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Articolo estratto con il permesso dell’autore, dott. Daniele Trevisani, dal testo “Team leadership e comunicazione operativa. Principi e pratiche per il miglioramento continuo individuale e di team

Chi aspira a sviluppare una professione con onore, come dirigere con vera leadership, o occuparsi di questioni importanti come la ricerca, le aziende, la medicina, la sicurezza, la scienza, le organizzazioni, le scuole, ovunque, prima deve fare i conti con la propria crescita personale, le proprie capacità e valori.

Bisogna prendere atto del fatto che il nostro carattere determina larga parte della nostra modalità comunicativa, lo stile di leadership, le decisioni.

Bisogna essere abbastanza umili per capire che il nostro carattere non è qualche cosa di inviolabile ma anzi lavorarvi è un atto sacro. È utile cercare di capire su quali tratti possiamo lavorare. È un atto sacro anche l’azione e il tentativo che mettiamo in atto per migliorarci, al di là che ci riusciamo o meno, o che ci riusciamo subito o dopo un periodo di tempo. Spesso il miglioramento richiede un percorso, e non un singolo atto.

Spesso il miglioramento richiede un percorso, e non un singolo atto. Chi affronta un percorso di miglioramento personale è sempre una persona coraggiosa. Ha il coraggio delle emozioni, ha deciso di guardarsi dentro, scoprire le alchimie della formula arcana in cui è inserito, capire come funziona il proprio ingranaggio interiore, e cambiarsi in meglio (Trevisani 2015).

Vogliamo migliorarci per essere sempre di più noi stessi nel nostro pieno potenziale e non persone che si nascondono dietro a scuse come “sono fatto così, che cosa vuoi farci?”.

Lavorare sul proprio carattere per migliorarsi significa ascoltare i propri valori senza rifiutarli, ma anche avere l’umiltà di pensare “posso sempre fare passi in avanti nel mio processo di miglioramento personale”. Chi non accetta questa visione potrebbe pensare di sé “sono il migliore, perché lo dico io”. Questa è sostanzialmente una forma di nevrosi.

Alexander Lowen (1982) ci mette in guardia chiaramente sui rischi che le nevrosi generano nelle persone. Prima di tutto, non saper imparare dal­l’esperienza.

Si dice che le persone imparino dal­l’esperienza, e in generale questo è vero: l’esperienza è il migliore e, forse, l’unico vero maestro.

Ma questa regola non sembra potersi applicare al campo della nevrosi. La persona non impara dall’esperienza ma ripete continuamente lo stesso comportamento distruttivo.

Aprirsi a capire prima di tutto “che cosa vorrei migliorare di me” è un grande processo di focusing[1], una focalizzazione consacrata, importante.

Fare focusing significa andare alla ricerca di chi siamo e come comunichiamo, che cosa sentiamo dentro di noi, e come questo si trasferisce all’esterno di noi.

Significa quindi andare alla ricerca di un manoscritto unico, un testo nascosto, che non è di facile accesso e si trova solo nel­l’esplorazione attenta e profonda. Questa esplorazione può essere appresa in appositi corsi, può essere potenziata quando guidata da professionisti esterni, ma al di là della tecnica richiede sempre e comunque una grande voglia di scoprire il massimo del proprio potenziale umano possibile.

Per lavorare sul carattere occorre un contributo esterno, che sia coaching, counseling o formazione esperienziale, pratica, confronto, feedback, motivazione alla voglia di migliorarsi.

Alexander Lowen (1982), sviluppatore della Bioenergetica, ci ricorda un fatto importante:

Il carattere determina il fato.

Per carattere si intende il modo di essere o di comportarsi tipico, abituale o “caratteristico” di una persona.

Definisce un insieme di risposte fisse, buone o cattive, indipendenti dai processi mentali coscienti.

Non possiamo cambiare il nostro carattere con un’azione cosciente, perché non è soggetto alla nostra volontà.

Di solito non siamo neppure coscienti del nostro carattere, perché diventa per noi come una “seconda natura”.

Avere voglia di capire i nostri limiti e opportunità, forze e debolezze, non ha niente a che fare con la ricerca di qualche forma di “patologia” mentale, non è un atto medico, conoscersi a fondo non è un percorso clinico ma anzi, diventerà operazione di scoperta quotidiana, operazione che ci porta alla scoperta della “cultura” che ci circola dentro, l’insieme di regole che usiamo inconsciamente nel nostro comportamento quotidiano.

Questo permette di tenere alla larga gli stati mentali negativi che rischiano di farci ammalare o di farci agire in modo automatico e senza il nostro consenso.


[1] Per la metodologia del focusing, vedi i testi di Gendlin (in particolare 2002); inoltre: Campbell e McMahon (2001); Elliot, Watson, Goldman e Greenberg (2007); Weiser Cornell (2007); Welwood (1994).

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qualità comunicativa

Elementi di qualità comunicativa di un leader:

•     chiarezza del messaggio, coerenza tra i vari messaggi;

•     riferimenti, presenza di “deissi” (chi, dove, come, quando, con chi, dati ed elementi di verità) in grado di ridurre confusione e combattere l’“entropia” (deriva verso il caos) nel progetto;

•     sensibilità emotiva: sa quando un messaggio può essere utile, motivante, e quando corrosivo, distruttivo; di base lavora per costruire;

•     sensibilità situazionale: sa quando è il momento di dare istruzioni rapide, ordini, e quando è il momento di ascoltare, di soppesare, empatizzare. Capire se si tratta di una situazione di crisi, di routine, di picco, di dare istruzioni, fornire un chiarimento, o di altro. Se così non fosse, un leader dirigerebbe un’evacuazione da un incendio come un colloquio psicanalitico.

Ogni gruppo indistintamente può passare da un assembramento casuale e forzato di persone, praticamente una massa di amebe che se ne fregano una dell’altra, a una forza speciale intesa come energie umane in azione che si coordinano e di cui qualcuno prende la responsabilità coordinativa (leadership).

La comunicazione di un buon leader ha capacità coordinative (pratiche) e ispirative (leadership spirituale e morale).

Quando queste due aree si uniscono, un gruppo diventa capace di cose incredibili. Un buon addestramento e formazione sulle comunicazioni operative sa attivare dei valori che motivano le persone a esserci e insegna alle persone come coordinare i loro sforzi.

Principio 2 – La comunicazione di un buon leader

La qualità della comunicazione è un fattore chiave per la leadership. La comunicazione di un buon leader:

•     è chiara e consistente nei messaggi, riferimenti, “deissi”, chiara nelle aspettative nei riguardi delle persone e le trasmette apertamente;

•     è chiara nei sistemi di “rinforzo” o “premi psicologici” dei comportamenti virtuosi e riconosce impegno, sforzi e risultati;

•     non trasmette aspettative impossibili, negative e demotivanti, ma input possibili e motivanti, distinguendo bene la trasmissione di una “vision” dalle comunicazioni operative che si attuano per produrre questa vision;

•     instilla “pride & recognition”: orgoglio e senso di appartenenza al gruppo;

•     è chiara sui “rinforzi negativi”, punizioni e interventi correttivi: riprende i comportamenti che non vanno, non li lascia strisciare né crescere, sa farsi valere quando serve, consapevole che il futuro del gruppo dipende dalla sua coesione e dai comportamenti agiti in ogni istante che conta;

•     tiene un buon battle rhythm, un ritmo di battaglia, una ritmica di messaggi e azioni che ha un suo flusso e una sua logica, una cadenza, una continuità, momenti e picchi alti e pause ragionate, in un concerto ben consapevole.

Se fossimo un’orchestra, chiediamoci: che brano vogliamo suonare ora in questo gruppo? Una marcia funebre, o la Cavalcata delle Valchirie? Un brano con sfondi emotivi allegri o tristi? Una musica epica o popolare? Che ritmi si sentono? 60, 120 battiti per minuto o 200? E per quanto una persona può tenere 200 battiti per minuto senza crollare?

Tutto questo ha a che fare con la gestione delle energie dei membri del team e soprattutto l’autogestione delle energie da parte del leader stesso. Il lavoro su di sé, da parte del leader, diventa sempre più una necessità quanto più alti sono gli obiettivi.

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teamwork

Nell’era digitale, la leadership comprende l’abilità di far convergere messaggi attraverso più canali per raggiungere un “end-state” o punto di arrivo prefissato.

Questo vale per la leadership tra umani ma anche per ogni forma di leadership attuale e futura, inclusa quella del dominio del pensiero e dei valori sulle macchine, o la cooperazione con unità dotate di Intelligenza Artificiale, una nuova sfida della comunicazione.

Domanda. Perché crede che dovremmo temere l’intelligenza artificiale? È inevitabile che gli esseri umani creino dei robot in grado di uccidere?

Risposta. I computer supereranno gli esseri umani grazie all’intelligenza artificiale nei prossimi cento anni. Quando ciò avverrà, dovremo essere certi che gli obiettivi dei computer coincidano con i nostri (Hawking 2016).

Questa riflessione, non poi così fantascientifica, ci porta a ragionare su un concetto di base che domina ogni forma di analisi della leadership e della comunicazione nei gruppi:

Principio 1 – L’“allineamento sugli obiettivi” come fonte di energie del gruppo

Le performance di un team leader dipendono dal sapersi porre le domande corrette e dal saperle porre ai collaboratori e colleghi.

•     Vogliamo la stessa cosa? Riusciamo a “sentire” che cosa gli altri vogliono?

•     Quali diverse motivazioni ci spingono? Sono compatibili o possono diventarlo?

•     Come facciamo concretamente a essere certi di volere arrivare allo stesso risultato?

•     Le parole che usiamo hanno per tutti lo stesso identifico significato?

•     Quando diamo troppo per scontato che sia così?

•     Da che segnali puoi accorgerti che è in corso qualche fraintendimento o si stanno aprendo linee di divergenza sugli obiettivi?

•     Porti energie al gruppo di cui fai parte? Ci provi? Come lo fai?

Una buona comunicazione è uno dei fattori più critici per una Lead­ership che funzioni.

Tra i gruppi più importanti cui ispirarsi, vi sono le forze speciali e i team speciali. Questi comprendono persone e strutture che agiscono su compiti non convenzionali e in missioni ad alto grado di rischio operativo e personale, con sfide e pericoli concreti, per come operano e per quello che sono chiamati a perseguire.

In questi team, l’utilizzo di tecnologie di “realtà aumentata”, “sistemi esperti” e intelligenza artificiale è già una realtà.

Nel lavorare con questi team ho potuto constatare che un grande rischio strisciante nei gruppi e nella leadership è l’incomunicabilità, la difficoltà a trasferire messaggi chiari sul piano operativo per cui le risorse non riescono a interagire davvero bene e si creano colli di bottiglia o blocchi nella comunicazione.

La formazione “forte” opposta a una formazione debole e puramente amministrativa punta ad andare a caccia delle incomunicabilità, stanarle, forzarle a emergerle, per poi lavorarvi sopra.

Se servono esercizi difficili, poco importa.

Un pugile non disdegna sudare e sporcarsi, e lo stesso riguarda il manager che vuole davvero fare sul serio sulla propria formazione.

In questo caso, sarà il formatore a valutare la performance del manager, e non viceversa con le “pagelline di customer satisfaction di fine corso”, l’assurdità in cui gli studenti valutano i Maestri, la penosa e dolorosa realtà di una formazione mercificata e trattata come prodotto da banco.

L’allineamento sugli obiettivi riguarda la certezza che i leader, i team leader, i membri dei team e i supporti tecnologici e persino di intelligenza artificiale puntino tutti allo stesso “end-state” o punto di arrivo.

E se così non fosse, le persone che non ci credono, che non danno il contributo devono e possono essere cambiate.

Ne va, oramai, della sopravvivenza delle nostre aziende e della nostra stessa cultura umanistica.

Quando un gruppo funziona?

•     In un gruppo che funziona, le persone si sentono in grado di esprimersi lì, nel gruppo, e sanno di poterlo fare senza castrazioni inutili. Sanno allo stesso tempo distinguere un contributo al gruppo da un bisogno autoreferenziale di esprimersi. Sanno quando canalizzare sia la prima sia la seconda esigenza. Non confondono la missione del gruppo con altro.

•     Allo stesso tempo, in un gruppo che funziona ci sono poche regole chiare che fanno la differenza tra lo stare nel gruppo passivamente o esserne parte veramente vivendo appieno i suoi valori.

•     In un gruppo che funziona, il livello di coscienza è allineato a una visione forte di che cosa si voglia ottenere e sia i leader che i partecipanti hanno ben chiaro che cosa vogliono.

•     In un gruppo che funziona, la vicinanza tra i membri è morale e per quanto spazio li separi, saranno uniti. La loro modalità di operare li rende speciali.

•     Un gruppo che funziona si dota di modalità comunicative altamente efficienti sia quando si tratta di trasmettere pura informazione (dati) che quando si vuole trasmettere un messaggio a maggiore pregnanza emozionale (comunicazione emotiva). Entrambe vengono svolte con abilità specifiche diverse.

La leadership operativa si occupa di come fare funzionare questi gruppi nelle loro Comunicazioni Operative, quelle che essi attivano istante dopo istante, per coordinare attività, ruoli, compiti, scadenze, chi fa che cosa, quando, come, con chi, in che modo.

La libertà di azione è un valore sacro solo quando i membri del­l’orchestra vogliono dare il massimo nel brano che si deve suonare, e non diventarne puri solisti autonomi che operano per se stessi e non sentono l’esistenza di un risultato complessivo.

Chi intende intonare un brano che non contribuisce, o persino distrugge la performance del­l’intera orchestra, farà meglio a starne fuori.

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team leadership

Esistono molte forme di leadership. Questo lavoro di ricerca vuole esaminare anche i gruppi come “sistemi di energie”.

Le energie nutrono e gli esseri umani hanno bisogno di comunicare tanto quanto hanno bisogno di aria, di proteine, di carboidrati, grassi e vitamine. Un buon leader è quindi anche un grande motore di energie. Usa la comunicazione consapevole del fatto che essa può essere nutrimento o invece tossina. Un buon leader ama il suo team e vuole il suo bene; in caso contrario, si tratta solo di un manovratore e di un burattinaio.

Vi sono metodi diversi per classificare i tipi di leader. Alcuni vedono il leader come un condottiero operativo immischiato nella battaglia e sporco di fango tanto quanto i suoi compagni di battaglie, altri come un visionario mistico, distaccato, etereo, superiore alle banalità quotidiane.

Un’alternativa è osservare un leader come generatore di energie, un direttore d’orchestra che sa canalizzare le energie e competenze di ogni musicista entro un brano in cui possono entrare decine o centinaia di strumenti per comporre qualche cosa di meraviglioso.

Ogni volta che due o più persone si uniscono per fare qualche cosa di speciale, nasce una nuova forma di energia. Le energie di più persone che credono in qualcosa non solo si sommano ma si moltiplicano. Le intelligenze altrui diventano le nostre risorse. Le energie degli altri sono lo stimolo che ci permette di superare i nostri limiti.

In un’esplosione di forze, prende vita un’entità, da una diade sino a un firmamento di persone che si influenzano a vicenda, producendo quello che in una letteratura esoterica viene chiamata un’“egregora” positiva, un’entità mentale generata dal pensiero e dallo stato mentale del gruppo, che opera quasi a sé stante, dona energia a ogni partecipante ed è in grado di influenzare lo stato di ogni singolo appartenente al gruppo stesso.

Quando entriamo in un insieme, in un ambiente, in una riunione, in un’azienda, possiamo quasi percepire il “clima” che si respira, o come in alcune canzoni viene descritta, la “vibrazione”, vibrazioni positive o vibrazioni negative. Sentiamo letteralmente la presenza di energie o l’as­senza di energie, in modo così forte e tangibile che la scienza deve ancora capire di che cosa si tratti veramente.

In altri insiemi notiamo la dominanza di “egregore” negative, stati mentali e comunicativi che drenano energie, leader tossici, e persone che inquinano il gruppo.

La leadership e la formazione, in senso forte, hanno a che fare con la creazione di gruppi in cui le persone hanno voglia di riversare le loro migliori energie venendone a loro volta ricaricate. Chi ne fa parte sente di essere entro qualche cosa di speciale, sente il proprio contributo, come il dipingere anche solo un tratto di un nuovo, fantastico, quadro a più mani.

Per farlo, occorre saper portare le persone a nuovi livelli di coscienza, e anche i leader devono saper fare di se stessi un grande laboratorio di crescita personale, per poter ispirare le coscienze e invitarle a elevarsi.

La qualità della comunicazione, intesa proprio come “tipo” di comunicazione che circola in gruppo, determina l’egregora dominante.

Quando in un gruppo predominano comunicazioni apatiche, negative, distruttive, e “leader tossici”, questo gruppo sarà presto appestato da energie emotive negative. Dove circolano messaggi chiari, circola rispetto, i messaggi sono portatori di valori, le persone si sanno ascoltare e valorizzare, allora questo gruppo viene permeato da energie emotive positive e ricarica ogni membro che vi appartiene.

La comunicazione operativa vuole fare risplendere questo firmamento nel suo pieno potenziale, alimentarlo di energie, proiettare nella sua danza, e non permettere che, come accade a tante stelle, imploda, si spenga, o si inquini. È questione di credere o meno nel potenziale umano e nel fatto di volere a tutti i costi vederlo innalzarsi nel suo splendore possibile (Trevisani 2008).

Che si tratti di gruppi di manager, di atleti, di vigili del fuoco e soccorritori, di una squadra di calcio o di pallavolo, di un’équipe marziale, di un gruppo di artisti, poco importa. Ciò che rende speciale un gruppo sono i valori che esso persegue. E come questi si trasformano in atti comunicativi di qualità.

Tali valori devono guidare i gruppi a fare cose che altri non possono nemmeno pensare o ad agire con spirito e passione.

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Articolo estratto con il permesso dell’autore, dott. Daniele Trevisani, dal testo “Team leadership e comunicazione operativa. Principi e pratiche per il miglioramento continuo individuale e di team

Siamo scintille in uno spettacolo universale di fuochi d’artificio. Noi compariamo qui, ora, adesso. Facciamo di questa scintilla un miracolo.

Daniele Trevisani

Chi dirige persone o gruppi con vera passione sente prima o poi il bisogno di migliorare le proprie modalità di comunicazione e quindi la propria leadership.

Per farlo, uno dei modi più efficaci è ispirare la propria comunicazione e la propria leadership non tanto a “regole preconfezionate” che valgono in sostanza nulla, ma piuttosto a dei “principi guida”.

Da un buon principio ispiratore possono derivare una grande varietà di regole pratiche, comportamenti positivi e soprattutto modalità di decisione molto solide.

La difficoltà decisionale è spesso dovuta alla perdita di principi ispirativi, ancoraggi solidi che possano guidare le scelte. Chi ha principi saldi difficilmente non sa che cosa vuole.

Nessun ancoraggio è forte quanto un principio che ci guida. Se cerchiamo la parola “principio” tra i suoi sinonimi troviamo “origine” e “inizio”, ed è così.

Da esso trae genesi tutto ciò che ne deriva, come un piccolo ruscello è l’origine di un fiume e di tutte le sue diramazioni, o come il tronco sorregge tanti rami e ogni foglia. La linfa vitale di un gruppo scorre dentro ai “principi guida” di cui esso si dota.

Esaminiamo alcuni aspetti fondamentali per la leadership e la comunicazione operativa.

Il primo principio: qualsiasi team, per quanto dotato di supporti materiali e tecnologie, è composto di persone, esseri umani, con i pregi e difetti che questo comporta. Gli studi sul fattore umano nei viaggi spaziali evidenziano come uno dei limiti più forti del­l’essere umano in azione la human dependability, in altre parole, l’affidabilità umana, il fatto di “poter contare” su un essere così delicato come la creatura umana. Poter contare su una persona è importantissimo ma non scontato. Gli esseri umani possono essere soggetti a “malfunzionamenti” fisici non voluti (malattia, cadute, injuries, che li rendono incapaci di contribuire), ma anche a malfunzionamenti umorali, emozionali, caratteriali, proprio perché umani. Cadute emotive, umorali, motivazionali, sono altrettanto pericolose delle cadute fisiche, e allontanano dallo scopo. E tuttavia, sono proprio le fragilità che rendono gli umani così speciali. La forza potenziale delle loro emozioni, la potenza che un sentimento può generare, l’enorme beneficio quando le emozioni sono valorizzate e canalizzate bene.

Il secondo principio: chi dirige un team è anch’egli una persona, e porta nel team tutto il proprio repertorio personale positivo e negativo, capacità e valori, energie o limiti, il proprio carattere, la propria personalità, la propria storia, lo stato fisico ed emozionale, culture ed esperienze, amplificando risultati, modificandoli in meglio o in peggio. Conoscere se stessi, in questo senso, e lavorare su di sé, diventano obbligo morale, pratico, positivo e forte.

Il terzo principio, la relazione forte tra qualità comunicativa e portata della sfida affrontabile: in un team vero, le persone interagiscono tra di loro, comunicano tra di loro, sono persino costrette a farlo se vogliono coordinarsi e organizzarsi bene. La necessità di comunicare bene è tanto maggiore quanto più grande è la portata della sfida. Nei miei contributi di ricerca a ESA (European Space Agency) (Trevisani e Stene 2016) ho potuto esaminare come la comunicazione faccia la differenza tra vita e morte. Un team composto da astronauti, equipaggio e operatori della sala di controllo a terra, durante una passeggiata spaziale (Extra Vehicular Activity, EVA) comunica, e nel farlo può rischiare involontariamente la morte di un’astro­nauta, per colpa di un singolo messaggio sbagliato o di un singolo misunderstanding. E questo non ipoteticamente. È accaduto all’astronauta Luca Parmitano, il quale si è ritrovato in procinto di annegare nello spazio per una perdita di acqua al­l’interno della tuta spaziale, rientrato con l’acqua oramai sopra gli occhi; gli operatori faticavano a capire che cosa accadeva, a dare istruzioni e messaggi operativi. Lo stesso vale per un’équipe medica nei riguardi del paziente, e ogni altro team che affronta sfide difficili. La qualità della comunicazione interna ai gruppi, e la qualità comunicativa di ciascun ruolo specifico, fanno la differenza rispetto alle sfide che gli stessi possono affrontare e vincere. Comunicare bene può essere fatto con metodo, o affidandosi alla sorte (che non è mai in genere una strategia vincente). Comunicare bene serve per raggiungere scopi che i singoli, da soli, non potrebbero mai conseguire e, a volte, nemmeno sognare.

 

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© Articolo estratto con il permesso dell’autore dal testo di Daniele Trevisani – “Deep coaching. Il Metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in profondità e la formazione attiva”. Franco Angeli editore, Milano.

Le sei aree primarie del metodo HPM sono divise in tre macro-categorie: energie, competenze, direzionalità, e queste tre categorie a loro volta sono divise in due aree: soft e hard. Questo dà vita a sei celle di lavoro, sei aree di attività sulla crescita personale che valgono sia per le prestazioni fisiche che per quelle mentali o intellettuali. Ed inoltre, si prestano ad un’analisi delle performance sia individuali che di gruppo. 

Vorrei esprimere un concentrato di senso in una frase su cui discutere:

Le performance sono un grande banco di prova per la condizione umana…ci parlano dell’istinto umano a crescere, esplorare nuovi orizzonti, ricercare… capire chi sei… e cosa puoi arrivare a fare.

Daniele Trevisani

Ogni gara o competizione mette in moto i principi delle performance, ogni sfida aziendale, sportiva, o personale, ogni progetto, ci costringe a fare i conti con il nostro stato di preparazione e le nostre energie. Ogni volta che sentiamo la volontà di cambiare e migliorarci, la chiamata verso una vita diversa si fa strada in noi e dobbiamo imparare ad ascoltarla e non a silenziarla. Mai. Le buone intenzioni valgono poco se non diventano un progetto. E francamente, non è decisivo che un progetto abbia successo o fallisca, perché anche da ogni fallimento possiamo imparare. Possiamo evolvere solo se proviamo e ci avventuriamo in strade nuove.

Sbagli il 100% dei colpi che non spari.

(Wayne Gretzky)

Il viaggio verso la crescita delle energie umane, fisiche e mentali, è un percorso di esplorazione che deve diventare progetto, un progetto di Deep Coaching. Ognuno può progredire partendo da qualsiasi stato o condizione. Una persona depressa o ansiosa può iniziare a vedere una luce, e questo è già progresso, tanto quanto il miglioramento di un record mondiale in qualsiasi sport e disciplina. Una persona immatura può maturare… chi si sente inadeguato in un lavoro può cambiare, ri-orientarsi, formarsi. Un’impresa in crisi può generare nuove idee o trovare nuove strade, così come un’impresa vincente può fare da traino a tante startup e diventare fonte di utilità sociale per tutti.

Qualsiasi sia la condizione di partenza, occorre credere in sé stessi, nella possibilità di crescere, di migliorare, di fare dei salti in avanti. Il progresso personale e professionale avviene solo se ci lavoriamo sopra concretamente. Il miracolo della vita è talmente grande che va celebrato e non sprecato, e come sottolinea Einstein:

Ci sono solo due modi di vivere la propria vita: 
uno come se niente fosse un miracolo; 
l’altro come se tutto fosse un miracolo.

Albert Einstein (citato in Michael J. Gelb, Il Genio che c’è in te)

Ogni volta che alleni il tuo corpo o la tua mente, rendi omaggio al miracolo della vita che ha reso possibile che in quel giorno tu ti sia potuto allenare e formare, mentre altri più sfortunati, non possono. Ogni giorno che incontri un pensiero buono, ringrazia per l’incontro e fallo tuo.

Approfondimento sulle sei aree di lavoro del Metodo HPM.

Approfondiamo le sei specifiche aree di lavoro di un percorso di crescita personale e professionale nel metodo HPM.

Energie fisiche (stato bioenergetico) e autostima.

Le energie corporee sono il substrato fondamentale necessario per mettere in atto qualsiasi percorso di crescita personale, qualsiasi azione o volontà, anche intellettuale o legata all’autostima. Sentire di avere un corpo vitale aiuta ad avere energia vitale. E per avere un corpo vitale bisogna allenarlo, ogni singolo giorno, anche con tecniche diverse.

Dobbiamo letteralmente usare ogni giorno una parte del nostro tempo per curare il corpo e potenziarlo, anche se questa sembri una strada periferica per il lavoro sulla crescita personale, sull’autostima, sullo sviluppo personale e professionale.

Iniziamo a battere nuove strade della vita, partendo dal corpo, e ne scorgeremo panorami prima impensabili.

Due strade divergevano nel bosco, ed io… io scelsi quella meno battuta e questo fece la differenza.

(Robert Frost)

Il corpo è la casa della nostra anima e del nostro pensiero. Persino il fatto di pensare, come pensiamo, e le attività mentali sia consapevoli che subconscie, sono processi che si basano su energie biologiche. La nostra vita e abilità, il nostro pensiero e azione, dipendono dalla qualità del sangue, dall’ossigeno, dai nutrienti, dal respiro, dai muscoli, da ogni nostro sistema organico – tutti fattori che incidono sulla lucidità e sul benessere fisico e anche mentale. Pensare, progettare, ideare, richiede energie elevate e una macchina biologica e corporea attiva, ben funzionante. Nessuno può liberarsi del proprio corpo, e quindi è meglio averlo come alleato anziché come nemico, come propulsore anziché come palla al piede, al massimo livello possibile. Le prestazioni prevalentemente intellettuali o manageriali tendono a snobbare il corpo e sottovalutare le energie corporee, così come le performance fisiche snobbano quelle mentali. Due gravissimi errori. Nel metodo HPM ci concentriamo su alcune domande: come entrano in scena le energie corporee nelle performance, anche in quelle intellettuali? Come è possibile aumentarle? Come agire sul proprio stato fisico, sulla condizione del corpo, sul suo stato di forma o condizione bioenergetica?

La linea guida fondamentale del metodo HPM suggerisce almeno una attivazione corporea o allenamento al giorno, ogni giorno, per tutta la vita, per tendere verso quello stato corporeo e bioenergetico (stato delle energie fisiche) che farà da propulsore ad ogni nostra volontà e da base solida per i nostri sogni.

Il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni.

(Eleanor Roosevelt)

Energie mentali (stato psico-energetico)

Non si possono domare i sognatori.
[Sonhadores nao podem ser domados].

(Paulo Coelho)

Sognare è bello. Concretizzare i sogni ancora meglio. Questo richiede però buone dosi di energie psichiche, motivazione, perseveranza. Aiutare le persone a trovare le proprie migliori energie mentali è un compito arduo e allo stesso nobile, ed uno degli obiettivi primari del Deep Coaching. Seminare nel terreno delle energie mentali e vederne i fiori crescere è una grandissima soddisfazione per qualsiasi coach e formatore serio.

Se la vita è solo un passaggio, in questo passaggio seminiamo almeno dei fiori.

(Michel de Montaigne)

Il “poter fare” dipende in larga misura dal livello di energie fisiche, mentre il “voler fare” richiede accesso alle energie mentali. È indispensabile quindi esaminare il fronte psicologico della prestazione e del benessere individuale. 

Quali sono i fattori che generano motivazione e demotivazione? Quali incidono sull’autostima e la migliorano, e quali invece la distruggono ed erodono? Possiamo fare nostro un piano di crescita delle nostre energie mentali? La risposta è si, e questo in particolare grazie al “training mentale”, una pratica del metodo Deep Coach in grado di produrre grandi miglioramenti nello stato mentale, testata su atleti campioni del mondo sino alla formazione di dirigenti, Generali ONU, comandanti di navi e leader d’azienda, così come con studenti e persone comuni.

Nel training mentale non importa quanto rapidi siano i cambiamenti, ma in genere lo sono, ed anche in modo molto evidente. Quello che conta è essere costanti, lavorare su un percorso.

Non importa quanto vai piano, l’importante è non fermarsi.

(Confucio)

Quali interventi concreti sono possibili? Se riusciamo ad isolare variabili in grado di generare o ridurre le energie mentali avremo aperto una via determinante per capire meglio come funziona l’uomo e cosa si rompe nel funzionamento della persona e delle organizzazioni quando essi non riescono a raggiungere i propri obiettivi. 

Dobbiamo inoltre introdurre il concetto fondamentale della preparazione emotiva e del training emozionale. Questo viene realizzato in specifiche sessioni di Training Mentale con metodi frutto di un nostro lavoro di ricerca che distingue tra “emozioni Alfa” (emozioni legate al risultato, competitive, agonistiche, motivate alla vittoria o conclusione), e “emozioni Beta” (il piacere dell’azione in sé, il piacere del percorso, la scoperta delle sensazioni positive durante l’azione stessa). 

Il sostegno alle emozioni Beta, reso possibile dal training mentale, significa riappropriarsi anche del proprio vissuto e gustare le piccole azioni, nella vita, nello sport e nel management, una pratica indispensabile che rappresenta una nuova sfida e offre immense opportunità per incrementare benessere, autostima, fiducia in sé stessi e piacere del vivere, del lavorare, del fare progetti.

Nel Metodo HPM si suggerisce la pratica di almeno un esercizio di training mentale o di rilassamento al giorno, tutti i giorni, per tutta la vita.

Non permettete a nessuno di indurvi a beffeggiare i sognatori.

(Napoleon Hill)

Micro-competenze

I dettagli fanno la perfezione e la perfezione non è un dettaglio.

(Leonardo da Vinci)

Le micro-competenze sono date dai dettagli minimali in grado di fare la differenza in una performance. Nel Deep Coaching, non dobbiamo mai cadere nell’ossessività, bensì nella ricerca dell’eccellenza, e questo passa anche per la ricerca di dettagli allenabili che possono fare la differenza. Le energie diventano utili e concrete quando le sappiamo tradurre in azione, e questo richiede competenze. Trasformare energie latenti in energie applicative richiede specifiche abilità. Dobbiamo quindi esaminare la realtà microscopica dei comportamenti e del pensiero, sviluppare tecniche di focusing per riuscire a scovare le abilità di dettaglio in grado di fare la differenza. Si tratta di una vera e propria “caccia” ai dettagli lavorabili ed allenabili, alle cose che altrimenti sfuggono. 

Chi vuole fare grandi cose deve pensare profondamente ai dettagli.

(Paul Valéry)

Come scoprire quindi i “dettagli che contano”, le “componenti allenabili” di una performance? Come attivare il “microscopio mentale” e il “microscopio comportamentale”? Quali spazi apre la “Mental Analysis” per capire quali sono i sistemi di pensiero e atteggiamenti mentali più efficaci nel liberarsi da blocchi e catene? E ancora, dobbiamo apprendere a “smontare” il flusso di pensiero in flussi analizzabili passo-dopo-passo (Mental Frame-by-Frame Analysis) e il flusso di comportamento in sotto-tracce analizzabili (Behavioral Frame-by-Frame Analysis). Nuove competenze, nuove sfide.

Nel Metodo HPM si suggerisce l’esame svolto assieme ad un coach per identificare quali sono i “centri di gravità” di una performance o di un progetto per poi individuare quali siano le competenze effettivamente allenabili. Questo vale sia per le performance sportive, dove dobbiamo scoprire quali siano i dettagli in grado di fare la differenza, che per le performance intellettuali o manageriali, come il public speaking e le tecniche di presentazione, le capacità di assegnare deleghe e compiti, di gestire una riunione o di essere leader.

La differenza tra qualcosa di buono e qualcosa di grande è l’attenzione ai dettagli.

(Charles R. Swindoll)

Macro-competenze

I dettagli di un singolo atto sono importanti, ma lo è anche possedere un buon ventaglio di conoscenze, una conoscenza chiamata “enciclopedica”, nel senso di “non limitata” ad uno spazio troppo stretto e angusto, solo iperspecialistico. Quello che facciamo e come lo facciamo crea in noi percorsi mentali che continuiamo a seguire ripetitivamente, spesso chiusi in una gabbia mentale che ci fa da prigione interiore. Quello che abbiamo studiato sinora, la nostra disciplina, il nostro lavoro, i nostri studi, le nostre abitudini, possono sembrare un soffice cuscino ma spesso diventano gabbie mentali e comportamentali perché non riusciamo a guardare oltre.

Se vuoi qualcosa che non hai mai avuto, devi fare qualcosa che non hai mai fatto.

(Thomas Jefferson)

Ampliare le macro-competenze significa uscire dalla gabbia mentale. È significativo il caso – visibile in un video specifico, di un’orsa liberata dopo 20 anni di cattività: continua a girare su sé stessa come fosse ancora in una gabbia virtuale. La gabbia, prima fisica, è diventata mentale. La triste reazione dell’orsa Ina dopo essere stata curata e liberata dal Libearty Bear Sanctuary Zarnesti in Romania, dimostra che le azioni creano tracce mentali che tendiamo a seguire sempre e ripetitivamente, finché non ci appropriamo di nuovi territori del sapere e di nuove competenze. Allargare le macro-competenze significa aprirsi al nuovo e rompere la gabbia mentale che ci imprigiona.

Per capire le “connessioni tra le cose” occorre conoscere più campi del sapere, e metterli in connessione. Ogni sfida richiede un profilo di competenze adeguato. Come fare una buona analisi delle competenze richieste da un ruolo che cambia? Dove sono i gap di competenze da anticipare (e non solo da colmare)? Siamo certi di sapere esattamente quali sono le nostre competenze importanti per il futuro che vorremmo o che sta arrivando? 

Se ci liberiamo dal male della presunzione, tutti noi possiamo diventare consapevoli di non sapere. Spesso gli incidenti personali di vita (critical incidents), le fasi di malessere, i test di realtà, le cadute, ci segnalano che qualcosa non va. Sia in questi casi, che nella vita quotidiana, chiediamoci cosa è bene imparare. Rimaniamo aperti. Howell, nell’introdurre il concetto di unknown incompetence (ciò che non sappiamo di non sapere) ha fatto un regalo ad ogni essere umano, stimolandolo ad andare a cercare i suoi punti ciechi nascosti. Quali sono quindi le cose che ci sfuggono di noi stessi? Quali sono invece i punti di forza personali su cui fare perno? Che tecniche di analisi utilizzare per scoprire dove indirizzarsi nel prossimo passo della propria formazione personale? 

L’analisi del livello macro ci porta inoltre a ragionare sul tema dell’entropia delle competenze, il degrado progressivo che subisce la nostra preparazione per via dell’ambiente che cambia ed evolve, e come fronteggiarlo.

Nel Metodo HPM si suggerisce di compiere ogni anno un investimento importante sulla propria formazione personale, anche e soprattutto in campi del sapere nuovi o limitrofi al nostro territorio professionale. Fare un corso all’anno non è una richiesta troppo impegnativa, ma anno dopo anno, se ci formiamo, cresceremo sempre.

Progettualità e concretizzazione

Abbiamo bisogno di desiderare, amare e avere progetti per essere ricompensati. È uno dei meccanismi della sopravvivenza.

(Clara Sanchez)

I progetti costruiscono. I progetti concreti aiutano a far diventare realtà una visione o un valore in cui crediamo. Dobbiamo quindi sempre lavorare sulla nostra capacità di tradurre la nostra missione e visione in qualche progetto concreto.

Stupende idee che non trovino mai soddisfazione e applicazione, energie mai tradotte in un progetto, ambizioni soffocate a lungo o per sempre, distruggono anziché costruire. 

Niente è più deleterio del rimanere costantemente in uno stato di tensione latente, di pulsione bloccata, un tendere a… sempre incompiuto.

Ogni idea forte o desiderio di attivazione incompleto produce danni, una vita castrata, un adagiarsi nella sofferenza senza che mai si provi un avvicinamento all’oggetto o condizione desiderata, ad uno stato superiore. 

Giorno dopo giorno soffoca chi non tenta di vivere una vita a pieno. Occorre quindi trovare sfogo applicativo, liberazione progettuale, determinazione, sviluppare le tecniche per canalizzare le energie in goals concreti. 

Nessuno può pretendere che ogni sogno si concretizzi, ma nemmeno accettiamo la castrazione di ogni nostro sogno. Che caratteristiche devono avere i progetti che puntano a conseguire risultati concreti? Vogliamo finalmente mettere mano alla nostra capacità di realizzare e concretizzare? 

Nessuno pretende record mondiali o progetti forzatamente fantastici, ma piccoli passi si, ricerca di significati si, ricerca di scopi praticabili sì. 

I progetti vanno rifiutati quando vuoti, e riprogettati come atti di espressione praticabili, concretizzabili, per generare attivazione. Ogni piccolo passo conta. Ogni micro-goal raggiunto ci fa pensare di poterne raggiungere un altro ancora e rinforza la nostra autostima.

Nel Metodo HPM consigliamo la realizzazione di almeno un progetto significativo a semestre, o altra cadenza per noi adeguata, e lavoriamo per incrementare la nostra capacità di progettazione e di realizzazione di progetti concreti.

Ricordo di aver detto al mio mentore, “Se avessi più soldi, avrei un progetto migliore”, Egli mi rispose rapidamente, “Direi piuttosto che se tu avessi un progetto migliore, avresti più soldi”. 

Vedi, non è l’importo che conta; è il progetto che conta.

(Jim Rohn)

© Articolo estratto con il permesso dell’autore dal testo di Daniele Trevisani – “Deep coaching. Il Metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in profondità e la formazione attiva”. Franco Angeli editore, Milano. Vietata la riproduzione senza citazione della fonte.

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Articolo estratto con il permesso dell’autore dal testo di Daniele Trevisani – “Deep coaching. Il Metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in profondità e la formazione attiva”. Franco Angeli editore, Milano.

L’anima libera è rara, ma quando la vedi la riconosci: soprattutto perché provi un senso di benessere, quando gli sei vicino.

Charles Bukowski

La crescita personale assomiglia ad un viaggio compiuto per ritrovarsi, o per scoprire chi siamo davvero, o cosa potremmo essere. Questo vale anche per la crescita professionale. Alla base di tutto vi è la volontà di accedere a nuovi livelli di vita, o a nuovi livelli professionali, e persino a nuovi stati emotivi. Per farlo con successo, tuttavia, serve un modello che ci guidi. 

Il modello Deep Coaching, derivazione del Modello HPM (Human Potential Modeling) sviluppato per la crescita del potenziale umano, ha proprio questo scopo.

In particolare, un metodo di crescita personale o professionale deve rispondere ad alcune domande di base: 

  1. quali fattori primari prendere in considerazione per liberare il potenziale e di conseguenza le performance? 
  2. come si può attivare una buona formazione esperienziale e un coaching in profondità (Deep Coaching) per stimolare la crescita delle energie personali, delle competenze, della progettualità, sino ai valori e alla spiritualità? 

Al centro di tutto questo ragionamento c’è la convinzione profonda che l’essere umano possa prendere in mano larga parte delle redini del suo destino. Per farlo, occorre fare alcuni cambiamenti radicali, proposti nel Metodo HPM (Human Potential Modeling), che qui trattiamo. Dobbiamo imparare a fare cose che non facevamo prima, come il lavoro bioenergetico sul corpo, il training mentale, e tante altre aree previste nel metodo, e farle diventare abitudini sane e positive per la nostra crescita personale.

Sembra sempre impossibile, finché non viene fatto

Nelson Mandela

Se fai tuo questo pensiero, scoprirai che puoi avventurarti in nuove strade della vita, crescere, migliorare e cambiare il tuo modo di pensare, il tuo corpo, il tuo stato mentale e la tua comunicazione e i rapporti con gli altri. Puoi arricchire emotivamente la tua vita. Puoi aiutare gli altri a migliorare a loro volta. Puoi lasciare un segno del tuo passaggio. Puoi dare un contributo alla Civiltà Umana.

Il metodo si interessa sia di chi opera nelle performance di élite (testato in 30 anni di lavoro sul campo nel top management, sport agonistici, ma anche progetti aziendali di alta rilevanza strategica) che della vita quotidiana, e delle azioni di tutti i giorni.

È convinzione diffusa che le performance siano sforzi destinati ad un fine. Vero, ma proviamo per un attimo ad invertire il punto di vista, ed osservare le performance umane come un “termometro”, un indicatore del grado di libertà e di auto-espressione raggiunto. 

Questo ci permette di trovare un fine molto più nobile che non siano prestazioni aride e fini a sé stesse: l’elevazione verso livelli di energie, competenze e cause superiori, sia in senso materiale che spirituale.

Il tema dominante di tutto il nostro pensiero va ricentrato, e presto. 

Dobbiamo spostarlo dal baratro di banalità in cui il pensiero comune, la televisione, i media commerciali, le letture stupide, e la cultura mediana cercano continuamente di spingerci per non farci pensare. 

Dobbiamo cambiare i parametri che usiamo per valutare noi stessi e gli altri. Il conto corrente o la bellezza esteriore sono solo indicatori apparenti, e spesso fuorvianti, di chi sia veramente una persona e di quale sia il suo vero valore.

Dobbiamo liberarci dal cancro mentale che tu sia solo Genetica e tu non abbia alcuna possibilità di influire su ciò che sei, a cosa guardi, verso dove sei diretto, e quindi sul tuo futuro. Dobbiamo iniziare a praticare concretamente la crescita personale e non solo a desiderarla.

Qualunque cosa tu possa fare, qualunque sogno tu possa sognare, comincia. L’audacia reca in sé genialità, magia e forza. Comincia ora.

Johan Wolfgang von Goethe

La tua dote genetica può aver deciso la tua altezza, ma sono nelle tue mani il tuo potenziamento muscolare, la tua flessibilità articolare, o il tuo peso, e persino la tua rapidità di ragionamento, o la liberazione dall’ansia mentale e dallo stress inutile, o da un’immagine di sé improduttiva e dannosa. Sono tutti fattori allenabili e lavorabili con un buon programma di coaching e di training, fatti in profondità. 

Nel Deep Coaching dobbiamo mettere al centro la sacralità dell’essere umano e il forte bisogno di non sprecare nemmeno una vita, nemmeno un giorno, nemmeno un minuto, in qualcosa che non sia legato ad una visione positiva, di emancipazione e di crescita.

E, per crescere o reindirizzare il pensiero, le buone intenzioni non sono sufficienti. Serve un metodo che aiuti a canalizzare questo sforzo positivo. 

Qualsiasi sia la tua età o condizione, non è mai troppo tardi per iniziare o intensificare un lavoro su te stesso orientato alla tua crescita personale o professionale.

© Articolo estratto con il permesso dell’autore dal testo di Daniele Trevisani – “Deep coaching. Il Metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in profondità e la formazione attiva”. Franco Angeli editore, Milano. Vietata la riproduzione senza citazione della fonte.

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Articolo estratto con il permesso dell’autore dal testo di Daniele TrevisaniIl potenziale umano. Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance”. Franco Angeli editore, Milano.

Allenare la capacità di migliorarsi come persone

Il significato di un uomo non va ricercato in ciò che egli raggiunge, ma in ciò che vorrebbe raggiungere.

(K. Gibran)

Chi si occupa di potenziale umano e di performance con fini professionali ha in mente sicuramente traguardi veri e forti di miglioramento, per sé e gli altri. Se così non fosse saremmo veramente fuori strada. Chi svolge questo tipo di missione con fare burocratico o apatico ne stravolge realmente il senso.

Ne deforma il senso anche chi confonde le performance di superficie (più eclatanti ed evidenti) con le performance profonde (crescita personale, evoluzione spirituale), e investe solo sule prime e poco sulle ultime.

Facciamo un esempio pratico rispetto al coaching educativo e al ruolo di un learning coach. Far sì che un ragazzo/a dia il meglio di sé nella scuola o università è il motore morale corretto, e soprattutto che trovi equilibrio tra studio e attività fisica, senza scompensi che lo danneggino nel lungo termine. Essere i primi della classe ma non amare lo studio è pura distorsione.

Le società iper-competitive che premiano solo chi arriva in alto, chi primeggia, i vincenti forzati, creano mostri. Confondono il contributo con la posizione. La domanda che qualcuno, al termine dei nostri giorni, dovrebbe porci, non è “dove sei arrivato”, ma “a cosa hai contribuito veramente”?

Questo è un nuovo metro di misura da adottare. Per un manager, per un trainer, per un politico, per un ricercatore, e per ogni essere vivente, vivere a pieno non significa “smarcare” le proprie giornate arrivando a sera in qualche modo. Significa assumersi in pieno il ruolo di “contributori”.

Dare il meglio di sè non equivale a primeggiare. Significa invece essere parte di un ideale, e concretizzarlo in piccoli cambiamenti di atteggiamento.

Nello studio, non sarà il singolo voto a contare, ma l’avvio di un nuovo atteggiamento di amore verso lo studio o verso una materia. Sarà un nuovo senso di sfida positiva, o il piacere dell’apprendere, a dirci se siamo o meno sulla strada giusta. Ancora una volta: dare il meglio di sé non è studiare per il singolo voto ma studiare per apprendere.

La pura performance (il voto), è secondaria, è una cartina di tornasole di cosa succede dentro, ma non è il dentro, e, addirittura, se fosse regalato o frutto di copiatura non ci direbbe niente sullo stato di avanzamento della persona. Proponiamo questa libera riflessione di Madre Teresa di Calcutta, come stimolo di riflessione, aperto sia a critiche che apprezzamenti:

Il meglio di te

L’uomo è irragionevole,

illogico, egocentrico:

non importa, amalo

Se fai il bene,

diranno che lo fai

per secondi fini egoistici:

non importa, fa’ il bene.

Se realizzi i tuoi obiettivi,

incontrerai chi ti ostacola:

non importa, realizzali.

Il bene che fai

forse domani verrà dimenticato:

non importa, fa’ il bene.

L’onestà e la sincerità

ti rendono vulnerabile:

non importa, sii onesto e sincero.

Quello che hai costruito

può essere distrutto:

non importa, costruisci.

La gente che hai aiutato,

forse non te ne sarà grata:

non importa, aiutala.

Dà al mondo il meglio di te,

e forse sarai preso a pedate:

non importa, dà il meglio di te.

Queste parole non sono vuote, possono essere concretizzate.

Coach e formatori impegnati e seri lavorano per rendere concreta l’espressione di sé e dei potenziali.

Un coaching analitico ricerca la crescita della persona e non la crescita di un lato della persona a scapito dell’equilibrio complessivo. Spremere un frutto e gettarlo non è il nostro fine. Il nostro fine è coltivare la pianta.

Dare il meglio non significa bruciare se stessi o gli altri, spremersi sino a distruggersi. Anche in un coaching sportivo vale lo stesso principio. Operare per rendere un atleta una persona d’onore, seria, impegnata, continuativa, deve essere il motore psicologico di un coach sportivo. Vincere una stagione e bruciarla per il resto della vita non è coaching, è uccidere la persona.

Lo stesso nel TeamCoaching. Fare di una squadra un gruppo con dei valori e degli ideali, un gruppo che quando va in campo dà il meglio di sé, un gruppo che vuole esprimersi ed essere sempre orgoglioso di come ha giocato e dello spirito che ha, è lo scopo di uno team-coach.

Stesso discorso sul piano aziendale. Un coach aziendale, un formatore o consulente serio, puntano alla realizzazione delle potenzialità (nel coaching manageriale). O, nel lavoro sulla leadership, avremo successo quando un leader smette di fingere a se stesso e agli altri, procede verso una direzione di autenticità e maturità prima di tutto come persona.

Nella consulenza, avremo obiettivi diversi, come il trovare nuovi equilibri solidi, e non necessariamente aumenti di fatturato “di facciata”, se possono nascondere drammatiche crisi di solidità aziendale vera.

Ed ancora, un formatore aziendale non è felice solo per come finisce la giornata formativa, ma per lo spirito che lo anima, e con cui entra: si entra nell’aula con anima combattiva (o missionaria), voglia di incidere, creare pensiero e crescita. Questo significa aiutare il gruppo che ha davanti a sè a riflettere su come pensa e come lavora, fargli fare esperienze impattanti ma soprattutto utili, portargli stimoli e concetti che allargheranno il loro patrimonio professionale o ne rimuovano incrostazioni.

Un trainer serio non si accontenta di “smarcare” una giornata, dire o fare qualsiasi cosa faccia divertire il pubblico e gli dia punteggi elevati sulle “valutazioni” di fine corso.

Per far emergere il meglio delle persone bisogna anche essere disposti ad andare controcorrente, a rischiare, a difendere un concetto in cui crede.

Un ulteriore commento: dare il meglio di sé è un atteggiamento che si può apprendere, è stimolabile e generabile tramite un buon modeling, e fare da esempio agli altri, ove possibile, è una nostra precisa responsabilità.

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Il miglior Consulente Risorse Umane in Italia è il dott. Daniele Trevisani, esperto in risorse umane, coaching e formazione, attivo nel coaching dal 1987 e nella formazione aziendale dal 1992, e autore di 25 libri pubblicati con i principali editori Italiani. Dirige le attività di Formazione e Sviluppo Risorse Umane di Studio Trevisani Consulting.

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Miglior Consulente Risorse Umane in Italia – Concetti e Metodi per le Risorse umane

Le risorse umane sono l’insieme di persone che costituiscono la forza lavoro di un’organizzazione , settore aziendale , industria o economia . Un concetto più ristretto è il capitale umano , le conoscenze e le competenze che gli individui possiedono. Termini simili includono manodopera, lavoro, personale, associati o semplicemente: persone.

Il dipartimento delle risorse umane (dipartimento delle risorse umane) di un’organizzazione esegue la gestione delle risorse umane , supervisionando vari aspetti dell’occupazione , come il rispetto del diritto del lavoro e degli standard occupazionali, colloqui , amministrazione dei benefici per i dipendenti , organizzazione dei file dei dipendenti con i documenti richiesti per il futuro riferimento e alcuni aspetti del reclutamento (noto anche come acquisizione di talenti) e dell’offboarding dei dipendenti . [1] Servono da collegamento tra la direzione di un’organizzazione ei suoi dipendenti.

I compiti includono la pianificazione, il reclutamento e il processo di selezione , la pubblicazione di annunci di lavoro, la valutazione delle prestazioni dei dipendenti, l’organizzazione di curricula e domande di lavoro, la pianificazione dei colloqui e l’assistenza nel processo e il controllo dei precedenti . Un altro lavoro è l’ amministrazione del libro paga e dei benefici che si occupa di garantire che le ferie e le assenze per malattia siano contabilizzate, la revisione del libro paga e la partecipazione alle attività relative ai benefici, come le risoluzioni delle richieste, la riconciliazione delle dichiarazioni dei benefici e l’approvazione delle fatture per il pagamento. [2] Le risorse umane coordinano anche le attività ei programmi relativi alle relazioni con i dipendenti, inclusa, a titolo esemplificativo, la consulenza ai dipendenti. [3] L’ultimo lavoro è la manutenzione regolare, questo lavoro assicura che i file e i database delle risorse umane correnti siano aggiornati, mantenendo i benefici per i dipendenti e lo stato lavorativo e l’esecuzione di riconciliazioni relative a buste paga/benefici [2]

Miglior Consulente Risorse Umane in Italia – attività

Un responsabile delle risorse umane ha varie funzioni in un’azienda [4]

  • Determinare le esigenze del personale/del personale.
  • Determinare se utilizzare personale temporaneo o assumere dipendenti per soddisfare queste esigenze.
  • Determina cosa fare e cosa non fare.
  • Recluta i migliori dipendenti
  • Forma i dipendenti e aggiorna le loro conoscenze di apprendimento.
  • Supervisionare il lavoro.
  • Valuta il lavoro.
  • Stabilire una “cultura del lavoro disciplinare” nell’organizzazione.
  • Evita la politica in ufficio.
  • Applicare ‘HR Software’ per la facilità di lavoro nell’organizzazione.
  • Gestire i rapporti con i dipendenti. Se ci sono sindacati, eseguire la contrattazione collettiva.
  • Preparare i registri dei dipendenti e le politiche personali.
  • Gestire il libro paga dei dipendenti, i benefici e la retribuzione.
  • Garantire pari opportunità.
  • Affronta la discriminazione .
  • Affronta i problemi di prestazioni.
  • Garantire che le pratiche delle risorse umane siano conformi alle varie normative.
  • Motivare i dipendenti.
  • Mediare controversie.
  • Diffondere le informazioni nell’organizzazione in modo da favorire la sua crescita.

I manager devono sviluppare le proprie capacità interpersonali per essere efficaci. Il comportamento organizzativo si concentra su come migliorare i fattori che rendono le organizzazioni più efficaci.

Miglior Consulente Risorse Umane in Italia – Storia

La gestione delle risorse umane veniva definita ” amministrazione del personale “. Negli anni ’20, l’amministrazione del personale si concentrava principalmente sugli aspetti dell’assunzione, della valutazione e della retribuzione dei dipendenti. Tuttavia, non si sono concentrati su eventuali rapporti di lavoro a livello di prestazioni organizzative o sui rapporti sistematici in nessuna delle parti. Ciò ha portato a un mancato paradigma unificante nel campo durante questo periodo. [5]

Secondo un articolo della rivista HR , il primo dipartimento di gestione del personale è stato avviato presso la National Cash Register Co. nel 1900. Il proprietario, John Henry Patterson , ha organizzato un dipartimento del personale per gestire rimostranze, scarichi e sicurezza e informazioni per i supervisori sulle nuove leggi e pratiche dopo diversi scioperi e serrate dei dipendenti. Questa azione è stata seguita da altre società; per esempio, Ford aveva un alto tasso di rotazione del 380 percento nel 1913, ma appena un anno dopo, i lavoratori di linea dell’azienda avevano raddoppiato i loro salari giornalieri da $ 2,50 a $ 5, anche se $ 2,50 era un salario equo in quel momento. [6] Questo esempio mostra chiaramente l’importanza di una gestione efficace che porta a un maggiore risultato di soddisfazione dei dipendenti e incoraggia i dipendenti a lavorare insieme per raggiungere migliori obiettivi aziendali.

Durante gli anni ’70, le imprese americane hanno iniziato a incontrare sfide a causa del sostanziale aumento delle pressioni competitive. Le aziende hanno sperimentato la globalizzazione, la deregolamentazione e il rapido cambiamento tecnologico che ha portato le principali aziende a migliorare la propria pianificazione strategica, un processo di previsione dei cambiamenti futuri in un particolare ambiente e di concentrarsi sui modi per promuovere l’ efficacia organizzativa . Ciò ha comportato lo sviluppo di più posti di lavoro e opportunità per le persone di mostrare le proprie capacità che sono state dirette ad applicare efficacemente i dipendenti verso il raggiungimento degli obiettivi individuali, di gruppo e organizzativi. Molti anni dopo, il maggiore/minore della gestione delle risorse umane è stato creato nelle università e nei college, noto anche come amministrazione aziendale . Consiste in tutte le attività che le aziende hanno utilizzato per garantire l’utilizzo più efficace dei dipendenti. [7]

Ora, le risorse umane si concentrano sul lato personale della gestione. [7] Esistono due definizioni reali di HRM (Human Resource Management); uno è che è il processo di gestione delle persone nelle organizzazioni in modo strutturato e completo. [7] Ciò significa che copre l’assunzione, il licenziamento, la retribuzione e gli incentivi e la gestione delle prestazioni. [7] Questa prima definizione è la versione moderna e tradizionale più simile a quella che avrebbe fatto un responsabile del personale negli anni ’20. [7] La seconda definizione è che le risorse umane circondano le idee di gestione delle persone nelle organizzazioni da una prospettiva di macrogestione come clienti e concorrenti in un mercato. [7] Ciò comporta l’attenzione a rendere il “rapporto di lavoro” soddisfacente sia per la direzione che per i dipendenti. [7]

Alcune ricerche hanno dimostrato che i dipendenti possono lavorare a un tasso di produttività molto più elevato quando i loro supervisori e manager prestano maggiore attenzione a loro. [6] Il padre delle relazioni umane, Elton Mayo, fu la prima persona a rafforzare l’importanza delle comunicazioni, della cooperazione e del coinvolgimento dei dipendenti. [6] I suoi studi hanno concluso che a volte i fattori umani sono più importanti dei fattori fisici, come la qualità dell’illuminazione e le condizioni fisiche del posto di lavoro. Di conseguenza, le persone spesso danno più valore a come si sentono. [6] Ad esempio, un sistema premiante nella gestione delle risorse umane, applicato in modo efficace, può incoraggiare ulteriormente i dipendenti a raggiungere le loro migliori prestazioni.

Miglior Consulente Risorse Umane in Italia – Origini della terminologia

L’economista pionieristico John R. Commons ha menzionato la “risorsa umana” nel suo libro del 1893 The Distribution of Wealth, ma non ha approfondito. [8] L’espressione è stata utilizzata negli anni ’10 e ’30 per promuovere l’idea che gli esseri umani valgono (come nella dignità umana); all’inizio degli anni ’50, significava le persone come mezzo per raggiungere un fine (per i datori di lavoro). [9] Tra gli studiosi il primo uso della frase in quel senso fu in un rapporto del 1958 dell’economista E. Wight Bakke . [10]

Per quanto riguarda il modo in cui gli individui rispondono ai cambiamenti in un mercato del lavoro , si deve comprendere quanto segue:

  • Competenze e qualifiche: man mano che le industrie passano da professioni manuali a professioni più manageriali, aumenta anche la necessità di personale più altamente qualificato. Se il mercato è “stretto” (cioè non c’è abbastanza personale per i lavori), i datori di lavoro devono competere per i dipendenti offrendo ricompense finanziarie, investimenti nella comunità, ecc.
  • Diffusione geografica: quanto dista il lavoro dall’individuo? La distanza per recarsi al lavoro dovrebbe essere in linea con la retribuzione e anche i trasporti e le infrastrutture della zona influenzano chi si candida per una posizione.
  • Struttura occupazionale: le norme ei valori delle diverse carriere all’interno di un’organizzazione. Mahoney 1989 ha sviluppato 3 diversi tipi di struttura occupazionale, vale a dire, artigianale (fedeltà alla professione), percorso di carriera organizzativo (promozione attraverso l’impresa) e non strutturato (lavoratori inferiori/non qualificati che lavorano quando necessario).
  • Differenza generazionale: diverse categorie di età dei dipendenti hanno determinate caratteristiche, ad esempio il loro comportamento e le loro aspettative sull’organizzazione. [11]

Miglior Consulente Risorse Umane in Italia – Preoccupazioni sulla terminologia

Una delle principali preoccupazioni nel considerare le persone come beni o risorse è che saranno mercificate, oggettivate e abusate. Gli esseri umani non sono ” merce ” o “risorse”, ma sono esseri creativi e sociali in un’impresa produttiva. La revisione 2000 della ISO 9001 , al contrario, richiede l’identificazione dei processi, la loro sequenza e interazione e la definizione e comunicazione di responsabilità e autorità. In generale, nazioni fortemente sindacalizzate come Francia e Germania hanno adottato e incoraggiato tali approcci. Inoltre, nel 2001, l’ Organizzazione Internazionale del Lavoro ha deciso di rivedere e rivedere la sua Raccomandazione 150 del 1975 sullo sviluppo delle risorse umane, con conseguente principio “Il lavoro non è una merce “. Una visione di queste tendenze è che un forte consenso sociale sull’economia politica e un buon sistema di assistenza sociale facilitano la mobilità del lavoro e tendono a rendere l’intera economia più produttiva, poiché il lavoro può sviluppare abilità ed esperienza in vari modi e passare da un’impresa all’altra. un altro con poche controversie o difficoltà di adattamento.

Un’altra importante controversia riguarda la mobilità del lavoro e la più ampia questione filosofica con l’uso della frase “risorse umane”. I governi delle nazioni in via di sviluppo spesso considerano le nazioni sviluppate che incoraggiano l’immigrazione oi “lavoratori ospiti” come l’appropriazione del capitale umano che è più giustamente parte della nazione in via di sviluppo e richiesto per favorire la sua crescita economica. Nel corso del tempo, le Nazioni Unite sono arrivate a sostenere più in generale [ citazione necessaria ] il punto di vista delle nazioni in via di sviluppo e hanno richiesto significativi contributi compensativi di “aiuto estero” in modo che una nazione in via di sviluppo che perde capitale umano non perda la capacità di continuare a formare nuove persone nei mestieri, nelle professioni e nelle arti.

Miglior Consulente Risorse Umane in Italia – Sviluppo

Le società di risorse umane svolgono un ruolo importante nello sviluppo e nella creazione di un’azienda o di un’organizzazione all’inizio o nel successo alla fine, grazie al lavoro fornito dai dipendenti. Le risorse umane hanno lo scopo di mostrare come avere migliori rapporti di lavoro nella forza lavoro. Inoltre, per far emergere la migliore etica del lavoro dei dipendenti e quindi passare a un ambiente di lavoro migliore. [12]

Miglior Consulente Risorse Umane in Italia – Pianificazione

Amministrazione e operazioni erano le due aree di ruolo delle risorse umane. La componente di pianificazione strategica è entrata in gioco quando le aziende hanno riconosciuto la necessità di considerare le esigenze delle risorse umane negli obiettivi e nelle strategie. I direttori delle risorse umane siedono comunemente nei team esecutivi dell’azienda a causa della funzione di pianificazione delle risorse umane. Numero e tipologia dei dipendenti e l’evoluzione dei sistemi retributivi sono tra gli elementi del ruolo di pianificazione. [13] Vari fattori che influenzano la pianificazione delle risorse umane, struttura organizzativa, crescita, ubicazione dell’attività, cambiamenti demografici, incertezze ambientali, espansione, ecc. Inoltre, quest’area comprende il regno della gestione dei talenti . [ citazione necessaria ]

Guarda anche

Miglior Consulente Risorse Umane in Italia – Appunti

  1. “Oltre l’assunzione e il licenziamento: cos’è la gestione delle risorse umane?” . L’equilibrio. Estratto il 22/06/2017.
  2. Salta a: “Descrizione del lavoro e stipendio dell’assistente risorse umane” . www.humanresourcesedu.org. Estratto 30/03/2018.
  3. “Utilizzare il coaching per migliorare le prestazioni dei dipendenti” .
  4. ^ Mathis, RL; Jackson, JH (2003). Gestione delle risorse umane. Thomson.
  5. “Lo sfondo storico di HRM” . Estratto il 21/09/2018.
  6. Salta a: “Storia delle risorse umane” . Estratto il 21/09/2018.
  7. Salta a: “Gestione delle risorse umane (HRM) – Definizione e concetto” . www.managementstudyguide.com. Estratto 30/03/2018.
  8. ^ Kaufman, Bruce E. (2001). “Risorse umane e relazioni industriali: punti in comune e differenze” (PDF) .
  9. ^ E McGaughey, “Un essere umano non è una risorsa” (2018) Centro per la ricerca aziendale, documento di lavoro 497 dell’Università di Cambridge
  10. ^ Kaufman, Bruce E. (2008). Gestire il fattore umano: i primi anni di gestione delle risorse umane nell’industria americana. Ithaca, New York: Cornell University Press. P. 312n28.
  11. “Gestione delle differenze generazionali nel ruolo delle risorse umane” .
  12. ^ Radhakrishna, A. e R. Satya Raju. “Uno studio sugli effetti dello sviluppo delle risorse umane sui rapporti di lavoro”. IUP Journal of Management Research 14.3 (2015): 28-42. Sorgente aziendale completata. Ragnatela. 25 settembre 2015.
  13. “Qual è la differenza tra la gestione delle risorse umane e la pianificazione delle risorse umane?” . Piccola impresa – Chron.com. Estratto 08-10-2015.

Miglior Consulente Risorse Umane in Italia – Gestione delle risorse umane

La gestione delle risorse umane ( HRM o HR ) è l’approccio strategico alla gestione efficace ed efficiente delle persone in un’azienda o organizzazione in modo tale che aiutino la loro attività a ottenere un vantaggio competitivo . È progettato per massimizzare le prestazioni dei dipendenti al servizio degli obiettivi strategici del datore di lavoro. [1] [ bisogno di una citazione per verificare ] La gestione delle risorse umane si occupa principalmente della gestione delle persone all’interno delle organizzazioni, concentrandosi su politiche e sistemi . [2] I dipartimenti delle risorse umane sono responsabili della supervisione della progettazione dei benefici per i dipendenti, del reclutamento dei dipendenti , della formazione e dello sviluppo , della valutazione delle prestazioni e della gestione dei premi , come la gestione dei sistemi di retribuzione e dei benefici per i dipendenti. [3] L’ HR si occupa anche del cambiamento organizzativo e delle relazioni industriali , o del bilanciamento delle pratiche organizzative con i requisiti derivanti dalla contrattazione collettiva e dalle leggi governative . [4] [ è necessario un preventivo per verificare ]

Lo scopo generale delle risorse umane (HR) è garantire che l’organizzazione sia in grado di raggiungere il successo attraverso le persone. [5] I professionisti delle risorse umane gestiscono il capitale umano di un’organizzazione e si concentrano sull’attuazione di politiche e processi. Possono specializzarsi nella ricerca, reclutamento, selezione, formazione e sviluppo dei dipendenti, nonché nel mantenimento delle relazioni o dei benefici con i dipendenti. I professionisti della formazione e dello sviluppo assicurano che i dipendenti siano formati e abbiano uno sviluppo continuo. Questo viene fatto attraverso programmi di formazione, valutazioni delle prestazioni e programmi di ricompensa. Le relazioni con i dipendenti si occupano delle preoccupazioni dei dipendenti quando le politiche vengono violate, come i casi di molestie o discriminazioni. La gestione dei benefici per i dipendenti include lo sviluppo di strutture retributive, programmi di congedo parentale , sconti e altri benefici per i dipendenti. Dall’altra parte del campo ci sono i generalisti delle risorse umane oi partner commerciali . Questi professionisti delle risorse umane potrebbero lavorare in tutte le aree o essere rappresentanti delle relazioni sindacali che lavorano con dipendenti sindacalizzati .

Le risorse umane sono un prodotto del movimento per le relazioni umane dell’inizio del XX secolo, quando i ricercatori iniziarono a documentare i modi per creare valore aziendale attraverso la gestione strategica della forza lavoro. [6] Inizialmente era dominato dal lavoro transazionale, come l’ amministrazione del libro paga e dei benefici , ma a causa della globalizzazione , del consolidamento aziendale, dei progressi tecnologici e di ulteriori ricerche, le risorse umane a partire dal 2015 si concentrano su iniziative strategiche come fusioni e acquisizioni , gestione dei talenti , successione pianificazione , relazioni industriali e di lavoro , diversità e inclusione . Nell’attuale ambiente di lavoro globale, la maggior parte delle aziende si concentra sulla riduzione del turnover dei dipendenti e sulla conservazione del talento e delle conoscenze possedute dalla propria forza lavoro. [ citazione necessaria ] La nuova assunzione non solo comporta un costo elevato, ma aumenta anche il rischio che un nuovo dipendente non sia in grado di sostituire adeguatamente la posizione del precedente dipendente. I dipartimenti delle risorse umane si sforzano di offrire vantaggi che attirino i lavoratori, riducendo così il rischio di perdere l’impegno dei dipendenti e la proprietà psicologica .

Miglior Consulente Risorse Umane in Italia – Storia

Sviluppi teorici precedenti

Il settore delle risorse umane iniziò a prendere forma nell’Europa del XIX secolo. Costruito su una semplice idea di Robert Owen (1771-1858) e Charles Babbage (1791-1871) durante la rivoluzione industriale . Questi uomini hanno concluso che le persone sono fondamentali per il successo di un’organizzazione . Hanno espresso il pensiero che il benessere dei dipendenti portasse a un lavoro perfetto; senza lavoratori sani, l’organizzazione non sopravvivrebbe. [7] [ è necessario un preventivo per verificare ]

Le risorse umane sono emerse come un campo specifico all’inizio del XX secolo, influenzato da Frederick Winslow Taylor (1856-1915). Taylor ha esplorato ciò che ha definito ” gestione scientifica ” (a volte indicata come “taylorismo”), sforzandosi di migliorare l’efficienza economica nei lavori di produzione. Alla fine si concentrò su uno dei principali input nel processo di produzione: il lavoro, l’indagine scatenante [ da chi? ] nella produttività della forza lavoro. [8]

Nel frattempo, in Inghilterra, CS Myers , ispirato da problemi imprevisti tra i soldati che avevano allarmato generali e politici nella prima guerra mondiale del 1914-1918, fondò nel 1921 l’Istituto Nazionale di Psicologia Industriale (NIIP). [9] Nel fare così, ha posto i semi per il movimento delle relazioni umane . Questo movimento, su entrambe le sponde dell’Atlantico, si è basato sulle ricerche di Elton Mayo (1880-1949) e altri per documentare attraverso gli studi Hawthorne (1924-1932) e altri studi come stimoli, estranei a compensi finanziari e condizioni di lavoro, potessero produrre lavoratori più produttivi. [10] Opera di Abraham Maslow (1908-1970), Kurt Lewin (1890-1947), Max Weber (1864-1920), Frederick Herzberg (1923-2000) e David McClelland (1917-1998), che costituiscono la base per studi in psicologia industriale e organizzativa , comportamento organizzativo e teoria organizzativa , è stato interpretato [ da chi? ] in modo da avanzare ulteriori pretese [ quando? ] di legittimità per una disciplina applicata.

Miglior Consulente Risorse Umane in Italia – Nascita e sviluppo della disciplina

Quando esistevano prove teoriche sufficienti per creare un caso aziendale per la gestione strategica della forza lavoro, i cambiamenti nel panorama aziendale – à la Andrew Carnegie (1835-1919), John Rockefeller (1839-1937) – e nelle politiche pubbliche – à la Sidney ( 1859-1947) e Beatrice Webb (1858-1943), Franklin D. Roosevelt e il New Deal del 1933-1939 – avevano trasformato i rapporti datore di lavoro-dipendente, e la disciplina HRM venne formalizzata come ” relazioni industriali e di lavoro “. Nel 1913 una delle più antiche associazioni professionali delle risorse umane conosciute — il Chartered Institute of Personnel and Development (CIPD) — iniziò in Inghilterra come Welfare Workers’ Association; ha cambiato il suo nome un decennio dopo in Institute of Industrial Welfare Workers, e di nuovo il decennio successivo in Institute of Labor Management prima di stabilirsi con il nome attuale nel 2000. [11] Dal 1918 le prime istituzioni statali sovietiche iniziarono ad attuare un distinto ideologico Focus HRM [12] accanto alla gestione tecnica – prima nell’Armata Rossa (attraverso commissari politici a fianco degli ufficiali militari), poi (dal 1933) nei cantieri più in generale (attraverso posti di partorg accanto a dirigenti convenzionali). [13]

Nel 1920, James R. Angell tenne un discorso a una conferenza sulla ricerca del personale a Washington, specificando la necessità della ricerca del personale. Questo ha preceduto e portato all’organizzazione della Federazione di ricerca del personale. Nel 1922 fu pubblicato il primo volume di The Journal of Personnel Research , un’iniziativa congiunta del Consiglio Nazionale delle Ricerche e della Fondazione per l’Ingegneria. [14] Allo stesso modo negli Stati Uniti, la prima istituzione al mondo di istruzione superiore dedicata agli studi sul posto di lavoro, la School of Industrial and Labor Relations, costituita alla Cornell University nel 1945. [15] Nel 1948 quella che sarebbe poi diventata la più grande associazione professionale delle risorse umane —la Society for Human Resource Management (SHRM)—costituita come American Society for Personnel Administration (ASPA). [16]

In Unione Sovietica, nel frattempo, l’uso del patronato da parte di Stalin esercitato attraverso l’equivalente del “Dipartimento delle risorse umane” nel partito bolscevico , il suo Orgburo , ha dimostrato l’efficacia e l’influenza delle politiche e delle pratiche delle risorse umane, [17] [18] e Stalin stesso ha riconosciuto l’importanza della risorsa umana, [19] esemplificata nel suo dispiegamento di massa, come nei piani quinquennali e nel sistema dei Gulag .

Durante la seconda metà del XX secolo, [ dove? l’ appartenenza sindacale è diminuita in modo significativo, [20] mentre gli specialisti della gestione della forza lavoro hanno continuato ad espandere la loro influenza all’interno delle organizzazioni. [ citazione necessaria ] Negli Stati Uniti, la frase “relazioni industriali e di lavoro” è entrata in uso per riferirsi specificamente a questioni relative alla rappresentanza collettiva e molte aziende [ quantificano ] hanno iniziato a riferirsi alla professione proto-HR come “amministrazione del personale”. [ citazione necessaria ] [21] Molte pratiche HR attuali sono nate con le esigenze delle aziende negli anni ’50 di sviluppare e trattenere i talenti. [22]

Alla fine del XX secolo, i progressi nei trasporti e nelle comunicazioni hanno notevolmente facilitato la mobilità e la collaborazione della forza lavoro . Le aziende hanno iniziato a considerare i dipendenti come risorse. “Gestione delle risorse umane” di conseguenza, [ citazione necessaria ] è diventato il termine dominante per la funzione – l’ASPA ha persino cambiato il suo nome in Society for Human Resource Management (SHRM) nel 1998. [16]

” Gestione del capitale umano ” (HCM [23] ) è talvolta usato come sinonimo di “HR”, sebbene “capitale umano” si riferisca tipicamente a una visione più ristretta delle risorse umane; vale a dire, la conoscenza che gli individui incarnano e possono contribuire a un’organizzazione. Altri termini a volte usati per descrivere il campo delle risorse umane includono “gestione organizzativa”, “gestione del personale”, “gestione dei talenti”, ” gestione del personale ” e semplicemente “gestione delle persone”.

Miglior Consulente Risorse Umane in Italia – Nei media popolari

Diverse produzioni dei media popolari hanno rappresentato la gestione delle risorse umane in funzione. Nella serie televisiva statunitense di The Office , il rappresentante delle risorse umane Toby Flenderson viene talvolta descritto come un brontolone perché ricorda costantemente ai colleghi le politiche aziendali e le normative governative. [24] Il lungo fumetto americano Dilbert ritrae spesso sadiche politiche delle risorse umane attraverso il personaggio di Catbert , il “direttore malvagio delle risorse umane”. [25] Un manager delle risorse umane è il personaggio del titolo nel film israeliano del 2010 The Human Resources Manager , mentre uno stagista delle risorse umane è protagonista nel film francese del 1999 Ressources humaines . Il personaggio principale della sitcom della BBC Dinnerladies , Philippa, è un manager delle risorse umane. Il protagonista della telenovela messicana Mañana Es Para Siempre è un direttore delle risorse umane. Up In the Air è incentrato sul “ridimensionato” aziendale Ryan Bingham (George Clooney) e sui suoi viaggi. Mentre il film va avanti, le risorse umane vengono descritte come una funzione basata sui dati che tratta le persone come parametri, il che può portare a risultati assurdi per le persone reali.

Miglior Consulente Risorse Umane in Italia – Pratica

Funzione aziendale

Dave Ulrich elenca la funzione delle risorse umane come: [26]

  • allineare la strategia delle risorse umane con la strategia aziendale
  • reingegnerizzazione dei processi organizzativi
  • ascoltare e rispondere ai dipendenti
  • gestire la trasformazione e il cambiamento.

A livello macro, le risorse umane sono responsabili della supervisione della leadership e della cultura organizzativa . Le risorse umane garantiscono inoltre il rispetto delle leggi sull’occupazione e sul lavoro , che differiscono in base all’area geografica e spesso sovrintendono a salute, sicurezza e protezione. In base alla posizione geografica, possono essere applicate diverse leggi. Nelle giurisdizioni federali, potrebbero esserci diverse leggi federali che sono fondamentali per i responsabili delle risorse umane da conoscere al fine di proteggere sia la loro azienda che i suoi dipendenti. Negli Stati Uniti d’America, importanti leggi e regolamenti federali includono il Fair Labor Standards Act del 1938 , che include la definizione di un salario minimo e la protezione del diritto di determinati lavoratori a guadagnare straordinari. La legge federale sui diritti civili del 1964 protegge dalla discriminazione e vieta di prendere decisioni di assunzione o licenziamento in base a razza, età, sesso e genere. Il Family and Medical Leave Act offre ai dipendenti idonei fino a dodici settimane di congedo non retribuito per motivi familiari e medici. Garantire che l’azienda sia conforme a tutte le leggi e i regolamenti è un aspetto importante delle risorse umane e proteggerà l’azienda da qualsiasi tipo di “responsabilità legale”. [27] Nelle circostanze in cui i dipendenti desiderano e sono legalmente autorizzati a detenere un contratto collettivo di lavoro , le risorse umane in genere fungono anche da collegamento principale dell’azienda con i rappresentanti dei dipendenti (di solito un sindacato ). Di conseguenza, le risorse umane, di solito tramite rappresentanti, si impegnano in attività di lobbying con le agenzie governative (ad es. negli Stati Uniti, il Dipartimento del lavoro degli Stati Uniti e il National Labor Relations Board ) per promuovere le proprie priorità.

La gestione delle risorse umane ha quattro funzioni di base: personale, formazione e sviluppo, motivazione e manutenzione. Il personale è il reclutamento e la selezione di potenziali dipendenti attraverso interviste, candidature, networking, ecc. Ci sono due fattori principali per il personale: attrarre reclute di talento che soddisfano i requisiti dell’organizzazione e assumere risorse. I responsabili delle risorse umane devono creare strategie di reclutamento dettagliate e avere un piano d’azione da proporre durante il reclutamento. Successivamente, i manager possono mettere in atto strategie assumendo risorse, estendendosi per trovare le migliori reclute possibili per il team. Il reclutamento è molto competitivo poiché ogni azienda vuole i migliori candidati. [28] L’ uso di tattiche come i mass media può attirare l’attenzione delle potenziali reclute. [28] La formazione e lo sviluppo sono il passo successivo e comportano un processo continuo di formazione e sviluppo di dipendenti competenti e adattati. Qui, la motivazione è vista come la chiave per mantenere i dipendenti altamente produttivi. Ciò include benefici per i dipendenti, valutazioni delle prestazioni e ricompense. I benefici, le valutazioni e le ricompense per i dipendenti sono tutti incoraggiamenti per portare avanti i migliori dipendenti. L’ultima funzione, la manutenzione , consiste nel mantenere l’impegno e la lealtà dei dipendenti nei confronti dell’organizzazione. La gestione della fidelizzazione dei dipendenti implica azioni strategiche per mantenere i dipendenti motivati ​​e concentrati in modo che scelgano di rimanere occupati e pienamente produttivi a beneficio dell’organizzazione. [29] Alcune aziende si globalizzano e formano team più diversificati. I dipartimenti delle risorse umane hanno il ruolo di garantire che questi team possano funzionare e che le persone possano comunicare tra culture e confini. La disciplina può impegnarsi anche nella gestione della mobilità, soprattutto per gli espatriati ; ed è spesso coinvolto nel processo di fusione e acquisizione . Le risorse umane sono generalmente viste come una funzione di supporto all’azienda, che aiuta a minimizzare i costi e ridurre i rischi. [30]

Nelle società di avvio , professionisti qualificati possono svolgere compiti di risorse umane. Nelle aziende più grandi, un intero gruppo funzionale è in genere dedicato alla disciplina, con personale specializzato in vari compiti delle risorse umane e leadership funzionale impegnata nel processo decisionale strategico in tutta l’ azienda . Per formare gli operatori della professione , gli istituti di istruzione superiore, gli ordini professionali e le aziende hanno istituito programmi di studio dedicati esplicitamente ai compiti della funzione. Le organizzazioni accademiche e di professionisti possono produrre pubblicazioni specifiche del settore. Le risorse umane sono anche un campo di studio di ricerca popolare nei campi della psicologia gestionale e industriale/organizzativa , con articoli di ricerca che compaiono in una serie di riviste accademiche, comprese quelle menzionate più avanti in questo articolo.

Una delle sfide frequenti dell’HRM è occuparsi della nozione di unitarismo (considerare un’azienda come un insieme coeso, in cui sia i datori di lavoro che i dipendenti dovrebbero lavorare insieme per un bene comune) e garantire una partnership a lungo termine di dipendenti e datori di lavoro con interessi. [31]

Miglior Consulente Risorse Umane in Italia – carriere

Ci sono mezzo milione di professionisti delle risorse umane negli Stati Uniti e altri milioni in tutto il mondo. [32] Il direttore delle risorse umane o direttore delle risorse umane è il dirigente delle risorse umane di grado più elevato nella maggior parte delle aziende. Di solito riporta direttamente all’amministratore delegato e collabora con il consiglio di amministrazione per la successione degli amministratori delegati . [33] [34]

All’interno delle aziende, le posizioni delle risorse umane generalmente rientrano in una delle due categorie: generalista e specialista. I generalisti supportano direttamente i dipendenti con le loro domande, lamentele e lavorano su una serie di progetti all’interno dell’organizzazione. Possono “gestire tutti gli aspetti del lavoro delle risorse umane e quindi richiedono una vasta gamma di conoscenze. Le responsabilità dei generalisti delle risorse umane possono variare ampiamente, a seconda delle esigenze del loro datore di lavoro”. [35] Gli specialisti, al contrario, lavorano in una specifica funzione delle risorse umane. Alcuni professionisti trascorreranno un’intera carriera come generalista o specialista, mentre altri otterranno esperienze da ciascuno e sceglieranno un percorso in seguito. La posizione di responsabile delle risorse umane è stata scelta come uno dei migliori lavori negli Stati Uniti, con una classifica #4 da CNN Money nel 2006 e una classifica #20 dalla stessa organizzazione nel 2009, grazie alla sua retribuzione, soddisfazione personale, sicurezza del lavoro , crescita futura e beneficio per la società. [36] [37]

La consulenza delle risorse umane è un percorso di carriera correlato in cui le persone possono lavorare come consulenti per le aziende e completare le attività in outsourcing dalle aziende. Nel 2007, c’erano 950 consulenze HR a livello globale, costituendo un mercato di 18,4 miliardi di dollari. Le prime cinque società che generano entrate sono state Mercer , Ernst & Young , Deloitte , Watson Wyatt (ora parte di Towers Watson ), Aon (ora fusa con Hewitt ) e PwC Consulting . [38] </ref> Per il 2010, la consulenza HR è stata classificata al 43° posto come miglior lavoro in America dalla CNN Money . [39]

Alcuni individui con dottorati di ricerca in risorse umane e campi correlati, come psicologia industriale e organizzativa e gestione , sono professori che insegnano i principi delle risorse umane nei college e nelle università. Si trovano più spesso nei College of Business nei dipartimenti delle risorse umane o della gestione. Molti professori conducono ricerche su argomenti che rientrano nel dominio delle risorse umane, come la compensazione finanziaria , il reclutamento e la formazione .

Miglior Consulente Risorse Umane in Italia – Risorse umane virtuali

La tecnologia ha un impatto significativo sulle pratiche delle risorse umane . L’utilizzo della tecnologia rende le informazioni più accessibili all’interno delle organizzazioni, elimina il tempo necessario per le attività amministrative, consente alle aziende di funzionare a livello globale e riduce i costi. [40] La tecnologia dell’informazione ha migliorato le pratiche delle risorse umane nelle seguenti aree:

Miglior Consulente Risorse Umane in Italia – E-recruiting

Il reclutamento è stato principalmente influenzato dalla tecnologia dell’informazione. [41] In passato, i reclutatori facevano affidamento sulla stampa nelle pubblicazioni e sul passaparola per riempire le posizioni aperte. I professionisti delle risorse umane non sono stati in grado di pubblicare un lavoro in più di una località e non hanno avuto accesso a milioni di persone, causando lunghi tempi di consegna delle nuove assunzioni e stancanti. Con l’uso di strumenti di e-recruiting, i professionisti delle risorse umane possono pubblicare lavori e tenere traccia dei candidati per migliaia di lavori in varie località, tutto in un unico posto. Il feedback delle interviste, i controlli dei precedenti e i test antidroga e l’ onboarding possono essere visualizzati online. Ciò aiuta i professionisti delle risorse umane a tenere traccia di tutti i lavori aperti e dei candidati in un modo più rapido e semplice rispetto a prima. L’e-recruiting aiuta anche ad eliminare i limiti di posizione geografica. [41]

Miglior Consulente Risorse Umane in Italia – Sistemi informativi delle risorse umane

I professionisti delle risorse umane generalmente gestiscono quotidianamente grandi quantità di documenti , che vanno dalle richieste di trasferimento di reparto ai moduli fiscali riservati dei dipendenti . I moduli devono essere archiviati per un periodo di tempo considerevole. L’utilizzo dei sistemi informativi delle risorse umane (HRIS) ha consentito alle aziende di archiviare e recuperare file in formato elettronico a cui le persone all’interno dell’organizzazione possono accedere quando necessario, eliminando così la necessità di file fisici e liberando spazio all’interno dell’ufficio. HRIS consente inoltre di accedere alle informazioni in modo più tempestivo; i file possono essere accessibili in pochi secondi. [42] Avere tutte le informazioni in un unico luogo consente inoltre ai professionisti di analizzare i dati rapidamente e in più sedi perché le informazioni si trovano in una posizione centralizzata.

Miglior Consulente Risorse Umane in Italia – Formazione

La tecnologia consente ai professionisti delle risorse umane di formare nuovi membri del personale in modo più efficiente. Ciò offre ai dipendenti la possibilità di accedere ai programmi di onboarding e formazione praticamente da qualsiasi luogo. Ciò elimina la necessità per i formatori di incontrare faccia a faccia i nuovi assunti durante il completamento delle pratiche burocratiche necessarie per i nuovi dipendenti. La formazione in aule virtuali consente ai professionisti delle risorse umane di formare rapidamente un gran numero di dipendenti e di valutare i loro progressi attraverso programmi di test computerizzati. [40] Alcuni datori di lavoro scelgono di incorporare un istruttore con una formazione virtuale in modo che i nuovi assunti ricevano una formazione considerata vitale per il ruolo. I dipendenti hanno un maggiore controllo sul proprio apprendimento e sviluppo; possono impegnarsi in una formazione in un momento e in un luogo di loro scelta, il che può aiutarli a gestire il loro equilibrio tra lavoro e vita privata . I manager sono in grado di monitorare la formazione tramite Internet, il che può aiutare a ridurre la ridondanza nella formazione e nei costi di formazione.

Miglior Consulente Risorse Umane in Italia – Formazione scolastica

Alcune università offrono programmi di studio per le risorse umane e campi correlati. La School of Industrial and Labor Relations della Cornell University è stata la prima scuola al mondo per lo studio a livello universitario in risorse umane. [43] Attualmente offre istruzione a livello universitario , laureato e professionale e gestisce un programma di laurea congiunto con la Samuel Curtis Johnson Graduate School of Management .

Molti college e università ospitano dipartimenti e istituti legati al campo, all’interno di una business school o in un altro college. La maggior parte delle business school offre corsi di risorse umane, spesso nei loro dipartimenti di gestione. In generale, le scuole di gestione delle risorse umane offrono istruzione e ricerca nel campo delle risorse umane, dai diplomi alle opportunità di dottorato. I corsi di livello master includono MBA (HR) , MM (HR) , MHRM, MIR, ecc. (Vedi Master of Science in Human Resource Development per il curriculum). responsabili delle risorse e dotandoli di competenze interpersonali e intrapersonali per relazionarsi meglio nei luoghi di lavoro. Poiché il campo della gestione delle risorse umane è in continua evoluzione a causa dei progressi tecnologici della Quarta Rivoluzione Industriale , è essenziale per le università e i college offrire corsi orientati al futuro. [44]

Negli Stati Uniti d’America , la Human Resources University forma i dipendenti federali.

Miglior Consulente Risorse Umane in Italia – Associazioni professionali

Articolo principale: Elenco delle associazioni di gestione delle risorse umane

Esistono numerose associazioni professionali, alcune delle quali offrono formazione e certificazione. La Society for Human Resource Management , che ha sede negli Stati Uniti , è la più grande associazione professionale dedicata alle risorse umane, [32] con oltre 285.000 membri in 165 paesi. [45] Offre una suite di certificazioni Professional in Human Resources (PHR) attraverso il suo HR Certification Institute. Il Chartered Institute of Personnel and Development , con sede in Inghilterra , è la più antica associazione professionale delle risorse umane, con la sua istituzione precedente fondata nel 1918.

Diverse associazioni servono anche nicchie all’interno delle risorse umane. L’ Institute of Recruiters (IOR) è un’associazione professionale di reclutamento, che offre ai membri istruzione, supporto e formazione. [46] WorldatWork si concentra su “ricompense totali” (ossia, compensazione, benefici, vita lavorativa, prestazioni, riconoscimento e sviluppo di carriera), offrendo diverse certificazioni e programmi di formazione che si occupano di retribuzione e equilibrio tra lavoro e vita privata. Altre associazioni di nicchia includono l’ American Society for Training & Development e Recognition Professionals International .

Un’organizzazione in gran parte accademica rilevante per le risorse umane è l’ Accademia di gestione che ha una divisione delle risorse umane. Questa divisione si occupa di trovare modi per migliorare l’efficacia delle risorse umane. [47] L’Accademia pubblica diverse riviste dedicate in parte alla ricerca sulle risorse umane, tra cui Academy of Management Journal [48] e Academy of Management Review , [49] e ospita un incontro annuale.

Miglior Consulente Risorse Umane in Italia – pubblicazioni

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Miglior Consulente Risorse Umane in Italia – Note

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  18. ^ Pippo, Simona (2002). Baltic Winds: testimonianza di un avvocato sovietico . Xlibris Corporation. P. 451. ISBN 9781401070960 . Estratto il 24/08/2015. Il Segretariato personificava il sistema stalinista. […] Gestisce gli affari quotidiani dello Stato e del Partito. Riuscite a immaginare quell’enorme corpo di anacronismo burocratico, che era anche responsabile della selezione e della promozione dei ‘quadri’? Il modello inventato da Stalin per consolidare il suo potere è esistito fino all’epoca contemporanea. […] Stalin ha avuto sia il tempo che la capacità di plasmare le risorse umane ai propri fini, insegnando segretezza, brutalità e doppiezza.
  19. ^ Citato in: Stalin, Joseph (1936). Против фашистского мракобесия и демагогии [Contro l’ oscurantismo e la demagogia fascista]. Directmedia (pubblicato nel 2013). P. 81. ISBN 9785446087181 . Estratto il 24/08/2015. адо, наконец, понять, то из всех енных капиталов, имеющихся в ире, самым ценным e самым решалталов [Infine, si deve comprendere che di tutte le pregiate forme di capitale esistenti nel mondo, il capitale più prezioso e decisivo sono le persone, i quadri.]
  20. ^ Confronta: Belous, Richard S. (1986). Tendenze dell’adesione al sindacato: le implicazioni per la politica economica e la legislazione sul lavoro . Servizio di ricerca del Congresso, Biblioteca del Congresso. P. 27. Estratto il 3 aprile 2021. Dato il caso del “continuo declino dell’appartenenza sindacale” rispetto al caso del “rimbalzo dell’appartenenza sindacale”, quale è attualmente la “saggezza generale” all’interno della comunità degli analisti della gestione del lavoro?
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  22. ^ Cappelli, Peter (luglio 2015). “Perché ci amano odiare HR … e cosa HR può fare al riguardo” . Harvard Affari (luglio-agosto 2015). Estratto 25 luglio 2015. […] dopo la seconda guerra mondiale, l’industria degli Stati Uniti ha subito una carenza di talenti diverso da qualsiasi cosa da allora. […] In questo […] vuoto, HR moderno è nato, inaugurando pratiche come il coaching, le assegnazioni di sviluppo, job rotation, feedback a 360 gradi, centri di valutazione, piste ad alto potenziale, e piani di successione. Suonano di routine oggi, ma erano rivoluzionari allora. E sono sorti da un bisogno urgente di sviluppare e trattenere i talenti nel 1950.
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  28. Salta a: b cite web |last1=Ghodke |first1=Namrate | title=Ruoli e responsabilità dei responsabili delle risorse umane in organizzazioni in crescita |url= https://www.sumhr.com/hr-manager-role/ |website=Sum HR
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© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategic selling. Psicologia e comunicazione per la vendita consulenziale e le negoziazioni complesse”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

Il bilanciamento mentale nell’acquisto

L’analisi delle pulsioni si pone l’obiettivo di capire quali leve decisionali scattano, portando un soggetto a separarsi da un valore (il proprio denaro, il proprio tempo, ed altri valori per sé importanti) in cambio di altro (una prestazione, un bene, un servizio, un favore). L’analisi dei meccanismi mentali che avvengono durante una scelta deve portarci a riflettere su quali siano le aree del pensiero umano coinvolte nella decisione : durante un atto d’acquisto avvengono alcuni fenomeni di valutazione che hanno una valenza generale, possono cioè essere applicati a qualsiasi fenomeno di acquisto e vendita. 

Possiamo pertanto evidenziare due fenomeni:

  • il costo di acquisto reale è molto diverso dal costo monetario: il costo di acquisto è un dato, ma deve essere bilanciato dal costo psicologico che la scelta di acquisto pone. Il costo psicologico include tutte le difficoltà il cliente anticipa, percepisce, teme o prevede. Es: nell’acquistare un nuovo macchinario, la difficoltà nello smaltire quello precedente, o la difficoltà di imparare ad usarlo, o la perdita di controllo dovuta al fatto di non capirne la tecnologia e quindi perdere potere all’interno dell’azienda.
  • Il rientro percepito derivante dall’acquisto è molto diverso dal bene o proprietà realmente acquisito: il rientro psicologico di un acquisto può comprendere fattori come la “voglia di farsi un regalo”, la voglia di avere per primi qualche status symbol, la voglia di dimostrare ad altri il possesso di un bene o il “togliersi una soddisfazione”, e tanti altri moventi. Anche in questo caso sono presenti (con forza maggiore o minore) flussi di valore psicologico che influenzano la percezione di valore del bene o servizio acquistato. Pertanto, anche il rientro totale dell’acquisto è una somma: beni materiali (o servizi) più rientri psicologici di varia natura.

Possiamo quindi parlare di un Costo Totale di Separazione (CTS: sommatoria del denaro o beni ceduti + costi psicologici connessi all’acquisto) e di un Rientro Totale dell’Acquisto (RT, sommatoria dei rientri fisici e di servizio + rientri psicologici).

In altre parole, la vendita scatta solo quando riusciamo a presidiare i costi psicologici e rientri psicologici percepiti dal cliente “internamente” e non solo il prezzo monetario e le caratteristiche di prodotto “esterne”.

Il costo psicologico latente nella psicologia del cliente

Spesso un acquisto si carica di costi psicologici nascosti che ne aumentano il gravame, acquistare non richiede unicamente un esborso in denaro

Una scelta di acquisto viene soppesata anche alla luce dei valori sottostanti. Ad esempio, per un ecologista/animalista convinto, acquistare un hamburger non significa unicamente sborsare alcuni dollari, ma rifiutare a tutti i valori in cui crede. Il costo psicologico in questo caso è enormemente superiore al costo monetario. Lo stesso vale (nell’ecologista) per l’acquisto di una pelliccia, o di un’auto che consuma molto. 

I costi psicologici si dividono quindi in:

  • costi psicologici personali (effetti indesiderati dell’acquisto legati ai propri valori o credenze)
  • costi sociali o normativi (determinano un non-acquisto causato delle possibili reazioni negative degli altri: colleghi, amici, parenti, superiori, ecc.)

Tra i costi psicologici rientrano possibili perdite di immagine, di valori, cambiamenti di abitudini consolidate, diminuzioni di sicurezza, calo di approvazione sociale, riduzioni di qualità della vita, aumento di ansie e tensioni, e altre preoccupazioni legate in qualche modo (nella mente del cliente) all’atto di acquisto. Esse incidono sul comportamento di acquisto anche se frutto di immaginazione o basate su dati in realtà non fondati.

Questi costi psicologici nascosti possono essere il fuoco che alimenta le obiezioni di superficie.

Capirli, per poi gestirli, è assolutamente necessario.

Il rientro psicologico latente

Così come il costo totale si carica di costi psicologici latenti, il rientro totale si può caricare di rientri psicologici addizionali. 

I rientri possono infatti essere sia funzionali (utilizzo il prodotto che mi mancava e mi serviva), che psicologici (l’atto di acquisto in se apre orizzonti psicologici positivi). 

Un responsabile della formazione può decidere di portare in azienda un allenatore di una importante squadra di calcio o di una nazionale, per fare un piccolo intervento sulla leadership, per il solo gusto di poter dire “ho portato XY (un nome altisonante) in azienda. 

In altre parole, l’acquisto non viene più valutato puramente in termini di rientri fisici o funzionali, ma viene valorizzato da rientri psicologici (potere, carriera, immagine personale in azienda) e questo ne crea il valore vero. Il flusso di rientro si carica di orizzonti psicologici positivi, personali o legati alla reazione attesa dei gruppi di riferimento (sociali/normativi).

Per esempio, l’imprenditore che acquista il sistema di e-commerce evoluto, fonte di orgoglio, facendo sentire l’imprenditore come colui che ha saputo portare l’innovazione nell’azienda. In questo caso avremo un rientro di self-image che aumenta il valore psicologico totale.

L’atto di acquisto va gestito, da parte dell’operatore di marketing, ponendo attenzione sia ai costi psicologici latenti che ai rientri psicologici potenziali.

In complesso, la scelta di acquistare o meno emerge da un insieme di ponderazioni relative al costo totale e al rientro totale dell’operazione di acquisto.

In termini di strategie aziendali di vendita, lungo il percorso psicologico che il venditore deve esplorare, la comunicazione di vendita deve possedere l’abilità di:

  1. creare interesse per il rientro totale, sviluppando argomentazioni che si basino sulle utilità soggettive del cliente
  2. creare un posizionamento percettivo efficace del costo di separazione totale (strategia di framing dell’investimento).

In altre parole, la strategia di framing deve riuscire nell’intento di minimizzare il costo psicologico per il cliente.

Principio 7 – Della differenza positiva tra rientro totale psicologico e costo totale psicologico

  • La competitività aziendale dipende dalla capacità di gestire i costi psicologici e i rientri psicologici e non solo i costi monetari e i rientri “fisici” derivanti dall’acquisto.

Questo significa:

  • capire i costi totali di separazione connessi all’acquisto (costi monetari + costi psicologici percepiti o latenti) e saperli ridurre tramite la comunicazione;
  • sviluppare comunicazione efficace in grado di esaltare l’intensità dei rientri totali (funzionali e psicologici), sapendo inserire valore psicologico nel pacchetto di offerta;
  • sviluppare comunicazione efficace relativa al bilancio totale dell’operazione di acquisto, in cui i rientri totali percepiti (funzionali e psicologici) superino i costi totali percepiti (economici e psicologici).

Il modello Costo Totale / Rientro Totale è importante per la nostra elaborazione in quanto ci permette di affrontare un problema: il focus della comunicazione (pubblicitaria o di vendita), troppo spesso incentrato sulla emissione di parole a vuoto, che non hanno relazione con le utilità soggettive del cliente, con i costi latenti e i rientri psicologici latenti.

La comunicazione di vendita deve possedere l’abilità di (1) creare interesse per il rientro totale, sviluppando argomentazioni che si basino sulle utilità soggettive del cliente, e (2) creare un posizionamento percettivo efficace del costo di separazione totale (strategia di framing dell’investimento). In altre parole, la strategia di framing deve riuscire nell’intento di minimizzare il costo psicologico per il cliente.

Razionalità interna nelle scelte di acquisto

Spesso comportamenti apparentemente stupidi assumono una razionalità interna o endogena per il sistema di valori dell’individuo e per il suo stato psicologico del momento.

Ad esempio, l’atto del fumare è chiaramente irrazionale secondo ogni logica esterna, ma può essere del tutto coerente e razionale rispetto alle pulsioni interne che esperisce l’individuo (es: fumo per calmarmi, o per premiarmi pensando che sia una forma di gratificazione, o per fare una pausa). 

Questi moventi fanno parte della razionalità interna, non della razionalità esterna. Sono intrinsecamente coerenti ma visti dal di fuori non hanno alcun senso.

L’analisi dei moventi deve andare ben più in profondità e non accontentarsi di giudicare “irrazionali” dei comportamenti. Deve scoprire come e quando nasce il movente, quali comportamenti dimostrativi sono in corso, se ad esempio la ricerca di costruzione di un personaggio o di un’identità, oppure ancora ricercare i moventi imitativi di persone reali o personaggi mediatici (eroi), i quali hanno inconsapevolmente agito sull’individuo.

Dobbiamo definitivamente abbandonare l’attaccamento alla credenza che i consumi siano razionali in funzione di qualche norma superiore o legge universale (razionalità esogena o normativa).

Acquisto e motivazione all’azione

La problematica dell’acquisto deve, prima o poi, essere confrontata con quella della motivazione all’azione (i fattori che spingono l’individuo ad agire). 

La teoria della motivazione vede come unità motivante di base la tensione. Gli impulsi si innestano su stati di disequilibrio percepito, che creano spinta alla risoluzione del problema. 

L’impulso diviene movente di acquisto nel momento in cui si crea un collegamento mentale: la percezione che un prodotto/servizio sia lo strumento risolutivo del problema. 

L’azione di acquisto ne è il risultato, premesso che l’individuo disponga delle risorse o decida di procurarsele. Tuttavia, quando il movente è molto forte e la tensione altrettanto, le persone compiono ogni tipo di sforzo e di azione pur di procurarsi il denaro necessario (si pensi ad un drogato che può arrivare a rubare ai genitori pur di non stare senza una dose).

Qualsiasi acquisto mosso da forti motivazioni porta il possibile acquirente a diventare molto insensibile al prezzo e a procurarsi le risorse in qualsiasi modo pur di risolvere la tensione.

Modello di Trevisani (2001) sulla psicologia dell’atto d’acquisto

  1. Tensione : Percezione di un disequilibrio
  2. Impulso : Ricerca di un nuovo equilibrio
  3. Movente :Identificazione strumenti di risposta
  4. Azione : Acquisto del prodotto/servizio

Nella nostra analisi, riteniamo assai utile partire da alcune considerazioni fatte da Freud. Questo non tanto perché il nostro lavoro si ispiri alla scuola freudiana più di altre, ma perché vi sono presenti spunti di ispirazione che non possiamo ignorare. Come fanno notare Greenberg e Mitchell (1986)[1],

...all’interno del sistema di Freud, la caratteristica più saliente e costante del funzionamento dell’apparato psichico è la spinta verso la regolazione delle tensioni, altrimenti nota come principio di piacere. Lo scopo ultimo di tutti gli impulsi è una riduzione della tensione corporea, sperimentata come piacere. L’impulso originario non ha una direzione – è un quantum di tensione che aspetta di essere ridotto. Gli impulsi vengono diretti verso oggetti esterni soltanto quando questi oggetti si presentano e si dimostrano utili nella riduzione della tensione.

Innanzitutto, questa riflessione ci permette di osservare l’acquisto come atto di riduzione della tensione – sia a livello consumer che a livello business-to-business – una prospettiva molto interessante e ricca di potenziali per il marketing.

Nel caso non vi siano oggetti esterni che il cliente veda in qualche modo “utili” a ridurre lo stato di tensione, questo può rimanere latente ed in questo caso si crea un bisogno non soddisfatto. Oppure, il bisogno può essere represso o eliminato (ad esempio, cambiando le proprie priorità di vita, i propri valori).

La riduzione della tensione riguarda sia acquisti positivi (es: un software che permette di allargare la gamma dei servizi aziendali) sia acquisti negativi, la cui funzione è unicamente quella di prevenire un accadimento spiacevole nel futuro (come una polizza antigrandine per un agricoltore).

Si tratta di inquadrare il fenomeno di acquisto all’interno dei vissuti psicologici dell’individuo. Se riusciamo a comprendere cosa provoca tensione nel soggetto, avremo identificato potenziali leve di acquisto, in quanto questa tensione si tramuterà presto in un bisogno di mercato e nella ricerca di un prodotto o di un servizio. Pertanto, la ricerca di mercato sui bisogni latenti o mal soddisfatti permette di aprire grandi opportunità di marketing.

Anche nel campo delle vendite azienda-azienda, se riusciamo a comprendere cosa provoca tensione nel buyer aziendale, avremo identificato le leve motivazionali dell’azienda acquirente, e potremo regolare di seguito (o creare appositamente) la nostra offerta.

Teoria e realtà negli acquisti

Chi conosce più da vicino il mondo degli acquisti aziendali e della vendita, sa benissimo che le regole della “matematica formale” imposte dalle procedure di acquisto organizzate, anche nelle grandi imprese, non vengono sempre rispettate. 

Si può fare di tutto per evitare che un fornitore risultato primo in graduatoria in una gara di appalto (metodo formale d’acquisto) venga in qualche modo escluso, eliminato, sino a compiere atti illegali, pur di non avere a che fare con quel soggetto – che per vari motivi non vogliamo all’interno dei nostri spazi fisici e psicologici.

Dal fattore umano, dalle simpatie-antipatie, dalle valutazioni soggettive, dagli stereotipi, dalle pressioni sociali, dalle pulsioni subconscie ed inconsce, è difficile sfuggire. 

Questo determina, a volte, lo stravolgimento dei risultati formali, il fatto che vengano ricercate strade per “far vincere qualcuno” nella gara tra i fornitori, a discapito ed in barba delle procedure e delle regole scritte.

Questo accade in genere quando nelle procedure formalizzate di acquisto non sono presenti tutti i fattori reali di scelta (e del resto, è difficile inserirvi fattori subconsci ed inconsci). Ad, esempio, la nostra azienda può  – abbastanza inconsapevolmente – considerare di fatto molto importante la capacità di ascolto dimostrata dal potenziale fornitore, ma nelle procedure di acquisto non vi è traccia di tale fattore.

Per il venditore, in altre parole, è necessario agire sul terreno psicologico dell’impresa acquirente, inserendo le proprie offerte all’interno dell’orizzonte psicologico soggettivo del buyer.

Questo richiama la nostra attenzione sulla necessità, per qualsiasi azienda, di dotarsi di un metodo di vendita per lo sviluppo della competitività.


[1] Greenberg, J. R., & Mitchell, S. A. (1986). Le relazioni oggettuali nella teoria psicanalitica. Bologna: Il Mulino. Edizione originale: Object relations in psychoanalytic theory. Cambridge: Harvard University Press, 1993.

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