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© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Negoziazione interculturale. Comunicare oltre le barriere culturali. Dalle relazioni interne sino alle trattative internazionali”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore

Il patto psicologico

L’approccio negoziale ALM è caratterizzato da: 

  1. duttilità della linea di azione, strategia negoziale non stereotipata, strategia creativa; 
  2. una forte consapevolezza emozionale del negoziatore;
  3. presenza di forti momenti di preparazione negoziale, communication training e simulazione.

Un approccio olistico che presta attenzione :

  • ai Saperi, 
  • ai Saper Fare, ma soprattutto 
  • al Saper Essere del negoziatore.

Questo approccio privilegia la crescita del comunicatore e negoziatore soprattutto sul piano umano.

Più che identificare una singola strategia negoziale, l’approccio ALM invita a chiedersi quali “costellazioni di strategie” (per usare un termine di Tinsley[1]) siano disponibili, e quali possano risultare più proficue. 

L’approccio ALM invita inoltre a tenere sempre in considerazione la possibilità che avvengano misunderstanding (incomprensioni) portatori di conflitti, e di esaminare il significato realmente compreso (inferred meaning) delle argomentazioni negoziali (negotiation arguments), senza darlo automaticamente per scontato.

In linea di principio il metodo ALM propone una linea comunicativa aperta, trasparente, diretta, ma è necessario ricordare che questa modalità comunicativa non è applicabile automaticamente, non è uno standard nemmeno nelle società occidentali che promuovono di facciata la chiarezza e la immediatezza (come quella Statunitense), e tantomeno lo è nelle società orientali, dove dichiarazioni troppo aperte possono innescare offesa e conflitto.

Per questo, il negoziatore interculturale deve essere consapevole dello “stress o shock da comunicazione diretta” e dei metodi per alleviarlo quando egli sollecita una comunicazione aperta, una critica costruttiva o anche solo nuovi modi di comunicare non usuali per la controparte[2].

Si parla, in questo caso, di patto psicologico tra negoziatori, nel quale i negoziatori, prima ancora di lanciarsi nella negoziazione, cercano di fissare le proprie modalità di comunicazione ottimale e condividere alcune regole negoziali.

Principio – La Negoziazione ed il patto psicologico

Il successo della negoziazione interculturale dipende:

  • dalla capacità di fissare regole comuni da seguire nella negoziazione;
  • dalla coerenza applicativa delle regole;
  • dalla capacità di mutare le regole quando queste non si dimostrino praticabili o efficaci.

Il communication training e le competenze comunicative

Sul piano interculturale è importante lavorare sulle competenze comunicative negoziali (communication skills), e sull’atteggiamento di fondo di consapevolezza interculturale. 

Lavorare sulle skills significa aumentare la consapevolezza degli strumenti comunicativi e la loro capacità di utilizzo. Lavorare sugli atteggiamenti significa eliminare le rigidità culturali, riconoscere gli stereotipi e approcci a senso unico, saper mantenere flessibilità e ampiezza di vedute, che nei contesti internazionali e negoziali permettono di muoversi con consapevolezza.

Il communication training e la simulazione sono indispensabili per passare dalla teoria alla pratica. Nel communication training metodo ALM:

  1. si utilizza l’active training, si pone attenzione prevalentemente all’assimilazione esperienziale, alla partecipazione attiva; i momenti di riflessione concettuale e teorica non servono a nulla se non sperimentati nella pratica.
  2. la teoria viene collegata agli schemi cognitivi personali: ci si prefigge l’ingresso di nuovi concetti e abilità ma soprattutto la modificazione dei sistemi di credenze sottostanti, la pura esposizione accademica a concetti non è sufficiente a creare cambiamento; 
  3. dagli schemi cognitivi viene effettuato un passaggio agli schemi motori comportamentali e agli schemi motori linguistici: concetti, credenze e atteggiamenti devono essere “ready” per l’individuo ed attivarsi senza bisogno di ricorso alla memoria, evitando la necessità di lunghe elaborazioni cognitive. Così come per il calciatore non è necessario pensare a come si muove il femore per tirare un rigore, il comunicatore e negoziatore devono sviluppare automatismi comunicativi collegati ad un Saper Essere comunicativo interiore 

Principio – Prontezza (readiness) nella performance comunicativa

Il successo della comunicazione è correlato positivamente:

  • al repertorio comunicativo disponibile: ampiezza e varietà di risposte comportamentali e comunicative, ampiezza e varietà di repertori stilistici;
  • al grado di “readiness” (facile accessibilità) con cui le competenze comunicative e mosse relazionali possono essere dispiegate, diventando schemi motori e schemi linguistici pronti per l’attivazione e non semplici tracce mentali da dover lungamente rielaborare quando necessario.

