanza del prezzo, in quanto il prodotto assume valenze psicologiche ancor prima che funzionali. Il principio che ne deriva è il seguente:

Principio – Potenza evocativa psicologica del prodotto/marchio

  • La potenza psicologica del prodotto/marchio dipende dal grado di posizionamento sui fattori valutazione, potenza e attività, dall’estremo negativo (lento, debole, spregevole) all’estremo positivo (dinamico, forte, desiderabile).
  • Al crescere della potenza psicologica del prodotto si riduce la sensibilità al prezzo.

Il differenziale semantico nel marketing

Con opportuni adattamenti, è possibile misurare la percezione di un marchio o di un prodotto e compararla con altri marchi o prodotti.

L’applicazione di queste tecniche al marketing ha reso possibile misurare l’effetto che specifiche parole o frasi hanno sul cliente, o la creazione di profili comparativi di immagine tra un’azienda e i suoi concorrenti. L’utilizzo di queste tecniche permette di ottenere risposte a domande non banali, tra cui:

  • Comparazioni d’immagine: Cosa vede il cliente nel mio concorrente diretto, di diverso da noi? Perché è nata una pulsione d’acquisto verso la concorrenza a discapito della nostra azienda? Perché abbiamo perso dei clienti? Realizzando un profilo d’immagine differenziale applicato sugli acquirenti della concorrenza possiamo ottenere queste informazioni.
  • Evoluzioni d’immagine: L’immagine che noi generiamo nei nostri clienti rimane stabile nel tempo, aumenta o si deteriora in seguito all’uso del prodotto e all’esperienza con la rete di assistenza?
  • Prossimità d’immagine: Quali sono i marchi più vicini ai nostri, dal punto di vista del consumatore?
  • Scostamenti d’immagine dall’ideale: quanto è distante il profilo percepito da un profilo di prodotto/servizio ideale?
  • Strategia d’immagine: Costruzione di un profilo di immagine ideale. Valutazione di quali direzioni prendere per ottenere un positioning migliore.

Queste aree sono alla base di qualsiasi strategia realmente competitiva.

Partendo dalla struttura di base del modello, è possibile inserire o eliminare items per rendere la misurazione più aderente a specifiche esigenze: misurazione dell’immagine di un prodotto, di un candidato politico, di un oratore, di un venditore, ecc. Il processo di adattamento consente l’inserimento di nuove dimensioni valutative maggiormente tarate sull’oggetto di studio.

La costruzione di un differenziale semantico adattato richiede la creazione di items specifici e la loro successiva depurazione e selezione, sino ad arrivare allo strumento che meglio si adatta all’esigenza: uno strumento agile (in termini di tempo di somministrazione e sforzo d’intervista) ma sufficientemente esaustivo (completo, globale) rispetto alle variabili che si intendono misurare. 

La correttezza scientifica che lo strumento di misurazione richiede non permette approcci superficiali o poco professionali alla tecnica, in quanto gli esiti della ricerca verrebbero falsati.

La tecnica del differenziale semantico non si ferma alla sola misurazione  del profilo. Essa permette di svolgere analisi avanzate, tra cui:

  • analisi di omogeneità/disomogeneità nelle opinioni dei clienti;
  • analisi fattoriali per l’identificazione di tipologie di variabili giudicate simili dai consumatori; identificazione delle variabili latenti nei giudizi dei consumatori;
  • analisi correlazionali per comprendere quali items o variabili sono maggiormente predittivi, in grado di incidere maggiormente sull’immagine o su altra variabile dipendente, tra cui l’intenzione d’acquisto, o ancora comprendere cosa specificamente incide con più forza sul gradimento complessivo di prodotto; capire cosa genera l’intenzione d’acquisto;
  • analisi di regressione e determinazione della quota di varianza spiegata, per valutare la completezza, predittività ed esaustività del modello da noi utilizzato, in relazione alla variabile dipendente da esaminare (es: intenzione d’acquisto o gradimento complessivo di prodotto). L’analisi di regressione permette quindi di “capire se abbiamo capito” a sufficienza il ragionamento sottostante la logica di acquisto, cioè se disponiamo di un quadro complessivo delle valutazioni del consumatore in grado di realizzare previsioni affidabili su come sia possibile migliorare l’offerta.

Il modello del differenziale semantico si presta anche alla valutazione di persone o prestazioni comunicazionali, per identificare i punti di forza e debolezza del soggetto o della prestazione. 

