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© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategic selling. Psicologia e comunicazione per la vendita consulenziale e le negoziazioni complesse”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

Conoscenza e consapevolezza del cliente

Nella vendita consulenziale è indispensabile acquisire la capacità di compiere diagnosi e analisi della controparte, il sistema complesso con il quale stiamo per interagire.

L’analisi è fondamentale per far emergere il sistema cliente in tutta la sua pienezza, anticipare i possibili rischi, e cogliere tutte le opportunità che esso racchiude.

Ecco i tratti principali della conoscenza del sistema-cliente:

  1. Chi sono loro – Con chi tratto
  2. Chi e cosa rappresentano
  3. Storia e network
  4. Missione e posizionamento
  5. Bisogni latenti (BSS), espressi e potenziali
  6. Livelli di arousal e stati emotivi – 
  7. Grado di “copertura” – Fornitori
  8. Sociogrammi decisionali
  9. Cultura e stili comunicazionali
  10. Potenziale economico e relazionale

Chi sono “loro” – Con chi tratto

In genere, l’”altro” – in termini commerciali e negoziali – è un soggetto pericoloso solo finché non lo si conosce bene. 

Larga parte dell’attività consulenziale – anche nella vendita – consiste esattamente nel conoscere l’”altro”, il sistema-cliente, le sue strutture, i suoi funzionamenti, i suoi bisogni dichiarati e quelli latenti. 

Questo significa ricercare sintomi e “segnali deboli”, capirne le finzioni e le realtà, svelarne le contraddizioni. Il teatro è maestro nella capacità di svelare le contraddizioni. Molte rappresentazioni giocano tutto il loro valore sullo smascheramento, sul meccanismo del “giù la maschera”, seguito spesso dal “vediamo cosa c’è realmente sotto la maschera”. 

Smascherare, e farlo delicatamente e artisticamente, senza urtare le difese psicologiche della controparte (o farlo solo come strategia e non involontariamente), è uno degli obiettivi della vendita consulenziale e della negoziazione. 

Nel teatro, la “rivelazione” o “smascheramento” è il momento in cui il grande avvocato da tutti temuto si dimostra cornuto, o incapace di educare il figlio che diventa paradossalmente un ladro. 

È il momento in cui tutta l’impalcatura drammaturgica crolla, è lo “strappo nel cielo di carta” del teatrino delle marionette ci cui ci parla Pirandello, il momento in cui il pubblico si accorge che è in corso una recita, il momento in cui siamo costretti a prendere atto che è in corso una rappresentazione scenica e non ci stanno esponendo una realtà ma una sua visione spesso distorta, lacunosa, artefatta. 

Basare una vendita su dati distorti, lacunosi, artefatti, incompleti, non è certo garanzia di successo.

Chi e cosa rappresentano

Ogni azienda è parte di qualche sistema politico o istituzionale, di un network evidente o latente, di qualche cultura o mondo, e “sta per” (rappresenta) qualcosa di altro. 

La scienza semiotica (scienza dello studio dei segni e dei sistemi di comunicazione simbolica) ci aiuta a far luce sui simbolismi che le aziende utilizzano ( lato denotativo ) e sui significati che assumono ( lato connotativo ). 

Conoscere il livello semiotico, capire il senso del “stare per” e del “significare qualcosa”, è indispensabile. Dobbiamo distinguere le rappresentazioni istituzionali dalle rappresentazioni di ruolo. Ogni negoziazione infatti subisce il problema della stratificazione dei ruoli, della molteplicità dei ruoli compresenti in un individuo, e della confusione su chi abbia veramente il potere decisionale.

Spesso dietro ai simboli di potere ostentato (uffici in centro, vestiti eleganti, siti web evoluti) si nasconde un vuoto e una misera colossale. Non dobbiamo prendere quindi per “veri” i segnali denotativi, ma prenderli solo come “indizi” di qualcosa che deve essere esplorato e convalidato.

Potremmo avere una trattativa con un buyer di un colosso industriale, che rappresenta la formalizzazione della burocrazia di acquisto, ma dal potere decisionale nullo, oppure un colloquio con un personaggio apparentemente secondario ma che in realtà rappresenta la famiglia che detiene il controllo azionario, e funge da gatekeeper (controlla il “cancello” di alcuni rami di potere aziendale) – un vero decisore e influenzatore. 

