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© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Negoziazione interculturale. Comunicare oltre le barriere culturali. Dalle relazioni interne sino alle trattative internazionali”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore

Le differenze tra comunicatori

Una delle principali aree della comunicazione interculturale è lo studio delle differenze tra emittente e ricevente del messaggio. In cosa “io” e “tu” siamo diversi? Nei rapporti tra aziende, dove sono le diversità tra “noi” e “voi”?

Nel nostro metodo utilizzeremo due variabili primarie che costituiscono differenze tra comunicatori, quindi due principali differenze culturali :

  1. il codice di comunicazione e
  2. la visione del mondo (World-View)

Dopo una attenta analisi, proporremo alcune considerazioni sui limiti della comunicazione. In particolare, le implicazioni riguardano:

  • l’aspetto tecnico della qualità comunicativa, cioè, l’esattezza o accuratezza dello scambio di informazioni tra persone di culture diverse (understanding), e 
  • il risultato della comunicazione in termini di accordo (agreement) sui contenuti e sulle visioni espresse fra i comunicatori. 

Il codice di comunicazione

La cultura è considerata in questo metodo come un insieme di modelli di pensiero, categorizzazione, comportamento e comunicazione, che vengono sia appresi (durante la crescita dell’individuo) che ereditati (frutto del codice genetico comportamentale). Questi modelli influenzano la percezione del mondo, la comunicazione ed il comportamento. 

In una prospettiva semiotica, l’ unità fondamentale di analisi ed il primo componente della comunicazione percepito durante l’ interazione è il segno, la più vasta categoria inclusiva di entità di significato. 

I segni sono ciò che emettiamo, e costituiscono il comportamento comunicativo esterno percepito da un ricevente o osservatore. 

Sono quindi segni i comportamenti verbali, i comportamenti non-verbali (immaginiamo ad esempio la postura corporea che assumiamo di fronte ad un interlocutore, e i suoi significati non detti), la comunicazione scritta, i simboli, le immagini che utilizziamo per comunicare. 

I segni (usati per comunicare) ed il significato della comunicazione, sono collegati da un codice di comunicazione, che a sua volta si compone di sottocodici. 

Un codice di comunicazione quindi è inteso come sistema di regole impiegate per collegare le espressioni (qualsiasi segno usato per comunicare, sia verbale che non verbale) ai significati sottostanti. 

La consapevolezza dei codici multipli della comunicazione è essenziale per la qualità comunicativa. 

Ogni comunicatore/negoziatore consapevole sa che il proprio corpo emette segnali in continuazione, e che questi segnali possono essere incongruenti o congruenti con i segnali verbali (parole o frasi dette). 

Possiamo dire – a parole – di essere sereni, ma trasmettere con il corpo la sensazione di essere tesi e nervosi, e i nostri interlocutori se ne accorgeranno.. Possiamo esprimere verbalmente piacere e trasmettere inconsciamente repulsione. 

Il problema dei codici comunicativi è soprattutto un problema di stile comunicativo, che richiede la scelta del tipo di linguaggio da utilizzare. Quale stile, quale linguaggio utilizziamo per esprimere il messaggio?

Ogni negoziatore, ogni comunicatore, consapevolmente o meno, utilizza uno stile linguistico. 

Lo stile si nota in ogni fase del discorso e della conversazione, in ogni comunicazione scritta e persino nei supporti fisici (materiali, oggetti). 

Un negoziatore può aprire la conversazione con un interlocutore di business affermando:

  • «Siamo qui per valutare come sia possibile costruire un progetto assieme» (linguaggio cooperativo);
  • «È necessario valutare la feasibility e l’eventuale break-even point di una nostra joint-venture» (linguaggio managerialese anglofono);
  • «Ok, siamo qui, adesso tagliamo corto, ditemi le vostre condizioni e sbrighiamoci, non ho tempo da perdere» (linguaggio aggressivo);
  • «Cerchiamo di esplorare i nostri orizzonti comuni e vedere se tra noi può sorgere un alba, spero non un tramonto » (linguaggio poetico-ironico).

La consapevolezza dei codici e degli stili utilizzati è indispensabile, poiché codici e stili possono essere antitetici o simili, funzionali o disfunzionali rispetto agli obiettivi.

La visione del mondo (World-View)

Un secondo componente della cultura è “World-View” – la “visione del mondo” 

La visione del mondo è considerata negli studi antropologici come un insieme di credenze, valori e atteggiamenti, impiegati dagli attori sociali per interpretare e categorizzare la realtà, dando significato agli eventi, stabilire rapporti tra di essi e guidare il comportamento. 

La visione del mondo è un concetto talmente personale da essere difficilmente classificabile in schemi rigidi, tuttavia le esigenze (o tentativi) di fornire classificazioni hanno condotto alcuni scienziati sociali a produrre delle categorie attraverso le quali leggere le culture.

La classificazione delle differenze culturali

Tra i classici della comunicazione interculturale si citano spesso le categorie di Hofstede, come parametri per differenziare e categorizzare le culture.

Le categorie di Hofstede possono essere un punto di partenza interessante per avviare una riflessione sulle differenze culturali.

Tuttavia, il rischio che si produca una generalizzazione è elevato, e non è auspicabile usarle per fini predittivi automatici. Sarebbe estremamente sbagliato giungere alla conclusione che – poichè una persona ha un certo passaporto o una certa nazionalità – la sua semplice appartenenza ad un paese ci permetta di prevedere con certezza come si comporterà.