La valutazione della prestazione può avvenire sia ad opera di un valutatore esperto, sia ad opera di un pool di valutatori, o ancora tramite raccolta dati su campioni rappresentativi di pubblico target.

Terza legge di valore del prodotto

In conclusione, le tecniche proposte permettono di giungere ad un importante risultato: misurare la forza e la distanza semantica del prodotto rispetto all’ideale (grado di scollamento tra profilo ideale e profilo effettivo, tra desiderio e realtà, tra aspirazioni del consumatore e offerta aziendale). Questa considerazione è alla base della terza legge di valore del prodotto, la quale è applicabile anche alla misurazione del valore dell’impresa in generale:

Legge della prossimità del profilo d’immagine

V = PI – PP (Valore = Profilo Ideale – Profilo Percepito)

  • Il valore del prodotto è inversamente proporzionale alla distanza semantica tra il profilo di prodotto ideale del cliente e la percezione reale del prodotto. Quanto più le due percezioni sono distanti, tanto minore sarà il valore del prodotto.
  • Il valore dell’impresa è inversamente proporzionale alla distanza semantica tra il profilo di fornitore ideale del cliente e la percezione dell’immagine aziendale che il cliente ha sviluppato. Il valore sarà tanto superiore quanto minori sono le distanze tra i due profili.

[1] Heider, F. (1946). Attitudes and cognitive organization. Journal of Psychology.

Heider, F. (1958). The psychology of interpersonal relations. New York, Wiley. Trad It. Psicologia delle relazioni interpersonali. Bologna: il Mulino, 1972.

[2] Tecnica di sviluppo della creatività, utile per generare idee, nomi, marchi, strategie.

[3] Lavoro “al tavolo”, in cui si analizza il problema, si sviluppano teorie, ipotesi e modelli, ed eventualmente si raccolgono dati preliminari.

[4] La tecnica del differenziale semantico è stata sviluppata partendo dagli studi di Osgood (1952) e quindi perfezionata da Osgood, Suci e Tannenbaum e pubblicata (1957) in The Measurement of Meaning, con lo scopo, come evidenzia il titolo, di misurare i significati linguistici. Vedi bibliografia per indicazioni sulla pubblicazione originale.

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Altre risorse online

Le parole chiave di questo articolo La dissonanza cognitiva e l’equilibrio psicologico nel processo d’acquisto sono :

  • Dissonanza cognitiva
  • Equilibrio psicologico
  • Pulsioni d’acquisto
  • Comportamento manifesto
  • Potere evocativo delle parole
  • Misurazione degli atteggiamenti
  • Profilo d’immagine del prodotto
  • Differenziale semantico
  • Potenza psicologica del prodotto
  • Valore del prodotto
  • Percezione reale del prodotto
  • Profilo di prodotto ideale
  • Distanza semantica
  • Performance comunicativa
  • Schemi cognitivi preesistenti
  • Marketing cognitivo
  • Aspettative dei gruppi di riferimento
  • Comunicazione post-vendita
  • Dissonanza post-vendita

© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Psicologia di marketing e comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore

Il set percettivo

Il set percettivo è un contesto situazionale ampio, che coinvolge le esperienze precedenti dell’individuo e determina l’inquadramento delle nuove informazioni in ingresso.

In base al fenomeno del set percettivo, le persone si auto-condizionano a valutare le esperienze successive sulla base delle prime esperienze. Le prime esperienze di prodotto, in altre parole, formano un imprinting, una “marchiatura” dell’azienda, uno schema di riferimento valutativo che guiderà le future considerazioni.

Ad esempio, una lettera sbagliata, un sito internet mal progettato e dilettantesco, un catalogo male impaginato, macchie, errori grammaticali e ortografici – producono un filtro negativo che guiderà  le valutazioni future del cliente. Le valutazioni di un singolo elemento si trasferiscono per osmosi all’intero sistema aziendale. Se così poca cura è stata posta in una semplice lettera  – pensa il cliente – cosa succederà poi a livello di prodotti, o di assistenza e garanzie?

Il set percettivo, pertanto ci induce a sottolineare l’importanza della cura progettuale degli elementi di primo impatto nei prodotti, e  – in generale – la cura di qualsiasi prima occasione di incontro tra azienda e cliente, o tra persone che non si conoscono ancora.

Le prime impressioni guidano le impressioni future. Modificare le impressioni successive ad una serie di valutazioni iniziali negative, i primi momenti di impatto avuti dal cliente, è opera ardua, e richiede molto sforzo (inversione di atteggiamento).