Lo scopo finale è ottenere una preparazione elevata sulla comunicazione, che metta il negoziatore pronto a trattare sul campo la maggior parte delle situazioni negoziali che possono accadere.

Il communication training si divide in due aree:

  1. competenza trasversale, area di base (ground-level) dove vengono esaminate le skills principali e necessarie in ogni negoziazione, e 
  2. competenza situazionale, in cui vengono analizzate le necessità dei singoli contesti e degli specifici interlocutori da affrontare.

Principio – Duplice stratificazione delle competenze comunicative

Il successo della comunicazione interculturale dipende dalle competenze comunicative sia di tipo:

  • trasversale alle culture: regole generali di comunicazione efficace che valgono in ogni contesto culturale, fondamenti della competenza comunicativa (ground level);
  • specifico nei riguardi della cultura-target, situazionale: analisi dei tratti culturali e strategia specificamente tarata sulla cultura con la quale si deve interagire.

Le competenze comunicative (ground level)

Le competenze comunicative interpersonali principali (ground level) sono:

  • Code switching: gestire il cambiamento di codice comunicativo, (linguistico e non verbale), per potersi adattare all’interlocutore. Farsi capire richiede uno sforzo attivo di adattamento, una volontà di modificare il proprio repertorio e avvicinarsi all’altro. Chi impone uno sforzo di adattamento unidirezionale all’interlocutore (adattamento a senso unico) e non si pone il problema della comprensione altrui crea automaticamente barriere alla comunicazione.
  • Topic shifting: il cambiamento di argomento. Capire quali tecniche adottare per scivolare da conversazioni improduttive, allontanarsi da argomenti pericolosi o inutili, evitare di toccare i punti critici della cultura altrui, produrre offesa, risentimenti o irrigidimenti. Questo tratto di competenze – così come gli altri – vale in ogni ambito comunicativo, nella comunicazione tra amici, colleghi, aziende, così come nella comunicazione diplomatica.
  • Turn taking: gestire i turni conversazionali. Vi sono culture che accettano l’intromissione nel parlato altrui, e altre in cui il rispetto dei turni di parola è essenziale. Il turn taking comprende competenze sulla gestione dei turni conversazionali, modalità di presa del turno, difesa del turno, cessione del turno, apertura e chiusura di linee di conversazione – tecniche che devono essere raffinate sia per le comunicazioni intra- che inter-culturali.
  • Self-monitoring: capacità di auto-analizzarsi, di comprendere come stiamo comunicando (quale stile stiamo utilizzando), riconoscere gli stati emotivi interiori, la propria stanchezza, o frustrazione, o gioia, l’aspettativa o il disgusto, saper riconoscere le emozioni interne che ci animano durante la conversazione o la negoziazione.
  • Others-monitoring: capacità di analizzare e decodificare gli stati del proprio interlocutore dal punto di vista di quali emozioni lo dominano, riconoscere nell’altro lo stato di stanchezza, di energia, di euforia, di avvilimento, saper percepire le influenze reciproche subite dai partecipanti alla conversazione da parte di altri soggetti presenti, cogliere i rapporti di potere in corso nei gruppi di controparte; capire il grado di interesse verso le nostre proposte e i momenti giusti per la chiusura.
  • Empatia: capacità di comprendere il punto di vista altrui, dall’interno del sistema di valori dell’altro e nel contesto nel quale l’altro è inserito, capire il valore delle mosse comunicative dall’interno della cultura che le produce.
  • Competenza linguistica: capacità nell’utilizzo della lingua, scelta delle parole e repertorio, profondità di conoscenza del linguaggio.
  • Competenza paralinguistica: capacità nell’utilizzo degli elementi non verbali del parlato, toni, pause, silenzi, e loro gestione strategica.
  • Competenza cinesica, capacità di comunicare attraverso i movimenti del corpo (body language). La gestione del movimento può essere una delle trappole più forti nella comunicazione interculturale, dove alcune culture (come quella italiana) utilizzano normalmente ampi movimenti e gesticolazioni, mentre altre (come quelle orientali) utilizzano contegno maggiore e trattengono l’espressione corporea.
  • Competenza prossemica: capacità di comunicare attraverso la gestione dello spazio e delle distanze personali. Ad esempio, le culture latine ed arabe hanno distanze interpersonali molto più strette rispetto alle distanze interpersonali nord europee.
  • Competenza di decodifica socio-ambientale: la capacità di interpretare e capire il “cosa sta accadendo qui” rispetto ai fatti che prendono luogo durante la conversazione o interazione. Saper riconoscere un conflitto all’interno dei membri del gruppo di controparte (conflitto intra-gruppo), saper cogliere le diverse posizioni, le traiettorie di avvicinamento e allentamento, i ruoli diversi assunti e le mosse degli interlocutori.