Nulla deve essere dato per scontato.

Storia e network

La storia di un’azienda è fondamentale per capire le sue evoluzioni attuali. Una delle attività essenziali del venditore consulenziale e negoziatore di alto livello, è lo studio della storia del cliente o controparte, i suoi cambiamenti epocali e i micro-mutamenti che si trova a subire a causa della concorrenza, della tecnologia, della legislazione e dell’ambiente. 

Chi comanda adesso, chi comandava prima, e perché chi comanda adesso è nella condizione di farlo. In che posizione del suo ciclo storico è un certo decisore? È in fase di declino e sta per lasciare l’azienda o è una new-entry nel ruolo e ha bisogno di dimostrare la sua capacità?

Fare vendita consulenziale significa entrare nei processi del cliente, fare “consulenza di processo”[1] nella vendita significa capire la traiettoria del cliente (passato, presente, ipotesi di possibili futuri) e inserirsi come elemento utile. 

Il network riguarda le reti di rapporti in cui è inserita l’azienda, ad esempio – se trattiamo con la grande distribuzione – dobbiamo sapere se stiamo trattando con una grande cooperativa legata al settore della “cooperazione bianca” di ispirazione cattolica, o se essa si riconosce ed è inserita nell’area della “cooperazione rossa” di sinistra, o se invece appartiene ad aree conservatrici, o altri network industriali o politici. 

I profili di appartenenza ai network creano profondi vincoli sulle scelte, soprattutto vincoli politici, mentali, ideologici e influenzano la decisione dei partner e fornitori cui affidarsi. 

È sbagliato basare una vendita consulenziale sulla sola pura politica o appartenenza ad un network, ma dimenticare questo dato può creare gaffe ed errori conversazionali, conoscerlo invece permette di anticipare alcuni meccanismi di funzionamento del cliente (anticipare, non certo prevedere esattamente). 

Nessun ragionamento euristico (stereotipi di ragionamento, es: è cattolico quindi….) deve essere preso come assoluto e dato per scontato. 

Missione e posizionamento

La missione rappresenta “cosa fai per chi”e “a chi sei utile e per cosa” e non va confusa con l’obiettivo economico del vendere e guadagnare. 

Il ragionamento sulla missione è intriso, nella mente di molti manager, di un costante fraintendimento tra (1) ottenere risultati aziendali per sè (vendere, guadagnare), e (2) portare risultati ai clienti, avviare “relazioni di aiuto”.

Il senso vero della missione è portare risultati ai clienti, e questo è l’unico motore vero delle vendite, è ciò che le rende possibile.

Per poter vendere, nel B2B (vendita da impresa ad impresa) dobbiamo capire come la nostra soluzione può aiutare ad aumentare il valore complessivo che il cliente può offrire ai propri clienti. Dobbiamo ancora una volta entrare nei processi e capire la catena del valore dell’impresa cliente.

Anche nel negoziare, dobbiamo capire se le nostre proposte o soluzioni aiutano la controparte a risolvere un suo problema e non solo un nostro problema.

Dobbiamo capire se e dove i nostri flussi di valore possono avere impatto sui flussi di valore che il nostro cliente potrà portare ai propri clienti o interlocutori-chiave. 

Se uno dei nostri vantaggi competitivi ipotizzati è il tempo di consegna rapido (elemento del marketing mix), non è detto che esso sia anche un elemento del value mix (il mix di valore effettivo percepito dal cliente). 

Il tempo di consegna rapido può impattare positivamente i tempi di consegna del cliente ai propri clienti? Gli è stato richiesto? O è abbastanza marginale? 

Nessuna risposta che vale per un cliente vale automaticamente anche per un altro.

È importante per il cliente ottenere miglioramenti sui tempi di consegna? Se si, abbiamo una carta da giocare, se no (e non vi sono altri fattori organizzativi da considerare) si tratta di un vantaggio inutile, puramente autoreferenziale (un puro parlarsi addosso, vuoto, improduttivo).

Centrare la missione del cliente e il suo posizionamento ci aiuta a negoziare per creare il successo del cliente negoziale, ancora prima del nostro.

