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©Copyright. Estratto dal testo di Daniele Trevisani “Psicologia della libertà. Liberare le potenzialità delle persone”. Roma, Mediterranee. Articolo estratto dal testo e pubblicato con il permesso dell’autore.

Sette caratteristiche che permettono lo sviluppo personale. Il Metodo “Centrato sulla Persona” di Rogers

Si deve a Carl R. Rogers il contributo identificato in letteratura come “approccio centrato sulla persona” o “approccio centrato sul cliente”, che ha dato vita alla scuola metodologica del counseling e della psicologia umanistica

Il potenziale umano secondo Rogers dipende dal raggiungimento di uno stadio di sviluppo personale ottimale. 

Lo sviluppo ottimale significa che ogni organismo sano continui a cercare di soddisfare il proprio pieno potenziale, con un atteggiamento fluido di ricerca continua e senza standard fissi. 

Rogers in particolare individua sette caratteristiche che permettono lo sviluppo del potenziale umano verso quella che egli definisce una “persona pienamente funzionante” (“fully functioning person“)[1]

  1. Una crescente apertura all’esperienza – le persone pienamente funzionanti si allontanano progressivamente da uno stato di difensività permanente, e non apprezzano gli stati di soggezione.
  2. Un approccio esistenzialmente crescente – vivere ogni momento a pieno – senza il bisogno di distorcere le percezioni per adattarle alla propria personalità o al proprio concetto di sè, ma permettendo alla propria personalità e al proprio concetto di sè (“self-concept“) di vivere quelle esperienze. Il risultato è un crescente livello di energie, di interesse, adattabilità, tolleranza, spontaneità, e riduzione delle rigidità.
  3. Crescente fiducia nell’organismo e fiducia in sè – aumenta la fiducia in sè e nei propri sensi e intuiti, l’abilità di scegliere i comportamenti appropriati per ciascun singolo momento, si riducono le condizioni di ansia decisionale e incertezza. Le persone che sviluppano un buon livello del proprio potenziale personale non hanno l’esigenza di affidarsi incondizionatamente a rigidi codici preesistenti e norme sociali preordinate, ma sono aperti all’esperienza e sanno che potranno fidarsi di sè stessi nel decidere cosa è giusto e sbagliato.
  4. Libertà di scelta – non essendo incatenati dalle prescrizioni che influenzano le persone incongruenti, sono in grado di compiere una grande gamma di scelte con maggiore fluidità. Sono convinti che essi stessi giocano un ruolo importante nel determinare il proprio personale comportamento e si sentono responsabili per i propri comportamenti.
  5. Creatività– il maggiore stato di libertà esistenziale produce maggiore creatività in modo spontaneo. Le persone saranno più creative nel modo in cui si adattano alle proprie personali circostanze senza sentire un bisogno di conformismo.
  6. Affidabilità e costruttività – ci si può fidare sul fatto che queste persone agiranno in modo costruttivo. Un individuo che sia aperto verso tutti i propri bisogni riuscirà a mantenere un equilibrio tra essi. Persino i bisogni aggressivi saranno accompagnati e bilanciati da bisogno di bontà intrinseca che esiste nelle persone congruenti.
  7. Una vita vissuta a pieno (“rich full life“) – Rogers descrive la vita delle persone pienamente funzionanti come moralmente ricca, piena ed eccitante, in cui la persona vive sia esperienze di gioia che di dolore, di amore e di sofferenza, di paura e di coraggio, più intensamente. Si produce in questo modo uno stato di maggiore “capacità di vivere nelle emozioni” opposto ad una “anestesia emotiva costante”. La descrizione di Rogers di “una buona vita” è lontana dalla visione di una vita statica, come osserviamo dalle sue stesse parole: Questo processo di buona vita non è, ne sono convinto, una vita per deboli di cuore. Comprende l’allargamento e la crescita nel divenire più e più aperti alle proprie potenzialità. Riguarda il coraggio di essere. Significa lanciare se stessi pienamente all’interno del “flusso della vita” (stream of life).

Da queste riflessioni derivano alcune competenze pratiche per chi si occupa di formazione, di coaching e counseling:

  • Saper costruire laboratori esperienziali
  • Saper individuare le resistenze e obiezioni latenti
  • Saper sviluppare percorsi di coaching individuali
  • Sviluppare percorsi di coaching di gruppo
  • Creare strumenti di monitoraggio dei risultati
  • Tecniche di colloquio sotto stress
  • Gestione dello stress
  • Supervisione di sessioni di coaching e counseling
  • Coaching destrutturato: abilità di ascolto e sviluppo del “flusso” di quanto accade, senza predisposizione di gabbie metodologiche
  • Strutturare percorsi di coaching e counseling tramite moduli specifici e denominabili (approccio strutturato)
  • Individuare le “scale di apprendimento” e gli step di apprendimento
  • La ricerca di un’organizzazione interiore ancora prima che esterna
  • Competenze relazionali avanzate per operare in contesti di coaching complessi e aziende o organizzazioni complesse
  • Autocontrollo in condizioni critiche

Su cosa agire: livelli del Training Mentale per il coaching e counseling aziendale

  • Attenzione
  • Memoria
  • Concentrazione

Su cosa agire: livello avanzato

  • Attenzione al livello fisico e agli stati fisici
  • Livello emotivo e rigenerazione emotiva
  • Livello mentale, capacità di ascolto delle mappe mentali
  • Sviluppo della pace interiore e stabilità personale
  • Sviluppo delle aspirazioni alla ricerca continua
  • Sviluppo delle capacità sensoriali e micro-sensoriali
  • Abilitazione delle capacità spirituali
  • Individuare e rimuovere le nevrosi organizzative nei contesti di gruppo
  • Capire in profondità gli scenari 
  • Saper creare domande che aprono ragionamenti importanti
  • Mantenere un flusso organizzato e costante di azioni di coaching e counseling
  • Avere il coraggio di fare e farsi domande crescentemente sfidanti

[1] Carl Rogers (1961), On becoming a person: A therapist’s view of psychotherapy. Constable, London. Isbn=1-84529-057-7

Altri materiali su Comunicazione, Ascolto, Empatia, Potenziale Umano e Crescita Personale disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online

© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategie di comunicazione e marketing. Un metodo in 12 punti per campagne di comunicazione persuasiva”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

La creatività e la produzione del messaggio

Fattori importanti nel management della campagna sono i metodi creativi, in cui si realizzano slogan, frasi, bozze di immagine o si generano strategie. 

creative

La creatività è una capacità manageriale tanto fondamentale quanto trascurata.