Per agire su tali competenze è necessario applicare soprattutto le tecniche di active training.

Le tecniche di active training fanno uso prevalentemente dell’azione, della sperimentazione e del laboratorio comportamentale, e comprendono elementi quali:

  • role playing;
  • tecniche di respirazione e uso della voce;
  • tecniche di sblocco dei repertori conversazionali;
  • usi dello spazio scenico e body language;
  • simulazione e business games;
  • improvvisazione teatrale e negoziale;
  • analisi della struttura drammatica del testo, analisi di critical incidents, psicodramma;
  • costruzione del personaggio e giochi di relazione.

Il reality shock

I negoziatori sia intra-culturali che interculturali devono essere preparati al Reality Shock (shock provocato dalla realtà, shock culturale). Il Reality Shock può nascere dalla improvvisa presa di coscienza che:

  • gli altri non seguono le nostre regole;
  • gli altri hanno valori di fondo diversi;
  • gli altri non hanno gli stessi obiettivi che noi abbiamo;
  • gli altri non si comportano come noi, e nemmeno come noi vorremo;
  • alcuni negoziatori sono in malafede e disonesti, non cercano un approccio win-win ma unicamente il vantaggio personale;
  • anche con la più ampia dose di buona volontà, alcune negoziazioni sfuggono dalla comprensibilità e i comportamenti osservabili non rientrano in una logica razionale.

La differenza tra un negoziatore esperto e un negoziatore novizio è il grado di danno che il reality shock procura – basso o nullo per l’esperto, devastante per il novizio.

Lo scontro con la realtà può provocare uno shock al quale segue:

  • Un processo positivo, fatto di analisi delle diversità, di accettazione di quanto può essere accettato (senza incorrere negli estremismi dell’accettazione incondizionata radicale), e una crescita delle proprie conoscenze culturali; oppure…
  • un processo negativo, fatto di caduta dello stato emotivo, rifiuto della realtà e chiusura nella propria arena culturale, il cui esito è spesso il ritiro.

Per attivare un percorso di crescita e non di involuzione, è necessario agire sul Saper Essere del negoziare, attraverso: 

  • Cognitive learning & knowledge acquisition: apprendere i contenuti di ciò che caratterizza la cultura con la quale si vuole interagire.
  • Cognitive restructuring: ristrutturazione cognitiva, trasformazione della percezione dell’atto comunicativo stesso da elemento ansiogeno a fonte di energie positive. Tale pratica richiede l’identificazione dei self-statements negativi (es: “andrà male sicuramente”, “sono inadatto”, “non riuscirò”), e l’apprendimento di self-statements positivi (positive replacements), es: “andiamo tranquillamente a vedere se esistono le condizioni per fare business”, “andiamo a confrontare senza paura le nostre reciproche posizioni”, o ancora “andiamo ad aiutare il cliente a capire come noi ragioniamo” L’analisi dei self-statementsconsiste quindi nel lavorare su come un negoziatore “entra” nella negoziazione, quale spirito lo anima. 
  • Behavioral learning & communication skills acquisition: apprendere le abilità necessarie a “performare” o realizzare un determinato goal comportamentale o comunicativo, utilizzando tecniche drammaturgiche, espressive e dinamiche relazionali.
  • Emotional control skills: sviluppo delle abilità di gestire le emozioni e canalizzare le energie emozionali verso direzioni positive, riconoscere e rimuovere lo stress da negoziazione, “ricaricare le batterie” e gestire i tempi personali, presentarsi in condizioni psicofisiche ottimali alle negoziazioni[3].

La gestione dell’immagine nella negoziazione

In ogni negoziazione diventa inevitabile confrontare i rispettivi status. Gli status tuttavia sono elementi intra-culturali e non cross-culturali. Non possiamo dare per scontato che una persona appartenente ad una cultura “altra” riconosca uno status che proviene da un sistema ad egli sconosciuto.

Una gestione più o meno consapevole della propria “faccia sociale” è presente in ogni negoziazione. Tuttavia, a livello interculturale, è facilissimo lanciare messaggi inconsapevoli e produrre danni negoziali.