Se riusciamo a diventare un elemento del successo del cliente, il nostro successo sarà una semplice conseguenza.

I bisogni possono essere espressi e formalizzati, oppure latenti e non pronunziati, per numerosi motivi (desiderio di coprire informazioni, bisogno di gestire l’immagine pubblica, di non rivelare debolezze). 

Bisogni espressi, latenti (BSS), e bisogni potenziali.

I bisogni latenti partono dalla radice del Bisogno Sottostante Servito (BSS) del cliente. I desideri di acquisto di un cliente possono essere portati sul tavolo della negoziazione, oppure rimanere latenti, o ancora stare nel non detto

I bisogni latenti sono diversi dai bisogni potenziali in quanto un bisogno potenziale non è allo stato di consapevolezza nel cliente, si tratta di qualcosa di non ancora pensato nemmeno dal cliente.

Un BSS rappresenta la motivazione sottostante l’acquisto. Esempio: compriamo un PC portatile per soddisfare l’esigenza di scrivere o analizzare dati, e farlo anche potendosi spostare. Vogliamo una videocamera per poter fissare ricordi e momenti. Qualsiasi tecnologia ci aiuti a “fissare ricordi e momenti” per poterli rivedere in seguito, copre il BSS, e quindi è essenziale concentrarsi sul bisogno e non solo sul prodotto.

  1.  Quali sono i veri bisogni del cliente? Li abbiamo capiti davvero?
  2. Quanto bene sta risolvendo il prodotto le esigenze di base per cui viene acquistato? E’ una soluzione già ottimale, o si può fare di meglio?
  3. Quali spazi scoperti e margini di miglioramento rimangono? 
  4. Come evolve la domanda e quali nuove caratteristiche possono costituire fattori di successo? Le aspettative e attese crescono, e in che direzione? 
  5. Quali trend di scenario hanno il potenziale di incidere sul nostro futuro, e cosa faremo per utilizzare i trend anziché esserne sommersi?

Livelli di arousal e stati emotivi

L’analisi motivazionale del cliente ci porta a chiederci perché è in corso un tipo di bisogno e se possiamo rispondervi, o se possiamo stimolare un bisogno nel caso siamo convinti di poter portare un beneficio al cliente. 

L’analisi emotiva ci porta ad interessarci del quanto forte è un livello di bisogno, quali emozioni si associano nel cliente a questo bisogno (ansia, tristezza, gioia, aspettativa, disagio nel parlarne, gioia del parlarne, e altri stati emotivi). 

L’arousal è l’attivazione del cliente, il suo grado di “agitazione interiore”, la tensione sottostante il bisogno. Ad esempio, può esistere un bisogno disperato ma questa urgenza viene mascherata (ancora una volta teatralmente) come semplice curiosità.

Grado di “copertura” – Fornitori

Quanto risulta “coperto” un cliente dai fornitori che ha già? La nostra controparte ha già qualcuno che sia in grado di coprire le esigenze? Qualcuno che possa dare risposte a bisogni sentiti o emergenti? 

L’analisi diventa interessante soprattutto sui bisogni non ancora espressi o sui bisogni potenziali e futuri, che ancora non si sono manifestati ma presto potrebbero farlo.

Capire su quali piani e bisogni un cliente è “scoperto” o ha poco margine di sicurezza nei fornitori attuali è un’acquisizione informativa essenziale.

Sociogrammi decisionali

Con chi trattare? Per saperlo, è necessario capire gli influenzatori del processo di acquisto, chi è con e chi è contro, chi è neutro, chi gioca su un tavolo aperto e chi gioca “sotto il tavolo”. Capire quali sono le relazioni e i giochi di potere, i rapporti di forza nella controparte, è un elemento chiave.

Nelle vendite e nelle negoziazioni complesse è essenziale riuscire a risalire la catena decisionale, arrivando al top delle organizzazioni. Occorre arrivare ai livelli decisionali che contano, e farlo per gradi o direttamente, a seconda di quanto “schermati” e filtrati siano questi livelli.

È anche importante riuscire a presidiare diversi livelli organizzativi (uscire dal solo settore acquisti, parlare anche con il marketing, con le vendite, con l’amministrazione o con l’area produzione e con l’area qualità), per iniziare a creare un consenso allargato verso la nostra azienda e la nostra proposta.

