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Articolo a cura di: Cristina Turconi – Executive & Business Coach ICF | Formatrice Aziendale | Facilitatrice Lavoro di Gruppo | Master Trainer in HPM™ Human Potential Modeling | Consulente e Innovation Manager MISE 

“Se le porte della percezione fossero sgombrate, ogni cosa apparirebbe com’è, infinita”. 

William Blake

Questa la domanda che mi ha sempre frullato nella testa tutte le volte che sentivo parlare genericamente di “Training Mentale” fintanto che ne ho fatto esperienza attraverso la Programmazione Neuro-Associativa™.

Il lavoro della Programmazione Neuro-Associativa™ consiste nell’ancorare uno stato della mente di rilassamento o attivazione di emozioni positive ad uno stato esterno, un compito o task che vogliamo svolgere nello stato migliore possibile. 

Spesso durante un percorso di Coaching il cliente matura una consapevolezza che poi fatica a portare in azione, questo perché la nostra mente razionale vaglia in continuazione le nostre capacità fisiche, psicologiche, creative, culturali e professionali, così come i valori della cultura nella quale siamo inseriti, e li mette a confronto con i nostri desideri e aspirazioni, filtrando cosa sia possibile e cosa no.

Nelle esercitazioni con la Programmazione Neuro-Associativa™, la voce del Coach guida il cliente in uno stato alfagenico di completo rilassamento, portandolo a visualizzare la situazione target, a viverla a livello subconscio attenuando i filtri della mente razionale, lasciandola quindi più libera di esplorare i concetti connessi alle consapevolezze maturate nella sessione di coaching e facilitandone il viaggio verso il cambiamento desiderato.

Quello che accade è un meccanismo unico: è uno spalancarsi alla capacità di “sentire”, di percepire i singoli passi del percorso di cambiamento cogliendone le sensazioni positive; sentendone i profumi, i colori, il tatto, i suoni e le sensazioni interne che possono produrre, fino a toccare quella sorgente di consapevolezza, di libertà vera e propria che dona un senso più profondo a ogni singola azione.

Di seguito le mie annotazioni “a caldo” dopo l’esercizio:

Cosa ho sperimentato:

Sensazione di respirare liberamente. Stato di calma, imperturbabilità, assenza di turbamento interiore nel corpo. La mente come ferma, senza agitazione, non ci sono pensieri, sono solo il mio respiro. Sensazione di immersività in una dimensione che non ha dimensione. Visualizzazione molto vivida, colori accesi, precisione di alcuni dettagli. Osservo con pacatezza senza fretta. Non so se cammino o mi muovo lentamente o io sono ferma e il paesaggio intorno a me muta. Il posto è meraviglioso, quasi magico, sembra la foresta di avatar. Ci sono fiori, natura, colori, alberi, animali non presenti in natura e animali tipo lucciole. Sento il profumo dei fiori, riesco a percepirne la struttura vellutata anche se non li tocco. 

Continuo a camminare e tutto diventa sempre più bello. Toglie il fiato. 

La voce guida mi accarezza lungo tutto il percorso, come il sussurro del vento. Mi sento sicura, protetta e guidata ma è qualcosa che nasce da dentro di me, non dipende dalla voce. La voce forse è solo un eco antico di ciò che già so. È un’essenza più profonda che parla da dentro di me molto più vicina a chi sono davvero. La sacralità di questa passeggiata mi commuove. Sento il calore dentro al corpo. Sento il mio campo del cuore allargarsi e abbracciare tutta la rigogliosità e abbondanza della natura che mi circonda e mi avvolge. Non so se sia beatitudine, non riesco a dare un nome alla sensazione che provo, penso che tentare di darle un nome ne sminuirebbe l’intensità e il valore perché non si può descrivere ma solo provare. Le lacrime mi inumidiscono gli occhi. Sento un profondo grazie salirmi da dentro. Corde profonde sono toccate, e risuonano dentro di me. Non c’è più ansia, turbolenza o agitazione. Non c’è bisogno di muoversi da nessuna parte semplicemente basta vagabondare tra un fiore e l’altro e coglierne ciò che arriva gustandolo totalmente nel qui e ora. Sono qui e faccio per il piacere di fare. Non ci sono risultati da perseguire, non ci sono aspettative, è il cammino che mi chiama e si manifesta davanti a me ad ogni passo e io posso solo fare ciò che è giusto, perché voglio, perché posso farlo, perché sperimento facendo e divento sperimentando. Non c’è più un essere, un fare, un avere, c’è solo uno stare. I dettagli mi colpiscono gli occhi. Sono quasi lucenti.