“Il dirigente aziendale medio ha speso tra le 1.000 e le 10.000 ore a imparare formalmente l’economia, la storia, le lingue, la letteratura, la matematica e le scienze politiche! Lo stesso dirigente ha speso meno di dieci ore ad imparare qualcosa del pensiero creativo!” Tony Buzan

La tecnica del brainstorming viene utilizzata per produrre listati di idee o listati di frasi o listati di strategie, che saranno poi filtrati con criteri decisi dal gruppo stesso. 

Ciò che conta, nel brainstorming, è lasciare che il flusso della creatività non venga interrotto, separando adeguatamente la fase creativa dalla fase valutativa e di selezione dalla lista. 

Il risultato del brainstorming (liste di possibili strategie di messaggio) deve essere sottoposto seguendo il seguente schema :

  • Un primo processo di filtratura e selezione. E’ necessario considerare solo le idee in grado di essere ricordate e i messaggi che possono generare attenzione nel primo impatto cognitivo, privi di dannosi effetti boomerang (evitazione del messaggio in quanto sgradito o troppo forte, già nel primo impatto).
  • Un secondo passaggio di selezione (filtratura) andrà invece a ricercare i messaggi dal potere persuasivo maggiore.
  • Un ulteriore grado di perfezionamento si ottiene sottoponendo il messaggio selezionato ad un pretest su un campione rappresentativo di membri del target. 

Questo consente di realizzare una ricerca valutativa dell’impatto, del gradimento ed efficacia del messaggio stesso.

La linea di azione comunicativa e la strategia relazionale

La linea di azione comunicativa esplicita la strategia relazionale che il messaggio intende produrre, o che le persone fisicamente intraprendono per arrivare allo scopo.

Esempi di grandi strategie relazionali sono :

  • Ammiccamento: “noi si che ti vogliamo bene”, “noi sappiamo tenere i tuoi segreti come nessun altro”
  • Distanziamento: “noi siamo i professionisti”
  • Massimo distanziamento. “Si riceve dalle alle previo appuntamento da concordare obbligatoriamente con la segretaria contattabile unicamente dalle alle il lun. pomeriggio h. 14-15 e venerdì mattina h 9-10”
  • Seduzione. “Con x, hai un fascino incredibile”
  • Agonismo. Vinci, sii vincente, vinci le sfide, etc
  • Empatia. “La banca che ti capisce” (poco credibile ma molto usata), “un’azienda che ti ascolta”, e altre.

Soppesando i pro ed i contro di diverse opzioni di contenuto, è necessario giungere alla definizione di quale messaggio dia la maggiore probabilità di successo, con i minori ritorni negativi latenti, eliminando i rischi di effetto boomerang.

Esponiamo un esempio:

Il titolare di un’azienda di arredamenti industriali si rivolge al nostro studio di consulenza per un problema: l’azienda è vittima di un attacco pesantissimo da parte della concorrenza, la quale sta facendo circolare messaggi falsi su una probabile chiusura o fallimento. 

Il cliente si rivolge all’autore per impostare una strategia di difesa e rilancio. Le contromosse prevedono l’impostazione di una campagna fidelizzativa di comunicazione e informazione. Il tema di quale messaggio lanciare (message strategy) è il punto nodale: se l’azienda telefonasse a tutti i clienti dicendo “non è vero che stiamo chiudendo, se sentite notizie di questo tipo sono solo diffamazioni“, l’effetto cognitivo sarà comunque di riposizionare il brand vicino al costrutto mentale “chiusura e fallimento”. 

La psicologia dei costrutti mentali e il marketing semantico, infatti, evidenziano come il toccare una parola come “fallimento” o “crisi” apra effetti associativi a catena sulle aree contigue, per associazione. 

È stata quindi svolta una situation analysis per ricercare quali messaggi veritieri, reali e concreti l’azienda potesse emettere, in grado di (1) far emergere naturalmente, senza bisogno di dirlo, il fatto che l’azienda era viva e vegeta, ed anzi in ottima salute, e (2) ottenere dall’investimento nella campagna comunicativa altri vantaggi, senza focalizzarsi unicamente su un approccio difensivo, ma cogliendo l’occasione per un rilancio della politica di fidelizzazione del parco-clienti.

La situation analysis aveva prodotto diverse opzioni. Una linea scartata fu  quella di telefonare ai clienti dicendo sostanzialmente “non è vero che stiamo fallendo”. Dovevamo evitare assolutamente di lanciare un messaggio in cui il marchio venisse accostato al concetto di fallimento, consapevoli che avremmo creato un’associazione mentale tra marchio e “chiusura-fallimento” anche solo affermando che questo non era vero. 

La linea finale, decisa in accordo con la direzione e la proprietà, era: 

  • step 1 informare tutto il parco clienti che l’azienda aveva appena acquisito una nuova falegnameria – evento reale, ma che prima non era stato reputato degno di essere comunicato; 
  • step 2 comunicare i benefit chiaramente: eravamo da ora in grado di produrre soluzioni d’arredo ancora più personalizzate; 
  • step 3 ogni cliente doveva essere invitato ad un incontro, nel quale poter visualizzare le nuove gamme possibili e programmare una campagna per la stagione entrante.

In questo modo, è stata adottata una “linea di comunicazione inoculativa”: chiunque avesse contattato il cliente nei giorni successivi (per annunciare che l’azienda stava chiudendo), avrebbe egli stesso fatto la “figura dell’idiota”, producendo un effetto boomerang su se stesso. Il cliente dell’azienda di arredamenti avrebbe infatti chiaramente percepito un intento manipolatorio in chiunque lanciasse il messaggio fuorviante, avendo sentito e vissuto di persona una realtà che andava in contraddizione con il messaggio falso.

La produzione di una linea di azione comunicativa non avviene per intuizione: essa richiede confronto, esplorazione di opzioni, valutazioni di fattibilità e anticipazione degli effetti. È necessario produrre diverse sessioni di brainstorming e di role-playing nelle quali esporre le possibili linee di azione comunicative, per poi scegliere la linea a maggiore probabilità di successo.

La struttura delle linee di azione

brainstorming

Ciascuna linea di azione è suddivisibile in steps, fasi temporali durante le quali si articola il processo di comunicazione. L’insieme dei passi attuati costituisce il percorso della linea di azione (path).