Questa attività di relationship building è essenziale per creare basi solide nel sistema-cliente.

Cultura e stili comunicazionali

Quali regole vigono in azienda e nel cliente, quali valori, simboli, abitudini, modi di essere, stili di gestione, stili di comportamento e comunicazione. Anche in questo caso valgono le regole di riconoscimento, per capire quale stile è attivo tra le tante possibilità.

Potenziale economico e relazionale

Da un’analisi complessiva dei dati, possiamo ricavare il potenziale del cliente. L’analisi comprende il potenziale economico degli acquisti, i volumi attuali e futuri, il tipo di rapporto avviabile, i rientri materiali e immateriali che possono arrivare da questo rapporto.

Dovremo quindi valutare attentamente alcuni aspetti indispensabili, come le caratteristiche del cliente (dimensioni, fatturato, settore), i costi logistici di ingresso (cliente comodo da raggiungere e servire), quante e quali risorse sarà necessario dedicargli, i termini e le modalità di pagamento, ed ancora, se è un cliente che offre buone prospettive (dirette o indirette) per espandere i nostri contatti, un cliente dal buon potenziale economico, dove praticare prezzi remunerativi con la possibilità di sviluppare margini adeguati.

Pertanto il nostro interesse per questo tipo di cliente (valore d’immagine e relazionale), non dipende solo dai fatturati generabili, ma dall’immagine che ne deriva, dalla possibilità di ingresso in aree di mercato nuove o interessanti e diversi altri fattori intangibili.

Per ciascuna “falla” o segnale dovremo valutare se e come muoverci.


[1] Vedi Schein, E. (2001). La consulenza di processo. Come costruire le relazioni d’aiuto e promuovere lo sviluppo organizzativo. Milano, Raffaello Cortina Editore

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online

© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategic selling. Psicologia e comunicazione per la vendita consulenziale e le negoziazioni complesse”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

La capacità comunicativa e l’attività della negoziazione

Comunicazione e negoziazione sono un territorio delicatissimo dell’esistenza umana.

Dalle abilità comunicative dipendono successi e fallimenti, vittorie e cadute, e la possibilità di concretizzare sogni e ideali.

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I desideri, le nostre aspirazioni umane e professionali – le idee che vorremmo concretizzare – i nostri stessi progetti di vita, sono collegati a questa capacità di comunicazione, spesso inespressa, una capacità latente, un fiore da far sbocciare. Una capacità che raramente coltiviamo e studiamo.

Essa rappresenta una delle facoltà più preziose della natura umana: poter esprimere e condividere sentimenti, idee, pensieri, visioni, sogni, progetti. 

Questi temi sono trattati in specifici workshop esperienziali condotti dall’autore, in full immersion, come ad esempio l’evento “Al Rifugio con l’Autore” che si realizza in un rifugio wellness di alta montagna, dedicandosi allo sviluppo delle capacità di comunicazione positiva, di pensiero positivo, di public speaking, di analisi della propria strategia di vita e professionale. 

L’importanza delle capacità di comunicazione può alterare (in meglio o in peggio) anche le traiettorie della propria vita sentimentale; può farci avvicinare alle persone che amiamo, o allontanarci, può generare comprensione o incomprensione, passione o tristezza, gioia o dolore. 

Una buona comunicazione può dare vita ad amicizie e rapporti che durano una vita, una cattiva comunicazione determina invece il malfunzionamento o la rottura irreparabile di relazioni umane e professionali.

Per ogni essere umano, la capacità di comunicare le proprie emozioni ad altri, aprirsi, non lasciare che esse rimangano soffocate in una ruminazione mentale solo interna, è un fattore primario di salute fisica e mentale.

Le capacità comunicative arrivano persino a determinare la vita e morte di persone, come nelle negoziazioni militari o per la liberazione di ostaggi.

In questo ambito, anche i dettagli contano, ad esempio:

  • capire chi sono i decisori veri con cui trattare può cambiare la vita di un’azienda; può farle vincere o meno una gara, un appalto, o conquistare un cliente determinante per molti anni a venire; 
  • un errore di battitura in un punto cruciale dell’offerta può generare senso di pressapochismo e far alzare le barriere valutative, rendendo la vendita più “in salita”; ma ancora…
  • una distrazione in fase di ascolto che ci faccia perdere un “segnale” importante lanciato dall’interlocutore;
  • cogliere o non cogliere un’occhiata o una smorfia di approvazione o disapprovazione che si lanciano due persone nel team con cui trattiamo.
comunicazione
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È un risultato eccezionale, dal punto di vista della negoziazione e della relazione umana, capirsi tra le parti, rompere le barriere di incomunicabilità, trovare modi per avere successo cooperativo, e crescere assieme. 

Di fatto, comunicatori, negoziatori professionisti, venditori, rappresentano una parte attiva della società e “muovono le cose”. Senza di loro, le aziende non potrebbero vivere. 

Un’azienda senza persone in grado di vendere è un’azienda sull’orlo del baratro. Tutti gli stipendi vengono da un’unica fonte: le vendite.

Dobbiamo quindi prepararci, così come un soldato si prepara per una battaglia, un atleta per una gara, un attore per la scena.

La chiave è far crescere le nostre competenze comunicative, supportare la crescita degli altri

Le capacità comunicative devono diventare sempre più un vero e proprio asset (risorsa strategica) e non (quando mancano) un punto di debolezza da coprire a suon di sconti, ribassi, umiliazioni, concessioni e perdite.

Per questo bisogna agire con spirito guerriero e strategico, con una mente pronta e risoluta – una mente da analista – e “gambe” pronte ad incontrare persone in ogni luogo. 

Una frase antica, espressa da un Samurai giapponese, ci offre una bella rappresentazione, che spiega con poche parole questo atteggiamento:

Kenshin disse:  «Il fato è in paradiso, l’armatura è sul torace, il risultato è nei piedi »

Adachi Masahiro, Samurai (scritto risalente al periodo 1780-1800)

In: Cleary, Thomas. La Mente del Samurai[1]

La suggestione del Samurai Masahiro ci aiuta a capire che esistono molte aree della vita che non possiamo dominare, e altre per le quali dobbiamo e possiamo agire, sia in prima persona che in squadra.

Il “paradiso” di Kenshin sono gli scenari globali, le scelte dei competitors, la nostra armatura è la nostra preparazione, i nostri piedi sono le azioni che adottiamo.

Dobbiamo quindi distinguere le aree per le quali non vale nemmeno la pena preoccuparsi troppo, da quelle per le quali possiamo “prepararci” e fare strategia, sia che si tratti di proteggere i nostri interessi vitali (armatura) che di muoversi con scientificità tattica (i “piedi” dello Strategic Selling). 

Nessun altro può farlo per noi. 

Ma, per concretizzare, dobbiamo assimilare lo spirito guerriero proposto da Masahiro e adattarlo ai nostri scopi e alla nostra professione.

È indubbio che operare nella vendita oggi significhi avere coraggio. 

Il coraggio di chi esce con una valigia e va a conquistare un cliente. 

coraggio
coraggio

Il coraggio di chi affronta il mondo, di chi entra in culture diverse, in aziende nuove e sconosciute, di chi lotta contro competitors più forti, più finanziati o potenti, il coraggio di chi si muove in prima linea. 

Ed ancora maggiore coraggio serve per dirigere le persone, stare a fianco degli uomini e delle donne che si muovono in prima linea, stargli vicino anche sul campo, nei momenti di difficoltà e di maggiore bisogno.

Questa è leadership. Questa è una modalità di vita.

È la scelta di chi stabilisce di non stare nelle retrovie ma di stare sul fronte, immergersi nelle tante battaglie umane e sacrifici che la vendita strategica impone a chi decide di giocare questo gioco. E di gioire per i successi.

La negoziazione è certamente un gioco difficile, ma non un gioco d’azzardo. La negoziazione seria non si prefigge mai di produrre danni gratuiti alla controparte, ma – ovunque possibile – porta avanti il principio delle “relazioni d’aiuto” (essere di aiuto agli altri) e costruire relazioni che creano valore per tutti.

