Non sarà mai tardi per cercare un nuovo mondo migliore,
se nell’impegno poniamo coraggio e speranza.
Lord Alfred Tennyson
Ogni persona sente il bisogno di liberarsi da qualche stato negativo e dirigersi verso stati più positivi. Pochi lo fanno.
Il Coaching, il Counseling, la Formazione, la Ricerca, si prefiggono di aiutare le persone e le imprese a fare questo salto di qualità, offrendo uno spazio di ascolto e uno spazio di focalizzazione (focusing) raro e prezioso[1].
Per farlo, bisogna andare alla ricerca degli errori che compiano, analizzarli, e trarne delle lezioni. Ogni fallimento ben esaminato può essere la porta verso una lezione che ci conduce ad un seguente successo.
È il fallimento che guida l’evoluzione; la perfezione non prevede alcun incentivo per il miglioramento.
Colson Whitehead
Oltre ai fallimenti da cui possiamo apprendere (Lessons Learned) è essenziale scoprire i nostri talenti (focusing sui talenti), i nostri punti di forza, ciò che costituisce il motore delle performance e dell’aiuto che possiamo dare alla vita degli altri.
La ricerca del nostro “Sé migliore” è una pulsione neotropica primaria dell’essere umano, ma le persone trovano sempre meno tempo per occuparsene, prese dagli affanni del vivere, impegni quotidiani, e da priorità malate come il “fatturare sempre di più” senza fermarsi a pensare “cosa è veramente per me il successo”? Sono progressi solo le “cose” e i “soldi”, o forse avere più tempo per guardare i goffi e amorevoli passettini che fa mio figlio nel tentare a camminare? È forse un abbraccio di un cliente di un corso che ti dige “grazie!
Le nostre strutture interne fanno fatica a conoscere mappe esatte del “dove siamo” e del “dove voglio dirigermi”.
Le parti oscure di noi fanno ombra, quelle parti di noi che non conosciamo, che ancora non abbiamo esplorato e sulle quali non abbiamo portato luce.
Dove “sono” io ora? Dove voglio dirigermi? Nella Neotropia si utilizzano mappe che aiutano a focalizzare queste situazioni.
Un esempio di buona mappa di partenza è la mappa degli stati esistenziali.
Se vuoi cambiare il mondo, prova prima a migliorare e a trasformare te stesso.
Dalai Lama
Figura 1 – Una delle diverse mappe della Neotropia, (ns. elaborazioni su modello base Psycholinguistic Research Italia)
Questa mappa parte da alcuni descrittori linguistici, e ci chiede di trovare il “dove siamo” all’interno di uno “spazio psicologico” formato dalla nostra percezione del “come stiamo”.
Quanto più sentiamo che una certa condizione ci appartenga, tanto più la viviamo come nostra. E non è così scontato che basti “volere” cambiare la propria posizione perché il cambiamento avvenga. Occorrono specifiche “mosse”, strategie, e aiuti. Gli aiutanti possono prendere la forma di un Coach, di un Terapeuta, di un Formatore, di un Mentore, di un libro, o persino di una Guida Spirituale o Religiosa.
L’importante è non stare troppo a lungo in una zona dello spazio psicologico che non ci appartiene, senza fare niente per cambiare.
Quello che non ti piace negli altri, miglioralo in te.
(Fabrizio Caramagna)
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I profili di competenze variano di ruolo in ruolo. Le macro-competenze riempiono di contenuti il ruolo professionale.
Per costruire un piano di sviluppo delle competenze, è necessario costruire una lista di competenze necessarie, avviare la loro valutazione e individuare delle criticità.
Per ciascun punto, viene svolta una valutazione approfondita a livello interpersonale con colloqui in profondità. Le tecniche possono inoltre comprendere l’autovalutazione, la valutazione da parte altrui, o la conduzione di veri e propri test comportamentali e di abilità per ogni area di macro competenza.
Una valutazione bassa deve far emergere immediatamente urgenza di intervenire, di training, di approfondimento.
Le possibili aree sulle quali approfondire la conoscenza sono una moltitudine, e per poter dare una priorità occorre una analisi congiunta che tenga conto del contesto in cui vive l’azienda e il mercato.
Nel caso in questione, si esemplifica il caso di un Direttore Generale che proviene dall’area della finanza, all’interno di un’azienda che affronta un processo di trasformazione da “orientamento alla produzione” ad “orientamento al marchio e al cliente”.
L’essenziale, per il coach o formatore che lo debba assistere, è costruire un piano “centrato sulla persona” e contemporaneamente “centrato sugli scenari”, capire verso quale sviluppo si dirige l’azienda, e le dinamiche del settore.
Definire il piano di sviluppo delle macro-skill è possibile solo analizzando in modo congiunto (1) i punti di forza e debolezza delle competenze attuali, e (2) il contesto nel quale le competenze devono essere spese ed utilizzate.
Nel caso evidenziato, emergono le priorità di concentrarsi innanzitutto sulle competenze di marketing e comunicazione aziendale (vettore di sviluppo 1), sulla leadership (vettore 2) e sulle sue capacità di coaching (vettore 3).
Per capire a fondo quali sono le traiettorie di cambiamento di un ruolo serve una grande dote di visione d’insieme. È inoltre indispensabile ragionare su quali sono i veri “centri di gravità” che danno spessore ad un ruolo, come questi cambiano nel tempo, e saper condurre stime sulle traiettorie future probabili.
Una delle aree più delicate di cui tenere conto è inoltre la psicologia del ruolo: quanta componente di un ruolo ha natura psicologica, quanta è invece la sua parte tecnica? E come varieranno queste in futuro?
La psicologia del ruolo è uno dei fattori più delicati in qualsiasi team che cerchi prestazioni e qualsiasi azienda, oltre che per l’individuo. Ad esempio, se una squadra di calcio vuole cambiare tattica di gioco e basarsi molto di più sugli schemi, e meno sui “colpi di genio” individuali, il ruolo psicologico di ciascuno cambia: da individualista a contributore, da lupo solitario a membro di un branco, da libero battitore a parte di un insieme. Il modo con cui si misurerà la qualità di gioco dovrà cambiare anch’esso coerentemente, non più solo ed unicamente sui “goal fatti” ma sul tipo di contributo dato alla squadra. Ogni tipo di “gioco” o “sfida” prevede una forte capacità di intervenire sulla psicologia del ruolo che ne permette il successo.
Principio 29 – Macro-competenze e metabolismo del cambiamento
Le performance vengono depotenziate o non si raggiungono quando:
il ruolo non è compreso e la psicologia del ruolo non è capita o accettata;
si sviluppano incoerenze significative tra competenza professionale individuale e il job profile (profilo di competenze della posizione professionale), in sé, o in uno o più membri del team o dell’organizzazione;
le job description (descrizione delle attività inerenti il ruolo) perdono di vista i veri tratti fondamentali o non comprendono i veri centri di gravità delle performance;
non sono chiare o vengono mal comunicate le attese dell’azienda rispetto al ruolo, le attese di risultato;
non ci si è posti il problema delle attese di se stessi rispetto al sé professionale;
le sfide che l’ambiente e il lavoro pongono sul sistema di competenze personali sono superiori alle capacità e non esiste un piano serio per la crescita,
le direzioni del cambiamento negli scenari e negli ambienti esterni sono poco analizzate, incomprese o subite passivamente, aumenta l’entropia delle competenze, si genera stress continuativo o di picco legato al cambiamento continuo;
viene posto troppa enfasi sul training inteso come “copertura di falle”, e poca sulla bildung, l’acquisizione di spessore umano e culturale proattivo e di meta-competenze.