Una Action Line Analysis (ALA) si può definire come l’analisi comparativa di una serie di tattiche alternative per il raggiungimento di un obiettivo. 

I fattori strutturali caratterizzanti una ALA sono:

  1. il numero di linee di azione comparate
  2. il numero di steps per ciascuna linea

Per ogni linea devono essere determinate le possibilità di successo, gli errori e trappole (traps), la fattibilità pratica e le ripercussioni sull’immagine di chi la metterà in pratica.

Come abbiamo visto nell’esempio dell’azienda di arredamenti, di fondamentale importanza nella message strategy è la scelta accurata di una linea comunicativa che associ il messaggio a concetti mentali desiderati ed eviti di inquinare il marchio e il comunicatore con immagini mentali negative. 

Ogni parola emessa elicita (fa scaturire) costrutti mentali che sono contigui ad essa. Le scienze cognitive hanno evidenziato che i messaggi non sono recepiti in modo isolato, ma si inseriscono sempre in una mappa mentale del soggetto, una mappa che associa il messaggio a concetti ed immagini mentali.

Per esprimere tale concetto, Shaw e Gaines fanno riferimento al concetto di “Geometria dello Spazio Psicologico”[1]espresso da Kelly (Psicologia dei costrutti personali): ogni messaggio si inserisce in spazi mentali e si associa alle aree contigue.

La message strategy richiede consapevolezza che ogni messaggio aziendale, ogni comportamento della linea d’azione, produce immagini evocate, le quali creano un’anticipazione di eventi futuri nei nostri interlocutori (“come sarà lavorare con quest’azienda?”) ed attribuzioni di significati agli eventi stessi (“perché avranno detto questo?” “se si comportano così ora, cosa faranno dopo?”).

Le azioni sono comportamenti. E’ arrivato il tempo di pensare meno al fatto che comunicare sia sufficiente o equivalente a mettere un involucro luccicante su carne maleodorante quando la apri, o pensare che si possa mettere un packaging a qualsiasi cosa e che questo sia sufficiente. 

Le PR e la comunicazione devono comunicare quanto di buono si fa, non coprire il suolo di menzogne. 

Siamo tutti stanchi di bugie e le bugie non pagano più, se mai hanno pagato. Non è più tempo di bugie.

Se le cerchi, hai un sacco di possibili:

  1. caratteristiche
  2. vantaggi
  3. benefici
  4. unicità

Di queste, ne basta una, non ne servono dieci e più.

Partiamo da quelli, senza andare a cercare bugie assurde.

Se scaviamo troveremo un sacco di verità che vale la pena comunicare. Ma occorre scavare, esaminare, non stare in superficie.

E non fermiamoci al marketing mix, entriamo nella comunicazione come relazione. Cerchiamo il “common ground”, cosa di buono possiamo veramente fare assieme.

Se applichiamo questa sequenza, troveremo:

  1. Sviluppare una mente da analista : volontà di capire, di analizzare
  2. Conoscenza di sè : consapevolezza del proprio valore attuale e potenziale
  3. Conoscenza dell’altro : mappatura del sistema, dei bisogni, delle vulnerabilità
  4. Costruire la relazione : saper identificare e le modalità per una relazione di successo

Comunicare può essere un “fare assieme” win-win” fuori dalle maschere, ma può invece essere un teatrino delle falsità.

Tu quale preferisci?

relationship

Occorre tornare a pensare che le nostre azioni reali, il nostro agire, il nostro comportamento, sono la forma di comunicazione più forte e la sola in cui le persone credono in caso di dubbio.

Le parole insegnano, gli esempi trascinano.

 Solo i fatti danno credibilità alle parole.

Agostino d’Ippona 


[1] Shaw, M.L.G, e Gaines, B.R. (1992).”Kelly’s “Geometry of Psychological Space” and its Significance for Cognitive Modeling”. The New Psychologist, Oct. 1992, pp. 23-31.

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online

©Copyright. Estratto dal testo di Daniele Trevisani “Psicologia della libertà. Liberare le potenzialità delle persone”. Roma, Mediterranee. Articolo estratto dal testo e pubblicato con il permesso dell’autore.

Libertà del corpo (area bioenergetica)

Con il corpo si fanno i conti solo quando va male, si ammala, o una parte di esso smette di funzionare bene. Cambiare la cultura del corpo per manager è fondamentale, per lavorare meglio, per vivere meglio, per essere migliori

La cultura dell’abitare in un corpo cui dai “attenzione” è stata persa man mano che il lavoro si è spostato sul piano intellettuale. Si crede, erroneamente, che un compito come essere manager sia un compito della mente, dimenticando che è un compito ampiamente dipendente dalle energie corporee a disposizione. Provate a dirigere con attenzione una riunione avendo mal di testa, e capirete immediatamente quanto questo sia vero. Vi è poi un altro capitolo, quello dell’effetto che ha un corpo forte e sano sull’auto-immagine. L’assertività e la pacatezza di un corpo sano e forte sono un connubio assoluto. La malattia o un corpo debole portano sempre con sè anche disturbi dell’umore, sino a vere e proprie distorsioni della personalità

La libertà del corpo è qualcosa che si conquista. Persino imparare a camminare, o a mangiare da soli, è una conquista e deve essere letteralmente “imparata”. 

Se poi vogliamo essere liberi di correre o fare sport impegnativi, allora è davvero il caso che per ottenere questa libertà, mettiamo il corpo, il nostro corpo, al centro di un serio piano di allenamento, alimentazione, recupero, e lo trattiamo come macchina delicata, evitando di romperlo. 

Qui diventa fondamentale distinguere tra stimoli allenanti (un buon allenamento, anche duro, e progressivamente impegnativo, fa bene) e stress inutili (intasarsi di smog, di stress relazionale, di climi tossici, non fa bene, mai).

La libertà corporea è condizionata dalle nostre credenze e abitudini sul funzionamento del corpo e del rapporto corpo-mente. Questo sfondo di conoscenze è spesso viziato da enormità di errori e informazioni dissonanti assorbite dalle fonti più disparate, riviste, media, amici, parenti.

Rispetto al corpo, esiste ogni tipo di atteggiamento e il suo contrario, per cui andiamo dai vegani che rifiutano ogni fonte di cibo legata agli animali (definendo il latte “sangue bianco”), ai fan delle proteine ad ogni pasto (mangio ogni cosa che abbia due occhi e un naso), dai fautori dello yoga del respiro ai praticanti di Mixed Martial Arts e dell’allenamento estremo. E non sto giudicando queste discipline, ne pratico parecchie. Ma è bene essere coscienti di cosa si fa con il proprio corpo e di quali effetti ne verranno. 