Relazioni vincenti che creano benefici ad entrambe le parti.

matrimonio

Questo vale anche in un matrimonio, quando due persone riescono a fissare i propri spazi di libertà per i propri interessi personali (sport, cultura, giardinaggio, viaggi, etc.) senza che il matrimonio stesso divenga una gabbia, ma piuttosto una piattaforma che dia forza ad entrambi.

Vale anche tra due aziende, quando da una buona negoziazione emerge un progetto che nessuna, da sola, sarebbe riuscita a fare.Nessun risultato, tuttavia, avviene per magia. Negoziamo da quando siamo nati, e lo faremo per tutta la vita.

Serve un’attività di negoziazione e lavoro certosino sulla chiarezza dei ruoli, e dei confini dei ruoli.

Le relazioni vanno coltivate, se vogliamo vederne i frutti.

 

curare

La comunicazione parte da un bisogno primario, il bisogno di entrare in relazione, in contatto con qualcuno o con qualcosa e per coloro che operano professionalmente con la negoziazione, prepararsi da professionisti è il minimo che si possa fare. 

Questi bisogni richiedono un lavoro di formazione adeguato.

Prepararsi da professionisti

Esiste una grande confusione in campo aziendale su cosa sia la formazione. Alcuni pretendono di preparare negoziatori e venditori tramite un paio di ore di lezioni teoriche in cui vengono propinate teorie e concetti astratti, affidandosi a professori universitari che non hanno mai venduto niente in vita loro.

Più che una formazione classica, serve una forte “sensibilizzazione”, qualcosa che vada oltre le regole stereotipate. Ad esempio, imparare a vedere come noi reagiamo alle comunicazioni altrui, come funziona il nostro dialogo interno[2]capire come esaminare una conversazione e cogliere le sue mosse strategiche, preparasi ad essere analisti.

training

La formazione seria è una forma di apprendimento molto forte, parte da un’autoanalisi che nessun PowerPoint può sostituire, e ci chiede di fare i conti con chi siamo veramente. 

Al contrario dei seminari tenuti dai “corsifici”, un buon coaching in profondità (coaching personale o team coaching) può aiutare la persona e il team a prestare attenzione a ciò che prima gli sfuggiva, e questo non ha niente a che fare con la formazione classica.

Bisogna aiutare le persone a muoversi da professionisti, a “pensare” come professionisti. La ricerca del Potenziale Umano che si nasconde in ogni persona non è né facile né immediata, lo sappiamo tutti benissimo. Ma, a volte, cerchiamo scorciatoie che non esistono. 

Le situazioni in cui la comunicazione cambia le cose sono tante. 

Possiamo avere un colloquio di lavoro nel quale si decide una svolta nella vita, nel quale far emergere chi siamo e cosa valiamo.

Gli effetti di ogni parola e di ogni gesto saranno sommatori e decisivi.

Lo stesso bisogno di essere comunicatori efficaci tocca il problema di trovare un finanziatore per progetto, o un sogno da concretizzare.

Tante situazioni, un denominatore comune: il risultato delle attività di comunicazione e negoziazione cambia la vita. Affrontare questo mondo intrigante richiede l’esame di molte variabili.

Una prima consapevolezza di fondo è il bisogno di una grande serietà in chi opera nel mondo della comunicazione e della negoziazione complessa: essere coscienti del fatto che dagli esiti di una trattativa strategica dipendono svolte di tipo professionale, effetti che cambiano la vita, propria o altrui. 

Se condotte bene, gettano le basi per un futuro migliore. Se condotte male, producono danni enormi.

Una seconda certezza: per comunicare bene serve formazione specifica, l’abito mentale di chi si prepara alla negoziazione, dedica ad essa risorse mentali, la gestisce come un’attività professionale e strategica (approccio mentale del Get-Ready Mind Set), e non trascura i dettagli[3].

energie

Una terza certezza è il bisogno di curare la “macchina” del venditore, negoziatore o comunicatore, ancora prima di preoccuparci delle sue prestazioni esterne. Una persona che sta bene, piena di energie fisiche e mentali, avrà ottime chance di esprimere anche il suo potenziale comunicativo. Al contrario, una persona fisicamente debilitata o esaurita, e psicologicamente stanca o che si sente fuori ruolo, non farà altro che errori continui.