Principio – Gestione dello status proprio e dell’interlocutore, giochi di “faccia” e impressions management interculturale

Il successo della negoziazione interculturale dipende:

  • dalla capacità di creare una percezione di status adeguato, all’interno del sistema di giudizio dell’interlocutore;
  • dalla capacità di creare impressioni positive (identity management e impression management);
  • dalla capacità di acquisire status e faccia senza ricorrere a meccanismi di attacco indebito alla faccia altrui (aggressione alla “faccia” o riduzione dell’immagine, evitazione dell’approccio top-down “a priori”);

Tante, troppe volte, i negoziatori non si rendono conto di praticare un abuso di posizione dominante (ostentare una superiorità eccessiva a danno dell’altro) o di praticare una “presunzione di posizione dominante” (pensare di se in termini superiori). 

La comunicazione fa trasparire queste concezioni di sè e della relazione anche senza volerlo.

La cultura del metodo ALM sostiene che deve esistere un certo grado di comunalità di valori affinché un progetto possa prendere piede.

Dobbiamo sempre considerare che la nostra cultura non è automaticamente quella degli altri. La strategia giusta è quindi di evitare di mettere la controparte in condizioni di presunta inferiorità o di assegnarsi automatiche superiorità.

Non dobbiamo stupirci, quindi, se in una negoziazione entrambe le parti cerchino di affermare il proprio status e soffrano di ansia da status. Tuttavia, dobbiamo chiederci quali sono i meccanismi utili alla negoziazione, e quali quelli distruttivi. Dobbiamo chiederci – e saper riconoscere – i meccanismi altrui di scalata allo status e di conquista del potere nella negoziazione, e le contromosse difensive. Dobbiamo evitare – con la consapevolezza di chi sa – di far predominare l’ansia da status e sforzarci di ricercare una soluzione negoziale utile per entrambi.

Le principali domande della negoziazione interculturale sono quindi:

  • Quali sono le affermazioni da evitare, quelle che possono produrre attacco allo status del mio interlocutore, lette dal punto di vista della sua cultura di appartenenza?
  • Come ri-bilanciare le posizioni quando l’interlocutore si mette in posizione di superiorità?
  • Come posso io stesso produrre un’immagine positiva mia e della mia azienda, senza dare la sensazione di superiorità e scatenare risentimenti e meccanismi vendicativi?
  • Come la cultura cui mi rivolgo valuta lo status, cosa conferisce status?
  • Quanta parte della negoziazione dedicare alla negoziazione dello status e quanta alla valutazione delle materie di discussione?
  • Quando si ripresentano le questioni di status nella negoziazione, oltre che nella fase di conoscenza reciproca? Nella negoziazione delle condizioni? Nella fissazione dei prezzi o della logistica, nelle prassi legali, nelle frasi inserite all’interno dei contratti?

La forza e il potere contrattuale

Saper trattare nuovi soggetti, spesso dalle grandi dimensioni ed elevato potere economico e politico, significa saper proporre il proprio valore come partner (vendita dell’immagine globale dell’impresa, piuttosto che la semplice vendita di un prodotto) e questo rappresenta una novità per molte aziende, un difficile orizzonte

Per vendere prodotti di scarso valore (caramelle, cioccolatini..) in un punto vendita – quindi nella vendita distributiva – è sufficiente cortesia ed una minima dose di competenza comunicativa front-line, ma nella creazione di partnership e nella negoziazione avanzata servono forti competenze negoziali e studio della strategia stessa. 

Soprattutto per le PMI, risulta difficile trattare sul piano interculturale. Abituate in passato ad un rapporto con reti distributive frammentate e divise, clienti singoli e poco rilevanti, concorrenza scarsa o debole, in cui la leva di forza era prevalentemente dalla parte del produttore, queste imprese hanno serie difficoltà a passare dalla vendita alla negoziazione. Imprese, oltretutto, abituate a vendere all’estero tramite agenti esteri e a perdere gran parte del margine verso la distribuzione, senza mai addentrarsi realmente nelle negoziazioni interculturali vere.

La negoziazione competitiva richiede la creazione di forza contrattuale.

La forza contrattuale dipende dal livello di unicità dell’offerta (o dalla mancanza di alternative valide o succedanee) e dal livello di bisogno esistente nella controparte, mediati dalle abilità comunicative.

Le competenze negoziali competitive richiedono training alla negoziazione e alla gestione delle mosse strategiche dell’interazione. 

Le tecniche negoziale divengono ancora più complesse quando le trattative avvengono tra gruppi (es.: gruppi di acquisto contro gruppi di vendita) poiché la dimensione comunicativa si allarga, richiedendo competenze nell’affiatamento tra i partner e coordinamento nelle mosse dell’interazione tra i membri dell’equipe[4].

Gestire la trattativa richiede preparazione e role-playing. Una singola parola può rovinare un incontro (Trevisani, 2000)[5].