Per cui, spendiamo tempo a curare la nostra macchina corporea, alleniamola, curiamola, diamogli attenzione. Ci ripagherà!

Mai dare per scontato niente. Un buon coach, deve verificare eventuali squilibri sul piano corporeo e biologico che impediscono all’individuo di avere un corpo libero, flessibile, sano, e uno stile di vita in cui il corpo va usato, gli va fatta manutenzione, va curato, e non solo abusato.

La libertà è anche alzarsi sulle proprie gambe e avere un corpo che ti porti dove vuoi e non ti faccia da ostacolo o palla al piede. E per quanto la vecchiaia, gli handicap, le malattie, non aiutino, l’attenzione al corpo e il lavoro allenante ha sempre una sua dignità, in qualsiasi condizione si sia.

Libertà mentale (psicoenergetica)

La libertà psicoenergetica riguarda il pieno possesso delle nostre energie mentali e facoltà mentali. Quali facoltà? Ne cito solo alcune tra le migliaia individuabili:

  • resilienza psicologica e resistenza allo stress;
  • forza emotiva e connessione alla fragilità emotiva;
  • capacità di percezione;
  • capacità propriocettive (percezione dei propri stati interni);
  • capacità di analisi;
  • capacità di isolamento mentale (concentrazione focalizzata);
  • capacità di concentrazione sul task/compito;
  • capacità di focalizzazione;
  • capacità di ricentrare le energie mentali;
  • capacità di rilassamento;
  • capacità di meditazione;
  • capacità emozionali (intelligenza emotiva);
  • capacità di distanziare l’ansia;
  • capacità relazionali (es.: empatiche e assertive).

Quando siamo in pieno possesso della motivazione, della volontà, dell’attenzione, delle facoltà di percezione, siamo molto più pronti ad essere liberi o a diventarlo. Siamo in grado di recepire i segnali corporei, e le atmosfere umane.

Siamo più in grado di capire cosa ci nutre, cosa ci intossica, e intervenire.

Il lavoro comprende il conoscere come funziona la propria motivazione ed energie mentali interiori; tocca la libertà dall’ansia, dalle paure immotivate e inutili. 

Se non impariamo a filtrare i messaggi in ingresso, ad ancorarci a facoltà mentali con buona capacità di accedervi quando lo vogliamo, rischiamo di venire strattonati da ogni possibile persona che vuole influenzarci, vittime di ogni possibile gruppo o messaggio, sino ad ingolfare la mente ed entrare in dissonanza totale.

Libertà dalle “Emozioni parassite” e capacità di attivare una “Ginnastica delle Emozioni”

Lo scopo del metodo HPM sull’area psicoenergetica è che le emozioni siano vissute in armonia con i propri bisogni e desideri, e soprattutto che possano esserne un supporto, e non un peso. 

Le emozioni che l’individuo vive però a volte sfuggono di mano, diventano zavorra, anziché aiutare, possono impedirgli di realizzare sogni, bisogni e desideri. Ad esempio, potresti sentirti triste seppure accanto ad una persona con cui invece vorresti essere, oppure invaso da pensieri negativi, introversione e tristezza ad una festa, una festa dove desideri socializzare. Potresti vivere un convegno interessante e ricco di possibili incontri e scoperte come una serie di fastidi e obblighi.

La tristezza viene vissuta nel momento sbagliato e porta il tempo verso un crescente isolamento, In questo caso, la tristezza diventa un’emozione parassita.

Le emozioni parassite si presentano spesso unite a svalutazione di sè, a pensieri del tipo “non valgo”, non merito, non sono all’altezza e altre ruminazioni mentali negative. 

Nel metodo HPM ci occupiamo proprio di riconoscere e rimuovere questi stati, che non riguardano una “patologia” ma un bisogno di alfabetizzazione ai vissuti emotivi. 

Le tecniche utilizzate vanno dall’Emotional Detection (riconoscere l’emozione, grazie ad un lavoro di “Focusing”), all’Emotional Labeling (saperla denominare), Emotional Refraiming (saper sostituire uno stato emotivo con pensieri alternativi e positivi), Emotional Communication (saper comunicare i propri stati emotivi e condividerli con le persone giuste e i momenti giusti per non lasciarli macerare dentro). 

Tutto questo repertorio porta verso una “Ginnastica delle Emozioni”, di cui ho parlato già nel libro “Il Coraggio delle Emozioni”, e altro materiale verrà esposto in questo libro.

Libertà dei propri ruoli di vita

Vivere ha spesso l’obbligo sottostante di interpretare un ruolo. Medico, cantante, saldatore, giardiniere, studente di architettura, sportivo, padre, single, studente di scuola media, artista, leader, capitano, gregario. Sono tutti ruoli rispettabili. 

Il punto è: quando viene il momento in cui tu decidi il tuo ruolo? E quanto sei in grado di far convivere tra di loro più ruoli? Es. essere padre senza rinunciare ad essere sportivo ed evitare di cedere allo stile “lavoro-stress-mangiare-divano-tv-pancia”?

Come fare per trovare forme di autoregolazione tali che il desiderio di carriera non distrugga la famiglia e te? Intanto sappiamo che è possibile. Secondo, sappiamo che è materia di Life Coaching: trovare equilibri di vita, sperimentare, provare e riprovare senza paura.

Questo ha a che fare con le conoscenze su come si forma un ruolo e sul funzionamento delle proprie competenze di ruolo; credenze su come “si fa carriera”, su cosa significa progredire, avanzare, trovare se stessi in un ruolo.

Per ogni ruolo, esiste quello che è bene conoscere e quello che puoi fare a meno di conoscere. E nella vita, i ruoli si susseguono, non sono statici, e non devono mai diventarlo. La libertà, è anche libertà di cambiare ruolo.

Occorre liberare le idee su quanto si possa o non si possa incidere attivamente sul proprio futuro, su dove esso è o non può essere diretto o bloccato.

In questo campo il coaching è fondamentale per assistere la persona nel dotarsi di competenze indispensabili per costruire il proprio futuro anziché lasciarlo in mano al destino o alle volontà di altri. Vivere la propria vita a pieno significa anche acquisire i saperi, saper fare, e saper essere, che lo rendono possibile. Vivere con gioia un ruolo è un forte stato di libertà.