Le performance aumentano quando:
il ruolo è esaminato, compreso e accettato non solo in superficie (interiorizzazione del ruolo);
la psicologia del ruolo trova collimazioni importanti con la psicologia della personalità individuale, si creano match buoni tra psicologia del ruolo e psicologia individuale;
i diversi job profile (profili professionali) trovano buona coerenza e distribuzione nell’organigramma o nella struttura del team;
le job description (descrizione delle attività inerenti il ruolo) comprendono i veri tratti fondamentali e i veri centri di gravità delle performance;
le attese dell’azienda o dei leader e coach, rispetto al ruolo, e le attese di risultato, sono chiare o vengono chiaramente comunicate;
esiste collimazione tra (1) attese e aspettative individuali e (2) il sé professionale;
le direzioni e traiettorie del cambiamento negli scenari e negli ambienti esterni sono analizzate, capite, non subite, viene svolto un lavoro importante non solo di adeguamento ma per trovare spazi di espressione;
viene combattuta l’entropia delle competenze, lo stress continuativo o di picco legato al cambiamento continuo;
la formazione cambia registro e affianca al training inteso come “copertura di falle”, anche e soprattutto azioni di bildung, l’acquisizione di spessore umano, saggezza, capacità culturale, capacità di ampio respiro e meta-competenze, maggiormente resistenti al cambiamento delle singole micro-competenze.
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Il cambiamento positivo viene favorito dai seguenti fattori:
Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching sulle energie fisiche(bioenergetiche).
Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching sulle energie mentali(psicoenergetica),
Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching delle micro-competenze in grado di fare la differenza (micro-skills).
Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching delle macro-competenze e macro-skills.
Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching della Progettualità e capacità di fissare obiettivi da concretizzare.
Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching della Spiritualità, evoluzione della missione e visione, dei valori e del Life Purpose (scopo di vita).
Corretta integrazione tra i vari livelli di intervento sulle varie celle, con una regia olistica del timing e del processo di formazione e di Deep Coaching.
Per ciascuna variabile, localizzazione e pulizia del quadro di analisi da letture e diagnosi errate della situazione attuale (False X), da falsi obiettivi o obiettivi distorti (False Y), e da strumenti sbagliati per raggiungere lo scopo (False Z).
La visualizzazione grafica di questo lavoro di integrazione è presentata nel modello seguente:
Rappresentazione schematica del modello di Deep Coaching™ con False X (letture sbagliate della situazione), False Y (identificazione di obiettivi sbagliati o distorti) e False Z (strumenti che deviano dal percorso anziché centrarlo).
I Catalizzatori Formativi
Nel metodo HPM, il formatore/consulente o coach non deve mai dare per scontato che per ottenere cambiamento su una leva sia sufficiente toccare quella singola leva. In sostanza:
per agire sui Saperi non è sufficiente lavorare sui Saperi;
per agire sul Saper Fare non è sufficiente lavorare sul Saper Fare;
per agire sul Saper Essere non è sufficiente lavorare sul Saper Essere.
Lo spirito di riuscita è parte del Metodo HPM così come lo spirito di rinuncia non ne fa parte ed anzi è qualcosa da cui stare alla larga.
Non rinunciare a provare a fare ciò che vuoi veramente fare. Dove c’è amore e ispirazione, non credo che si possa sbagliare.
(Ella Fitzgerald)
Per tentare nuove strade della vita e progetti in cui riversare amore e ispirazione dobbiamo mettere in sinergia diversi campi di forze e diverse “sostanze”.
Nel campo della chimica è noto il fenomeno per cui due sostanze, semplicemente mescolate tra di loro, possono non legarsi affatto e rimanere divise. Se prendi delle palline di ferro e le metti in un bicchiere il ferro non si scioglierà nell’acqua, ma rimarrà sotto forma di palline. Se versi una pastiglia di aspirina nel bicchiere invece questa si scioglierà e avrai ottenuto un liquido diverso dalla semplice acqua.
Perché le strutture delle diverse molecole si leghino tra di loro profondamente è necessaria la presenza di un catalizzatore. La Catalisi è quindi il fenomeno per cui alcune reazioni chimiche vengono accelerate (catalisi positiva) o ritardate (catalisi negativa) dalla presenza di alcune sostanze, i catalizzatori.
Lo stesso accade nella formazione e nel cambiamento. Se prendiamo la “sostanza umana”, l’essere umano, e vi aggiungiamo nuovi concetti per “mere exposure” (semplice esposizione), il soggetto non li farà mai veramente propri. La nostra esperienza ci porta alla consapevolezza della necessità di utilizzare i catalizzatori positivi (es. l’azione concreta in cui sia necessario utilizzare veramente i nuovi concetti), così come di rimuovere i catalizzatori negativi dal processo formativo.
L’apertura al cambiamento è spesso confusa con l’intenzione di “acquistare” o “comprare” il cambiamento. Ad esempio, un manager può sperare di aumentare la produttività del suo reparto acquistando un nuovo software, senza rendersi minimamente conto del fatto che la produttività sia bloccata da qualche suo errore di leadership, di people management, o di comunicazione interna, o da cattiva organizzazione.
L’apertura al cambiamento è da intendersi come accettazione della necessità di osservarsi interiormente, di scoprire i propri punti di forza e debolezza.
Il pensiero “tutti sbagliano, tranne me”, lo stereotipo “io sono praticamente perfetto” mettono in crisi qualsiasi introspezione.
In “Regie di Cambiamento” (Trevisani, 2007) ho potuto evidenziare che il cambiamento contiene tre specifiche zone di lavoro o “operazioni”:
Zona 1: rimuovere, abbandonare, disapprendere, lasciare, disfarsi di…
Zona 2: consolidare, mantenere, aggrapparsi a, rafforzare, ancorarsi a…
Zona 3: acquisire, imparare, apprendere, assimilare, far entrare…
Il lavoro mentale di focusing (identificare, localizzare, far luce, diradare la nebbia, far emergere) consiste nella ricerca di quali siano i contenuti delle tre aree. Senza un focusing adeguato, un’azione che intende produrre cambiamento può diventare persino controproducente o avere effetti opposti a quelli desiderati, come un pugno sferrato nel buio può rischiare di colpire un amico.
Guardarsi dentro, chiedersi cosa sarebbe bene disapprendere, e cosa sarebbe bene disimparare, richiede coraggio, un vero coraggio, superiore a quello necessario per lanciarsi da un paracadute.
Il coraggio di guardarsi dentro consiste nel mettere in discussione la propria presunzione di perfezione, ricercare i prototipi di pensiero disfunzionali che ci circolano dentro, le modalità di ragionare improduttive o dannose per sé e per gli altri. Localizzare bene cosa non va è più difficile rispetto a risolverlo.
Figura 4 – Il cambiamento e le zone del di cambiamento
La cattiva localizzazione genera dispersione di energie. Molto spesso siamo nella condizione di “confusione sul vero target di cambiamento”, come se un pompiere gettasse acqua sul lato opposto in cui si trova il fuoco, e non riuscisse a capire dove il getto d’acqua va diretto.
Serve una forte capacità di capire dove è bene lavorare e migliorare. Il contrario produce un “assediarsi entro uno schema” che il più delle volte significa bloccarsi, non evolvere.
Il coraggio riguarda anche il comportamento del coach che intenda utilizzare un approccio analitico per andare sino in fondo, e:
analizzare cosa il soggetto (persona o sistema) deve disapprendere, abbandonare, eliminare dal proprio modo di essere, di agire o pensare; valutare le difficoltà sottostanti nel farlo, gli ancoraggi che rendono il cambiamento difficile, le pulsioni profonde;
analizzare e rafforzare gli ancoraggi di identità, di comportamento e di atteggiamento, sui quali si costruisce la propria solidità interiore;
valutare i bisogni di apprendimento, sia come conoscenza da immettere, che come comportamenti o atteggiamenti da far entrare per produrre sviluppo positivo.
Tutte le volte che una persona rifiuta di mettersi in discussione, blocca la curiosità per la ricerca, pratica arroganza e senso di superiorità immotivati, mette in moto meccanismi che ostacolano la sua crescita.
