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Pulsioni d’acquisto

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© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Psicologia di marketing e comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore

L’equilibrio cognitivo del cliente nelle situazioni d’acquisto

L’equilibrio interno della persona, in termini psicologici (tra opinioni possedute ed espresse, tra azioni e atteggiamenti, e tra i diversi atteggiamenti concatenati), è una necessità  per la stabilità emotiva e per la qualità della vita. 

Ogni persona ha la necessità di possedere un equilibrio psicologico, anche in relazione alle valutazioni e alle scelte di acquisto. La presenza di valutazioni miste, cioè la compresenza di valutazioni sia positive che negative – può portare il soggetto ad uno stato di dissonanza interna – teorizzato nella letteratura psicologica classica come dissonanza cognitiva.

La dissonanza cognitiva è uno stato mentale che avviene ogniqualvolta una persona prova pulsioni tra di loro contrastanti, emozioni di opposta natura, desideri tra di loro antitetici, o si trova a doversi comportare in modo difforme dai propri valori. Le scelte di acquisto sono tra i comportamenti che più sottostanno alle leggi della dissonanza e dell’equilibrio cognitivo.

Non è possibile acquistare tranquillamente un prodotto se questo è fortemente contrastante con i valori della persona. Un prodotto può avere alcune componenti gradevoli ed altre assolutamente indesiderabili. Ad esempio, un ecologista che consideri di acquistare un profumo per lui o lei molto gradevole, si trova in dissonanza cognitiva se viene a conoscenza del fatto che esso è stato testato su animali.

Ancora, può accadere che il gradimento e le preferenze di acquisto di un individuo vadano in direzione opposta alle aspettative dei gruppi di riferimento, le persone per lui importanti: la famiglia, o gli amici, o i colleghi di lavoro, o altri gruppi sociali che contano nella sua vita. Anche questi casi creano dissonanza cognitiva. Ogni azione, comportamento, valore, atteggiamento, ha connessioni con altre azioni, valori, comportamenti, atteggiamenti. Mantenere equilibrio in un reticolo così complesso è un compito difficile.

Tra le aree di più forte interesse nel campo della dissonanza, vi è quella delle contraddizioni tra pulsioni primarie (istintuali, non inibite, impulsive, di natura spesso inconscia) e le pulsioni secondarie, frutto dei doveri, delle norme, della cultura radicata nell’individuo[1].

I lavori di Heider (1946, 1958)[1] nell’area della dissonanza e dell’equilibrio cognitivo hanno prodotto modelli di ampia portata, utilizzabili anche nello studio dei processi di acquisto.

La tensione di cui parla Heider è stata sperimentata da tutti noi, ogniqualvolta ci siamo confrontati con scelte difficili relative ad un acquisto. Ad esempio, acquistare un abito desiderato ma troppo costoso a discapito di altri utilizzi del denaro, oppure un acquisto che sia in grado di generare discordia: l’acquisto di una minigonna eccessivamente corta da parte di una adolescente, ben sapendo che essa sarebbe stata mal digerita dalla famiglia. Oppure l’acquisto aziendale di beni da un fornitore sgradito, ma imposto da equilibri politici della direzione. 

Tra le strategie aziendali di riduzione della dissonanza ha un posto importante la comunicazione post-vendita, che deve tranquillizzare l’acquirente della bontà della scelta effettuata. Ogni atto di vendita importante deve essere seguito da messaggi rassicuranti, affinché venga meno la dissonanza post-vendita

Le applicazioni di marketing della teorie sulla dissonanza trovano un terreno applicativo enorme nella ponderazione dell’acquisto svolta dal cliente e nelle dinamiche che avvengono durante la trattativa di vendita.

Quando si determinano dissonanze interne nel cliente, l’individuo cercherà di ridurre lo stato di tensione, che è sempre in qualche misura doloroso. 

Un passo importante per la comprensione di questi comportamenti è dato dal riconoscere che il comportamento manifesto, quello messo in atto dalle persone giorno dopo giorno, è il risultato di una diversa serie di pulsioni complesse, anche tra di loro contraddittorie. Capire queste relazioni richiede (1) studio analitico, e (2) possibilità di disporre, collocare, visualizzare i rapporti di forza tra variabili su un media idoneo (carta, PC, o altri formati).