Più utile ci sembra ragionare su come queste categorie ci possono aiutare a capire con chi abbiamo a che fare quando negoziamo, basandoci sui comportamenti concreti che osserviamo, e senza lasciarci annebbiare da automatismi di giudizio. Suggeriamo quindi di utilizzare le categorie soprattutto come strumenti per analizzare le culture organizzative con cui si viene a contatto.

Categorie di Hofstede

  • Power distance: Distanze tra strati sociali e tra ruoli – Distanza tra individui a livelli diversi di una gerarchia – Accettazione delle ineguaglianze – Rigidità delle gerarchie
  • Individualismo-collettivismo : Grado con cui le persone agiscono come individui piuttosto che in gruppo – Spazi per l’espressione individuale e l’iniziativa personale
  • Mascolinità vs femminilità: Divisione dei ruoli e prevalenze di valori Valori maschili : (assertività, successo, competizione) e Valori femminili (qualità della vita, relazioni, aiuto, prendersi cura)
  • Uncertainty avoidance : Misura il bisogno di situazioni strutturate, di regole e schemi Vs. l’accettazione delle diversità, del caos, la  tolleranza per le ambiguità

Power distance

Riguarda il grado con cui una cultura “mantiene le distanze” tra i diversi strati della popolazione, ma anche la rigidità delle gerarchie all’interno di una organizzazione.

Secondo Hofstede, i paesi con low-power distance (basso grado di distanza relazionale, come Canada, USA) sono ritenuti più egualitari nella distribuzione del potere, mentre i paesi con high power distance (Giappone, Sud Corea, Hong Kong, etc.) possiedono strutture organizzate in modo più gerarchico.

Anche a distanza di pochi metri, possiamo avere aziende caratterizzabili come low-power distance e altre come high power distance, e lo stesso vale per le culture familiari.

Individualismo-collettivismo

Le culture individualiste caratterizzano i sistemi nei quali i legami tra individui sono deboli, variano nel tempo, e ognuno deve badare sostanzialmente a se stesso, o al massimo alla propria famiglia ristretta. 

Le libertà individuali sono elevate, e la sicurezza sociale sostanzialmente scarsa, la possibilità di ascesa sociale e carriera elevata, così come il rischio di fallire e cadere senza reti e protezioni.

Le culture collettiviste invece inglobano l’individuo nel gruppo, in modo molto coesivo, offrendogli protezione in cambio di lealtà e fedeltà, dando sicurezza ma limitando al tempo stesso la libertà di espressione e le deviazioni dalla norma. L’individuo è molto controllato.

Il negoziatore interculturale avanzato non dovrà mai dare per scontato che una controparte sia individualista o collettivista (o in qualsiasi altro modo caratterizzata) solo perché classificato in termini di nazionalità e stereotipi.

Mascolinità vs femminilità

Questa dimensione ha dato luogo a molte controversie, perché considerata sessista e discriminatoria. La volontà di Hofstede era invece semplicemente di analizzare come categoria culturale un comportamento di genere, quale il “caring” (prendersi cura dei figli), derivante dalla storia biologica del genere umano femminile, vs. il ruolo maschile prototipico nelle società arcaiche legato alla difesa, agonismo, caccia e lotta.

Identificando fenomeni legati al genere, possiamo notare nazioni come il Giappone ove esistono forti aspettative di ruolo, ci si attende dagli uomini una diversità dal comportamento delle donne, una “presa in carica” (“in-charge” role). Per contrasto, in paesi come la Norvegia, o la Svezia, la dimensione è più femminilizzata, il che significa che i ruoli tra uomini e donne sono molto più fluidi e interscambiabili nelle organizzazioni sociali. 

La visione del ruolo della donna è certamente una variabile ancora forte che differenzia alcune culture (ove ad esempio si impedisce alle donne di comparire in pubblico a volto scoperto) da altre ove una donna è incoraggiata ad assumere ruoli di visibilità e responsabilità nella scala sociale.

Uncertainty avoidance

L’evitazione dell’incertezza, la tolleranza dell’ambiguità. Distingue il bisogno di regole chiare, di procedure, di responsabilità lavorative ben identificate (alto grado di evitazione dell’incertezza), dalla capacità/condizione dell’agire in condizioni di regole incerte o imprecise, senza responsabilità ben identificate o in climi di caos organizzativo, o in ambienti poco strutturati (basso grado di evitazione dell’incertezza). 

Questa variabile è correlata al “bisogno di strutturazione” e alla “tolleranza per l’ambiguità” che varia in modo elevato nelle culture, o tra classi sociali, e persino tra famiglie, e quindi anche tra negoziatori di culture diverse.

L’interculturalità apre anche la strada all’esistenza di altri “modi di essere”, di nuovi modi di vivere la vita, e può essere molto terapeutica.

Il vero problema della psicologia culturale è riconoscere quanta parte di assorbimento culturale ha inciso sulla propria personalità, e riappropriarsi di un modo di essere diverso, sia esso meno “ansioso” o “più dinamico”, con la consapevolezza che non è possibile “avere tutto”, essere allo stesso tempo indaffarati e rilassati. 

La comunicazione interculturale, vista nel metodo ALM, pone la sfida della “multiesistenzialità interna” – la nuova capacità di vivere in stati diversi della personalità assorbendo il meglio di culture diverse –  es: saper essere frizzanti e dinamici in certi momenti, rilassati in altri, ed include la capacità di evitare i trascinamenti esistenziali e culturali, es: vivere con ansia e stress da iperprogrammazione una vacanza, o al contrario non saper vivere in un sistema che richiede scadenze e programmazione, quando necessario.

Si può dire che la dimensione interculturale apre le porte a nuove frontiere dell’essere umano, che (almeno nelle società occidentali) per la prima volta nella storia può scegliere di aderire o meno ad una cultura, può modificare il proprio modo di essere e di vivere.