Per questi motivi riproponiamo qui il principio della leva contrattuale :

Principio – Del potere contrattuale e negoziale

Il vantaggio competitivo dipende dalla forza contrattuale nella trattativa.

Per il venditore o proponente, la forza dipende:

  • Dall’unicità dell’offerta: un’offerta non comparabilità con altre offerte ha più valore;
  • dalla mancanza di alternative prossime: l’impossibilità di trovare con ragionevole sforzo soddisfazione tramite altrove;
  • dalla mancanza di beni succedanei (beni diversi che possono svolgere una funzione simile, es: treno al posto dell’aereo);
  • dall’impellenza del bisogno nel destinatario: un bisogno importante genera minori freni e incertezze;
  • dal prestigio di cui gode il proponente: un proponente credibile e prestigioso crea minori barriere legate alla valutazione a priori del partner;
  • dalla forza dei fattori oggettivi dell’offerta: le caratteristiche della prestazione – la sua tecnologia, il servizio reale.
  • Ciascuna di queste leve anche se presente in misura elevata non si dispiega automaticamente ma richiede abilità di valorizzazione e comunicazione.
  • Il dispiego ottimale della forza contrattuale (per chi offre) si correla positivamente con il livello di competenze comunicative specifiche del negoziatore (abilità negoziale del venditore) e negativamente con le competenze dell’acquirente (abilità del buyer).

[1] Tinsley, C. H. (2001). How negotiators get to yes: predicting the constellation of strategies used across cultures to negotiate conflict. Journal of Applied Psychology, 2001 Aug; 86(4):583-93.

[2], per un esempio di ricerche sugli stress da negoziazione interculturale diretta, vedi Kim Hughes, Wilhelm (1995). Intercultural Communication and the Decision-Making Process: Americans and Malaysians in a Cooperative University Setting. Paper presented at the meeting of the Teachers of English to Speakers of Other Languages (29th, Long Beach, CA, March 28-April 1, 1995) and at an International Conference on “Intercultural Communication: The Last Twenty-Five Years and the Next” (Rochester, New York, July 13-15, 1995).z

[3] Rispetto alle correlazioni tra emozioni, condizioni psicofisiche e performance, si consiglia di visualizzare l’approfondimento nella pubblicazione apposita sul sito www.studiotrevisani.it

[4]  Vedi Goffman, E. (1969) Strategic Interaction. Philadelphia, University of Pennsylvania Press. Trad. it. Modelli di interazione, Bologna, Il Mulino, 1971.

[5] Trevisani, 2000

Altri materiali su Comunicazione, Coaching, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online

Siti in sviluppo

Le parole chiave di questo articolo La formazione dei negoziatori interculturali sono :

  • Active training
  • Approccio ALM
  • Communication training
  • Competenza situazionale
  • Competenza trasversale
  • Competenze comunicative
  • Forza contrattuale
  • Ground-level
  • Leva contrattuale
  • Misunderstanding
  • Patto psicologico
  • Performance comunicativa
  • Reality shock
  • Saper essere
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  • Saperi
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  • Vantaggio competitivo

 

© Article translated from the book “Negoziazione interculturale, comunicazione oltre le barriere culturali” (Intercultural Negotiation: Communication Beyond Cultural Barriers) copyright Dr. Daniele Trevisani Intercultural Negotiation Training and Coaching, published with the author’s permission. The Book’s rights are on sale and are available for any Publisher wishing to consider it for publication in English and other languages except for Italian and Arab whose rights are already sold and published. If you are interested in publishing the book in English, or any other language, or seek Intercultural Negotiation Training, Coaching, Mentoring and Consulting, please feel free to contact the author from the webstite www.danieletrevisani.com 

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In the following article I would like to conclude the topic of negotiation communication training, by listing, in a more detailed way, the interpersonal communicative abilities, explaining the importance of culture shock and self-awareness acquisition.