Libertà di esprimersi nei dettagli

Possiamo decidere di andare in profondità nelle cose anziché starne solo alla superficie? Questa è una forma interessante di libertà. Una “micro-libertà”.

Riguarda la libertà di appassionarsi a cose che altri giudicano futili, es fare modellini di auto in miniatura, o bonsai, o curare un giardino.

Esiste un grado di abilità nei dettagli di esecuzione, i possibili miglioramenti di esecuzione rispetto ad attività che la persona compie e in cui vuole migliorarsi; ad esempio, un coaching sulla respirazione durante il gesto sportivo, o in campo manageriale, migliorare le tecniche di apertura di un public speaking, imparare a riconoscere le micro-espressioni. Un buon coach sa capire e far emergere quali sono i dettagli lavorabili che possono aumentare l’efficacia della persona.

Maggiore è la nostra padronanza nei dettagli di qualcosa che per noi è importante, maggiore è il senso di autoefficacia, potenza e libertà esecutiva.

Libertà progettuale

Essere liberi significa anche saper realizzare progetti. 

Avere sogni che non si concretizzano mai e poi mai, non è vera libertà. Quando ve ne sono le condizioni, o impariamo a crearle, fare progetti diventa bellissimo e liberatorio. Un atto di espressività.

Dobbiamo quindi esaminare le nostre credenze sul tema della propria capacità progettuale, ampliamento della capacità di concretizzare un proprio progetto, tradurre un ideale in progetto.

Il coaching qui è veramente fondamentale per far passare un sogno da qualcosa di utopico ad un progetto realizzabile. Se sogno di dimagrire, un progetto concreto per dimagrire mi sarà di enorme aiuto, e qualcuno che mi segue diventa un mio compagno di viaggio. Se voglio esplorare i mercati asiatici, devo identificare gli step da compiere, e iniziare con step praticabili molto pratici. Non posso solo sognare di farlo.

La libertà di progetto è una “libertà pragmatica”, fatta di cose tangibili, di azione, di “chi fa cosa”, di gestione di risorse e dei tempi. Ma è creativa tanto quanto la pittura o la scultura. Così come la libertà di portare avanti un progetto “a modo nostro” senza dovere sempre seguire la tradizione.

Assagioli[1], un grandissimo scienziato Italiano vissuto negli USA, in un classico degli studi sul potere personale del “fare”, tuttora attualissimo, ci parla dell’ “Atto di Volontà” come forma suprema di espressione umana. Bene, quando questo atto si concretizza e passa dal “voglio” al “lo faccio, ci provo”, abbiamo fatto grandi passi avanti.

Libertà di valori e libertà ideologica. Come queste diventano libertà nei comportamenti di tutti i giorni

La libertà della persona di assumere sistemi di valori che sente propri, di cambiarli.  Esaminare il sistema di valori ritenuti importanti nella vita, priorità tra valori e eventuali aspettative divergenti. Si tratta di un esame delle ideologie, dei “credo” valoriali, delle scelte di fondo che ci possono rendere un’attività soddisfazione o sacrificio. In cosa credi? Cosa è importante per te? Cosa da senso alla vita? 

Questo tratto è il più difficile da far emergere, toccando le scelte esistenziali, il significato stesso dell’esistenza. Se però riusciamo a far emergere alcuni di questi elementi forti, essi possono costituire l’ancoraggio di qualsiasi motivazione al fare, al crescere al migliorarsi. Un faro che guida la persona nella nebbia e verso la libertà più vera.


[1] Assagioli, Roberto (1973). The Act of Will. Viking Press, NY. Trad it. L’atto di volontà, Roma, Astrolabio, 1977.

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Altre risorse online


Cos’è l’Ikigai e a cosa serve. Video sul modello Ikigai. Articolo sul tema ascolto avanzato con utilizzo del modello Ikigai immediatamente dopo il video.

https://youtu.be/YT6CFbq-T1g

  • Anteprima editoriale esclusiva per i lettori del blog, realizzata dall’autore del libro, articolo

    condivisibile, si prega di citare sempre la fonte.

  • © Daniele Trevisani, Volume “L’ascolto Attivo: Metodi e Strumenti per l’ascolto attivo ed empatico”. Anteprima editoriale, Franco Angeli editore Milano, 2019.
  • Per ricevere altri articoli appena escono, iscriversi al blog https://studiotrevisani.it sulla destra in alto, inserire la mail e fare clic su “segui il blog”.

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Possiamo potenziare l’ascolto tramite modelli che ci aiutano a fare domande più corrette e centrate, sia

  1. nel modo (modalità di ascolto) che
  2. nei contenuti (contenuti delle domande).

Se centriamo entrambe, avremo fatto un centro perfetto.

Anticipiamo per questo fine il modello, centrale per questo libro, della “scala dei livelli di ascolto”, che riguarda soprattutto il “modo” di ascoltare.

La scala è esposta nella figura che segue.

Approfondiremo i dettagli di questa scala nel capitolo successivo. Per ora, ci basti sapere che gli strumenti per fare salti di qualità nell’ascolto attivo esistono, e si possono fare enormi passi in avanti, sino a farne uno dei punti di forza della propria vita e cambiare il nostro modo di essere.

L’ascolto è parte della comunicazione, la comunicazione è parte della vita delle persone, e la vita delle persone è parte dell’universo.

Ascoltando, stiamo dando un contributo alla comprensione anche della parte di universo che vive in noi.

Lo sforzo di capire l’universo è tra le pochissime cose che innalzano la vita umana al di sopra del livello di una farsa,

conferendole un pò della dignità di una tragedia.

 (Steven Weinberg)

Come vediamo, si parte dal basso, con un ascolto impreciso, giudicante, agressivo, sino ad arrivare ad un ascolto attivo, empatico, positivo, attraversando tratti intermedi.

Queste sono le modalità di ascolto.

Se applichiamo queste modalità ad un modello, che sia psicosociale o organizzativo, otteniamo un “ascolto modellizzato”.

Il modello su cui ci concentriamo brevemente ora è l’Ikigai.

L’Ikigai (生き甲斐) è l’equivalente giapponese di significati quali “ragione di vita”, “ragion d’essere”, “scopo della vita”. Nella zona di Okinawa l’ikigai è visto come “una ragione per svegliarsi al mattino”, e certamente, “qual’è la tua ragione per svegliarti al mattino” è sia una domanda potente che una domanda che richiede poi empatia potente e ascolto attivo avanzato.