Il fenomeno della persistenza dell’impressione porta il soggetto a ragionare sulla base di regole euristiche. Le euristiche sono modalità di ragionamento stereotipiche, che utilizzano particolari frame o set percettivi per guidare le future analisi degli oggetti o delle persone. 

La ricerca dell’evitazione di dissonanza cognitiva dirige la percezione lungo una linea di stabilità e uniformità con le sensazioni iniziali. Se il sito internet dell’azienda (elemento altamente esposto nella linea di visibilità) contiene errori o produce immagine negativa, il cliente sarà portato a ricercare errori e negatività anche in altre parti dell’azienda. Se l’impressione iniziale è positiva, gli errori successivi verranno valutati meno negativamente, godendo di un “bonus” euristico, che porta il cliente a convincersi che si tratta di “errori passeggeri” e non di “errori fondamentali”.

La Gestalt del prodotto

La psicologia della Gestalt può essere considerata – in linea molto semplificata – una scuola di pensiero nella quale si pone attenzione ai rapporti tra un “tutto” e i suoi componenti, tra elemento e insieme di appartenenza.

Le ricerche sottolineano che le persone, andando alla ricerca di una coerenza con i propri costrutti mentali, mettono in pratica comportamenti di percezione selettiva, percezione distorsiva e attenzione selettiva. In altre parole, filtrano la realtà e cercano di ricostruirla per ridare ad essa un senso. Nel farlo, utilizzano dei “set” o “frame” (punti di osservazione e modalità di inquadramento), come linee guida.

Le ripercussioni sulla fruizione del prodotto e sulla customer satisfaction sono numerose. Le caratteristiche del prodotto possono infatti venire giudicate in maniera diversa – più o meno positiva – a seconda del frame adottato.

In termini di marketing, questo determina un fenomeno di imprinting (marchiatura), per cui le sensazioni iniziali in un rapporto con il prodotto formano il set (o frame) attraverso il quale il resto dell’esperienza verrà filtrato. Se esse sono negative, tutto il resto della prestazione verrà giudicato tramite un filtro negativo. Ad esempio, una grave “gaffe” comportamentale nei primi secondi di una presentazione di vendita (se il soggetto viene colto mentre fa cenni di nascosto ad un suo collega) è in grado di instillare un frame di sospetto e atteggiamento negativo per tutto il resto dell’incontro. Allo stesso modo, un sito internet poco curato produce un transfer di immagine negativa di cui soffrirà sia la vendita che la valutazione del prodotto.

Le illusioni percettive

Analizzare la Gestalt di marketing significa valutare :

  1. le interazioni tra i molteplici elementi (parti) di cui si compone il prodotto/servizio/prestazione, e
  2. l’effetto complessivo che ne emerge, in termini di impatto sul cliente.

Significa quindi andare oltre la semplice somma delle parti, e capire l’effetto complessivo, globale, sinergico, di un insieme di input con i quali il cliente viene a contatto.

La psicologia della Gestalt[1] ha evidenziato come, di fronte ad un insieme di percezioni, colui che percepisce tende ad organizzare i diversi stimoli in maniera coerente secondo schemi precostituiti, ed il tutto crea qualcosa di diverso dall’insieme delle parti.

La percezione è qualcosa di più di una semplice “ricezione” passiva di stimoli, ma diviene nella mente umana “organizzazione” attiva degli stimoli provenienti dall’esterno.

Il prodotto o servizio offerto è quindi una Gestalt, una realtà complessa superiore ad una semplice somma di componenti : l’organizzazione del design del prodotto e la somma dei suoi elementi percettivi (visivi, olfattivi, tattili, gustativi), creano una realtà che è diversa dalla somma delle parti, un’entità che acquista una personalità propria anche in relazione a come i diversi componenti si rapportano tra loro.

L’impresa stessa, il valore del suo marchio, il valore della sua offerta, costituiscono un’insieme di Gestalt di livello ancora superiore. Le implicazioni che ne derivano sono la contaminazione continua (positiva o negativa) tra elementi comunicativi dell’impresa, tra la comunicazione del sito web e una visita aziendale, tra il packaging e la pubblicità, tra una promozione e la percezione del valore del marchio, in un crescendo di interazioni complesse.