Le dinamiche della dissonanza cognitiva sono al centro dell’analisi del processo persuasivo. Infatti, solo la percezione di una dissonanza è in grado di aprire il varco al cambiamento di atteggiamento duraturo. L’intensità della dissonanza percepita è correlata alla necessità dell’individuo di ritrovare un equilibrio. Al crescere della dissonanza, cresce la necessità di trovare soluzioni. Il marketing cognitivo, basato sulla percezione delle dissonanze e successiva risoluzione, è la chiave strategica per la vendita dei servizi innovativi e intangibili (formazione manageriale, ricerca di mercato, interventi di sviluppo della comunicazione).

Principio – Ridefinizione cognitiva e cambiamento degli equilibri psicologici (rottura-ricostruzione)

  • Ogni acquisto o cambiamento è influenzato dagli schemi cognitivi preesistenti. 
  • Gli schemi cognitivi agiscono in background nel cliente, a livello subconscio e inconscio.
  • L’acquisto di innovazione o il cambiamento comportamentale richiede la presa di coscienza nel soggetto (cliente o buyer) che gli schemi utilizzati precedentemente non sono più adeguati a fronteggiare i bisogni, gli scenari, i nuovi obiettivi o traguardi.
  • Il venditore o consulente può fungere da elemento in grado di scardinare gli schemi preesistenti, tramite tecniche che generano riflessione profonda nel cliente,  rivisitazione e presa di coscienza di schemi cognitivi errati.
  • L’atto di acquisto di prodotti e servizi innovativi –  non rientranti negli schemi preesistenti, o distanti concettualmente dal cliente – deve essere preceduto dalla rottura degli equilibri preesistenti (presa di coscienza).
  • La presa di coscienza che gli equilibri preesistenti non sono più adeguati apre la strada all’inserimento di nuovi comportamenti e atteggiamenti di acquisto, nei quali i prodotti/servizi innovativi possono trovare spazi e fungere da elementi riequilibratori.

Misurazione degli atteggiamenti e immagine del marchio

La misurazione quantitativa degli atteggiamenti verso il prodotto può essere effettuata con due classi di tecniche: metodi quantitativi e metodi qualitativi. La misurazione su base quantitativa segue alcune linee guida generali:

Linee guida per la realizzazione di ricerche quantitative sull’immagine

  • brainstorming[2] e desk-work[3]: Una prima fase qualitativa in cui viene costruito un modello preliminare, che contiene le componenti ipotizzate di atteggiamento sul prodotto. Il lavoro avviene tramite riunioni, analisi della letteratura e studio teorico del problema;
  • pretest: Il modello preliminare viene testato sul campo, tramite ricerca empirica (pretest) per poterlo tarare e migliorare;
  • campionamento: Viene selezionato statisticamente un campione rappresentativo della popolazione che si intende studiare;
  • raccolta dati: vengono realizzate interviste sul campione;
  • elaborazione: I dati raccolti vengono immessi su PC. Le diverse misurazioni sono elaborate statisticamente: la ponderazione delle diverse componenti di atteggiamento restituisce un immagine complessiva della valutazione di prodotto, rappresentata in forma di grafici e tabelle contenenti dati e indicatori statistici;
  • interpretazione: I risultati in formato grafico e tabellare vengono analizzati managerialmente, alla ricerca delle implicazioni per l’azienda e le sue strategie. Viene verificata ulteriormente la validità e affidabilità della metodologia di ricerca, per non rischiare di basare le strategie su dati errati o viziati;
  • implementazione: Dall’interpretazione vengono derivate le strategie (se i dati sono sufficienti a risolvere il problema o prendere la decisione), o viene stabilito di intraprendere ulteriori ricerche utili a far luce sul problema e prendere la decisione giusta

Questa procedura minima si basa su un approccio quantitativo e correlazionale alla misurazione degli atteggiamenti, basato sulla “rilevazione dell’esistente”.

Le ricerche sperimentali (basate su gruppi di controllo) vengono invece utilizzate per valutare quale impatto sull’immagine aziendale possono determinare specifiche modifiche (es: cambiamento di logo o packaging).