Principio 13 – Relazione tra energie mentali e analisi interiore
Le energie mentali diminuiscono o si esauriscono quando:
non viene svolta un’analisi corretta rispetto a (1) ciò che sia bene disapprendere, lasciar andare, ripulirsi da…, (2) quali ancoraggi mantenere, e (3) quali apprendimenti sono necessari, sia in termini di concetti che di atteggiamenti;
l’individuo non accetta di mettere in discussione le proprie abitudini e prassi;
l’individuo si concentra sui rischi del cambiamento e non sui possibili vantaggi;
l’individuo non cerca aree per la propria crescita personale;
l’individuo non accetta di analizzare in modo critico i propri modi di pensare, di ragionare, i prototipi cognitivi e credenze che usa, le distorsioni e incongruenze, e le implicazioni negative che ne derivano per sé e per gli altri;
l’analisi interiore viene considerata di scarso valore o poco senso pratico, con una forte deriva materialistica.
Le energie mentali aumentano quando:
le proprie abitudini e prassi vengono sottoposte ad analisi periodica, al fine di suscitare analisi e cambiamento migliorativo;
viene esercitato il cambiamento verso fini positivi, la rottura della stasi, come condizione non pericolosa e vantaggiosa;
vengono svolte analisi per scoprire le proprie dissonanze e incongruenze, con supporto professionale, al fine di migliorare il grado di integrazione tra i diversi elementi psichici e comportamentali;
vengono localizzati ed analizzati: 1) i bisogni di rimozione (disapprendimento, pulizia), 2) di apprendimento, e 3) gli ancoraggi di identità cui non si intende rinunciare.
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La presenza mentale per l’aumento delle performance
A volte per ottenere il meglio da se stessi è necessario staccare.
Il professionista Martinez così racconta la sua preparazione:
A luglio 2005, l’atleta trentenne ha lasciato l’isola frenetica e soffocata dal traffico di Manhattan per trasferirsi temporaneamente nel distretto di South Street di Philadelphia. Nella sua nuova città, si è buttato anima e corpo nella preparazione per l’Olympia, camminando per le strade di Philadelphia come un novello Rocky intento a prepararsi per il match decisivo della sua carriera agonistica.
“Le mie giornate – spiega – erano dedicate soltanto all’allenamento e alla preparazione. Niente attività extracurricolari”[1].
[1] Berg, M. (2006), La svolta di Victor, Flex, n. 4, pp. 70-79. Rif., p. 75.
Rompere con l’ambiente circostante di sempre, cambiando il frame spazio-temporale abitudinario, è una tecnica usata nello sport e nell’impresa, quando si vuole ottenere massima dedizione e concentrazione. La tecnica del cambiare città temporaneamente o del cambiare stile di vita, o del cambiare palestra, o luogo di lavoro, o del “ritiro”, è una pratica vincente per molti professionisti sportivi e team, ma anche di artisti e pensatori che cercano di ottenere uno stacco totale dallo stile di vita o da aspetti particolari dell’ambiente precedente (fisico e sociale), per trovare nuova linfa e concentrazione.
Ciò che rimane nel non detto, è da cosa esattamente si stia sfuggendo. Spesso si tratta di una coltre di nebbia mentale, di uno smog psicologico non ben definito, di abitudini o climi psicologici che è persino difficile identificare. Quello che conta è che la tecnica del ritiro e/o del cambiamento di ambiente funzioni, e che possa essere utilizzata per ottenere nuova linfa vitale e nuova concentrazione rompendo con gli schemi precedenti.
La concentrazione, lo stacco dagli schemi abitudinari della vita quotidiana, la separazione mentale delle attività, sono forti strumenti per la ricarica delle energie psicologiche. Nel caso precedente abbiamo visto l’esempio di uno stacco estremo, cambiare città, ma in molti altri casi lo stacco può essere ottenuto anche durante la giornata.
Vediamo questa testimonianza in ambito sportivo, su come nelle arti marziali (quando condotte da maestri preparati, non da dilettanti) si vada alla ricerca di quella condizione interiore che permette al partecipante di “cambiare registro” ed entrare in una dimensione più profonda:
Spesso la meditazione ha luogo alla fine e all’inizio delle lezioni. Tuttavia il fatto stesso di arrivare al Dojo, di liberarsi degli indumenti quotidiani per indossare il nostro Gi, Dobok o quello che è, metterci la nostra cintura, è in se un atto di preparazione per adattare la nostra mente all’altro spazio-tempo che compone la nostra pratica nel Do-jo (il posto del risveglio).
La meditazione ed i saluti iniziali sono un passo in più nel già citato processo. Persino nella loro pratica esclusivamente formale tali cerimonie facilitano il transito dalla stressante quotidianità, fino ad un atteggiamento diverso, dove i valori, i tempi e persino la misura del nostro sforzo sono molto differenti. Qui il denaro non comanda, comanda il Maestro; il nostro tempo non ci appartiene, è gestito dal Maestro e dalla dinamica del gruppo; il corpo, spesso trascurato nel nostro quotidiano, acquisisce ora un protagonismo distinto, diventa presente e richiama la mente e le emozioni a condividere lo sforzo. Uno sforzo che non si realizza per ottenere denaro, oggetti o sesso, uno sforzo che ci porterà un unico regalo, l’autosuperamento[1].
Se esiste una capacità dimenticata oggi in azienda è la presenza mentale, la concentrazione strategica.
[1] Tucci, A. (2005), Concentrazione e meditazione nelle arti marziali, Budo International, settembre, p. 62.
Principio 10 – Energie mentali, presenza mentale e mono-tasking
Le energie mentali diminuiscono o si esauriscono quando:
le risorse attentive non sono pienamente presenti e concentrate;
l’individuo utilizza le proprie energie attentive (cognitive) ed emotive su più fronti contemporanei (multitasking);
l’individuo sottostima il grado di difficoltà insito nel compiere bene un’azione o affrontare un problema;
l’individuo non riesce ad isolare le attività prioritarie, o a rinunciare alla dedizione verso tempi estranei al goal, durante il tentativo di perseguire il goal stesso;
viene utilizzato uno stile di pensiero errato rispetto al compito.
Le energie mentali aumentano quando:
vengono allenate le capacità di concentrazione e presenza mentale;
vengono praticate attività atte a favorire la lucidità mentale (rilassamento, meditazione, tecniche di training mentale condotte da professionisti);
l’individuo concentra le attenzioni ed energie su un problema o progetto, evitando la dispersione (rimozione del multitasking);
l’individuo apprende a svolgere stime corrette rispetto al dispendio di energie mentali di attenzione e concentrazione necessarie, senza sopravvalutarle (ingigantimento della sfida) o sottovalutarle (sottostima);
l’individuo apprende a compiere azioni sfidanti con maggiore efficienza mentale, utilizzando stili di pensiero (stili cognitivi) postivi e risolutivi.
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Il metodo HPM deriva la propria sigla dal suo obiettivo primario, il Modeling, o “dare forma”, generare impulso, contributo e stimolo alla crescita della persona, dei team e delle organizzazioni.
Il metodo ha due distinte sfere di applicazione, tra di loro collegate:
crescita del potenziale umano: Human Potential Modeling, e
sviluppo delle prestazioni: Human Performance Modeling.
Il metodo contiene una concezione dell’uomo come articolazione di energie fisiche e mentali, micro e macro-competenze, progettualità e aspirazioni.
Il metodo individua sei specifiche “celle di lavoro”, sulle quali ciascuno di noi, indipendente dalla sua condizione di partenza, può fare progressi, piccoli o grandi che siano. E, per ogni piccola conquista, si aprono nuovi orizzonti che ci invitano ad andare avanti, in una continua esplorazione di ciò che significa progredire, nel suo senso più profondo.
“Entrare” in queste sei celle ci permette di costruire progetti di crescita seri ed efficaci, siano essi la “liberazione” da ciò che ci frena, o l’aumento delle nostre risorse personali.
L’amplificazione delle energie e abilità di un individuo o di un intero gruppo o impresa, può proiettarci verso nuovi traguardi, e nuovi modi di essere. Prendere piena coscienza dei propri potenziali e lottare per raggiungerli è un’operazione che ha una propria sacralità, al di la del risultato numerico o professionale che ne può derivare.