La ricerca della strutturazione e della congruenza con i propri schemi cognitivi è una delle costanti della mente umana. Il tentativo di semplificazione della complessità, la ricerca di categorie in cui incasellare gli eventi e le cose, la strutturazione di elementi in insiemi omogenei, nasce da un bisogno di consistenza, di coerenza tra elementi, di omogeneità di senso e significato.

Le implicazioni per la psicologia del prodotto sono numerose e si riferiscono alla necessità di considerare il prodotto anche nei suoi minimi dettagli. L’esperienza totale di prodotto (ETP) si forma per organizzazione di una molteplicità di dettagli.  La somma dei dettagli costruisce una Gestalt di prodotto – una visione d’insieme. Ogni dettaglio del prodotto è significativo, coerente o incoerente, consonante o dissonante, rispetto all’immagine globale.

Il cliente non valuta un prodotto o un’impresa per quello che sono realmente. Egli elabora input che provengono da un insieme percettivo di contatto (ogni elemento, oggetto, persona, lettera, packaging, media, che veicola qualcosa dell’impresa e del prodotto, nel momento in cui il cliente li incontra).  Questo insieme di contatto può produrre informazioni distorte o divergenti dalle intenzioni aziendali.

La presenza di elementi dissonanti, in questo insieme, contravviene al tentativo del consumatore di formare una immagine coerente di prodotto, e genera un effetto negativo a catena su tutto il processo valutativo.

Ad esempio, nelle prime fasi di contatto con l’impresa, potrebbe succedere che (1) venga visitato innanzitutto il sito aziendale con funzione di orientamento e valutazione preliminare, e (2) vengano ricercate informazioni ulteriori sulla società tramite altre fonti. Se il sito aziendale è sbagliato e proietta un’immagine negativa, le ricerche ulteriori di informazioni sull’impresa saranno guidate da un tentativo latente di ottenere conferme negative, che rinforzino l’opinione iniziale scaturita dalla navigazione del sito, ed evitino l’instaurarsi di una dissonanza interna.

Le contaminazioni tra elementi possono portare a detrazioni di immagine le quali si traducono immediatamente in riduzioni di fatturato, nel momento stesso in cui generano una minore propensione all’acquisto.

Gli schemi cognitivi e la valutazione del prodotto

Gli psicologi della Gestalt[2] sono stati in grado di scoprire alcuni principi fondamentali dell’organizzazione visiva.

Ciò che i principi di organizzazione visiva della Gestalt  suggeriscono è che le persone vedono la realtà secondo schemi cognitivi forniti anche da variabili culturali e apprese, non solo innate. I principi della Gestalt rinforzano la nozione che il mondo non sia semplicemente e oggettivamente “là fuori”, ma venga costruito attivamente dai processi di percezione, a seconda di quali “parti del mondo” si decida di osservare. 

In termini di impatto, ogni esperienza soggettiva è condizionata dagli schemi appresi, cioè dai “filtri” con i quali abbiamo appreso a guardare il mondo. 

Questo spiega, tra l’altro perché sia possibile che alcune persone povere considerino la propria vita dignitosa e felice, mentre per alcune persone ricche la vita sia un inferno, piena di preoccupazioni, stress e ansia, fino al suicidio. 

Benchmarking percettivo

In termini aziendali, la Gestalt evidenzia la necessità di prestare attenzione non solo alle caratteristiche del prodotto “isolato”, ma anche al suo posizionamento relativo rispetto alla concorrenza. Questo posizionamento può essere rilevato efficacemente attraverso apposite indagini di benchmarking (valutazione comparativa delle prestazioni), sviluppando sia benchmarking tecnologici (basati su variabili fisiche, es: misurazione comparativa del grado di resistenza allo sforzo di un utensile) che benchmarking percettivi (basati su variabili psicologiche, es: misurazione comparativa dell’efficacia comunicazionale di siti internet aziendali e della concorrenza).

Come sottolineato, ogni valutazione assume rilevanza soprattutto quando elementi estranei al prodotto aiutano il soggetto a “collocare”, “piazzare” un input in un contesto.

Ad esempio, molte persone apprendono a godere delle piccole cose solo dopo essere stati ammalati o in ospedale per lungo tempo. I problemi di ieri che parevano insormontabili acquistano una nuova connotazione e ora sembrano sciocchezze. Questo effetto produce un refraiming cognitivo, in cui vengono riviste le categorie mentali di giudizio. Ciò che circonda la persona ne influenza le valutazioni.