Altre dimensioni di differenza culturale

Altre dimensioni importanti da considerare nella visione del mondo per il metodo ALM sono:

  • cultura dei tempi personali e priorità temporali: inserire tra le priorità la ricerca di emozioni (goals intangibili) o di goals tangibili; il vissuto temporale e le dominanze temporali, la consapevolezza delle differenze tra cultura personale (dell’individuo), cultura organizzativa e cultura nazionale: come io vivo il tempo, come lo vive la mia azienda, come lo vive la mia cultura nazionale – nella fretta o nel relax, nella pianificazione o nel caos. In questo ambito, tra gli obiettivi principali del metodo ALM vi è la riappropriazione del senso di piacere del tempo, eliminando i condizionamenti forzati prodotti dai prototipi cognitivi della propria cultura (autodeterminazione dei tempi);
  • le credenze religiose, sia nella differenza tra religioni, ma soprattutto nel grado di religiosità palese o latente che l’individuo esperisce e applica nella vita quotidiana e lavorativa;
  • le ideologie politiche;
  • la concezione dell’essere umano e il motivo profondo dell’esistenza;
  • la concezione dei rapporti interpersonali (sfruttamento, utilità, condivisione, simbiosi, competizione) e la poliedricità dei rapporti interpersonali (capacità di vivere più livelli, caratterizzati da sistemi motivazionali diversi);
  • la concezione dei rapporti tra uomo e natura, il grado di spiritualità vs. materialismo;
  • l’orientamento all’interno (autoesplorazione, esplorazione del mondo interno e psicologico, introspezione) vs. l’orientamento all’esterno (esplorazione del mondo esterno);
  • l’orientamento all’essere vs. l’orientamento all’avere;
  • l’orientamento verso la positività o la negatività;
  • l’orientamento al passato, al presente o al futuro (e altri quadranti specifici identificati nel modello proprietario T-chart del metodo ALM);
  • la competitività personale e l’orientamento verso la competitività;
  • l’egocentrismo, etnocentrismo, egoismo, centratura sul self o sui propri bisogni, vs. eterocentrismo, altruismo, centratura anche sull’altro e sui bisogni altrui.

Il miglioramento della comunicazione

L’esattezza dello scambio dell’informazione può essere migliorata riducendo la distanza lungo la dimensione “codice”, il che equivale alla riduzione della distanza linguistica. 

Questo significa in alcuni casi imparare una lingua straniera, un dialetto o subdialetto entro un nazione, ma anche apprendere un linguaggio professionale, un codice non verbale che caratterizza altre culture, gestualità e modalità prossemiche, cadenze e aspetti paralinguistici della comunicazione.

L’accordo può essere migliorato con la diminuzione del grado differenza fra comunicatori nei valori, miti, credenze, atteggiamenti e ideologie – differenze che possono avere conseguenze negative nel processo di comunicazione. 

Inoltre, essendo i due elementi altamente correlati, un aumento nella comprensione di codice aumenterà l’ abilità della comprensione di visione del mondo, e viceversa. 

I livelli interculturali e i limiti della comunicazione

Il codice e le dimensioni di visione del mondo dovrebbero essere considerati non sempre completamente differenti o completamente uguali, in quanto variando lungo un continuum di differenze/similarità. 

I livelli interculturali dipendono dalla quantità e qualità di differenza nella  visione del mondo e nel codice comunicativo. 

In generale, la capacità di interpretazione del comportamento umano aumenta in situazioni nelle quali i codici culturali sono meno rilevanti e i codici biologici prendono il sopravvento, come quelle situazioni che riguardano la sopravvivenza (aggressione) e altri comportamenti più istintivi (come cibarsi o nel sesso).

In altre parole persone di differente cultura o creature appartenenti a differenti specie hanno l’abilità di percepire il comportamento aggressivo o amicale non verbale di un membro di un’altra cultura o specie, mentre comportamenti più culturali saranno meno interpretabili. 

Ogni essere umano condivide a livello basilare ed istintuale la tendenza a riprodurre la specie, il tentativo di non morire di fame o di freddo, la protezione dei figli, ed in genere i comportamenti degli esseri viventi biologicamente evoluti. 

L’evoluzione verso l’autorealizzazione è poi uno degli stati che maggiormente caratterizza ogni essere umano, come sottolinea Carl Rogers[1], e le culture e le religioni stabiliscono solamente diverse modalità o “variazioni sul tema” di questa tendenza di fondo verso l‘autorealizzazione.

Le tecniche di empatia (apprendere a capire la visione del mondo altrui) e una maggiore attenzione all’ottimizzazione dei codici di comunicazione possono dare un’enorme contributo allo sviluppo della comunicazione interculturale. 

Il miglioramento della comunicazione interculturale, a sua volta, genera un impulso enorme alla realizzazione di progetti di sviluppo comuni tra stati, culture e paesi – progetti che non abbiano barriere e confini geografici, ma accomunino le persone verso una comune tendenza alla autorealizzazione personale, sociale ed economica.

Il comportamento umano è determinato da due tipi di forze: dal condizionamento culturale (ontogenetico, appreso durante la crescita) e dal condizionamento biologico ereditario (filogenetico, ricevuto dal DNA), e gli apprendimenti ontogenetici (culturali) si innestano sempre su una base filogenetica, che costituisce il nostro patrimonio comune, e nessuna cultura potrà mai scalfire, ma tuttalpiù potrà coprire, far dimenticare.

Allo stesso tempo, l’impossibilità di codice completamente uguale deriva dalla grande profondità e varietà semantica dei segni (il campo semantico é l’estensione e la gamma dei possibili significati di un segno).