  • Code Switching: the negotiator must manage the change of communication codes (linguistic code and non-verbal code), in order to adapt to the interlocutor. Making your interlocutor understand you requires an active effort of adaptation, a willingness to change your repertoire and to get closer to other people. Whoever imposes a one-way adaptation effort on the interlocutor (one-way adaptation) and does not think about others understanding him/her, automatically creates barriers to communication.
  • Topic Shifting: the change of subject. The negotiator must understand which techniques need to be adopted to slip from unproductive conversations, to get away from dangerous or useless topics, to avoid touching critical points of other cultures, creating offense, resentment or stiffening. These skills – like other abilities – are useful in every communicative context, such as in a communication between friends, colleagues, companies, as well as in diplomatic communication.
  • Turn Taking: conversational turns management. There are certain cultures that accept others to interfere in their speech, and others in which the respect for speaking turns is essential. Turn taking includes conversational turns management skills, turn taking abilities, turn defence skills, turn transfer abilities, the capability of open and close conversational lines, etc. All these techniques need to be refined for both intra- and inter-cultural communication.
  • Self-monitoring: the ability to self-analyse, to understand how we are communicating (which style we are using), to recognize internal emotional states, one’s own tiredness, or frustration, or joy, expectation or disgust, knowing how to recognize those inner emotions that animate us during conversation or negotiation.
  • Others-monitoring: the ability to analyse and decode the inner emotional states of our interlocutors, to recognize his/her state of fatigue, energy, euphoria, dejection, etc., to know how to perceive the participants mutual influences, to grasp the power relations in the counterpart groups and to understand the degree of interest in our proposals and the right moment for closing.
  • Empathy: the ability to understand others’ points of view, from within their value systems and cultural contexts and to understand the value of their communicative moves based on the culture that generates them.
  • Linguistic Competence: the ability to use language, choice of words and repertoires, showing a deep knowledge of the language.
  • Paralinguistic Competence: the ability to use and strategically manage the non-verbal elements of speech, such as tones, pauses, silences, etc.
  • Kinesic Competence: the ability to communicate through body movements (body language). Movements management can be one of the strongest traps in intercultural communication, where some cultures – such as the Italian one – normally use broad body movements and gesticulations, while others – such as oriental cultures- use a greater demeanour, while retaining their body expressions.
  • Proxemic Competence: the ability to communicate through space and personal distances management. For example, Latin and Arab cultures accept and consider closer interpersonal distances normal, while northern European cultures don’t.
  • Socio-environmental Decoding Competence: the ability to interpret and understand “what is happening here” in relation to what is taking place during the conversation or the interaction. The negotiator must know how to recognize a conflict within the members of the counterpart group (intra-group conflict) and how to grasp the different positions, the trajectories of approach and relaxation, the different roles assumed and the moves of the interlocutors.

Both intra-cultural and intercultural negotiators need to be prepared for Reality Shock (or culture shock). Reality Shock can arise from the sudden realization that:

  1. others don’t follow our rules;
  2. others have different background values;
  3. others don’t have the same goals as we do;
  4. others do not behave like us, or even like we want them to behave;
  5. some negotiators are in bad faith and dishonest: they do not seek a win-win approach, but only a personal advantage;
  6. even with the greatest amount of goodwill, some negotiations escape comprehensibility and observable behaviours do not fit into rational logic.

The difference between an experienced negotiator and an apprentice negotiator is the degree of damage that reality shock does: low or zero for the expert, devastating for the apprentice.

The clash with reality can cause a shock, which can be followed by:

  1. a positive process, reached thanks to the analysis of diversity, the acceptance of what can be accepted (without running into the extremes of radical unconditional acceptance), that leads the negotiator to improve his/her own cultural knowledge; or…
  2. a negative process, caused by a fall of the emotional state, a rejection of reality that leads the negotiator to take refuge in his/her own cultural arena. The result, in this case, is often a withdrawal.

In order to activate a positive process of growth, and not a negative process of involution, it is necessary to work on our self-awareness (“Knowing how to Be”) of negotiation, through:

  • Cognitive Learning & Knowledge Acquisition: learning the contents that characterize the culture with which we want to interact.
  • Cognitive Restructuring: transforming our perception of the communicative act itself from an anxiogenic element to a source of positive energy. This practice requires the identification of negative self-statements (e.g.: “it will definitely go wrong”, “I am unsuitable”, “I will not succeed”, etc.), that must be replaced by positive self-statements, (e.g.: “let’s see if we have the right conditions for doing business”,” let’s go and compare our mutual positions without fear”, or even” let’s help the customer understand how we think”). The analysis of self-statements therefore consists in working on how we “enter” the negotiation, on what animates us.
  •  Behavioural Learning & Communication Skills Acquisition: learning the skills necessary to “perform” or achieve a specific behavioural or communicative goal, by using dramaturgical and expressive techniques and relational dynamics.
  • Emotional Control Skills: developing some necessary emotions management skills, with which one can direct his/her own emotional energies in positive directions, recognize and remove negotiation stress, “recharge his/her batteries” and manage personal times, in order to take part in a negotiation in optimal psychophysical conditions.
"Intercultural Negotiation" by Daniele Trevisani

© Article translated from the book “Negoziazione interculturale, comunicazione oltre le barriere culturali” (Intercultural Negotiation: Communication Beyond Cultural Barriers) copyright Dr. Daniele Trevisani Intercultural Negotiation Training and Coaching, published with the author’s permission. The Book’s rights are on sale and are available for any Publisher wishing to consider it for publication in English and other languages except for Italian and Arab whose rights are already sold and published. If you are interested in publishing the book in English, or any other language, or seek Intercultural Negotiation Training, Coaching, Mentoring and Consulting, please feel free to contact the author from the webstite www.danieletrevisani.com 

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Articolo estratto dal testo “Negoziazione Interculturale. Comunicazione oltre le barriere culturali“, copyright FrancoAngeli Editore e Daniele Trevisani, pubblicato con il permesso dell’autore.

