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zona di noia

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In qualsiasi situazione siamo, dobbiamo riconoscere in che zona mentale stiamo operando. Ogni zona ha le proprie peculiarità, vantaggi e svantaggi, rischi e opportunità. Ma la consapevolezza del “dove siamo” e del “dove stiamo andando” è obbligatoria, necessaria per chiunque voglia lavorare seriamente sul proprio potenziale personale.

© Dal testo

Il potenziale umano. Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance

Franco Angeli, Milano.

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Ognuno vuole evolvere, ma vi sono diversi modi per farlo. In generale, i tipi di percorso evolutivo principali sono:

  • la progressione naturale: un dono di pochi eletti, in quanto consiste nel la­sciare che la forza naturale dell’auto-evoluzione faccia il proprio corso. Pur­troppo i fattori ambientali sono spesso talmente forti da impedire che questo accada. All’interno di una experience engineering, tuttavia, possia­mo fare in modo che la persona diventi più abile nel trasformare eventi quotidiani in esperienze di crescita, più capace di elaborare e apprendere dal proprio flusso di esperienze quotidiane (fattore meta-formativo: imparare ad apprendere dagli eventi);
  • esperienze sintetiche di sensibilizzazione: brevi momenti di inquadramento, “apertura di canali di riflessione”, di un’ora, una giornata, o poco più, lettura di materiali stimolo come papers, libri, materiali audiovisivi, col­loqui stimolo, sessioni maieutiche, incontri di coaching, e altri formati es­perienziali brevi; questi momenti sono utili soprattutto alla sensibilizzazione ma non sono equiparabili alla costruzione di un percorso serio e continuativo; all’interno di una experience engineering hanno lo scopo im­por­tante di (1) gettare semi concettuali, affinché l’individuo possa prosegui­re una elaborazione interiore e (2) offrire punti di partenza o link (colle­ga­menti) per poter continuare, da quel link, ad esplorare in autonomia nuovi contenuti;
  • esperienze di sviluppo di lungo periodo: progetti e percorsi di training, coaching e mentoring annuali e pluriennali, condotti attraverso una “regia” di più interventi, cadenzati in specifiche sessioni, divisi in macro-cicli e mi­cro-cicli. Spesso, questo modello utilizza un’alternanza tra sessioni di consulenza (per focalizzare gli obiettivi e fare il punto) e sessioni formative, per introdurre concetti e abilità. Gli stimoli sono basati su uno o più mo­delli di intervento, con sinergia tra diversi ambiti di azione e con più tar­get di sviluppo. Questa fase è la vera zona in cui si esplicita una compiu­ta ingegneria formativa ed esperienziale, produttiva di effetti.

In generale, ogni scuola di coaching, formazione, istruzione, o terapia (se ha solide basi scientifiche) ha sviluppato un proprio metodo di riferimento per predisporre percorsi, e si ispira ad un modello-base condiviso da chi si riconosce in quella scuola di pensiero.

Disporre di un modello di riferimento genera dei pro e dei contro. I pro sono la disponibilità di strumenti rodati e di esperienze. I contro sono la chiusura entro il modello, tale che ogni scuola di pensiero alternativa o diversa sia considerata semplicemente inferiore o peggio da screditare.

Questa deriva autocentrante (mettere la propria scuola al centro di tutto,e svilire le altre) è pericolosissima e cerchiamo di combatterla in ogni modo.

L’esigenza di disporre di un metodo ha portato i miei interventi a costruire un principio generale aperto, un metodo interdisciplinare di Regie di Cambiamento™, che comprende sotto-modelli come lo Human Performance Model (HPM), metodi sviluppato nelle nostre esperienze di ricerca e di coaching per dare struttura consistenza ai percorsi di crescita personale e/o organizzativa.

Nel progetto sulle Regie di Cambiamento sono stati inquadrati diversi tipi di stimolazione formativa, che corrispondono a spazi di azione in cui le persone si muovono:

Figura 9 – Zone stimolo e gli effetti sul potenziale personale

In questa sede vogliamo esaminare il rapporto tra le zone e l’ingegneria dell’apprendimento (Learning Experience Engineering).

Il compito delle azioni di sviluppo del potenziale è allargare la zona operativa e accedere con nuove risorse alla zona che prima era proibita. Il senso sottostante non è quello di trasformare un essere umano in un robot privo di emozioni, ma di permettergli di essere ciò che può essere rimuovendo ostacoli e barriere, e accedendo pienamente alle sue risorse non ancora coltivate e trasformate in energie disponibili.

Una larga parte degli esseri umani ha il potenziale fisico, alla nascita, di arrivare a livelli atletici olimpionici, o ricercatori eccellenti, se il potenziale viene coltivato, e lo stesso soggetto potrà invece ridursi in condizioni di quasi totale abulia in condizioni diverse e negative.

Anche sul piano intellettuale, una stragrande maggioranza degli esseri umani che vedono la luce sul pianeta ha la possibilità e le basi genetiche per avvicinarsi a livelli di pensiero ed umanistici molto elevati, ad esempio laurearsi e pluri-laurearsi, essere creativi, sviluppare pensiero strategico e problem-solving di alto livello.

Una piccola frazione di persone tuttavia vi riesce, largamente a causa del clima psicologico che incontra, favorevole o sfavorevole all’autoespressione e alla crescita. Questi blocchi diventano poi auto-convinzioni, ed il circolo si chiude a spirale in un crescendo di auto-impoverimento.

Il ruolo di un professionista del potenziale umano consiste soprattutto nel costruire il clima psicologico adeguato allo sviluppo di sé, e orchestrare azioni stimolo entro una ingegneria degli stimoli che tocchi tutte le aree della crescita personale e professionale.

La noia, non subita ma adeguatamente “ingegnerizzata”, può essere utilizzata per fasi di “scarico” o recupero, la zona di comfort è utile per consolidare competenze, la zona di sfida per “produrre adrenalina”, stimolare e aumentare l’acquisizione di nuove risorse, la zona di over-reaching è utile per fare i conti con se stessi e la realtà, capire dove sono i limiti, fare “stretching” e “incursioni guidate” su aree prima proibite, ampliare gli orizzonti.

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