Il significato attribuito ai segni non è un elemento stabile o “dato”, ma è frutto di un accordo simbolico tra individui, è il prodotto cioè della socializzazione e di accordi interpersonali e intergruppo, ma la socializzazione varia in continuazione nel tempo, nello spazio, e tra individuo e individuo, gruppo e gruppo, e quindi variano continuamente anche i significati dei segni.

I segni, e i codici, sono vivi, e mutano. Ogni diade di individui, ogni gruppo, crea nel tempo un proprio codice di comunicazione attribuendo significati peculiari a segni utilizzati.

Ciò avviene, e spesso inconsciamente, all’interno delle aziende. L’errore si determina quanto viene dato per scontato che l’interlocutore dell’azienda controparte possieda un codice condiviso. Questo problema richiede un grande lavoro di metacomunicazione, quella attività comunicativa che serve per spiegare il significato attribuito ai segni emessi e verificare l’esattezza del significato percepito nei segni ricevuti.

Così come per il codice, nessun individuo, nessun gruppo organizzato, possiede esattamente la stessa gamma di valori, comportamenti, atteggiamenti, visioni del mondo, credenze, posizioni ideologiche, sull’intera gamma di oggetti e situazioni che divengono oggetto di comunicazione.

Riconoscere la diversità è il primo strumento utile per poterla affrontare.


[1] Rogers (1961).

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© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Psicologia di marketing e comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore

Interpretazione semiotica e valenza simbolica del prodotto

Oltre alla psicologia del prodotto, anche la semiotica del prodotto è in grado di fornire un contributo all’interpretazione di cosa accade nella mente del consumatore, tramite numerose tecniche di analisi. 

Alla base della dottrina semiotica si colloca il concetto di “segno”. Riprendendo uno dei principali semiologi mondiali, Umberto Eco (1987)[1], «è segno ogni cosa che possa essere assunto come un sostituto di qualcos’altro». 

Il segno, nel metodo ALM, costituisce un importante punto di riferimento concettuale. Ad esempio, rappresenta un segno aziendale la carta intestata, il logo, il packaging del prodotto (e questo è abbastanza evidente). Quello che dobbiamo sottolineare, è che anche la modalità di risposta telefonica, l’abbigliamento di un manager, lo stato d’uso di un’auto aziendale, o un quadro alla parete in un corridoio, possono assumere la funzione di “segno” per un cliente. Essi diventano “sintomi dello stato di salute aziendale”, veicoli da cui fuoriesce informazione sulla cultura aziendale e sulla potenziale qualità.

I segni vengono suddivisi in categorie in base alle diverse proprietà assunte:

  • Icone: hanno proprietà di rassomiglianza. Ad esempio una fotografia di un prodotto rappresenta un’icona del prodotto.
  • Indici: sono significati tramite relazioni causali. Ad esempio il fumo è indice di un incendio possibile. Un balbettio può indicare nervosismo durante una trattativa.
  • Simboli: stabiliscono convenzioni arbitrarie tra un significato e un’entità. A differenza delle Icone, non hanno una proprietà di rassomiglianza.  Ad esempio, una parola (non onomatopeica) per indicare un concetto.

In termini aziendali, questi concetti si prestano alla realizzazione di diversi tipi di analisi sviluppate nel metodo dall’autore:

  • Analisi iconica del prodotto/comunicazione: ha lo scopo di evidenziare correlazioni di rassomiglianza tra elementi visivi (ma anche provenienti da altri sensi) di un prodotto e sensazioni/ricordi provocate da questi elementi. Così come una fotografia di un prodotto rappresenta un’icona del prodotto, i fanali di alcune auto possono essere disegnati per ricordare, in qualche modo, gli occhi di un felino. Oppure, un abito può essere costruito in modo tale da ricordare l’abbigliamento di un guerriero, ed ancora un PC può essere costruito in modo tale da ricordare un oggetto fantascientifico.
  • Analisi indicale del prodotto/comunicazione: rappresenta l’analisi di tutto ciò che, nel prodotto o nella comunicazione d’impresa, possa essere utilizzato come “indicatore di”, segnale di qualcos’altro (es: una prestazione). Ad esempio, un marchio di qualità viene utilizzato per indicare una possibile qualità elevata. Una sede prestigiosa può essere utilizzata come indicatore di stabilità finanziaria. Una brochure raffinata può essere utilizzata come indicatore di cura dei dettagli.
  • Analisi socio-simbolica del prodotto: L’analisi socio-simbolica si prefigge di determinare le valenze sociali e culturali che correlano un prodotto, un suo elemento, o un modo di consumarlo, a dei concetti sociali, politici, a delle sfere di significati e valori riconosciuti all’interno di un gruppo. Un’analisi simbolica può determinare che valenza sociale assuma il possesso di un certo marchio di occhiali all’interno di un gruppo, quali connotazioni si leghino al suo possesso, cosa significhi per un ragazzo portare l’orecchino, che connotazioni assume la maglia sociale per i tifosi di un club, che implicazioni ha una certa capigliatura, quali inferenze sulla personalità del proprietario vengono svolte a seconda dell’auto posseduta, ecc. 

Nel campo informatico, è nota agli operatori del settore la querelle culturale e fortemente ideologica tra fautori dei sistemi Macintosh, Linux e sistemi Windows, in cui traspare simbolicamente tutta la lotta all’imperialismo, il mito di Davide contro Golia, la volontà di emanciparsi dai monopoli, che pervade certa cultura, dal Cyberpunk al mondo della grafica e della comunicazione. La semiotica sociale e culturale si presta all’analisi di queste dinamiche, e non solo come esercizi di stile. La comprensione delle dinamiche semiotiche del mercato permette di capire cosa vi sia alla base di fenomeni dalle enormi implicazioni economiche su scala mondiale, quali le lotte tra sistemi operativi e il controllo del mercato informatico, e di ogni altro mercato ove i marchi assumono valenze e simbologie sociali.