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Per poter negoziare a livello globale saper vendere non basta: è necessario sviluppare competenze trasversali che favoriscano la fluidità della comunicazione e ci aiutino ad evitare che le barriere culturali abbiano la meglio su di noi. Per fare ciò bisogna intraprendere un percorso di formazione personale profonda, senza limitarsi alle conoscenze linguistiche e culturali superficiali. Impariamo quindi a conoscere uno dei metodi di formazione più efficaci, il metodo ALM.

L’approccio negoziale ALM è caratterizzato da:  

  1. duttilità della linea di azione, strategia negoziale non stereotipata, strategia creativa;  
  2. una forte consapevolezza emozionale del negoziatore;  
  3. presenza di forti momenti di preparazione negoziale, communication training e simulazione; 
  4. un approccio olistico che presta attenzione:
    • ai Saperi,  
    • ai Saper Fare, ma soprattutto  
    • al Saper Essere del negoziatore 

Questo approccio privilegia la crescita del comunicatore e negoziatore soprattutto sul piano umano, tenendo sempre in considerazione la possibilità che avvengano misunderstanding (incomprensioni) ed esaminando il significato realmente compreso (inferred meaning) delle argomentazioni negoziali (negotiation arguments), senza darlo automaticamente per scontato. 

Il metodo ALM propone una linea comunicativa aperta, trasparente, diretta, ma è necessario ricordare che questa modalità comunicativa non è applicabile automaticamente. 

Per questo, il negoziatore interculturale deve essere consapevole dello “stress o shock da comunicazione diretta” e dei metodi per alleviarlo.

Si parla, in questo caso, di patto psicologico tra negoziatori, nel quale i negoziatori, prima ancora di lanciarsi nella negoziazione, cercano di fissare le proprie modalità di comunicazione ottimale e condividere alcune regole negoziali. 

Sul piano interculturale è importante lavorare sulle competenze comunicative negoziali (communication skills), e sull’atteggiamento di fondo di consapevolezza interculturale.  

Il communication training e la simulazione sono indispensabili per passare dalla teoria alla pratica. Nel communication training del metodo ALM: 

  1. si utilizza l’active training, si pone attenzione prevalentemente all’assimilazione esperienziale, alla partecipazione attiva; le tecniche di active training fanno uso prevalentemente dell’azione, della sperimentazione e del laboratorio comportamentale, e comprendono elementi quali: 
    • role playing; 
    • tecniche di respirazione e uso della voce; 
    • tecniche di sblocco dei repertori conversazionali; 
    • usi dello spazio scenico e body language; 
    • simulazione e business games; 
    • improvvisazione teatrale e negoziale; 
    • analisi della struttura drammatica del testo, analisi di critical incidents, psicodramma; 
    • costruzione del personaggio e giochi di relazione. 
  1. la teoria viene collegata agli schemi cognitivi personali: ci si prefigge l’ingresso di nuovi concetti e abilità ma soprattutto la modificazione dei sistemi di credenze sottostanti;
  1. dagli schemi cognitivi viene effettuato un passaggio agli schemi motori comportamentali e agli schemi motori linguistici: concetti, credenze e atteggiamenti devono essere “ready” per l’individuo ed attivarsi senza bisogno di ricorso alla memoria;

Lo scopo finale è ottenere una preparazione elevata sulla comunicazione, che metta il negoziatore pronto a trattare sul campo la maggior parte delle situazioni negoziali che possono accadere. 

Il communication training si divide in due aree: 

  1. competenza trasversale, area di base (ground-level) dove vengono esaminate le skills principali e necessarie in ogni negoziazione, e  
  2. competenza situazionale, in cui vengono analizzate le necessità dei singoli contesti e degli specifici interlocutori da affrontare. 