C’è solo bellezza, perfezione, conoscenza e amore qui. E io mi immergo. Riesco a respirarci dentro. Non voglio uscire. E poi la voce mi dice che posso portare benessere, pace e amore nel fare coaching, nel chiamare i clienti, nello stare in aula. Mi colpisce. Non ci sono più attese o aspettative ma solo un diventare attraverso l’esprimere chi voglio essere mentre faccio quello che amo fare. È una prospettiva che non ho considerato mai prima. È un concetto che scardina. Sono richiamata ad uscire. Faccio fatica a staccarmi e a ritornare nello stato vigile. 

Riflessioni emerse:

C’è un modo diverso di vivere la mia professionalità, il mio lavoro, la mia quotidianità più orientata allo studio, alla ricerca o a un fare libero dall’ansia, dalle aspettative mie e di come gli altri vorrebbero che io fossi. Non è un vivere con pazienza ma un fare e uno stare mentalmente libero da ogni sforzo. Perché in quel fare c’è il gustare la perfezione e la possibilità di sperimentare chi sono. Solo operando da quello stato della magica foresta di Avatar mi sento a casa e posso suonare la mia musica. Li posso assaporare e gustare il senso di questo mio passaggio terreno, dove i sensi diventano solo un canale, un mezzo, un amplificatore necessario a “fare esperienza” di tutta quella bellezza e perfezione. Liberando me stessa e operando da quello stato, non posso che lasciare una buona scia.

I fattori che hanno facilitato la sperimentazione profonda in questa esercitazione sono stati:

– il rapporto di fiducia instauratosi con il Coach (Dr. Daniele Trevisani)

– un luogo accogliente e sicuro

– la posizione comoda, sdraiata con la testa rialzata e gli occhi chiusi

– la musica rilassante di sottofondo

– l’uso sapiente della voce e l’utilizzo delle pause che mi hanno permesso di visualizzare e elaborare con i miei tempi 

– il sentire il conduttore sempre presente e in sintonia durante tutta la durata della sperimentazione.

Essere riuscita a “vivere” nell’esercitazione quel flusso emotivo positivo che dona piacere alle singole azioni è stata una spinta motivazionale potente che sta facendo la differenza nel mio agire quotidiano.

Per approfondimenti vedi:

Cristina Turconi
Executive & Business Coach ICF | Formatrice Aziendale | Facilitatrice Lavoro di Gruppo | Master Trainer in HPM™ Human Potential Modeling | Consulente e Innovation Manager MISE 

Sito Cristina Turconi – Sviluppo del Potenziale Individuale, dei Team e delle Imprese
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  • Analisi
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  • Formazione
  • Formazione attiva
  • Formazione aziendale
  • Formazione aziendale attiva
  • Formazione manageriale
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  • Programmazione neuro associativa
  • Programmazione neuroassociativa
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  • Stati della mente
  • Stati di coscienza
  • Stati di coscienza alterati
  • Stato della mente
  • Stato di coscienza
  • Valori
  • Valori intangibili

© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategie di comunicazione e marketing. Un metodo in 12 punti per campagne di comunicazione persuasiva”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

Il titolo della campagna di comunicazione

il titolo della campagna di comunicazione

Il titolo del progetto è la sua icona. Deve esprimere la mission della campagna di comunicazione. Deve veicolarne il senso globale.

Deve essere comprensibile ai membri dell’organizzazione e deve veicolare esso stesso un messaggio chiaro. 

È possibile utilizzare un modello che prevede il titolo principale (sintetico) ed il sottotitolo (più descrittivo).

Esempio di titolo :

Vendita Consulenziale (titolo principale) : modificazione degli stili di vendita per l’introduzione dell’approccio centrato sul cliente (sottotitolo)

In particolare l’esempio espone il titolo di un progetto di comunicazione nel quale un’industria crea un progetto di ricerca-azione per modificare il comportamento della propria rete di vendita. 

L’obiettivo è di introdurre un nuovo modo di vendere e di comunicare maggiormente basato sull’ascolto del cliente e in generale sul “target” da attivare.

ascolto

“Comunicare” non aggiunge nulla a ciò che sia già noto a tutti.

Il titolo corretto introduce già l’intenzione di base del progetto e chiarifica la mission della campagna.

Dobbiamo immaginare ogni campagna di comunicazione come un progetto di ricerca, i cui contenuti ed obiettivi siano facilmente comprensibili già partendo dalla lettura del titolo.

Potranno essere anche adottate sigle, abbreviazioni, acronimi, ma il titolo della campagna non deve essere trascurato.

Esempio di titolo giusto :

Soci Attivi: coinvolgimento dei Soci per l’introduzione di sistemi di network marketing

In questo caso trattiamo una campagna di comunicazione che intende modificare i comportamenti dei soci di una cooperativa di consumatori, utilizzando il valore del socio come promotore e opinion leader presso la propria rete di conoscenze.

Esempio di titolo sbagliato:

Altro Consumo Socio-Consapevole

Il titolo “altro consumo socio-consapevole” è un esercizio di pavoneggiamento intellettual-chic, non chiarifica in alcun modo le intenzioni del progetto.

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

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