La misurazione qualitativa degli atteggiamenti richiede invece l’intervento di esperti in psicologia del profondo e tecniche di intervista psicologica, con il compito arduo, ma raggiungibile, di ricostruire il belief system del soggetto, e capire il ruolo del prodotto al suo interno. Il risultato di tale lavoro di indagine possiede una forte valenza strategica: permette di avviare azioni comunicative ad alto impatto, e di compiere un salto di qualità a livello di progettazione dei nuovi prodotti.

L’azione più incisiva in assoluto proviene dall’utilizzo combinato delle tre tecniche (correlazionale, sperimentale e in profondità).

Errori di misurazione degli atteggiamenti

Esistono diverse possibilità di errore nella misurazione, sia (a) legate al modello teorico adottato che (b) dipendenti dal metodo di rilevazione e da errori pratici accaduti durante la misurazione. 

Costituiscono elementi di errore imputabili al modello l’aver sottovalutato un fattore non inserendolo nel questionario, o aver inserito elementi inutili, aver utilizzato teorie sbagliate, o ipotesi di nessun valore predittivo. Gli errori del modello sono quindi errori fondamentali della teoria su cui si basa il lavoro di misurazione.

Sono da attribuire al metodo errori come il porre il soggetto in condizioni psicologiche sfavorevoli (ad esempio, chiedere ad un soggetto il suo grado di soddisfazione lavorativa in presenza del diretto superiore), o presupporre nella persona una consapevolezza che non esiste, valutare qualcosa del tutto estraneo per il soggetto (chiedere di valutare il potere benefico del ginseng ad una persona che non sappia cosa sia il ginseng), o ancora codificare male i dati statistici (errori di battitura e inserimento dati), o produrre manipolazioni sbagliate sul file (inversione di righe, ordinamenti alfabetici errati, confusione di codici).

L’impatto delle parole sulla percezione del consumatore

Come misurare l’immagine che generiamo negli altri? Come valutare l’immagine di un prodotto o di un marchio, per verificare se sono conformi a quanto dovrebbero? 

Le pulsioni d’acquisto nascono ogni qualvolta un profilo percepito di prodotto combacia con un’immagine ricercata. È quindi importante riuscire a misurare sia l’immagine desiderata che l’immagine percepita.

Il potere evocativo delle parole e l’immagine associata ai marchi è alla base di molti successi o fallimenti di mercato. La misurazione dei simbolismi, delle loro connotazioni semantiche e delle loro ripercussioni sulle vendite è una delle tecniche in grado di prevedere il successo di mercato. Come espone Packard in questo esempio:

..nel corso degli anni l’esperto di pubblicità Louis Cheskin… ha controllato il potere simbolico che le parole hanno per i clienti, con interessanti risultati. Un cliente del Texas, la Plenty Products (cioè «prodotti abbondanza») stava per lanciare una nuova linea di gelati. La ditta aveva deciso che Plentifors sarebbe stato un nome molto adatto. Cheskin osservò che dava l’idea della quantità, non della qualità e pertanto non si poteva vendere il prodotto a un prezzo elevato. Egli mise il gelato in un contenitore con l’etichetta Plentifors e lo espose accanto a quattro altri contenitori con etichette diverse, invitando poi 806 consumatori a dare un giudizio sui vari prodotti. In tutti i contenitori c’era il medesimo tipo di gelato. Il contenitore con l’etichetta Splendors (nome inventato da Cheskin) ottenne voti completamente favorevoli in numero quattro volte maggiore del Plentifors.

Il differenziale semantico originario

Una forma di misurazione dell’immagine, derivante dalla psicologia sociale e dagli studi di psicolinguistica, si attua tramite il “differenziale semantico”[4]. Questo strumento permette di costruire un profilo di immagine del prodotto, del marchio, o persino di una persona.  Esso restituisce al ricercatore il profilo percettivo che un qualsiasi oggetto o entità genera in un valutatore. 

Il modello si presta ottimamente ad essere utilizzato per valutare la performance comunicativa di un venditore, di un politico, di uno speaker, o di un docente, o per capire come gli amici colleghi ci vedono.