Come sottolinea un collega e amico, importante psicologo e counselor italiano, allenatore della nazionale italiana di Apnea e di campioni del mondo di apnea, quando ci si “immerge” nelle relazioni e nelle negoziazioni si va incontro, come fa un apneista, anche a se stessi e al proprio inconscio

Possono emergere paure o incongruenze, ansie e timori ragionevoli o irragionevoli, coscienti o subcoscienti. 

Se questi ci bloccano, ci rallentano, ne subiremo gli effetti negativi.

Al contrario una persona che abbia fatto un lavoro profondo su di sé può “immergersi” tranquillamente sia in acqua che nella più difficile trattativa, senza perdere in consapevolezza emotiva e rimanendo sostanzialmente sereno nonostante l’ambiente difficile che lo circonda[4].


[1]

Cleary, Thomas (2008) (a cura di), La Mente del Samurai: Il Codice del Bushido, Mondadori. Scritto di Adachi Masahiro, Samurai (scritto risalente al periodo 1780-1800).

[2] Per il dialogo interiore nelle situazioni di consumo e scelta di acquisto, vedi Bahl, S. e Milne G. R. (2010), Talking to Ourselves: A Dialogical Exploration of Consumption Experiences, in Journal of Consumer Research, Vol. 37, June 2010.

[3] La preparazione mentale a compiti successivi, e l’utilizzo delle risorse mentali, nella Consumer Research, è stata affrontata in un articolo specifico. Vedi Bosmans Anick, Pieters Rik e Baumgartner Hans (2010), The Get Ready Mind-Set: How Gearing Up for Later Impacts Effort Allocation Now, in Journal of Consumer Research, Vol. 37, June 2010.

[4] Manfredini, Lorenzo (2010), Appunti di counseling, materiale didattico riservato, Associazione Olos e Istituto di Dinamica Mentale, Ferrara.

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online

Articolo estratto dal testo “Self Power, psicologia della motivazione e della performance“, copyright FrancoAngeli Editore e Dr. Daniele Trevisani Formazione Aziendale e Coaching, pubblicato con il permesso dell’autore.

L’acquario comunicativo

I due fronti della comunicazione (emissione e ricezione) possono essere combinati con tre tipi fondamentali di effetti: negativi per chi li riceve, effetti neutri ed effetti positivi.

Ognuno di noi abita in una sorta di “acquario comunicativo” dove predomina un certo tipo di colore dell’acqua, e possiamo valutare se l’acqua sia più o meno pura, e vi siano cascate o acqua stagnante.

Se abiti in un acquario comunicativo in cui i messaggi che ricevi sono prevalentemente negativi, prima o poi ti intossicherai. Allo stesso modo, se la maggior parte dei messaggi sono positivi, devi imparare ad aprirti ad essi, altrimenti finiranno per aver effetto neutro, e scivolare via.

Ugualmente, le tue comunicazioni sono importanti: possono fare bene (relazioni di aiuto) o essere essenzialmente indifferenti come effetti (dispersione di energie comunicative), o avere scopo distruttivo, far stare male le persone.

Chiediti sempre in che acquario comunicativo sei, prendi consapevolezza dei messaggi che ti arrivano e dei messaggi che produci.

Risorse attive e risorse bloccate

Il concetto di crescita viene spesso visualizzato come una scalata verso l’alto, tuttavia questo è un errore: può trattarsi di un allargamento o una crescita che guarda dentro, verso se stessi. Anche piccole acquisizioni positive possono dare luogo a importanti variazioni nel lungo periodo, per effetti di trascinamento ed effetti di cascata.

Le operazioni positive richiedono di apprendere ad accedere alle risorse attive ma soprattutto accedere alle risorse bloccate, scoprendo energie prima non accessibili.

Spesso non ci sentiamo pronti, non ci sentiamo all’altezza e ci ritiriamo. Le sfide sembrano insormontabili, ma in alcune di esse, quando ci si trova catapultati all’interno, si scopre di avere qualcosa dentro, qualcosa che non sospettavamo di avere.

Se solo potessimo conoscere il nostro potere fino in fondo accetteremo molte più sfide e andremmo verso ideali ben più grandi di quelli che perseguiamo nel quotidiano.

Per approfondimenti vedi: