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mixed-martial562506_401668416523965_951272047_nsol(C) dott. Daniele Trevisani, elaborato dall’autore con modifiche dal volume Regie di Cambiamento. Approcci integrati alle risorse umane, allo sviluppo personale e organizzativo, e al coaching. Franco Angeli editore

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Sarà capitato a tutti di dare un suggerimento ovvio, banale, ragionevole, quasi scontato, ad una persona, nel suo interesse, e vedersi opporre un netto rifiuto.

Ad esempio: “non mettere 2 bustine di zucchero nel caffè se vuoi dimagrire”, oppure “l’azienda deve premiare di più la meritocrazia e meno le parentele e la politica”.

Tutti ragionamenti orientati al bene. Ma spesso falliscono. Perchè? Ci sono molte spiegazioni. Ne esaminiamo qui una delle tante.

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Un aspetto essenziale delle resistenze al cambiamento viene dal fatto che i cambiamenti

nella propria comunicazione, nel modo di pensare o di agire, vengono etichettati come

attacchi al proprio carattere, e si infrangono contro la “corazza caratteriale”.

La reazione di difesa è stata evidenziata già dagli albori della psicologia. Tra i pionieri,

Reich compie una analisi accurata della “peste emozionale” intesa come biopatia cronica

dell’organismo, in cui la repressione degli istinti porta alla difficoltà di convivenza sociale,

disagi della personalità, devianze (sadismo e criminalità), movimenti assolutistici

(inquisizione, nazismo). L’individuo appestato emozionalmente “zoppica caratterialmente”,

e tuttavia, secondo Reich,

la peste emozionale è più vicina alla nevrosi del carattere, che a una malattia cardiaca organica, ma

alla lunga può generare il cancro o malattie cardiache. Essa viene alimentata, come la nevrosi del

carattere, da pulsioni secondarie. Essa si distingue dai difetti fisici per il fatto che è una funzione del

carattere e che come tale viene violentemente difesa.

Una delle azioni più importanti di una regia di cambiamento sta nel creare spazi e

condizioni affinché le variazioni proposte non vengano “lette” come attacchi personali

in chi li deve attuare, o come “attacchi al carattere fini a se stessi”, ma come azioni di

liberazione, la scarcerazione da tratti di personalità o di comportamento dannosi alla

persona o al sistema.

La liberazione richiede il riconoscimento di stati patologici la dove prima si vedeva la

normalità, e al contrario la rivalutazione di comportamenti e atteggiamenti prima non

osservati o trascurati. Questo vale anche per il “pensiero dominante” che vige in una

organizzazione in un certo periodo di tempo.

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(C) Dal volume Regie di Cambiamento. Approcci integrati alle risorse umane, allo sviluppo personale e organizzativo, e al coaching. Franco Angeli editore

Prima di acquistare un biglietto per una vacanza, occorre decidere il tipo di esperienza che si vuole vivere. È necessario ispirarsi ad una visione, a volte questo significa sognare, guardare oltre, decidere se si desidera viaggiare per far raccolta di fotografie o di emozioni, se stare da soli o in compagnia, e di chi. In altre parole, serve una visione ispiratrice. Anche nel cambiamento organizzativo siamo di fronte a questa scelta di fondo.

Un meta-modello, una visione ispiratrice che governa i modelli specifici di cui ci occupiamo, è il modello metabolico.

Nella nostra prospettiva, ogni soggetto (persona, team o azienda) – impegnato in un percorso di cambiamento – può essere assimilato ad una cellula. Una cellula che “respira” è viva, una cellula chiusa, imprigionata in se stessa, è morta.

Il sistema-cellula scambia informazioni o sostanze con l’ambiente esterno muta, evolve, si sforza di far entrare nutrienti, e cerca di espellere cataboliti (materiali di scarto), veleni o sostanze tossiche.

Agire sul cambiamento significa dare impulso a tali dinamiche.

Ogni sistema vivente, piccolo o grande – se desidera vivere – deve continuamente lavorare per mantenere i suoi equilibri interiori in un ambiente che cambia senza sosta. Il funzionamento descritto assomiglia molto a quello di una macchina, o di un’unità biologica, tuttavia la dinamica del cambiamento psicologico, culturale e organizzativo, non è estranea a questi processi.

Diversi approcci alla psicologia, come la Bioenergetica, riconoscono questo tipo di funzionamento:

un qualsiasi organismo, per quanto complicato, funziona sempre, nel suo insieme, come un’unica cellula. Le funzioni vitali dell’organismo quali l’espansione e la contrazione, la tensione verso l’esterno ed il ritiro in sé o all’indietro, l’assorbimento e l’emissione, sono regolate da quello che è conosciuto come principio del piacere[1].

In altre parole, il cambiamento positivo cerca di portare tendenzialmente una persona o un sistema verso uno stato di maggiore piacere e soddisfazione (“andare verso”), rifuggendo da dolore e disagio (“allontanarsi da”).

Questo prototipo di funzionamento generale ha tuttavia delle aberrazioni pratiche e apparentemente illogiche, come la persistenza volontaria in uno stato di disagio, l’assunzione di sostanze (fisiche) o pensieri (mentali) che causano danni all’organismo.

Nel capitolo sull’omeostasi esamineremo come questi fatti siano da collegare ai meccanismi di regressione verso l’abitudine, il tentativo di mantenere equilibri, anche se precari o dannosi, mosso dalla pulsione umana verso la sedentarietà o dalla difesa del carattere da attacchi esterni. Lottare contro questi antagonisti del cambiamento, tra cui la “resistenza” e la regressione, fa parte di un’analisi registica del cambiamento.

In termini metaforici, possiamo evidenziare in un sistema umano che cambia tre differenti attività prima di tutto mentali, che corrispondono ad altrettante operazioni psicologiche concrete: acquisire, consolidare, espellere.

Nel metodo delle regie il cambiamento è visto come un meccanismo nel quale è necessario far luce su (1) cosa sia bene acquisire, far entrare (2) cosa sia bene mantenere, consolidare e (3) di cosa sia invece opportuno disfarsi, abbandonare, lasciare.

Si tratta del principio di base del metabolismo, la cui sostanza vale in ogni processo di cambiamento personale o aziendale, terapeutico o formativo.

Riepilogando, le tre aree di analisi principali individuate nel “modello metabolico” sono:

 

·       Zona 1: rimuovere, abbandonare, disapprendere, lasciar andare, disfarsi di…

·       Zona 2: consolidare, mantenere, aggrapparsi a, rafforzare, ancorarsi a…

·       Zona 3: acquisire, imparare, apprendere, assimilare, far entrare…


[1] AA.VV. (2007), Bioenergetica, in Wikipedia, enciclopedia online (al 4/1/2007).

 

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Articolo tratto dal volume di Daniele Trevisani “Regie di Cambiamento”, FrancoAngeli editore, Milano (2007). Copyright, materiale pubblicato su concessione dell’autore www.studiotrevisani.it – utilizzabile solo previa citazione della fonte

1.1.       Alchimie tra forze contrapposte: la lotta tra pulsioni di assimilazione, stabilità, rimozione

Il cambiamento positivo è il motore dell’evoluzione e riguarda ogni persona e ogni organizzazione. Il propulsore psicologico può essere un obiettivo da raggiungere, l’orgoglio, volontà, sogni e aspirazioni (motori psicologici positivi), o invece bisogno, sofferenza, necessità di rimuovere uno stato di disagio (motori psicologici negativi).

Chiunque desidera progredire deve mettere in conto un investimento concreto, fatto soprattutto di tempo ed energie mentali, e deve apprendere a ricentrarsi verso le priorità strategiche (azioni di ricentraggio).

Rimanere aperti a nuovi input riguarda indifferentemente la crescita personale, lo sviluppo delle aziende e delle organizzazioni, il mondo del business o quello dello sport. Nelle arti marziali, un Maestro afferma che:

…il praticante deve cercare sempre lo sviluppo delle sue conoscenze e perfezionarle nel corso della sua evoluzione… deve vivere in una perpetua situazione di apprendistato durante la sua esistenza, perché le situazioni e i metodi evolvono costantemente[1].

Secondo questa visione, il cambiamento non è quindi un “atto finito”, ma un “atteggiamento di fondo”, un “amore” verso un percorso fatto di ricerca, di curiosità per il nuovo, di attenzione al nuovo, che mette in atto un meccanismo evolutivo costante.

Siamo sempre in qualche forma di “apprendistato” e possiamo sempre imparare qualcosa di nuovo. Tuttavia, ogni mutamento – volontario o subìto – richiede impegno e presenta un costo (tempo, energie, fatica), e molti non desiderano pagarlo o lo posticipano sino all’ultimo. Le conseguenze in questi casi non tardano ad arrivare.

I “mostri” contro cui lottare sono tanti. Tra questi la regressione verso l’abitudine, un meccanismo involontario che porta le persone a “rintanarsi” e rinchiudersi in riti quotidiani – a volte dannosi. Il “drago” prende anche sembianze di “politico”, attua meccanismi volontari quali il boicottaggio attivo del cambiamento (cercare di bloccare il processo e gli input esterni) e frena l’evoluzione di un sistema, per puro interesse personale.

Abbiamo ancora le resistenze ideologiche, valoriali, o i blocchi che chiunque mette in atto quando sente che altri cercano di attuare un ingresso nel proprio territorio psicologico. Ritroviamo ancora il problema delle energie per cambiare, la cui mancanza può frenare anche le migliori intenzioni. Si presenta inoltre il problema della competenza o incompetenza del consulente o formatore, chiamato ad aiutare il processo evolutivo.

Gli ostacoli possono essere tanti. Questa è solo una breve e incompleta rassegna delle sfide che ci attendono.


[1] Cohen, Alain (2007), Principi I.D.S. Krav Maga, in Budo International, 1/2007.

 

Articolo tratto dal volume di Daniele Trevisani “Regie di Cambiamento”, FrancoAngeli editore, Milano (2007). Copyright, materiale pubblicato su concessione dell’autore www.studiotrevisani.it – utilizzabile solo previa citazione della fonte