Articolo estratto dal testo “Parliamoci Chiaro: il modello delle quattro distanze per una comunicazione efficace e costruttiva” copyright Gribaudo Editore e Daniele Trevisani, pubblicato con il permesso dell’autore.

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Avere una mente plastica, ripulire se stessi internamente per creare un messaggio chiaro, riflettere sulla distanza referenziale e su quella dei codici comunicativi, sono quattro passi fondamentali da compiere per combattere e ridurre l’incomunicabilità, causa di conflitto sia quotidiano, che globale.

Menti rigide e menti plastiche

Ogni informazione nuova in ingresso in un sistema modifica l’intera mappa e architettura di quel sistema. Questa dinamica dà luogo alla “plasticità mentale”. Una persona mentalmente “plastica” si concede di cambiare idee o opinioni in base ai dati e informazioni che conosce, progredendo nel cammino della vita, ed è aperta a nuove informazioni, anzi, ne va spesso alla ricerca. Una persona mentalmente rigida ha grosse difficoltà ad accettare un’informazione che non si conforma alla propria mappa mentale esistente, e vi resisterà a qualsiasi costo e contro ogni dimostrazione. 

È molto più facile trovare incomunicabilità in una mente rigida che in una mente plastica, in quanto la mente plastica si adopera per trovare vie di comprensione, anche dove non ve ne siano ancora. Trattare solo con menti rigide ci obbliga invece a entrare nei loro schemi rigidi o a doverci, giocoforza, ritirare. 

Ma, senza cercare colpevoli esterni, proviamo a partire da noi stessi, dal nostro dialogo interno. 

Creare un messaggio chiaro ripulendo noi stessi

Quando una persona ha fatto un buon lavoro di pulizia interna, il suo messaggio diventa chiaro anche fuori. Sarà quindi un messaggio a basso livello di entropia comunicativa,  liberato dal caos informativo e poco soggetto a misinterpretazioni.  Al lato opposto troviamo invece i messaggi entropici dotati di un alto livello di confusione interna. 

Una buona interpretazione avviene quando ci sforziamo di non ascoltare e osservare solo gli atteggiamenti o i “segni” esterni, ma cerchiamo di comprendere le credenze e i valori più profondi di una persona. 

Le nostre distanze ideologiche possono essere infatti solo periferiche o profonde, nascoste ben oltre i segni esterni di cui siamo portatori. Un vero lavoro sull’incomunicabilità va alla ricerca di questi strati profondi e non si accontenta della superficie delle cose. 

La distanza referenziale

La D4, o distanza referenziale, ci parla delle differenze tra i nostri referenti, le nostre realtà vissute. In semiotica il referente è quel tratto di realtà con cui io sono a contatto e che sto esperendo, qualcosa di cui sto facendo esperienza diretta, o tramite il pensiero o tramite i miei sistemi sensoriali.

Fare “outing” dei nostri referenti interni, dei nostri pensieri, che siano ben formati o solo sfumati, è una forma di comunicazione molto raffinata, una comunicazione in cui cerchiamo di portare fuori il nostro puro pensiero e le nostre pure emozioni come noi le esperiamo, come noi le viviamo in modo diretto. 

Questo “outing” è possibile solo quando due persone si mettono d’accordo nel farlo, e hanno le competenze comunicative per farlo.

La distanza dei codici comunicativi

Le distanze che riguardano i codici comunicativi (italiano vs. giapponese) possono essere collegate non solo ai codici, ma anche ai sottocodici, e possiamo scoprire un’incomunicabilità che è più subdola di quella che notiamo tra lingue diverse: ad esempio il sottocodice “mistico” si adatta molto male ad un pubblico che si aspetta una comunicazione pratica e pragmatica, o dura e assertiva. 

Tra una comunicazione “mistica” e una comunicazione “aggressiva” vi sono tanti gradienti intermedi, e possiamo imparare a fare delle “curve emotive” o una “comunicazione divisa in frames” in cui ogni frame ha un suo scopo e un suo stile, ma viene costruito in modo consapevole.

Il sistema della comunicazione umana è uno dei più complessi sistemi esistenti. Alcuni, di fronte a questa complessità, si abbandonano allo sconforto, altri rinunciano, altri ancora si armano di pazienza e buona volontà e cercano di capire l’incomunicabilità e di superarne ogni tratto possibile, senza per forza pretendere di sconfiggerla completamente. 

L’incomunicabilità è un processo che in larga misura può essere risolto, tanto più se il mondo della ricerca investisse su di esso almeno una frazione di quanto sta spendendo in altri campi dagli esiti molto meno impattanti, perché gli esiti dell’incomunicabilità partono dalla nostra vita quotidiana nelle sue minime azioni, per arrivare fino alle questioni più internazionali e globali. 

libro "Parliamoci Chiaro" di Daniele Trevisani

Per approfondimenti vedi:

Author

Formatore e Coach su temi di Sviluppo del Potenziale Personale, Comunicazione Interculturale e Negoziazione Internazionale, Psicologia Umanistica. Senior Expert in HR, Human Factor, Psicologia delle Performance, Comunicazione e Management, Metodologie Attive di Formazione e Coaching.

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