In termini di psicologia del prodotto, la trasposizione delle leggi della Gestalt richiede capacità di :

  • (1) cogliere il “tutto” del prodotto nella fase di progettazione (elementi visivi, percettivi, prestazionali, di servizio, di comunicazione e di contatto),
  • (2) capire il ruolo delle singole parti nella formazione della Gestalt del prodotto e all’interno dei diversi costrutti mentali dell’individuo,
  • (3) comprendere gli elementi di contesto che agiscono sulla valutazione del cliente e la modificano. 

In termini di comunicazione di vendita, emerge innanzitutto la capacità di saper contestualizzare l’intervento proposto all’interno di altre soluzioni ben meno efficaci. Questo permette di far risaltare l’intervento.

Ad esempio: 

Sig. Rossi, dopo quello che ci siamo detti, vorrei ricapitolare alcune cose: sarebbe possibile fare un intervento – chiamiamolo intervento di emergenza, con il quale l’azienda risparmia apparentemente, ma che porta a ripresentarsi il problema tra pochi anni. La seconda modalità, chiamiamola strada B, produrrebbe risultati altrettanto insoddisfacenti. È disponibile un’alternativa, la strada C, che permette…..» (soluzione soddisfacente). 

L’emergere della soluzione soddisfacente all’interno di un contesto di soluzioni lacunose, è in grado di esaltarne la forza.

La Gestalt e la comprensione del valore del prodotto

Il cliente può avere difficoltà, o non percepire immediatamente, il valore che si nasconde dietro la soluzione o il prodotto.

Tra gli errori più gravi del venditore vi è senza dubbio la “presunzione della chiarezza del valore”.. Compiere questo errore significa supporre che il cliente debba cogliere il valore di una proposta automaticamente. Significa pretendere che tutti debbano vedere e capire ciò che noi vediamo e capiamo perfettamente.

Ad esempio, per l’impresa che propone servizi internet o formazione aziendale, il potenziale e il valore delle soluzioni offerte sono chiari, palesi, e “parlano da soli”. Per il cliente no. 

In questo, ed in altri casi, il cliente va “aiutato a capire”, il che è possibile solamente adottando un approccio centrato sul cliente. Adottare un approccio di vendita e di marketing “centrato sul cliente” significa riconoscere due cose: (1) il cliente non è né un “pollo da spennare”, un soggetto al quale chiedere tanto per poi dare poco, né (2) il padrone dell’azienda o del venditore.

Il cliente è semplicemente una persona, un soggetto, con il quale dobbiamo stabilire un rapporto di business franco, diretto, personale. La base delle relazioni di successo è la trasparenza reciproca. Il cliente è un soggetto che deve essere capito in profondità, ma che al tempo stesso deve essere stimolato a rapportarsi verso l’azienda con la stessa volontà di comprendere.

Questa differenziazione emerge ad esempio nel modo di gestire le obiezioni o di fissare il prezzo. Le scuole tradizionali di vendita insegnano a fissare il prezzo partendo da un punto superiore (target price) per poi scendere a prezzi più bassi man mano che prosegue la trattativa, sino al punto di cedimento (soglia inferiore del range negoziale). 

Un approccio centrato sul cliente produrrebbe invece una modalità di comunicazione del prezzo di questo tipo, di fronte ad un’obiezione: «abbiamo analizzato in profondità i tuoi obiettivi, abbiamo capito che l’azienda è a questo punto del suo ciclo di vita, e vuole fare un salto di qualità. Abbiamo analizzato assieme cosa occorre per fare questo salto, quali sono le risorse necessarie. Se mi chiedi di tagliare il prezzo devi però dirmi cosa vuoi tagliare, quali obiettivi non vuoi più raggiungere, o se vuoi impiegare risorse di qualità più scarsa. È questo che vuoi? Proviamo a ripercorrere assieme cosa succede nel caso A, e cosa può succedere nel caso B …. Tu dove vuoi arrivare veramente?».

Il marketing moderno non è il “regno del più furbo”, ma il regno delle relazioni. Soltanto chi riuscirà a stabilire relazioni forti, empatiche e reciprocamente umane con il cliente può aspirare a qualche forma di successo.


[1] Il termine tedesco Gestalt non ha traduzione esatta in Italiano. I significati più vicini sono: forma, struttura, complesso, insieme. 

[2] Tra cui Max Wertheimer (1880-1943), Wolfgang Köhler (1887-1967) e Kurt Koffka (1886-1941).

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Altre risorse online

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