Infatti,

“Tutti, secondo la cultura giapponese, avrebbero il proprio ikigai. Trovare quale sia la ragione della propria esistenza richiede però una ricerca interiore che può spesso essere lunga e difficile. Tale ricerca viene considerata molto importante e la sua conclusione positiva porta alla persona una profonda soddisfazione.

Oltre che aspetti positivi per chi segue il proprio ‘ikigai possono esserci anche aspetti negativi: coloro che vivono la vita con estrema passione rischiano infatti di esserne consumati sino alla degradazione.”[1]

Occorre innanzitutto vedere il modello per capire di cosa tratta.

Lo vedremo prima nella versione ufficiale in lingua inglese:

 

 

 

 

 

I quattro grandi vettori o variabili sono

  1. Cioè che ami (What you LOVE)
  2. Ciò che serve nel mondo (What the world NEEDS)
  3. Ciò per cui puoi essere pagato (What you can be PAID FOR)
  4. Ciò che sei abile a fare (What you are GOOD AT)

L’Ikigai rappresenta il centro perfetto, la condizione che soddisfa tutte le altre condizioni, per cui riusciamo a fare un lavoro che amiamo, un lavoro utile al mondo, un lavoro per cui siamo pagati, e un lavoro nel quale siamo abili.

In psicologia, questa condizione assomiglia molto ad una vita o esistenza in stato di Flow, o Flusso, “il momento magico in cui tutto scorre perfettamente e il tempo sembra svanire”, concetto introdotto nel 1975 dallo psicologo Mihály Csíkszentmihályi poi diffuso in vari campi di applicazione della psicologia, alel performance, allo sport, sino alla a spiritualità, all’istruzione e al lavoro, all’immersività dell’esperienza nella vita quotidiana, alla creatività, e persino alla meditazione.[2]

Nei momenti di flow, tutto sembra funzionare magicamente e perfettamente, nonostante le sfide ci siano e siano anche alte. Possiamo dire che l’ascolto in stato di Flow esiste, ed è reso possibile da una nostra totale “Presenza Mentale” nell’ascolto unita alla presenza mentale dell’altro e alla disponibilità reciproca.

Figura 3 Modello Ikigai, italiano

Notiamo come le intersazioni imperfette, quegli spazi in cui una o più delle quattro esigenze di base non sono soddisfatte, generano diverse tipologie di “stato di vita”, esaminabili nella figura stessa.

Un ascolto potenziato arriva dall’unire il modello della “scala di ascolto” all’Ikigai, come nella figura seguente:

Figura 4 Combinazione tra scala dei livelli di ascolto e modello Ikigai

Avremo quindi domande come:

  • Cosa ami fare nella vita?
  • Cosa pensi serva al pianeta e al mondo in questo momento?
  • Quali sono i lavori per cui puoi ricevere una remunerazione?
  • Quali sono le cose che ti fanno stare bene?

L’ascolto può farsi via via più complesso, come in un coaching manageriale dove vogliamo poter capire in che condizione è una persona rispetto al suo vissuto lavorativo. Quindi ad esempio:

  • Ami quello che stai facendo ora?
  • Pensi che quello che stai facendo ora sia utile?
  • Sei soddisfatto della tua remunerazione?
  • Ottieni gratificazioni sul lavoro, al di la della remunerazione?
  • Come vivi la tua giornata lavorativa?
  • In quali momenti senti che stai dando il massimo sul lavoro con piacere?

E tante altre domande, un numero non infinito, ma decisamente ampio, e allargabile quando poi le risposte possono permetterci di realizzare dei “ganci” su quanto emerge per approfondire e allargare il discorso, o invece entrare nei dettagli con un ascolto selettivo quando troviamo un problema, o centrare un dettaglio emotivo di un conflitto con un collaboratore o un problema di leadership, e applicare un ascolto empatico.

Non importa quanto o quando finiremo, all’inizio. All’inizio occorrono modelli di partenza utili, che ci aiutino a partire con il piede giusto, per poi correggere la rotta strada facendo.

L’ascolto è una delle attività umane più sensibili, l’utilizzo di modelli la potenzia di certo, ma non sostituisce mai la sensibilità umana che serve per praticare un ascolto di qualità.

Cogliere le sfumature delle persone, sul lavoro o nella vita, richiede enorme volontà empatica, metodo, e un pizzico di arte.

Le persone sono universi, sono mondi infiniti, guardarci dentro può far venire le vertigini, ma ne vale la pena. Perchè conoscere una persona è conoscere un brano di universo.

È strano come la tua vita possa prendere una direzione.

Poi conosci una persona e tutto cambia.

Sophia Danko (Britt Robertson)

dal film “La risposta è nelle stelle” di George Tillman Jr.

 

[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Ikigai

[2] Csikszentmihalyi, Mihaly (1975). “Beyond Boredom and Anxiety“. Jossey-Bass: San Francisco, CA. 36. ISBN 0875892612, ISBN 978-0875892610

Csikszentmihalyi, Mihaly (1990). Flow: The Psychology of Optimal Experience. New York: Harper & Row ISBN 0-06-092043-2

Csikszentmihalyi, Mihaly (1996). Creativity: Flow and the Psychology of Discovery and Invention. New York: Harper Perennial. ISBN 0-06-092820-4

Csikszentmihalyi, Mihaly (1998). Finding Flow: The Psychology of Engagement With Everyday Life. Basic Books. ISBN 0-465-02411-4

Csikszentmihalyi, Mihaly (2003). Good Business: Leadership, Flow, and the Making of Meaning. New York: Penguin Books. ISBN 0-14-200409-X

Langer, Ellen J. (1989). Mindfulness. Reading, Mass: Addison Wesley. ISBN 0-201-52341-8

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  • © Daniele Trevisani, Volume “L’ascolto Attivo: Metodi e Strumenti per l’ascolto attivo ed empatico”. Anteprima editoriale, Franco Angeli editore Milano, 2019.
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Testo estratto da Eckhart Tolle, nel video seguente, con approfondimenti sugli Stati di Coscienza trattti dal testo “Psicologia della Libertà: Liberare le potenzialità delle persone“. Edizioni Mediterranee, Roma.

Secondo Tolle:

“La responsabilità è una parola strana, se la prendi alla lettera, si associa alla parola “risposta”, all’abilità di rispondere, ma questa interpretazione è abbastanza scorretta. Il punto è prendersi la responsabilità di cosa?

Di cosa ti puoi prendere la responsabilità, o per cosa ti puoi prendere la responsabilità? La responsabilità primaria che puoi assumerti è prenderti la responsabilità per il tuo stato di coscienza, il quale determina il tipo di mondo che crei. Tu sei l’umanità, l’umanità è un concetto astratto, non esiste, l’umanità è l’essere umano.

Tu sei l’umanità, quindi per far prendere le proprie responsabilità all’umanità, devi prima tutto essere responsabile del tuo stato di coscienza”.

Eckhart Tolle

Eckhart Tolle

Approfondimenti sugli Stati di Coscienza tratti dal testo “Psicologia della Libertà: Liberare le potenzialità delle persone“.

 

La mappa dei nostri stati di coscienza e gli stati alterati: conoscerla per stare bene e non ammalarsi, e imparare a recuperare

Esiste un indicatore primario, la Scala di Fisher, che rappresenta il “numero di giri” del nostro motore, ma per usarlo bisogna averlo visto, e qualcuno deve averti formato ad usarlo.

La scala o mappa degli stati di coscienza, evidenzia la posizione di una qualsiasi persona, nel continuum mentale tra agitazione e rilassamento, sino agli estremi della meditazione profonda (sulla destra) e dell’isteria (sulla sinistra), passando per stati come la percezione quotidiana, l’ansia, la creatività e altri.

È uno strumento molto importante.

Figura 7 – Mappa di Fisher (mappa degli stati di coscienza)[1]

Ad ogni posizione lungo la scala corrisponde una precisa frequenza cerebrale, scientificamente misurabile.

Fisher in questo lavoro pionieristico ci mette in guardia: siamo sempre più bombardati da informazioni, ma in taluni contesti, ulteriori incrementi si rischia la saturazione: ulteriori incrementi nel contenuto dei dati possono non trovare corrispondenza adeguata in un adeguato tasso elaborazione di questi dati.

In altre parole, quando le informazioni in ingresso sono tante, talmente tante che la nostra capacità di elaborarle tutte progressivamente cala, rischiamo di scivolare verso gli stati schizofrenici[2]. Questo era stato evidenziato negli anni 70, figuriamoci ora con l’incremento dei canali e dei social media disponibili.

Dalla scala si evince che per la salute quotidiana, ogni brano significativo di vita trascorso in stato di “agitazione” o nervoso, dovrebbe essere accompagnato da uno stato di recupero, tranquillità e meditazione. Sicuramente dopo, ma persino prima in alcuni casi come momento di preparazione mentale (es, preparazione ad una gara o ad un esame).

La scala di Fisher e i suoi tanti insegnamenti possibili sta diventando un fattore di salute personale. Tutti dovremmo conoscerlo, quantomeno per fare una mappatura quotidiana di come stiamo e riaggiustare il tiro sulle situazioni di vita in cui siamo.

Ma di questo, non si parla.

Molto facile invece è andare incontro anche nelle TV nazionali e pubbliche, ad oroscopi di ogni tipo.

Un altro indicatore del fatto che la nostra Semiosfera è ricca di porcherie e povera di significati e conoscenza che ci servirebbe veramente.

Il nostro potere personale sta nel riprendere in mano i contenuti della nostra Semiosfera personale, lavorarla, metterci dentro quello che è utile, buttare fuori l’inutile. È ora di lottare, è ora di battersi per questi concetti, per noi e per tutte le persone cui teniamo, e per una umanità più libera e pulita.

[1] Roland Fischer (1971), A Cartography of the Ecstatic and Meditative States. In Science, Vol 174  Num 4012 26 November 1971.

[2] Dal testo originale “further increase in data content may not be matched by a corresponding increase in the rate of data processing

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Copyright dal testo “Psicologia della Libertà: Liberare le potenzialità delle persone“.

Copyright Daniele Trevisani www.studiotrevisani.it – Articolo in anteprima dal volume “Psicologia della Libertà” sul tema dello sviluppo delle potenzialità delle persone.

Carl Rogers individua sette caratteristiche che permettono lo sviluppo del potenziale umano verso quella che egli definisce una “persona pienamente funzionante” (“fully functioning person“)[1]

  1. Una crescente apertura all’esperienza – le persone pienamente funzionanti si allontanano progressivamente da uno stato di difensività permanente, e non apprezzano gli stati di soggezione.
  2. Un approccio esistenzialmente crescente – vivere ogni momento a pieno – senza il bisogno di distorcere le percezioni per adattarle alla propria personalità o al proprio concetto di sè, ma permettendo alla propria personalità e al proprio concetto di sè (“self-concept“) di vivere quelle esperienze. Il risultato è un crescente livello di energie, di interesse, adattabilità, tolleranza, spontaneità, e riduzione delle rigidità.
  3. Crescente fiducia nell’organismo e fiducia in sè – aumenta la fiducia in sè e nei propri sensi e intuiti, l’abilità di scegliere i comportamenti appropriati per ciascun singolo momento, si riducono le condizioni di ansia decisionale e incertezza. Le persone che sviluppano un buon livello del proprio potenziale personale non hanno l’esigenza di affidarsi incondizionatamente a rigidi codici preesistenti e norme sociali preordinate, ma sono aperti all’esperienza e sanno che potranno fidarsi di sè stessi nel decidere cosa è giusto e sbagliato.
  4. Libertà di scelta – non essendo incatenati dalle prescrizioni che influenzano le persone incongruenti, sono in grado di compiere una grande gamma di scelte con maggiore fluidità. Sono convinti che essi stessi giocano un ruolo importante nel determinare il proprio personale comportamento e si sentono responsabili per i propri comportamenti.
  5. Creatività – il maggiore stato di libertà esistenziale produce maggiore creatività in modo spontaneo. Le persone saranno più creative nel modo in cui si adattano alle proprie personali circostanze senza sentire un bisogno di conformismo.
  6. Affidabilità e costruttività – ci si può fidare sul fatto che queste persone agiranno in modo costruttivo. Un individuo che sia aperto verso tutti i propri bisogni riuscirà a mantenere un equilibrio tra essi. Persino i bisogni aggressivi saranno accompagnati e bilanciati da bisogno di bontà intrinseca che esiste nelle persone congruenti.
  7. Una vita vissuta a pieno (“rich full life“) – Rogers descrive la vita delle persone pienamente funzionanti come moralmente ricca, piena ed eccitante, in cui la persona vive sia esperienze di gioia che di dolore, di amore e di sofferenza, di paura e di coraggio, più intensamente. Si produce in questo modo uno stato di maggiore “capacità di vivere nelle emozioni” opposto ad una “anestesia emotiva costante”. La descrizione di Rogers di “una buona vita” è lontana dalla visione di una vita statica, come osserviamo dalle sue stesse parole: Questo processo di buona vita non è, ne sono convinto, una vita per deboli di cuore. Comprende l’allargamento e la crescita nel divenire più e più aperti alle proprie potenzialità. Riguarda il coraggio di essere. Significa lanciare se stessi pienamente all’interno del “flusso della vita” (stream of life).

Da queste riflessioni derivano alcune competenze pratiche per chi si occupa di formazione, di coaching e counseling:

  • Saper costruire laboratori esperienziali
  • Saper individuare le resistenze e obiezioni latenti
  • Saper sviluppare percorsi di coaching individuali
  • Sviluppare percorsi di coaching di gruppo
  • Creare strumenti di monitoraggio dei risultati
  • Tecniche di colloquio sotto stress
  • Gestione dello stress
  • Supervisione di sessioni di coaching e counseling
  • Coaching destrutturato: abilità di ascolto e sviluppo del “flusso” di quanto accade, senza predisposizione di gabbie metodologiche
  • Strutturare percorsi di coaching e counseling tramite moduli specifici e denominabili (approccio strutturato)
  • Individuare le “scale di apprendimento” e gli step di apprendimento
  • La ricerca di un’organizzazione interiore ancora prima che esterna
  • Competenze relazionali avanzate per operare in contesti di coaching complessi e aziende o organizzazioni complesse
  • Autocontrollo in condizioni critiche

Livelli del Training Mentale per il coaching e counseling aziendale

  • Attenzione
  • Memoria
  • Concentrazione

Livello avanzato

  • Attenzione al livello fisico e agli stati fisici
  • Livello emotivo e rigenerazione emotiva
  • Livello mentale, capacità di ascolto delle mappe mentali
  • Sviluppo della pace interiore e stabilità personale
  • Sviluppo delle aspirazioni alla ricerca continua
  • Sviluppo delle capacità sensoriali e micro-sensoriali
  • Abilitazione delle capacità spirituali
  • Individuare e rimuovere le nevrosi organizzative nei contesti di gruppo
  • Capire in profondità gli scenari
  • Saper creare domande che aprono ragionamenti importanti
  • Mantenere un flusso organizzato e costante di azioni di coaching e counseling
  • Avere il coraggio di fare e farsi domande crescentemente sfidanti

[1] Carl Rogers (1961), On becoming a person: A therapist’s view of psychotherapy. Constable, London. Isbn=1-84529-057-7

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Copyright Daniele Trevisani www.studiotrevisani.it – Articolo in anteprima dal volume “Psicologia della Libertà” edizioni Mediterranee, Roma

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La creatività del consumatore: rivoluzionare la prospettiva, da consumatore passivo a protagonista di nuove soluzioni, il ruolo dei lead-users

creatività

La creatività è un processo studiato soprattutto in campo artistico, tuttavia un nuovo percorso di studi si sta affacciando sulla scena, inerente la creatività del consumatore rispetto alla capacità di trovare nuove soluzioni ai propri bisogni, o accompagnare le aziende nel processo di innovazione.

Possiamo individuare la presenza di almeno tre livelli di consumatore:

  1. consumatore passivo
  2. consumatore creativo
  3. lead-user, o consumatore proattivo

Al livello 1, il consumatore si affida completamente all’azienda o alla Grande Distribuzione per la ricerca di soluzioni. Può accettare innovazioni solo quando proposte, ma è essenzialmente incapace di andare oltre le soluzioni esistenti.

Al livello 2, il consumatore è in grado di identificare nuove soluzioni partendo da prodotti esistenti, es: costruire un “pacchetto regalo” per un familiare, mixando diversi tipi di prodotto provenienti da diverse categorie merceologiche in modo assortito, oppure ancora, inventare nuovi prodotti partendo da prodotti esistenti

Al livello 3, i lead-user o utilizzatori-guida, sono clienti anticipatori, clienti proattivi, “coloro i quali percepiscono alcuni bisogni prima di altri”, anticipano la domanda che seguirà in seguito, e riuscendo spesso a localizzare nuove soluzioni. Questi utilizzatori sono spesso in grado di sviluppare soluzioni non solo per se, ma anche per gli altri. Sono potenzialmente in grado di dare ottimi suggerimenti su come disporre le merci per quanto riguarda le proprie sfere di interessi (es, Hi-Fi, o Giardinaggio, o Vino), tuttavia questa potenzialità rimane non solo inascoltata, ma addirittura relegata a “cassette dei suggerimenti” che nessuno utilizza per proporre progetti. Sono in grado di capire come potrebbero essere variati gli assortimenti o la disposizione delle merci. Hanno inoltre un ruolo potenziale di leadership verso altri consumatori.

Per ogni azienda, localizzare i lead-user e valorizzarne le capacità significa fare “ascolto dal basso” ma anche avviare una “creatività commerciale che parte dal cliente”. Localizzare i lead-user, coinvolgerli (in sessioni personali di suggerimenti, o in focus group, magari gratificate da un bonus d’acquisto o altri sistemi di gratificazione) può essere un modo eccellente per fare innovazione facendo partecipare ai propri progetti di sviluppo i consumatori stessi.

Una nuova frontiera del marketing cooperativo sarà quindi la capacità delle direzioni aziendali di coinvolgere, ascoltare, valorizzare, la creatività dei propri soci e clienti, non lasciando questo giacimento creativo inutilizzato, o sprecato. Le modalità per farlo sono anch’esse tema di creatività,  sono una sfida, ma soprattutto un oggetto molto concreto per fare sperimentazione pratica, sul campo, di “innovazione dal basso”.

Daniele Trevisani

Per approfondimenti:

Burroughs, Moreau, and Mick, (2008), Toward a Psychology of Consumer Creativity, in Handbook of Consumer Psychology, Lawrence Erlbaum Associates, New York.

  • Il paper in oggetto, protetto da Copyright, è stato inviato al dott. Daniele Trevisani direttamente dagli autori-ricercatori statunitensi che lo hanno prodotto, e secondo gli accordi presi può essere messo a disposizione come materiale di studio unicamente ai partecipanti del gruppo Consum-Attore di Scuola Coop, nelle sessioni di lavoro programmate.