Capire questo è essenziale oggi per fare del training aziendale serio, essere ricercatori o insegnanti degni di questo nome, ma anche nel coaching, nel focusing (focalizzazione dei fabbisogni di sviluppo), nella consulenza, nei progetti di crescita personale, quando si esamina una persona o un’organizzazione, intesa come complesso di energie circolanti, il suo lato umano, il suo spirito vitale.
Il metodo HPM raggruppa tutti i fattori evidenziati in un modello piramidale (energie fisiche e mentali, micro e macro-competenze, progettualità e aspirazioni) e li considera aspetti allenabili, aumentabili, su cui si può agire.
A questo modello quindi ci apprestiamo a lavorare.
Ne esponiamo di seguito un’anteprima grafica, nella quale si evidenziano le sei specifiche aree di lavoro, ciascuna delle quali viene approfondita, ma sicuramente non esaurita.
Esaurire ogni singola area sarebbe una pretesa troppo grande, mentre aprirvi una discussione e offrire su ciascuna contributi, strumenti utili e operativi, è invece già possibile.
Potenziale umano e prestazioni umane sono due aree di studio diverse ma strettamente collegate, così come lo sono le fondamenta di un edificio e i suoi piani superiori.
Nessuno costruirebbe, con un minimo di buon senso, un grattacielo su fondamenta instabili. Il lavoro sul potenziale è, come metafora, simile al lavoro di costruzione di fondamenta solide, mentre le performance ci restituiscono un senso di altezza, di quanto in alto possiamo spingerci.
Ognuno di noi sente il bisogno, prima o poi, di sviluppare il suo potenziale, ma anche di accedere a piani esistenziali superiori, ricercare, crescere.
Possiamo soffocare questa pulsione umana naturale, ma è come cercare di non respirare, prima o poi il bisogno viene fuori, ed è bene ascoltarlo.
Il modello HPM analizza l’essere umano come sistema energetico, una sinergia di forze (fisiche e mentali), la cui amplificazione può aumentare il grado di felicità, successo e potenzialità realizzativa.
Questo sistema complesso è composto da sottosistemi, che possono disporre di uno stato di carica variabile, e funzionare bene o male, con gradazioni intermedie di efficienza ed efficacia.
Per analizzare il potenziale globale della persona, non solo sul piano fisico o intellettuale, ma come essere umano nel suo complesso, abbiamo bisogno di localizzare quali sono i micro e macro-distretti su cui si può agire e come questi interagiscono tra di loro.
Dobbiamo anche saper muovere lo zoom di analisi dal micro al macro, dal particolare al generale, e viceversa.
Esponiamo di seguito una breve sintesi di quali sono i contenuti principali delle sei “celle” di lavoro:
il substrato psicoenergetico e le energie mentali: riguarda le energie psicologiche, le forze motivazionali, lo stato di forma mentale necessario per affrontare sfide, progetti, traguardi (goal) e obiettivi. Si prefigge di analizzare ed intervenire sulle capacità mentali, come concentrazione, lucidità tattica, abilità strategiche, capacità di percezione, utilizzo della memoria, amplificazione sensoriale, sino alle capacità di vivere le passioni, rivedere il nostro modo di essere, riprendere in mano il proprio ruolo nella vita con maggiore assertività, ripensarsi, creare motivazione in sè e nel team, sviluppare coraggio e perseveranza, utilizzare uno stile di pensiero produttivo e positivo;
il substrato bioenergetico e le energie fisiche: inquadra la parte biologica dell’essere umano: il corpo e le energie fisiche, lo stato di forma organismico e biologico che sorregge le energie individuali; comprende l’analisi delle energie corporee e il funzionamento dell’organismo, come esso possa essere riparato o “potenziato”, gli effetti dello stile di vita e l’approccio olistico al corpo, l’attenzione alle economie locali (di specifici distretti fisici) e alle energie generali;
le micro-competenze: i micro-dettagli che danno spessore al potenziale, le micro-abilità psicologiche e psicomotorie che fanno la differenza in una prestazione manageriale o sportiva, le micro abilità-cognitive (di ragionamento), che creano differenza tra un’esecuzione mediocre, media o invece eccellente, le micro-abilità relazionali e comunicazionali da cui dipende un lavoro di qualità;
le macro-competenze personali e professionali: i grandi strumenti (competenze, skills, capacità) che compongono il profilo di un ruolo; le traiettorie di cambiamento che subisce lo scenario che ci circonda, come rimanerne coscienti e in pieno controllo; la gamma delle abilità o portfolio di competenze di un individuo o di un team, e come questo deve essere rivisitato, riqualificato, formato, per essere all’altezza degli obiettivi che ognuno di noi si pone e delle sfide che vuole cogliere;
goal e progettualità: la strutturazione dello sforzo per qualcosa o contro qualcosa di concreto (un ideale trasformato in progetto); la capacità di sviluppare un obiettivo in azione, il focus di applicazione delle energie e competenze, la loro traduzione in specifici piani operativi e risultati attesi;
visione, principi e valori, missione: ideali, principi morali, sogni, aspirazioni, i motori profondi che dirigono le priorità personali, gli ancoraggi di senso e significato che connettono i progetti ad un piano più profondo, le scelte personali, il senso di missione. Riguarda inoltre lo sfondo primordiale di desideri e pulsioni che spingono il nostro fare ed agire, il senso di causa e – non ultimo – il nostro vissuto spirituale ed esistenziale.
Ognuno di questi stati o “celle” può avere un certo livello di “carica”, trovarsi “pieno”, “abbondante”, ben coltivato, ben esercitato, o essere invece “scarico”, deprivato, depotenziato, impoverito, o persino trascurato e maltrattato, denutrito, abbandonato.
Al crescere della carica nei diversi sistemi aumenta l’energia complessiva della persona, dei team, e delle organizzazioni da loro composte, con effetti molto tangibili: risultati, prestazioni, capacità di decidere, di incidere e produrre cambiamento positivo. Questi risultati dipendono dallo stato dei diversi sistemi, dalla capacità di coltivarli e nutrirli.
La loro condizione locale e l’interazione tra le diverse “celle” può produrre il massimo del potenziale o presentare sinergie negative, o danni e malfunzionamenti che impediscono all’essere umano di esprimersi.
Le risorse personali e il potenziale individuale possono essere “lette” ma soprattutto amplificate attraverso un lavoro serio sulle sei aree.
Sul piano manageriale e sportivo, nei team e nelle aziende, le implicazioni sono altrettanto evidenti: lo stato di forma mentale e fisico delle persone, la loro carica motivazionale, le loro competenze, la loro progettualità, il loro spessore morale, fanno la differenza tra persone o team spenti, e persone, team o organizzazioni capaci, forti, motivate, piene di energia ed entusiasmo, desiderose di affrontare sfide e dare contributi veri.
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L’anima libera è rara, ma quando la vedi la riconosci: soprattutto perché provi un senso di benessere, quando gli sei vicino.
Charles Bukovski
La crescita personale assomiglia ad un viaggio compiuto per ritrovarsi, o per scoprire chi siamo davvero, o cosa potremmo essere. Questo vale anche per la crescita professionale. Alla base di tutto vi è la volontà di accedere a nuovi livelli di vita, o a nuovi livelli professionali, e persino a nuovi stati emotivi. Per farlo con successo, tuttavia, serve un modello che ci guidi.
Il modello Deep Coaching, derivazione del Modello HPM (Human Potential Modeling) sviluppato per la crescita del potenziale umano, ha proprio questo scopo.
In particolare, un metodo di crescita personale o professionale deve rispondere ad alcune domande di base:
quali fattori primari prendere in considerazione per liberare il potenziale e di conseguenza le performance?
come si può attivare una buona formazione esperienziale e un coaching in profondità (Deep Coaching) per stimolare la crescita delle energie personali, delle competenze, della progettualità, sino ai valori e alla spiritualità?