Le competenze comunicative interpersonali principali trattate (ground level) sono: 

  • Code switching: gestire il cambiamento di codice comunicativo, (linguistico e non verbale), per potersi adattare all’interlocutore.
  • Topic shifting: il cambiamento di argomento. Capire quali tecniche adottare per scivolare da conversazioni improduttive, allontanarsi da argomenti pericolosi o inutili, evitare di toccare i punti critici della cultura altrui, produrre offesa, risentimenti o irrigidimenti.
  • Turn taking: gestire i turni conversazionali. Vi sono culture che accettano l’intromissione nel parlato altrui, e altre in cui il rispetto dei turni di parola è essenziale.
  • Self-monitoring: capacità di auto-analizzarsi, di comprendere come stiamo comunicando (quale stile stiamo utilizzando), riconoscere gli stati emotivi interiori che ci animano durante la conversazione o la negoziazione. 
  • Others-monitoring: capacità di analizzare e decodificare gli stati del proprio interlocutore dal punto di vista di quali emozioni lo dominano, saper percepire le influenze reciproche subite dai partecipanti alla conversazione da parte di altri soggetti presenti, cogliere i rapporti di potere in corso nei gruppi di controparte.
  • Empatia: capacità di comprendere il punto di vista altrui, dall’interno del sistema di valori dell’altro.
  • Competenza linguistica: capacità nell’utilizzo della lingua, scelta delle parole e repertorio, profondità di conoscenza del linguaggio. 
  • Competenza paralinguistica: capacità nell’utilizzo degli elementi non verbali del parlato, toni, pause, silenzi, e loro gestione strategica. 
  • Competenza cinesica, capacità di comunicare attraverso i movimenti del corpo (body language).
  • Competenza prossemica: capacità di comunicare attraverso la gestione dello spazio e delle distanze personali.
  • Competenza di decodifica socio-ambientale: la capacità di interpretare e capire il “cosa sta accadendo qui” rispetto ai fatti che prendono luogo durante la conversazione o interazione. Saper riconoscere un conflitto all’interno dei membri del gruppo di controparte (conflitto intra-gruppo), saper cogliere le diverse posizioni, le traiettorie di avvicinamento e allentamento, i ruoli diversi assunti e le mosse degli interlocutori. 

I negoziatori sia intra-culturali che interculturali devono essere preparati al Reality Shock (shock provocato dalla realtà, shock culturale). Il Reality Shock può nascere dalla improvvisa presa di coscienza che: 

  • gli altri non seguono le nostre regole; 
  • gli altri hanno valori di fondo diversi; 
  • gli altri non hanno gli stessi obiettivi che noi abbiamo; 
  • gli altri non si comportano come noi, e nemmeno come noi vorremo; 
  • alcuni negoziatori sono in malafede e disonesti, non cercano un approccio win-win ma unicamente il vantaggio personale; 
  • anche con la più ampia dose di buona volontà, alcune negoziazioni sfuggono dalla comprensibilità e i comportamenti osservabili non rientrano in una logica razionale. 

La differenza tra un negoziatore esperto e un negoziatore novizio è il grado di danno che il reality shock procura – basso o nullo per l’esperto, devastante per il novizio. 

Lo scontro con la realtà può provocare uno shock al quale segue: 

  • Un processo positivo, fatto di analisi delle diversità, di accettazione di quanto può essere accettato, e una crescita delle proprie conoscenze culturali; oppure… 
  • un processo negativo, fatto di caduta dello stato emotivo, rifiuto della realtà e chiusura nella propria arena culturale, il cui esito è spesso il ritiro. 

Per attivare un percorso di crescita e non di involuzione, è necessario agire sul Saper Essere del negoziare, attraverso:  

  • Cognitive learning & knowledge acquisition: apprendere i contenuti di ciò che caratterizza la cultura con la quale si vuole interagire. 
  • Cognitive restructuring: ristrutturazione cognitiva, trasformazione della percezione dell’atto comunicativo stesso da elemento ansiogeno a fonte di energie positive. Tale pratica richiede l’identificazione dei self-statements negativi (es: “andrà male sicuramente”, “sono inadatto”, “non riuscirò”), e l’apprendimento di self-statements positivi (positive replacements). L’analisi dei self-statements consiste quindi nel lavorare su come un negoziatore “entra” nella negoziazione, quale spirito lo anima.  
  • Behavioral learning & communication skills acquisition: apprendere le abilità necessarie a “performare” o realizzare un determinato goal comportamentale o comunicativo, utilizzando tecniche drammaturgiche, espressive e dinamiche relazionali. 
  • Emotional control skills: sviluppo delle abilità di gestire le emozioni e canalizzare le energie emozionali verso direzioni positive, riconoscere e rimuovere lo stress da negoziazione, “ricaricare le batterie” e gestire i tempi personali, presentarsi in condizioni psicofisiche ottimali alle negoziazioni. 
libro "Negoziazione Interculturale" di Daniele Trevisani

Per approfondimenti vedi: