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Riflessioni sulla singolarità

L’idea della possibilità dell’avvento della singolarità tecnologica sull’uomo ha sicuramente stimolato la fantasia di diverse persone, fino ad arrivare alla creazione di un credo, il singolaritanismo: coloro che seguono questa concezione di filosofia morale (i singolaritanisti) credono si debba perseguire come scopo il raggiungimento della singolarità tecnologica.

Uno dei maggiori esponenti di questo movimento è Eliezer Yudkowsky, che ha pubblicato un saggio intitolato Singularitarian Principles[1], in cui elenca le principali qualità che definiscono un singolaritanista: in primo luogo la credenza che la singolarità sia possibile e realizzabile. Come secondo punto, un singolaritanista lavora attivamente per il raggiungimento dello scopo finale. Terzo punto, un singolaritanista vede questo raggiungimento come qualcosa di assolutamente reale e non mistico: nessuno crede sia fantascienza.

Infine, come ultimo punto, un esponente di tale movimento crede che la singolarità tecnologica possa essere un bene per chiunque nel mondo, e che essa non dovrebbe essere usata a beneficio di un ristretto gruppo di persone. Giunti a questo punto della spiegazione, è giusto sottolineare come i giudizi che ruotano attorno a tale credenza o movimento (seppur piccolo) siano due: da una parte chi crede sia possibile, dall’altra chi assume sia come aspettarsi l’arrivo di una salvezza divina in ottica “nerd”.

Partiamo dall’approccio più positivo dei due: Eliezer Yudkowsky, fondatore del Machine Intelligence Research Institute (MIRI), è conosciuto per supportare l’idea di un’intelligenza artificiale “amichevole” o friendly artificial intelligence in inglese. Tale IA porterebbe solamente a dei vantaggi per l’uomo, e non potrebbe recare nessun danno; motivo per cui è strettamente legata all’etica delle intelligenze artificiali, ma è presente una differenza: mentre l’etica dell’IA si concentra maggiormente a come debba comportarsi, la friendly IA si concentra su come applicare questo comportamento alle funzioni che deve compiere.

Bisogna precisare che il termine “friendly” non si riferisce tanto alla colloquialità che una macchina può avere o meno, ma riguarda maggiormente il punto di vista della sicurezza e dell’utilità che essa può avere. A contrario di un’intelligenza artificiale amichevole, potremmo involontariamente costruirne una con caratteristiche opposte, come esposto precedentemente nei pericoli derivanti dalla singolarità tecnologica. Come affermato anche da Nick Bostrom, è necessario che gli scopi di una superintelligenza siano in linea con quelli del genere umano altrimenti la situazione potrebbe diventare davvero molto pericolosa per noi.

Tutto ciò ammesso che sia possibile realizzare una tecnologia del genere: esponenti come Federico Faggin[2], dubitano fortemente che l’intelligenza artificiale sia in grado in un futuro prossimo, di mettere in pericolo l’uomo.  Lo stesso Faggin, inventore del microprocessore, in un’intervista[3] dichiara impensabile l’idea che una macchina riesca a sostituire l’uomo, a causa del fatto che manca di coscienza. Il suo punto di vista è ben delineato: l’intelligenza artificiale è sì il futuro, ma va utilizzata a suo avviso con l’ausilio di un’intelligenza umana.

L’artificiale non può isolarsi e pretendere di essere al pari dell’essere umano perché, dice Faggin, manca di empatia: l’idea di base è quella di creare un sistema in cui le macchine svolgano quelle attività meccaniche meglio di un essere umano, ma sempre con la sua supervisione, fino ad arrivare alla creazione di beni comuni usufruibili da più persone possibili. Tornando al discorso di Nick Bostrom, su quanto sia necessario allineare gli scopi dell’intelligenza artificiale a quelli degli uomini, ritengo doveroso menzionare il programma dell’Unione Europea sulle Linee Guida Etiche sull’intelligenza artificiale.

© Cpyright. Estratto dalla tesi di Laurea in Filosofia, Teorie e sistemi dell’intelligenza artificiale, a cura di Federico Malpighi. Alma Mater Studiorum Università di Bologna. Materiale pubblicato per fini didattici e di ricerca con il permesso dell’autore. Riproducibile solo con citazione della fonte originale.


[1] Ray Kurzweil, La singolarità è vicina, Apogeo Education, 2005, p.500-501.

[2] Federico Faggin è un fisico, inventore ed imprenditore italiano.

[3] https://www.dday.it/redazione/32976/federico-faggin-robot-intelligenza-artificiale, URL consultato in data 25 agosto 2020.