Le applicazioni del differenziale semantico sono state utilizzate per diversi scopi, tra cui la misurazione delle reazioni emozionali prodotte da uno stimolo di marketing, l’analisi dell’impatto di un nome di prodotto, di un logo o marchio. Un uso estensivo ne viene fatto anche nella ricerca sociale.

Il differenziale semantico originario aveva tra i suoi scopi primari l’obiettivo di misurare il significato delle parole, e compararlo tra diverse culture o sottoculture.

Il differenziale semantico originario permette di misurare fattori primari della reazione emotiva del consumatore rispetto ad un oggetto d’acquisto, e quindi determinare la potenza dell’oggetto in termini di generazione delle pulsioni d’acquisto. Al crescere dei punteggi lungo entrambi i fattori, aumenta la probabilità che si generi pulsione d’acquisto. Cala inoltre l’importanza del prezzo, in quanto il prodotto assume valenze psicologiche ancor prima che funzionali. Il principio che ne deriva è il seguente:

Principio – Potenza evocativa psicologica del prodotto/marchio

  • La potenza psicologica del prodotto/marchio dipende dal grado di posizionamento sui fattori valutazione, potenza e attività, dall’estremo negativo (lento, debole, spregevole) all’estremo positivo (dinamico, forte, desiderabile).
  • Al crescere della potenza psicologica del prodotto si riduce la sensibilità al prezzo.

Il differenziale semantico nel marketing

Con opportuni adattamenti, è possibile misurare la percezione di un marchio o di un prodotto e compararla con altri marchi o prodotti.

L’applicazione di queste tecniche al marketing ha reso possibile misurare l’effetto che specifiche parole o frasi hanno sul cliente, o la creazione di profili comparativi di immagine tra un’azienda e i suoi concorrenti. L’utilizzo di queste tecniche permette di ottenere risposte a domande non banali, tra cui:

  • Comparazioni d’immagine: Cosa vede il cliente nel mio concorrente diretto, di diverso da noi? Perché è nata una pulsione d’acquisto verso la concorrenza a discapito della nostra azienda? Perché abbiamo perso dei clienti? Realizzando un profilo d’immagine differenziale applicato sugli acquirenti della concorrenza possiamo ottenere queste informazioni.
  • Evoluzioni d’immagine: L’immagine che noi generiamo nei nostri clienti rimane stabile nel tempo, aumenta o si deteriora in seguito all’uso del prodotto e all’esperienza con la rete di assistenza?
  • Prossimità d’immagine: Quali sono i marchi più vicini ai nostri, dal punto di vista del consumatore?
  • Scostamenti d’immagine dall’ideale: quanto è distante il profilo percepito da un profilo di prodotto/servizio ideale?
  • Strategia d’immagine: Costruzione di un profilo di immagine ideale. Valutazione di quali direzioni prendere per ottenere un positioning migliore.

Queste aree sono alla base di qualsiasi strategia realmente competitiva.

Partendo dalla struttura di base del modello, è possibile inserire o eliminare items per rendere la misurazione più aderente a specifiche esigenze: misurazione dell’immagine di un prodotto, di un candidato politico, di un oratore, di un venditore, ecc. Il processo di adattamento consente l’inserimento di nuove dimensioni valutative maggiormente tarate sull’oggetto di studio.

La costruzione di un differenziale semantico adattato richiede la creazione di items specifici e la loro successiva depurazione e selezione, sino ad arrivare allo strumento che meglio si adatta all’esigenza: uno strumento agile (in termini di tempo di somministrazione e sforzo d’intervista) ma sufficientemente esaustivo (completo, globale) rispetto alle variabili che si intendono misurare. 

La correttezza scientifica che lo strumento di misurazione richiede non permette approcci superficiali o poco professionali alla tecnica, in quanto gli esiti della ricerca verrebbero falsati.