Codici comunicativi

Mentre per gli indici le associazioni sono comprensibili ed immediate (es: Rolls Royce indice di denaro, muscoli indice di forza, occhiaie indice di stanchezza), le interpretazioni dei simboli, essendo arbitrarie, devono essere concordate tra emittente e ricevente, costruendo un codice di comunicazione (sistema di regole che associa forme a significati), o ricorrendo ai codici di comunicazione già esistenti nella società. 

Ciascuna società, tuttavia, utilizza codici che sono frutto della sua storia e del suo passato, ed è quindi sbagliato pretendere o dare per scontato che i simboli funzionanti in una cultura funzionino anche in un’altra cultura. Le differenze culturali agiscono fortemente sulla comunicazione internazionale d’impresa, anche se le contaminazioni culturali tendono, nel corso del tempo, ad omogeneizzare alcuni codici di comunicazione internazionale.

Simboli aziendali ed anticipazione delle reazioni di mercato

Ciascun simbolo si presta a diversi livelli di lettura. È necessario quindi considerare la molteplicità di interpretazioni che, in chiave simbolica, qualsiasi elemento è in grado di assumere, e anticipare le possibilità di errore e devianza interpretativa che possono avvenire. 

Ricerche svolte dall’autore[2] hanno evidenziato che l’utilizzo di un logo aziendale (il simbolo di una mano aperta) può avere riflessi simbolicamente neutri per alcune culture, per altre culture può assumere significati negativi (nello specifico, una connotazione di “stop”), in altre ancora può produrre significati ancora più negativi. Ad esempio in Grecia il simbolo della mano aperta è un modo non verbale di offendere, di dire “sei stupido”, e un packaging che incorpora tale simbolo troverà ostacoli culturali molto forti in quel paese. 

In generale, in ogni nazione o area culturale esistono simbologie negative che le aziende devono attentamente evitare di inserire all’interno della propria comunicazione. Una nota casa di pneumatici ha dovuto ritirare dai mercati mondiali un suo prodotto il cui battistrada riproduceva sul terreno non asfaltato un disegno simile a versetti coranici. Questo è risultato molto offensivo per tutti i mercati in cui la religione islamica è dominante, e l’azienda si è vista costretta a ritirare il prodotto, fornendo inoltre scuse ufficiali.

Livelli di lettura del segno

La semiotica si occupa di analizzare i livelli di lettura dei segni. Possiamo infatti distinguere tra diversi livelli di interpretazione del segno o messaggio:

  • Sintattica: analisi della struttura del segno o messaggio;
  • Semantica: analisi dei significati;
  • Pragmatica: analisi di impatto, analisi degli effetti pratici del segno, cambiamento indotto dal segno sul ricevente, modificazioni di atteggiamento.

Ciascun livello di lettura ha una funzione specifica, e altrettanto specifiche implicazioni aziendali. Tra i ricercatori che più hanno approfondito gli studi di semiotica del prodotto e della comunicazione pubblicitaria, è necessario evidenziare i lavori di David Mick, pioniere nell’applicazione di metodi scientifici di misurazione dell’impatto semiotico della comunicazione di marketing (vedi Mick, 1986, 1989, 1991; Mick e DeMoss, 1990).

Vediamo più in dettaglio le peculiarità di questi diversi livelli di lettura della comunicazione aziendale, e più in generale del “segno” aziendale :

Livelli di lettura del segno :

Sintattica – Analisi della struttura del segno.

Ad esempio, 

  • analisi della struttura della frase pubblicitaria, 
  • analisi della composizione visiva di un quadro, 
  • analisi delle componenti visive di un packaging.

Semantica – Analisi scientifica dei significati del segno e delle sue componenti.

Ad esempio,

  • il colore rosso della Ferrari come simbolo di sportività nel mercato dell’auto;
  • il significato percepito in uno spot pubblicitario,
  • l’interpretazione di senso da dare ad una frase ambigua,
  • quale interpretazione dare ad un inatteso silenzio. 

La semantica è centrale nella fase di interpretazione corretta della comunicazione, la cui riuscita dipende dalla comunalità dei codici utilizzati.

Pragmatica – Analisi dell’effetto comportamentale ed impatto del segno.

Ad esempio,

  • Quali effetti pratici produce il segno sul ricevente? 
  • Quali reazioni comportamentali suscita il messaggio o il prodotto? Modifica opinioni e comportamenti o no?
  • che effetti concreti, pratici, reali, ha avuto una campagna di comunicazione antifumo?
  • come potrebbe reagire il mercato  ad un cambiamento di packaging (colori e forme)?

Altri problemi posti dalla semiotica sono dati dal livello di intenzionalità dei segni. Eco (1987)[3] sottolinea come alcuni comportamenti “appaiono capaci di significare anche se chi li emette non è cosciente di significare attraverso di essi”, e questo può dare luogo a una “commedia degli equivoci intessuta di arrière pensées, reticenze, doppi giochi e così via” (cfr Eco, 1973,[4]in Eco, 1987).

Ogni azienda deve rendersi conto di un dato di fatto: come sottolinea Watzlawick, non è possibile non comunicare. Ogni dettaglio, ogni parola, ogni elemento, proietta un’immagine, e incide sulle scelte del cliente.

Un ulteriore aspetto semiotico aziendalmente rilevante è dato dalle modalità di descrizione del segno, tra cui l’analisi denotativa e l’analisi connotativa.

L’analisi connotativa richiede l’utilizzo di frame interpretativi (angoli di osservazione valoriali e sociali del prodotto). A seconda del punto di osservazione semiotico, infatti il prodotto diviene “segno” di un insieme di relazioni tra oggetti sociali. La pelliccia può divenire “segno” dell’appartenenza ad una classe agiata o di aspirazione ad appartenervi. Questo segno assume una valenza positiva o negativa in funzione del frame interpretativo adottato: un frame alto-borghese porterà alla decodifica della pelliccia come oggetto di classe e distinzione. Un frame ambientalista porterà ad una decodifica della pelliccia come sinonimo di superficialità del proprietario. Inoltre, connoterà in esso il possesso di valori antisociali, consumistici, antiambientalistici. 

È il frame di osservazione, in altre parole, che determina il giudizio del prodotto e il suo luogo all’interno dei valori e significati del soggetto.

Mentre l’analisi denotativa si prefigge la descrizione “oggettiva”, non valutativa, dei contenuti manifesti del prodotto o del messaggio, l’analisi connotativa si prefigge di stabilire le associazioni di significato legate al segno. 

Macro-tipologie di analisi semiotica

Analisi denotativa

  • Descrizione oggettiva dei contenuti del segno.
  • Analisi avalutativa, asettica, puramente descrittiva.
  • Analisi degli elementi fisicamente percepibili nell’immagine o nel segno in generale.

Es: descrizione di una fotografia, porzione per porzione, frame-by-frame, identificando gli oggetti presenti e la loro posizione nello spazio; analisi descrittiva delle componenti grafiche e dello schema-colori di un sito web aziendale.

Analisi connotativa

  • Descrizione dei significati che il segno e i suoi elementi assumono nel contesto culturale, sociale e simbolico dell’emittente e/o del ricevente
  • Analisi che fa riferimento a strutture sociali,  schemi culturali, valori, associazioni simboliche, proiezioni nel vissuto personale o sociale.

Es: analisi del significato che una pelliccia assume all’interno di una fotografia di moda; analisi del ruolo e significati di una sequenza di azione all’interno di uno spot; analisi del significato simbolico di un rifiuto; analisi delle espressioni facciali come segnalatori di stati emotivi.

Definire la funzione semantica del prodotto permette di capirne il suo significato sociale e simbolico, i vincoli e le barriere che esso può incontrare, i motivi di accettazione e rifiuto che esso incontra sul mercato. 

Principio  – Carica simbolica  – loading semantico del prodotto

  • Gli effetti pragmatici (vendite, reazioni del mercato) derivano dalla capacità di definire le componenti sintattiche del prodotto (forme, strutture, e caratteristiche) e le componenti semantiche (valenze culturali e valoriali, simbolismi ed associazioni).
  • Il valore del prodotto aumenta al crescere della carica simbolica che esso assume.

[1] Eco, U. (1987). Trattato di semiotica generale. Milano: Bompiani.

[2] Daniele Trevisani (1991). Corporate Symbols and Corporate Image. University of Florida.

[3] Eco, U. (1987). Trattato di semiotica generale. Milano: Bompiani.

[4] Eco, U. (1973). Il segno. Milano: Isedi.

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Altre risorse online

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Il Segno: “qualcosa a noi manifesto che ci conduce a qualcosa di nascosto”… (Tommaso D’Aquino, 1225-1274)

… a voi la profondità di questo pensiero
… a voi la valutazione di quanto poco lo stiamo applicando.
…di quanto ci fermiamo alla superficie invece di investigare
…di quanto cerchiamo l’evidente invece che il nascosto.
(Daniele Trevisani)

Per chi vuole apprfondite consiglio di approfondire concetti di Semiotica, scienza delle scienze,
così male condotta da intellettuali vuoti, una scienza che ha il potere di portare luce all’intera umanità.

Un esempio di “segno”, la fotografia di due auto che sono in produzione nello stesso momento, può essere segno di molte interpretazioni possibili (anche dette “ipotesi interpretative”). Ad esempio, l’età “culturale” del prodotto (che nel caso della Fiat Bravo sembra appartenere più agli anni 90 che agli anni post 2010), oppure essere segno della mentalità che usano i progettisti (tradizionalista vs. futurista) o anche della qualità manageriale (nepotismo vs orientamento agli obiettivi), e molte altre ipotesi

FIAT BRAVO kia proceed

Fiat Bravo vs Kia ProCeed

Comparazione delle miniature di presentazione di due modelli della stessa classe di veicolo, tra Fiat Bravo e Kia ProCeed, dalle foto del sito ufficiale di appartenenza.

L’analisi dei segni si applica a qualsiasi tema della vita.

Ad esempio, l’analisi delle interpretazioni che partono dal Segno verso il Referente (stile di vita del proprietario), per cui noi siamo portati automaticamente a fare ragionamenti. Es, che tipo di donna è la proprietaria di ciascuno di questi diversi tipi di scarpe, se avessimo solo l’indizio della “scarpa trovata nel suo armadio”? Che locali o luoghi potrebbe frequentare secondo voi? Dove la cerchereste se si fosse smarrita?

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L’analisi Denotativa è la parte della semiotica che si occupa di “descrivere” il segno nelle sue componenti percepibili dai sensi (es, una scarpa tipo stivale, con scritte e segni rosa e bianchi simili a graffiti, con tacco alto 2 cm… etc etc)

L’analisi Connotativa è la parte della Semiotica che si occupa di ricercare un “senso complessivo” del segno, una ipotesi interpretativa. Es, quella è una “scarpa da punk”, o “chi ha queste scarpe è sicuramente una freak”, e via così.

Esempio di applicazione come esercizio per il lettore.

In un ristorante diverse persone ordinano da bere

  1. una coca cola con ghiaggio
  2. acqua naturale temperatura ambiente
  3. doppio wiscky senza ghiaccio
  4. Gatorade
  5. Red Bull
  6. una camomilla

…che cosa scatta nella testa di chi “interpreta” rispetto alla persona che potrebbe essere il bevitore tipico di questo tipo di bevanda?

Il marketing spende enormi energie, ad esempio, per associare un marchio come “Red Bull” a specifiche aree associative nella mappa mentale del ricevente”, es “coraggio, forza, energia, dinamismo”, per ottenere stimoli d’acquisto associati alle pulsioni che il prodotto genera e le associazioni che è in grado di creare.

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approfondimenti (fonte Wikipedia)

Tipi di segni

Fu sant’Agostino il primo a classificare tre tipi di segni. I primi sarebbero i segni naturali, cioè tutti quei segni che non sono stati creati per significare qualcosa, ma che rimandano ad altri oggetti per l’esperienza. Ad esempio, una nuvola rimanda all’idea di pioggia non perché è stata creata per comunicare questa azione. Poi vi sarebbero i segni artificiali, cioè creati proprio per la comunicazione. Sono detti anche segni intenzionali proprio perché alle spalle c’è l’intenzione di voler trasmettere un concetto.

I segni del primo tipo sono detti anche indizi, per distinguerli da quei segni non artificiali, come il linguaggio, che però servono a comunicare

Segno, Interpretante, Oggetto

Peirce nell’ambito della semiotica elaborò una teoria riguardante qualsiasi processo di significazione, o semiosi. In questo contesto Peirce utilizzò la parola traduzione riferendosi al processo tramite cui è possibile ricavare significato da un segno. Tale processo si basa sulla relazione fra tre elementi: segno, oggetto e interpretante.

Segno

Può essere qualsiasi cosa susciti un’interpretazione: un’immagine, un rumore, una melodia, un gesto, un sogno. Affinché un elemento funga effettivamente da segno deve essere percepito come tale ed entrare in relazione con un oggetto producendo nella mente del soggetto una rappresentazione mentale che stabilisce la relazione tra quel segno e quell’oggetto. Nel caso dei codici naturali, le lingue, i segni sono le parole, le lettere, le frasi.

Interpretante

È una porzione di materiale mentale, un’idea o un pensiero, che interpreta il segno e lo collega all’oggetto. L’interpretante è soggettivo e incostante. Un segno non produce sempre lo stesso interpretante. Sicuramente due individui differenti di uno stesso segno avranno due interpretanti diversi, ma anche uno stesso individuo che incappa in un segno due volte, a distanza di tempo l’una dall’altra, potrebbe produrre due interpretanti diversi.
Bisogna fare attenzione a non considerare l’interpretante come una persona che interpreta. La parola interpretante è una sorta di abbreviazione per segno interpretante, si tratta quindi di un segno mentale, mentre è l’interprete la persona che interpreta.

Oggetto

Ciò a cui rimanda il segno attraverso l’interpretante. Esiste a prescindere dal segno ma è conoscibile solo per mezzo del segno. Può essere percepibile o immaginabile. Si tratta del significato che una persona attribuisce a un segno.

Tali osservazioni di Peirce sono di enorme portata per la scienza della traduzione.

I cinque percorsi indicati da San Tommaso sono:

  • Ex motu et mutatione rerum (tutto ciò che si muove esige un movente primo perché, come insegna Aristotele nella Metafisica: “Non si può andare all’infinito nella ricerca di un primo motore”);
  • Ex ordine causarum efficientium (cioè “dalla causa efficiente”, intesa in senso subordinato, non in senso coordinato nel tempo. Tommaso non è, per sola ragione, in grado di escludere la durata indefinita nel tempo di un mondo creato da Dio, la cosiddetta creatio ab aeterno: ogni essere finito, partecipato, dipende nell’essere da un altro detto causa; necessità di una causa prima incausata);
  • Ex rerum contingentia (cioè “dalla contingenza”. Nella terminologia di Tommaso la generabilità e corruttibilità sono prese come segno evidente della possibilità di essere e non essere legata alla materialità, sinonimo, nel suo vocabolario di “contingenza”, ben diverso dall’uso più comune, legato ad una terminologia avicenniana, dove “contingente” è qualsiasi realtà che non sia Dio. Tommaso, in questa argomentazione della Summa Theologiae distingue attentamente il necessario dipendente da altro (anima umana e angeli) e necessario assoluto (Dio). L’ esistenza di esseri generabili e corruttibili è in sé insufficiente metafisicamente, rimanda ad esseri necessari, dapprima dipendenti da altro, quindi ad un essere assolutamente necessario);
  • Ex variis gradibus perfectionis (le cose hanno diversi gradi di perfezioni, intese in senso trascendentale, come verità, bontà, nobiltà ed essere, sebbene sia usato un ‘banale’ esempio fisico legato al fuoco ed al calore; ma solo un grado massimo di perfezione rende possibile, in quanto causa, i gradi intermedi);
  • Ex rerum gubernatione (cioè “dal governo delle cose”: le azioni di realtà non intelligenti nell’universo sono ordinate secondo uno scopo, quindi, non essendo in loro quest’intelligenza, ci deve essere un’intelligenza ultima che le ordina così).

Processo conoscitivo

Tommaso, che riteneva la conoscenza acquisibile solo attraverso la sensibilità, rifiuta la visione della conoscenza di Agostino, che pensava che questa avvenisse tramite l’illuminazione divina.