Al centro di tutto questo ragionamento c’è la convinzione profonda che umano possa prendere in mano larga parte delle redini del suo destino. Per farlo, occorre fare alcuni cambiamenti radicali, proposti nel Metodo HPM (Human Potential Modeling), che qui trattiamo. Dobbiamo imparare a fare cose che non facevamo prima, come il lavoro bioenergetico sul corpo, il training mentale, e tante altre aree previste nel metodo, e farle diventare abitudini sane e positive per la nostra crescita personale.
Sembra sempre impossibile, finché non viene fatto.
Nelson Mandela
Se fai tuo questo pensiero, scoprirai che puoi avventurarti in nuove strade della vita, crescere, migliorare e cambiare il tuo modo di pensare, il tuo corpo, il tuo stato mentale e la tua comunicazione e i rapporti con gli altri. Puoi arricchire emotivamente la tua vita. Puoi aiutare gli altri a migliorare a loro volta. Puoi lasciare un segno del tuo passaggio. Puoi dare un contributo alla Civiltà Umana.
Il metodo si interessa sia di chi opera nelle performance di élite (testato in 30 anni di lavoro sul campo nel top management, sport agonistici, ma anche progetti aziendali di alta rilevanza strategica) che della vita quotidiana, e delle azioni di tutti i giorni.
È convinzione diffusa che le performance siano sforzi destinati ad un fine. Vero, ma proviamo per un attimo ad invertire il punto di vista, ed osservare le performance umane come un “termometro”, un indicatore del grado di libertà e di auto-espressione raggiunto.
Questo ci permette di trovare un fine molto più nobile che non siano prestazioni aride e fini a sé stesse: l’elevazione verso livelli di energie, competenze e cause superiori, sia in senso materiale che spirituale.
Il tema dominante di tutto il nostro pensiero va ricentrato, e presto.
Dobbiamo spostarlo dal baratro di banalità in cui il pensiero comune, la televisione, i media commerciali, le letture stupide, e la cultura mediana cercano continuamente di spingerci per non farci pensare.
Dobbiamo cambiare i parametri che usiamo per valutare noi stessi e gli altri. Il conto corrente o la bellezza esteriore sono solo indicatori apparenti, e spesso fuorvianti, di chi sia veramente una persona e di quale sia il suo vero valore.
Dobbiamo liberarci dal cancro mentale che tu sia solo Genetica e tu non abbia alcuna possibilità di influire su ciò che sei, a cosa guardi, verso dove sei diretto, e quindi sul tuo futuro. Dobbiamo iniziare a praticare concretamente la crescita personale e non solo a desiderarla.
Qualunque cosa tu possa fare, qualunque sogno tu possa sognare, comincia. L’audacia reca in sé genialità, magia e forza. Comincia ora.
Johan Wolfgang von Goethe
La tua dote genetica può aver deciso la tua altezza, ma sono nelle tue mani il tuo potenziamento muscolare, la tua flessibilità articolare, o il tuo peso, e persino la tua rapidità di ragionamento, o la liberazione dall’ansia mentale e dallo stress inutile, o da un’immagine di sé improduttiva e dannosa. Sono tutti fattori allenabili e lavorabili con un buon programma di coaching e di training, fatti in profondità.
Nel Deep Coaching dobbiamo mettere al centro la sacralità dell’essere umano e il forte bisogno di non sprecare nemmeno una vita, nemmeno un giorno, nemmeno un minuto, in qualcosa che non sia legato ad una visione positiva, di emancipazione e di crescita.
E, per crescere o reindirizzare il pensiero, le buone intenzioni non sono sufficienti. Serve un metodo che aiuti a canalizzare questo sforzo positivo.
Qualsiasi sia la tua età o condizione, non è mai troppo tardi per iniziare o intensificare un lavoro su te stesso orientato alla tua crescita personale o professionale.
Non si è mai troppo vecchi per fissare un nuovo obiettivo o per sognare un nuovo sogno.
C.S. Lewis
Le sei aree primarie del metodo HPM sono divise in tre macro-categorie: energie, competenze, direzionalità, e queste tre categorie a loro volta sono divise in due aree: soft e hard. Questo dà vita a sei celle di lavoro, sei aree di attività sulla crescita personale che valgono sia per le prestazioni fisiche che per quelle mentali o intellettuali. Ed inoltre, si prestano ad un’analisi delle performance sia individuali che di gruppo.
Vorrei esprimere un concentrato di senso in una frase su cui discutere:
Le performance sono un grande banco di prova per la condizione umana… ci parlano dell’istinto umano a crescere, esplorare nuovi orizzonti, ricercare… capire chi sei… e cosa puoi arrivare a fare.
Daniele Trevisani
Ogni gara o competizione mette in moto i principi delle performance, ogni sfida aziendale, sportiva, o personale, ogni progetto, ci costringe a fare i conti con il nostro stato di preparazione e le nostre energie. Ogni volta che sentiamo la volontà di cambiare e migliorarci, la chiamata verso una vita diversa si fa strada in noi e dobbiamo imparare ad ascoltarla e non a silenziarla. Mai.
Le buone intenzioni valgono poco se non diventano un progetto. E francamente, non è decisivo che un progetto abbia successo o fallisca, perché anche da ogni fallimento possiamo imparare. Possiamo evolvere solo se proviamo e ci avventuriamo in strade nuove.
Sbagli il 100% dei colpi che non spari.
Wayne Gretzky
Il viaggio verso la crescita delle energie umane, fisiche e mentali, è un percorso di esplorazione che deve diventare progetto, un progetto di Deep Coaching.
Ognuno può progredire partendo da qualsiasi stato o condizione.
Una persona depressa o ansiosa può iniziare a vedere una luce, e questo è già progresso, tanto quanto il miglioramento di un record mondiale in qualsiasi sport e disciplina.
Una persona immatura può maturare… chi si sente inadeguato in un lavoro può cambiare, ri-orientarsi, formarsi.
Un’impresa in crisi può generare nuove idee o trovare nuove strade, così come un’impresa vincente può fare da traino a tante startup e diventare fonte di utilità sociale per tutti.
Qualsiasi sia la condizione di partenza, occorre credere in sé stessi, nella possibilità di crescere, di migliorare, di fare dei salti in avanti.
Il progresso personale e professionale avviene solo se ci lavoriamo sopra concretamente. Il miracolo della vita è talmente grande che va celebrato e non sprecato, e come sottolinea Einstein:
Ci sono solo due modi di vivere la propria vita: uno come se niente fosse un miracolo; l’altro come se tutto fosse un miracolo.
Albert Einstein (citato in Michael J. Gelb, Il Genio che c’è in te)
Ogni volta che alleni il tuo corpo o la tua mente, rendi omaggio al miracolo della vita che ha reso possibile che in quel giorno tu ti sia potuto allenare e formare, mentre altri più sfortunati, non possono.
Ogni giorno che incontri un pensiero buono, ringrazia per l’incontro e fallo tuo.
Analisi dei costi / benefici intangibili di comunicazione
La activation research qualitativa strutturata nel metodo ALM, si occupa di:
valutare quanto tempo il management dedica alle attività di comunicazione (costi manageriali) e con che risultati;
valutare quanto tempo il management dedica a singole iniziative di comunicazione e con che risultati, per identificare dissonanze in termini di efficienza ed efficacia gestionale;
scoprire aree di interesse comunicativo che non ottengono sufficiente attenzione da parte del management;
scoprire progetti di comunicazione che assorbono tempo manageriale e costo/tempo strutturale (il tempo e le risorse dell’azienda) superiore ai ritorni pratici.
Sono numerosi i casi in cui l’intero management o manager chiave si “innamorano” di progetti aziendali che non hanno però riscontri, e finiscono per assorbire completamente il tempo manageriale, oppure ancora ne assorbono troppo rispetto ai risultati che producono. Questa analisi permette di affrontare il fenomeno con metodo e rigore scientifico.
È limitativo ed errato misurare l’efficacia della comunicazione solo in termini di vendite generate nel brevissimo periodo. Prima che accadano comportamenti di acquisto devono prodursi – nella mente del cliente – altri avvenimenti psicologici che costituiscono il presupposto del successo comunicativo.
