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La legge dei ritorni accelerati

Abbiamo visto precedentemente come la Legge di Moore definisca una curva esponenziale di sviluppo ma ciò rappresenti solamente un caso particolare di una legge più generale: la legge dei ritorni accelerati. Tale legge afferma come la curva descritta dalla prima legge di Moore in realtà sia doppiamente esponenziale. Questo significa che a mano a mano che il nostro progresso tecnologico avanzerà, diminuirà anche il tempo per nuove scoperte.

Quanto detto è stato espresso da Ray Kurzweil in The Law of Accelerating Returns[1]. L’adozione di una nuova tecnologia da parte dell’essere umano determina, all’interno del grafico dello sviluppo, un gradino, su cui si ergerà un’ennesima curva esponenziale. Analizzando quest’ultimo grafico ed estrapolando la velocità d’evoluzione attuale, potremmo iniziare a considerare cosa potrebbe aspettarci da qui a dieci o cento anni a questa parte. Ray Kurzweil ha proposto sei diverse epoche[2], basandosi su quali invenzioni sono state fatte nell’epoca precedente per ipotizzare (o confermare) cosa è stato creato nell’epoca successiva.

Le sei epoche di Kurzweil

La prima epoca è determinata da una massa di informazioni semplice e generale: energia e materia. Si parla di milioni di anni fa, in cui erano presenti strutture atomiche che immagazzinavano informazioni di vario tipo. Dopo il Big Bang (milioni di anni dopo) gli atomi hanno iniziato a formarsi e successivamente è nata la chimica: dall’incontro di atomi, sono nate le molecole. Doveroso menzionare il carbonio, che grazie alle sue caratteristiche atomiche e molecolari, è in grado di combinarsi con altre molecole creando così strutture complesse tridimensionali.

La seconda epoca è invece caratterizzata dallo sviluppo di organismi a partire dal carbonio: il DNA è l’apice di sviluppo di questa epoca, permettendo di trasmettere un numero informazioni sempre maggiore. La terza epoca, seguendo il meccanismo delle precedenti, parte dal DNA per arrivare allo sviluppo di organismi complessi, dotati di organi sensoriali e capacità di memorizzazione delle informazioni raccolta dai sensi stessi: si ha così lo sviluppo di cervelli e sistemi nervosi.

Questa ultima fase ha avuto inizio quando ha avuto inizio, da parte degli organismi, il pattern recognition, ovvero il riconoscimento degli “oggetti” nell’ambiente circostante. Tra tutti gli organismi, l’essere umano è riuscito a compiere dei ragionamenti logico-razionali su ciò che lo circonda, ed applicare in futuro tali pensieri. La quarta epoca si differenzia dalle altre dal momento che il progresso biologico è terminato ed è arrivato al culmine con l’uomo.

D’ora in avanti lo sviluppo riguarderà principalmente la tecnologia: da piccoli e semplici congegni meccanici siamo arrivati oggi a sofisticate apparecchiature elettroniche in grado di gestire e memorizzare una quantità impressionante di dati. Volendo paragonare lo sviluppo biologico e quello “tecnico”, è chiaro come il secondo sia avvenuto in maniera rapida e veloce: sono passati due miliardi di anni circa dall’origine della vita alle cellule, solamente quattordici anni dal primo computer portatile al World Wide Web.

La quinta epoca dovrebbe essere orientata indicativamente da oggi ad un futuro prossimo ed all’interno di essa avremmo la cosiddetta “fusione” tra l’intelletto umano e la tecnologia. Avverrà l’unione definitiva uomo-macchina, la singolarità tecnologica, come è stato spesso raccontato in molte pellicole cinematografiche e romanzi. Questo ci permetterà di ampliare gli orizzonti sia intellettuali che tecnologici, superando così i limiti imposti dal nostro sistema biologico.

Infine, l’ultima epoca delle sei descritte da Kurzweil, prevede un ulteriore evoluzione che permetterà sulla base delle tecnologie della singolarità tecnologica di superare i limiti dell’universo per come è conosciuto oggigiorno. Saremo in grado di trasformare l’intero universo in un complesso sistema intelligente. Sulla base della divisione proposta da Ray Kurzweil è interessante l’argomento portato dall’astronomo russo  Nikolaj Kardašëv, per la classificazione della civiltà umana sulla base della tecnologia che è in grado di produrre.

3.2.1 La scala di Kardashev

Tale scala è divisa in tre diversi tipi, sulla base dell’energia che l’uomo è in grado di produrre nell’ordine dei Watt; ed è utilizzata come base di partenza per il progetto SETI, volto alla ricerca di forme di vita extra terrestre. Una civiltà di tipo I sarebbe in grado di utilizzare tutta l’energia proveniente dal pianeta d’origine (nell’ordine dei 4×1016 watt), una civiltà di tipo II riuscirebbe ad usufruire di tutta l’energia di un intero sistema solare (4×1026 watt), infine una civiltà di tipo III capace di usare tutta l’energia presente all’interno della galassia in cui risiede (4×1036 watt).

Carl Sagan, astronomo e divulgatore scientifico, ha applicato una formula per poter calcolare a che livello si trovi la civiltà umana: ovviamente non siamo ancora una civiltà di primo livello, ma ci siamo molto vicini considerando che il valore corrisponde a 0,75! Magari arrivati al tipo I saremo in grado di usufruire di tecnologie tali da espandere esponenzialmente le nostre capacità, sia all’interno del sistema solare, sia all’interno della Via Lattea.