La conoscenza degli universali però appartiene solo alle intelligenze angeliche; noi, invece, conosciamo gli universali post-rem, ossia li ricaviamo dalla realtà sensibile. Soltanto Dio conosce ante rem.

La conoscenza è, quindi, un processo di adeguamento dell’anima o dell’intelletto e della cosa, secondo una formula che dà ragione del sofisticato platonismo di Tommaso:

(LA)
« Veritas: Adaequatio intellectus ad rem. Adaequatio rei ad intellectum. Adaequatio intellectus et rei. »
(IT)
« Verità: Adeguamento dell’intelletto alla cosa. Adeguamento della cosa all’intelletto. Adeguamento dell’intelletto e della cosa. »

  Interpretazione semiotica e valenza simbolica del prodotto

Oltre alla psicologia del prodotto, anche la semiotica del prodotto è in grado di fornire un contributo all’interpretazione di cosa accade nella mente del consumatore, tramite numerose tecniche di analisi.

Alla base della dottrina semiotica si colloca il concetto di “segno”. Riprendendo uno dei principali semiologi mondiali, Umberto Eco (1987)[1], «è segno ogni cosa che possa essere assunto come un sostituto di qualcos’altro».

Il segno, nel metodo ALM, costituisce un importante punto di riferimento concettuale. Ad esempio, rappresenta un segno aziendale la carta intestata, il logo, il packaging del prodotto (e questo è abbastanza evidente). Quello che dobbiamo sottolineare, è che anche la modalità di risposta telefonica, l’abbigliamento di un manager, lo stato d’uso di un’auto aziendale, o un quadro alla parete in un corridoio, possono assumere la funzione di “segno” per un cliente. Essi diventano “sintomi dello stato di salute aziendale”, veicoli da cui fuoriesce informazione sulla cultura aziendale e sulla potenziale qualità.

I segni vengono suddivisi in categorie in base alle diverse proprietà assunte:

 

§  Icone: hanno proprietà di rassomiglianza. Ad esempio una fotografia di un prodotto rappresenta un’icona del prodotto.

§  Indici: sono significati tramite relazioni causali. Ad esempio il fumo è indice di un incendio possibile. Un balbettio può indicare nervosismo durante una trattativa.

§  Simboli: stabiliscono convenzioni arbitrarie tra un significato e un’entità. A differenza delle Icone, non hanno una proprietà di rassomiglianza.  Ad esempio, una parola (non onomatopeica) per indicare un concetto.

 

In termini aziendali, questi concetti si prestano alla realizzazione di diversi tipi di analisi sviluppate nel metodo dall’autore:

 

§  Analisi iconica del prodotto/comunicazione: ha lo scopo di evidenziare correlazioni di rassomiglianza tra elementi visivi (ma anche provenienti da altri sensi) di un prodotto e sensazioni/ricordi provocate da questi elementi. Così come una fotografia di un prodotto rappresenta un’icona del prodotto, i fanali di alcune auto possono essere disegnati per ricordare, in qualche modo, gli occhi di un felino. Oppure, un abito può essere costruito in modo tale da ricordare l’abbigliamento di un guerriero, ed ancora un PC può essere costruito in modo tale da ricordare un oggetto fantascientifico.

§  Analisi indicale del prodotto/comunicazione: rappresenta l’analisi di tutto ciò che, nel prodotto o nella comunicazione d’impresa, possa essere utilizzato come “indicatore di”, segnale di qualcos’altro (es: una prestazione). Ad esempio, un marchio di qualità viene utilizzato per indicare una possibile qualità elevata. Una sede prestigiosa può essere utilizzata come indicatore di stabilità finanziaria. Una brochure raffinata può essere utilizzata come indicatore di cura dei dettagli.

§  Analisi socio-simbolica del prodotto: L’analisi socio-simbolica si prefigge di determinare le valenze sociali e culturali che correlano un prodotto, un suo elemento, o un modo di consumarlo, a dei concetti sociali, politici, a delle sfere di significati e valori riconosciuti all’interno di un gruppo. Un’analisi simbolica può determinare che valenza sociale assuma il possesso di un certo marchio di occhiali all’interno di un gruppo, quali connotazioni si leghino al suo possesso, cosa significhi per un ragazzo portare l’orecchino, che connotazioni assume la maglia sociale per i tifosi di un club, che implicazioni ha una certa capigliatura, quali inferenze sulla personalità del proprietario vengono svolte a seconda dell’auto posseduta, ecc.

 

Nel campo informatico, è nota agli operatori del settore la querelle culturale e fortemente ideologica tra fautori dei sistemi Macintosh, Linux e sistemi Windows, in cui traspare simbolicamente tutta la lotta all’imperialismo, il mito di Davide contro Golia, la volontà di emanciparsi dai monopoli, che pervade certa cultura, dal Cyberpunk al mondo della grafica e della comunicazione. La semiotica sociale e culturale si presta all’analisi di queste dinamiche, e non solo come esercizi di stile. La comprensione delle dinamiche semiotiche del mercato permette di capire cosa vi sia alla base di fenomeni dalle enormi implicazioni economiche su scala mondiale, quali le lotte tra sistemi operativi e il controllo del mercato informatico, e di ogni altro mercato ove i marchi assumono valenze e simbologie sociali.



[1] Eco, U. (1987). Trattato di semiotica generale. Milano: Bompiani.

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Materiale estratto dal libro di Daniele Trevisani (2002), “Psicologia di marketing e comunicazione”, FrancoAngeli Editore, Milano. Copyright. Pubblicato per concessione dell’autore da www.studiotrevisani.it.
E’ consentita la riproduzione solo con citazione dell’autore e del volume originario.