Dobbiamo quindi :
misurare con rigore anche il raggiungimento di questi pre-obiettivi
creare le condizioni affinché gli obiettivi di vendita possano essere raggiunti.
L’investimento comunicativo è efficace quando accresce il grado di conoscenza del marchio o del prodotto (risultato importante), o quando modifica l’atteggiamento verso l’impresa (altro risultato importante), senza che nel giorno stesso si debbano produrre risultati di vendita istantanei.
I risultati devono certo accadere, ma non dobbiamo incorrere nell’errore di misurarli nel momento sbagliato, e tralasciare altri risultati essenziali.
Con una metafora agreste, stiamo seminando il terreno, stiamo irrigando il raccolto, stiamo togliendo le erbacce, o stiamo raccogliendo i frutti già maturi?
La comunicazione che ricerca i frutti già maturi (i clienti pronti all’acquisto) ma non si preoccupa di creare le condizioni (dissodare il terreno, coltivarlo, irrigarlo, ripulirlo) otterrà ben poco dal mercato.
La cultura della comunicazione aziendale deve occuparsi di tutti i diversi livelli: dal creare le condizioni per la vendita, al coltivare le condizioni di vendita tramite comunicazione relazionale, al raccogliere i risultati tramite comunicazioni orientate alla “chiusura negoziale”.
L’approccio coltivativo richiede l’utilizzo di più canali, anche diversi (dal telemarketing sino alle forme antiche come la pubblicità postale o i volantini, per concludersi con la negoziazione B2B, e ogni altro canale opportuno, attuale e futuro), senza preclusioni di sorta. Un ingrediente importante del successo è la cura dei propri strumenti di coltivazione del cliente.
Quando l’agricoltore semina con cura, andrà a raccogliere con altrettanta cura, e quindi farà manutenzione alle macchine per la raccolta. Se il manager non fa manutenzione tramite formazione alle risorse umane (venditori e comunicatori front-line) che andranno a raccogliere i frutti della comunicazione, otterrà una raccolta estremamente inefficiente. E in più avrà sprecato le risorse precedenti.
Ecco quindi che aree diverse, dalla comunicazione alla formazione, si fondono per giungere al risultato aziendale di vendita che rappresenta l’obiettivo finale, con la consapevolezza che dobbiamo creare le condizioni per essere persuasivi ancora prima di essere giunti sul luogo di vendita.
Coltivazione comunicativa
Per spiegare meglio il concetto di coltivazione comunicativa, ricorriamo ad un modello estremamente basilare degli effetti comunicativi, il modello A.I.D.A. (Attenzione – Interesse – Desiderio – Azione).
Il modello A.I.D.A. espone un fenomeno semplice: prima di ottenere azione (esempio, un acquisto), deve nascere un desiderio d’acquisto, una pulsione.
Affinché nasca una pulsione, il cliente deve provare interesse verso il prodotto/servizio, deve percepirvi valore. Ma perché il cliente percepisca valore, è necessario che egli sia esposto ad uno o più messaggi da cui ricevere ed elaborare dati e informazioni.
Senza questo passaggio minimo la catena di eventi non avrebbe luogo e nessun effetto si produrrebbe.
Questo modello semplice è utile per divulgare un concetto:
se una campagna di comunicazione crea attenzione, questo è un primo risultato,
se crea interesse è un ulteriore risultato,
se si crea desiderio, questo è un risultato.
Il comportamento, l’azione, non avvengono se prima non otteniamo le condizioni basilari e minime affinché esso si manifesti.
Ogni passo in avanti nella sequenza persuasiva è un risultato importante, poiché la persuasione non accade “per magia” ma grazie ad una serie di azioni comunicative di qualità.
Ecco quindi che la activation research deve occuparsi anche di quanto una campagna di comunicazione accresce la conoscenza del marchio, quanto modifica o accresce la percezione di immagine aziendale o di un gruppo sociale, l’atteggiamento verso il prodotto, quanto incide inoltre sulla sensibilizzazione del cliente e sull’apertura di nuovi budget mentali, cioè di tutti i precursori dell’atto di acquisto.
La comunicazione come processo difficilmente ottiene tutti i risultati con un solo messaggio. Solo una continuità nella comunicazione, una “coltivazione del cliente”, permette di ottenere risultati certi.
È necessario analizzare:
la Frame-Activation: i risultati prodotti sa un singolo frame comunicativo, o singolo evento/iniziativa;
la Total-Activation: i risultati prodotti dall’intera catena di frames comunicativi.
Nel metodo ALM, l’Activation Research Coltivazionale (A.R.C.) si occupa di capire quali sequenze di eventi comunicativi ottimizzano il risultato finale.
È necessario divenire consapevoli che ogni media possiede peculiarità diverse, e ad un media o modalità di comunicazione non dobbiamo chiedere ciò che non sa fare.
Non pretendiamo da una pubblicità postale che esso produca l’effetto finale (conclusione della trattativa) per un prodotto ad alto valore: non lo farà. Per ogni media esistono obiettivi specifici: non commettiamo l’errore di mandare un’email a negoziare per noi, a concludere una vendita difficile, non ne sarà in grado. Chiediamo ad ogni media ciò che il media può dare.
Chi misura unicamente le azioni di breve periodo (risultati immediati) compie un grave errore, così come chi misura unicamente le variazioni psicologiche senza preoccuparsi dei risultati tangibili.
Risultati intangibili della comunicazione si manifestano chiaramente quando essa riesce ad eliminare condizioni di scarsa credibilità che impedirebbero acquisti dai clienti.
Poniamo il caso di una società di consulenza che non abbia un sito web. La sola assenza del sito produce un danno d’immagine, molti clienti potenziali la scarterebbero a priori. È quindi sbagliato chiedersi solo “quanti clienti nuovi ha generato un investimento sul web” senza chiedersi “quanti clienti mi ha permesso di non perdere”. Se la presenza del sito ha permesso di condurre una trattativa con maggiore sicurezza, questo effetto di comunicazione deve essere considerato tra i benefici produttivi di “condizioni positive di vendita”.
I mercati nel contesto competitivo odierno premiano solo chi si adopera con costanza, intelligenza, e impiega le proprie risorse investendo in un mix adeguato di formazione e comunicazione.
Sono finiti i tempi in cui bastava lanciare un prodotto per ottenere vendite e profitti. Chi semina oggi un campo non arato, non irrigato, non concimato, sta sprecando semi. L’approccio alla coltivazione del cliente rende attuale un antico modo di essere: essere seri, essere affidabili, essere credibili. E farlo con applicazione, impegno, costanza, rigore, volontà, e soprattutto continuità.
Servono obiettivi chiari per misurare le cose giuste. Focusing e Consulenza di Processo aiutano a definirli
La activation research può misurare gli effetti dell’investimento in comunicazione, formazione e marketing, i suoi ritorni, i suoi costi, i suoi benefici pratici così come quelli intangibili. Tuttavia, poniamoci una domanda: se non abbiamo chiarito esattamente gli obiettivi a priori, cosa misuriamo?
La sindrome del misurare per misurare è alta e potente.
Ogni azienda dovrebbe invece fare almeno 2 “ritiri” all’anno di Focusing, focalizzazione degli obiettivi, e dopo, solo dopo, iniziare a misurare.
Quasi sempre, dopo un ritiro di focusing, gli obiettivi che misuriamo cambiano, le variabili che ci interessano cambiano.
Ad esempio, al di la delle letture di una pagina web (impressions), potrebbe interessarti di più chi si iscrive ad un tuo notiziario personalizzato.
Una scarsa precisione dell’obiettivo di comunicazione produce sempre campagne e sforzi improduttivi.
Il primo compito del consulente di comunicazione è quello di aiutare il cliente a focalizzare l’obiettivo, adottando un approccio di consulenza di processo[1].
Il compito del cliente è quello di partecipare attivamente alla definizione di obiettivi misurabili, assumendosi una quota di responsabilità e di impegno.
Il manager o amministratore può delegare l’esecuzione di un obiettivo, ma è indispensabile che egli partecipare alla sua definizione.
Partecipare alla comunicazione, formazione e marketing significa realizzare un primo e importantissimo step di consulenza per chiarificare:
cosa stiamo cercando
quali sono le variabili sulle quali vogliamo intervenire tramite la comunicazione, la formazione o il marketing
in quali tempi intervenire
in quali luoghi intervenire
su quali clienti o soggetti intervenire
con quale gamma di metodologie intervenire – mix di metodologie
come misureremo il risultato.
Una definizione così precisa degli obiettivi richiede tempo manageriale elevato e competenze specialistiche in marketing e comunicazione.
L’importanza del ruolo consulenziale è qui determinante. Qualora il cliente dei servizi di comunicazione sia in grado di strutturare gli obiettivi chiaramente, i progetti sono in buona parte avviati verso la soluzione. Tuttavia, senza confronto raramente si giunge alla chiarificazione precisa del quadro.
In molti casi è opportuno ricorrere ad una apposita consulenza di processo atta ad identificare i goals (focusing e goal setting) e il mix di strumenti di intervento da attivare.
Eliminare questo passaggio cardine è improduttivo sia per il cliente che per il fornitore di servizi comunicazionali, formativi e di marketing.
Chi pratica comunicazione deve sapere su quali variabili sta lavorando. Comunicare per creare immagine professionale nel lungo periodo è qualcosa di molto diverso dal realizzare una promozione speciale in un periodo di calo di vendita.
Una promozione di prezzo (sconti e abbuoni) può aumentare le vendite del momento e deprimerle per un lungo periodo successivo, e questo non è un risultato positivo di marketing.
Nel caso di interventi formativi, dobbiamo chiarire quale mix di tecniche formative utilizzare: è più produttivo utilizzare sessioni seminariali, coaching, role-playing, affiancamenti sul campo, o un mix di diversi metodi? Dobbiamo lavorare solo sul “sapere”, o anche sul “saper essere” e sul “saper fare”? Sulla parte cognitiva o anche sul corpo?
Che tipo di cambiamento vogliamo produrre?
Il budget di comunicazione (o budget di progetto, per interventi di formazione e marketing) va quindi concentrato su obiettivi chiari e produttivi.
Se il cliente disperde un budget ristretto su troppi target e troppi prospects (clienti potenziali, o fruitori di progetto) egli rischierà di ottenere solo i primi risultati (attenzione, o al massimo un vago interesse), ma di non arrivare mai al punto (vendite, cambiamento, risultati tangibili).
[1] Schein, E. H. (1999). La consulenza di processo: come costruire le relazioni d’aiuto e promuovere lo sviluppo organizzativo. Milano, Cortina. Tit. orig. Process Consultation Revisited: Building the Helping Relationship, 1999, Addison Wesley.
Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:
Alcune domande fondamentali utili nell’autoanalisi e nel colloquio di counseling?
Come funziona la mia motivazione?
Cosa vorrei potermi concedere?
Cosa è ora che mi conceda?
Che cambiamenti positivi vorrei fare?
Qual è la mia vera destinazione?
Che ancoraggi solidi mi servono e quali sono invece catene bloccanti?
In ogni percorso di crescita personale viviamo desideri, sogni, aspirazioni, e possiamo farle diventare volontà. Le domande ci aiutano ad esplorare questi orizzonti.
Cosa pensi che succederebbe se tu aprissi una porta ad una possibilità di cambiamento?
Che barriere sento tra me e alcuni obiettivi che vorrei raggiungere?
Che modelli di relazione vorrei vivere?
Che ruolo vero vorrei interpretare e vivere nella vita?
Sviluppiamo regole comportamentali rigide che teniamo strette a noi, per tutelarci dalla paura del mondo. Altre le costruiamo nel goffo tentativo di ridurre l’incertezza sulla vita.
Molto spesso, invece di cambiare comportamenti esterni, è bene concentrarsi sul cambiare alcune regole interne, alcune priorità forti che possiamo avere assimilato nella vita ma che in alcuni casi non rispondono più alla nostra realtà.
Volere trovare una nuova centratura, una nuova via, uno stato di nuovo equilibrio, è un grande traguardo di crescita personale.
Cosa significa per te raccogliere i frutti del tuo lavoro?
Come trasformare i dubbi in esperimenti di vita che permettono di darsi nuove possibilità?
Che sigilli vogliamo mettere sul passato per aprire nuove strade, nuove prospettive, nuova luce?
Il valore di una persona non si misura nel suo possesso materiale ma nella qualità dei suoi spessori morali, e dei contributi che ha dato e potrà dare.
Possiamo lavorare per fare un salto di qualità nell’atteggiamento, nello stare nella vita in modi nuovi, puliti e ripuliti da inquinamenti mentali, da abitudini e difese nate in contesti dove oggi queste abitudini possono diventare dei limiti e non delle risorse.
Andare verso la costruzione delle risorse che attivano la nostra vita più piena è un’operazione sacra e di grande potenzialità.
I tuoi sogni e aspirazioni, quando soffocati, provocano tensioni esistenziali ma anche nel corpo, le contratture della vita diventano contratture muscolari, articolari, contratture croniche di cui non ti accorgi neanche più.
Un’attività di ascolto e auto-ascolto è fondamentale prima di tutto per sentire il nostro corpo e il flusso della nostra vita e capire cosa c’è da sbloccare.
E’ bene riconoscere le tensioni della vita e come queste si scaricano sul corpo, sulle relazioni, e innescano contrasti interni.
E’ bene capire che blocchi abbiamo, dove si localizzano? Che effetti provocano? E quando queste tensioni se ne vanno come possiamo stare meglio?
La vita è una sequenza a volte fluida, a volte bloccata, in questa vita abitiamo di volta in volta una possibilità di costruire la nostra via, e soffermarci in una stanza. Quando qualcosa chiede una tua attenzione, non far finta di niente. Dagliela.
A volte siamo nella stanza del dolore, altre volte nella stanza della speranza. E’ possibile pensare di abitare per un buon periodo di tempo nella stanza della realizzazione e del fare quello che sentiamo buono.
La nostra stanza più vera e la nostra casa e vogliamo poter essere felici di abitare questa casa, e questo è possibile.
Il tuo corpo è la tua stanza più abituale e certamente imparare a conoscere e ad abitare il tuo corpo in modo diverso è una bellissima occasione per vivere meglio.
Dal corpo, alle relazioni, alla coppia, sino all’azienda, al lavoro e all’intera vita, il messaggio di speranza va sostituito con un messaggio di possibilità concreta e di sperimentazione pratica, attivabile con un vero supporto professionale di coaching e counseling.
Altri materiali su Comunicazione, Ascolto, Empatia, Potenziale Umano e Crescita Personale disponibili in questi siti e link:
La notte oscura dell’anima è un viaggio verso la luce, un percorso dall’oscurità verso la forza e le risorse nascoste dell’anima. Attraversare la notte oscura richiede dialogo interiore, contemplazione, preghiera, tempo trascorso in silenzio, e condivisione con chi comprende la natura profonda della trasformazione interiore…. è un viaggio per imparare a vedere il mondo da mistici attraverso una lente senza tempo che percepisce al di la della ragione.
Carolin Myss.
Tante volte sentiamo una “chiamata” che ci dice “fai qualcosa per te”, prenditi tempo per te stesso, dedicati uno spazio speciale, trasformati e lavora sulle tue energie, cerca il meglio di te dovunque sia “nascosto”.
Il problema è che la risposta a questa “chiamata” viene soffocata dal vivere quotidiano, dallo stress, o dal non trovare “compagni di viaggio” e veri Maestri per affrontare un percorso di trasformazione in un clima piacevole e sereno, o dal non sapere letteralmente come farlo e dove farlo.
Altre volte, ancora peggio, l’orgoglio e la rabbia chiudono questa voce e la soffocano. La voglia di vedere che cosa può esserci oltre il muro, oltre a ciò che facciamo, rimane soffocata, ma pulsa, ed esige ascolto per non diventare malattia.
Quando siamo arrivati in fondo, o ci sentiamo in un momento di svolta e vogliamo cambiare pagina, vogliamo un percorso di cambiamento totale, un percorso che ci metta in grado di conoscere noi stessi e il nostro potenziale, che sino ad ora abbiamo messo a disposizioni di altri, di tutti tranne che per noi stessi.
Quando avremo deciso di non essere più disposti a vivere a pieno sentiremo la chiamata, e capiremo che non siamo più disposti a vivere un altro giorno senza “me stesso” al centro della mia vita, nella bellezza, nella gioia e nell’armonia.
The Call™ è un percorso formativo che ho sviluppato per chi vuole iniziare un percorso di conoscenza e di profondo cambiamento e, con l’aiuto di seri professionisti, fare passi avanti.
The Call si basa su un metodo scientifico bioenergetico e di neuroscienze, e non richiede di “crederci” o di “non divulgare ciò che si fa” ma anzi al contrario si invitano tutti a leggere, studiare, capire ciò che si fa e perché lo si fa, e divulgarlo. Questa è la differenza tra una “Scuola del Potenziale Umano” e una setta.
Il metodo del potenziale umano alla base del lavoro è supportato da un’enorme letteratura e ai partecipanti vengono fornite letture, ma le sole letture e concetti, senza esperienza applicativa, sono nulla.
In particolare, l’interno Modello di Potenziale Umano HPM è esposto nel volume “Il Potenziale Umano” di Daniele Trevisani.
Ciascuna di queste “celle” o stati viene esplorata e potenziata con azioni allenanti specifiche.
Gli ingredienti per un’esperienza trasformativa, così ben esposti da Myss, sono oggetto di questo approccio esperienziale.
Apprenderemo a capire le diverse voci che circolano nella nostra mente e nel nostro spirito, utilizzando un metodo classico della formazione sdoganandolo finalmente da una esperienza d’aula, verso una esperienza di “navigazione guidata” in un luogo della natura. Una volta comprese come queste diverse “voci” si attivano, e solo allora, potremo intervenire per fare pulizia mentale e pulizia nel dialogo interno. Ma se non le riconosci, non lo farai mai. Il modello formativo di riferimento comprende la bioenergetica e il metodo di De Bono “6 Hats”.
La contemplazione che si pratica in queste esperienze è particolarmente attiva, una contemplazione del corpo nello spazio, attivata attraverso le tecniche di Bioenergetica stile Daoshi, stile derivante dalle Arti Marziali orientali e centrato sul sentire il fluire degli equilibri in movimento.
La percezione di controllo viene enormemente aumentata, la consapevolezza del respiro che accompagna il movimento guidato, il potenziamento della connessione mente-corpo, ne fanno un’esperienza unica e diretta.
L’esperienza delle Arti Marziali è da sempre una fonte inesauribile di sapere e di tecniche per la crescita personale, e qui se ne esplora una porzione molto significativa.
Uno stato mentale che si avvicina alla preghiera, non in senso religioso, diventa forma di liberazione e recupero dallo stress, lontana da una visione arida, materialistica, e va verso vie di connessione con stati mentali superiori.
In questo, la particolarità del lavoro seminariale di tipo esperienziale, è di poter accedere a tecniche validate dalle Neuroscienze e dagli studi sullo Stress (con una peculiarità dovuta alle esperienze fatte dall’autore i più di dieci anni di formazione di Forze Speciali).
È necessario imparare modelli ed esercizi che stimolano in particolare il pensiero positivo (corteccia prefrontale sinistra) attraverso esercizi guidati di Mindfulness e Training Mentale. Il tempo trascorso nel silenzio tra le varie fasi dell’esercizio, sia nella natura che indoor, viene riempito da una “percezione aumentata”, oggetto delle esercitazioni, in cui la persona può sentire il contatto con livelli diversi di stati di coscienza e gradi di benessere superiore. Modelli scientifici di riferimento: Scala degli Stati di Coscienza di Fisher, Triune Brain di Mc Lean, Psicologia Positiva, e Modelli del “Combat Stress Control”.[1]
Il lavoro su di sè, fatto da soli, non basta. Servono compagni di viaggio.
Il lavoro sulla crescita personale viene aumentato e potenziato dalla possibilità di condividere gli stati di esperienza e di trasformazione, anche la più piccola e sottile variazione degna di nota, fino al pensiero più tenue che puoi cogliere solo tu, merita ascolto.
Questo richiede un “contenitore emotivo” in cui potersi riversare, come ogni goccia d’acqua che vogliamo raccogliere. Si apprende quindi come ciascuno di noi possa arrivare ad essere quella persona che comprende la natura profonda di una trasformazione interiore di sè e degli altri.
Il lavoro comprende tecniche di ascolto specifiche del coaching umanistico e del counseling, affinché finalmente l’ascolto non sia relegato ad una pratica medicalizzata o a confini pseudo-ambulatoriali, ma diventi un modo di essere, una via per la salute di ogni relazione e il benessere più profondo. Autori di riferimento: Carl Rogers e altri fondatori del Counseling Umanistico.
In sintesi, un lavoro in stile “The Call” comprende:
Parte di formazione indoor, su temi di psicologia delle emozioni, energie personali, potenziale personale, espressività e comunicazione. I concetti trattati sono basati su una letteratura consolidata, trattata in molti volumi, tra cui “Il Coraggio delle Emozioni”, e “Self-Power”, edito da Franco Angeli.
Parte sperimentale, attoriale e pratica, con esercizi sulla comunicazione delle emozioni, ascolto delle emozioni, potenziamento espressivo, decodifica delle emozioni
Parte outdoor, con attività di scarico basate sulla bioenergetica, in spiaggia, molo e aree naturali, con tecniche di respirazione, movimento del corpo ed armonie corporee (stile Daoshi interno)
Riconoscere le varie forme di incomunicabilità e le “distanze relazionali” tra persone, rompere le barriere comunicative
Comunicazione ed archetipi (le maschere della vita e la liberazione dalla maschera, da Jung a Erving Goffman)
Espressività potenziante, metodo Stanislavskij
Essere senza interpretare
L’ascolto di sè e l’empatia verso l’ambiente
Cogliere i segnali ambientali
Sintonizzarsi con la missione comunicativa
Riconoscere coerenze e incoerenze comunicative
Dare spazio ad una comunicazione autentica
Gli ambienti come “acquari comunicativi” da riconoscere
Le applicazioni di queste tecniche riguardano molti ambiti, tra cui la Leadership, il Public Speaking, la negoziazione, la vendita, la comunicazione professionale, le energie corporee, mentali e professionali, ma anche e soprattutto il lavoro su se stessi, base di ogni vera azione formativa.
[1] Concetti fondamentali per una trattazione scientifica degli stati di coscienza si trovano in:
David H. Finkelstein, On the Distinction between Conscious and Unconscious States of Mind. In American Philosophical Quarterly, Vol. 36, No. 2 (Apr., 1999), pp. 79-100. University of Illinois Press.
Anderson, J. 1983. The Architecture of Cognition. Cambridge, MA: Harvard University Press.
Armstrong, D. 1981. “What is consciousness?” In The Nature of Mind. Ithaca, NY: Cornell University Press.
Bayne, T. and Montague, M. (eds.) 2012. Cognitive Phenomenology. Oxford: Oxford University Press.
Dennett, D. C. 1992. “The self as the center of narrative gravity”. In F. Kessel, P. Cole, and D. L. Johnson, eds. Self and Consciousness: Multiple Perspectives. Hillsdale, NJ: Lawrence Erlbaum.
Gazzaniga, M. 2011. Who’s In Charge? Free Will and the Science of the Brain, New York: Harper Collins.
– Per una trattazione delle condizioni dello stato di coscienza sul piano spirituale, vedi:
Eckhart Tolle, Un nuovo mondo, Mondadori, Milano, 2010.
Eckhart Tolle, Il potere di adesso. Una guida all’illuminazione spirituale. Editore My Life, 2013.
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