Iosif Šklovskij, uno dei principali collaboratori di Kardashev, ha affermato, come riportato da Ray Kurzweil in “la singolarità è vicina[3] che è impossibile non aver incontrato nel corso del progetto SETI una qualsiasi civiltà di tipo II o tipo III. Questo viene anche definito come il paradosso di Fermi, attribuito al fisico italiano Enrico Fermi: «Se l’Universo e la nostra galassia pullulano di civiltà sviluppate, dove sono tutte quante?».

© Cpyright. Estratto dalla tesi di Laurea in Filosofia, Teorie e sistemi dell’intelligenza artificiale, a cura di Federico Malpighi. Alma Mater Studiorum Università di Bologna. Materiale pubblicato per fini didattici e di ricerca con il permesso dell’autore. Riproducibile solo con citazione della fonte originale.


[1] Ray Kurzweil, The Law of Accelerating Returns, su kurzweilai.net, 7 marzo 2001. URL consultato in data 20 agosto 2020.

[2] Ray Kurzweil, The Law of Accelerating Returns, su kurzweilai.net, 7 marzo 2001. URL consultato in data 20 agosto 2020.

[3] Ray Kurzweil, La singolarità è vicina, Apogeo Education, 2005, p.608.

Quanto manca prima della prima singolarità tecnologica?

Gli approcci e i processi relativi alle intelligenze artificiali visti fino a questo momento potrebbero portare (o porteranno) all’avvento di quella che prende il nome di singolarità tecnologica: si identifica con il momento in cui la tecnologia sarà intellettivamente uguale o addirittura superiore all’uomo.

Le possibilità dell’avvento di tale tecnologia sono ancora oggi materia di discussione, tuttavia si sono delineate due diverse correnti di pensiero: un primo approccio considera la singolarità come l’inizio di una nuova era per l’uomo, garante di numerosi vantaggi; ed un secondo approccio che considera invece uno scenario apocalittico, che porterà alla progressiva estinzione dell’uomo.

L’approccio positivo considera l’avvento di una tale tecnologia come un punto di partenza per uno sviluppo uomo-macchina che seguirà un approccio esponenziale. L’ipotesi più probabile di tale avvento sarà quando un’intelligenza artificiale avrà a disposizione (per mano dell’uomo o per apprendimento automatico) una rete neurale artificiale al pari dell’uomo, sia dal punto di vista della capacità di memoria, sia da quello della velocità di calcolo.

Contando che il cervello di un essere umano è una rete neurale che conta al suo interno ben cento milioni di miliardi di connessioni neurali, l’impresa di riuscire a creare una tecnologia simile può essere scoraggiante. Nel 2014 in Giappone, Fujitsu K ha faticato non poco per “tenere testa” al cervello umano: dotato di 82944 processori ed un petabyte di memoria (equivalente a circa milleventiquattro terabyte, per poter fare un paragone con misure più quotidiane) ha impiegato circa quaranta minuti per simulare un solo secondo di attività celebrale[1].

Al quanto scoraggiante, ma siamo solo all’inizio. Il concetto di singolarità tecnologica è stato coniato da un matematico e scrittore, Vernor Vinge. Egli pubblicò un saggio chiamato a Technological Singularity[2], pubblicato nel 1993. All’interno, troviamo un’affermazione secondo la quale entro trent’anni l’uomo avrà a disposizione una tecnologia tale da creare un’intelligenza sovraumana e successivamente andremo incontro alla nostra estinzione.  

Tale singolarità viene definita erroneamente come un progresso infinito, che tende a seguire l’andamento di una singolarità matematica (o isolata): in realtà il termine singolarità è stato scelto dalla fisica e non dalla matematica. Il motivo è molto semplice: ogni qual volta il progresso tecnologico si avvicina alla singolarità, le previsioni sui modelli futuri diventano imprecise e di conseguenza inaffidabili.

Tuttavia, in ambito informatico e elettronico, possiamo prevedere oggigiorno dove potremmo arrivare in determinati ambiti informatici grazie alla prima e alla seconda legge di Moore. La prima legge afferma che «La complessità di un microcircuito, misurata ad esempio tramite il numero di transistor per chip, raddoppia ogni 18 mesi (e quadruplica quindi ogni 3 anni)». 

Può sembrare incredibile, tuttavia questa prima legge ha un grosso limite: quello spaziale. Non possiamo ridurre all’infinito le dimensioni dei transistor all’interno dei processori, e questo problema è comune a tante branche dell’informatica e della robotica moderna. La seconda legge di Moore invece afferma che «il costo di una fabbrica di chip raddoppia da una generazione all’altra».

Questo significa che all’aumentare della tecnologia a nostra disposizione (in questo caso in ambito di processori) aumenterà di conseguenza anche il costo di produzione dei singoli componenti. Questo potrebbe sancire, in un determinato tempo futuro, la morte della legge di Moore per come l’abbiamo intesa fino ad ora. Ma per Ray Kurzweil e Jim Keller non potrà mai morire idealmente, ma dovremmo reinterpretarla in maniera più ampia e complessa.

Estratto dalla tesi di Laurea in Filosofia, Teorie e sistemi dell’intelligenza artificiale, a cura di Federico Malpighi. Alma Mater Studiorum Università di Bologna.


[1]https://www.repubblica.it/tecnologia/2013/08/05/news/il_cervello_batte_sempre_il_supercomputer_per_replicare_un_secondo_servono_40_minuti-64320827/, consultato in data 10 agosto 2020.

[2] (EN) Vernon Vinge, The Coming Technological Singularity: How to Survive in the Post-Human Era (PDF), in Vision-21 Interdisciplinary Science and Engineering in the Era of Cyberspace, Proceedings of a symposium cosponsored by the NASA Lewis Research Center and the Ohio Aerospace Institute and held in Westlake, Ohio, 1993, p. 11-22. URL consultato 10 agosto 2020.