La tecnica del differenziale semantico non si ferma alla sola misurazione  del profilo. Essa permette di svolgere analisi avanzate, tra cui:

  • analisi di omogeneità/disomogeneità nelle opinioni dei clienti;
  • analisi fattoriali per l’identificazione di tipologie di variabili giudicate simili dai consumatori; identificazione delle variabili latenti nei giudizi dei consumatori;
  • analisi correlazionali per comprendere quali items o variabili sono maggiormente predittivi, in grado di incidere maggiormente sull’immagine o su altra variabile dipendente, tra cui l’intenzione d’acquisto, o ancora comprendere cosa specificamente incide con più forza sul gradimento complessivo di prodotto; capire cosa genera l’intenzione d’acquisto;
  • analisi di regressione e determinazione della quota di varianza spiegata, per valutare la completezza, predittività ed esaustività del modello da noi utilizzato, in relazione alla variabile dipendente da esaminare (es: intenzione d’acquisto o gradimento complessivo di prodotto). L’analisi di regressione permette quindi di “capire se abbiamo capito” a sufficienza il ragionamento sottostante la logica di acquisto, cioè se disponiamo di un quadro complessivo delle valutazioni del consumatore in grado di realizzare previsioni affidabili su come sia possibile migliorare l’offerta.

Il modello del differenziale semantico si presta anche alla valutazione di persone o prestazioni comunicazionali, per identificare i punti di forza e debolezza del soggetto o della prestazione. 

La valutazione della prestazione può avvenire sia ad opera di un valutatore esperto, sia ad opera di un pool di valutatori, o ancora tramite raccolta dati su campioni rappresentativi di pubblico target.

Terza legge di valore del prodotto

In conclusione, le tecniche proposte permettono di giungere ad un importante risultato: misurare la forza e la distanza semantica del prodotto rispetto all’ideale (grado di scollamento tra profilo ideale e profilo effettivo, tra desiderio e realtà, tra aspirazioni del consumatore e offerta aziendale). Questa considerazione è alla base della terza legge di valore del prodotto, la quale è applicabile anche alla misurazione del valore dell’impresa in generale:

Legge della prossimità del profilo d’immagine

V = PI – PP (Valore = Profilo Ideale – Profilo Percepito)

  • Il valore del prodotto è inversamente proporzionale alla distanza semantica tra il profilo di prodotto ideale del cliente e la percezione reale del prodotto. Quanto più le due percezioni sono distanti, tanto minore sarà il valore del prodotto.
  • Il valore dell’impresa è inversamente proporzionale alla distanza semantica tra il profilo di fornitore ideale del cliente e la percezione dell’immagine aziendale che il cliente ha sviluppato. Il valore sarà tanto superiore quanto minori sono le distanze tra i due profili.

[1] Heider, F. (1946). Attitudes and cognitive organization. Journal of Psychology.

Heider, F. (1958). The psychology of interpersonal relations. New York, Wiley. Trad It. Psicologia delle relazioni interpersonali. Bologna: il Mulino, 1972.

[2] Tecnica di sviluppo della creatività, utile per generare idee, nomi, marchi, strategie.

[3] Lavoro “al tavolo”, in cui si analizza il problema, si sviluppano teorie, ipotesi e modelli, ed eventualmente si raccolgono dati preliminari.

[4] La tecnica del differenziale semantico è stata sviluppata partendo dagli studi di Osgood (1952) e quindi perfezionata da Osgood, Suci e Tannenbaum e pubblicata (1957) in The Measurement of Meaning, con lo scopo, come evidenzia il titolo, di misurare i significati linguistici. Vedi bibliografia per indicazioni sulla pubblicazione originale.

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online

Le parole chiave di questo articolo La dissonanza cognitiva e l’equilibrio psicologico nel processo d’acquisto sono :

  • Dissonanza cognitiva
  • Equilibrio psicologico
  • Pulsioni d’acquisto
  • Comportamento manifesto
  • Potere evocativo delle parole
  • Misurazione degli atteggiamenti
  • Profilo d’immagine del prodotto
  • Differenziale semantico
  • Potenza psicologica del prodotto
  • Valore del prodotto
  • Percezione reale del prodotto
  • Profilo di prodotto ideale
  • Distanza semantica
  • Performance comunicativa
  • Schemi cognitivi preesistenti
  • Marketing cognitivo
  • Aspettative dei gruppi di riferimento
  • Comunicazione post-vendita
  • Dissonanza post-vendita

© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Psicologia di marketing e comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore

L ‘utilità dei prodotti: risoluzione, omeostasi, anticipazione

Affinché avvenga un acquisto, è necessario che l’oggetto del desiderio svolga una funzione positiva sull’orizzonte psicologico del cliente. Le indagini svolte sul campo hanno permesso di evidenziare tre proprietà distinte riepilogabili come segue: 

  1. Risoluzioneprevenire problemi che il soggetto ha già: il prodotto agisce come risolutore di un problema esistente, un problema che ha già iniziato ad agire sul campo psicologico del soggetto;
  2. Omeostasimantenere situazioni positive: in questo caso, il prodotto ha una funzione di “manutenzione” o consolidamento di situazioni esistenti;
  3. Anticipazioneagire per arrestare una minaccia futura e prevenirla: in questo caso, il prodotto viene acquistato per via della sua capacità percepita di arrestare minacce future, incombenti, che hanno una certa probabilità di verificarsi e mettono in pericolo la tranquillità psicologica del cliente.

Trattare le pulsioni d’acquisto significa, soprattutto, capire che posizione occupa il prodotto all’interno dello spazio/tempo del soggetto, identificare quale funzionalità il prodotto assume rispetto alla prospettiva temporale del consumatore/cliente.

Le tre macro-categorie di valori/proprietà di prodotto, possiedono una sostanziale differenza data dal tipo di orizzonte temporale sul quale esso agisce. 

Se trasponiamo l’analisi al livello della vendita aziendale, le domande sottostanti sono – indicativamente – le seguenti:

  • Quali sono i problemi che l’azienda vive oggi? (analisi risolutiva).
  • Quali sono le situazioni attualmente positive di quest’azienda? (analisi omeostatica).
  • Quali sono i problemi futuri da prevenire? (analisi preventiva).

Queste domande sono assolutamente preliminari. Infatti, per ciascuna area, è necessario attivare un grado di introspezione superiore e cogliere il dettaglio della fonte pulsionale. 

Per quanto riguarda il quadrante futuro, esisteranno pulsioni più forti se i problemi hanno una elevata probabilità di manifestarsi, ed un impatto sull’azienda estremamente negativo. Ad esempio, il timore della perdita verso la concorrenza dei migliori funzionari commerciali (i quali trasferiscono verso di essa l’intero parco clienti e il patrimonio di conoscenza e contatti).

Le implicazioni per la comunicazione sono immediate: occorre sviluppare strategie persuasive che attacchino una o più leve temporali.

I prodotti a potere risolutivo e leve risolutive

Nei Prodotti a Potere Risolutivo (PPR) la caratteristica principale del prodotto è quella di colmare una lacuna tra uno stato attuale dell’acquirente e uno stato desiderato, risolvendo un problema già esistente. L’abbigliamento per una persona che abbia freddo, il cibo per una persona che abbia fame, un PC per un professionista che debba elaborare dati, un area manager per un direttore commerciale nella cui azienda vi sia un mercato scoperto – sono esempi di valore risolutivo. 

In termini di ricerca di mercato, svolgere analisi risolutiva sul cliente significa sostanzialmente capire quali sono le aree di bisogno che lo caratterizzano, in riferimento ai problemi che il soggetto sente come tali. 

Tecnicamente, essa va realizzata tramite attività di ascolto attivo, intervista e indagine in profondità, finalizzata a comprendere sia questioni generali del consumo, che specifiche problematiche esistenti nel rapporto con il prodotto – e più in generale con il sistema del mix aziendale. 

Il potere risolutivo del prodotto permette di creare leve di vendita risolutive: argomentazioni di vendita nelle quali il prodotto viene esposto come portatore di una o più capacità di eliminare problemi esistenti. Chiaramente, la conoscenza dei problemi esistenti, e quindi la fase di analisi o intervista sui bisogni, è alla base di una corretta impostazione delle leve risolutive. 

Un esempio di leva risolutiva è il seguente (settore food) “questo formaggio light ha la proprietà di eliminare il senso di pesantezza che ti affligge nel post-pranzo” (eliminiamo un problema che in te già esiste). Oppure – nel settore automobilistico – “i nuovi coprisedili ergonomici sono stati appositamente studiati per chi utilizza la vettura come strumento di lavoro: eliminano i problemi di affaticamento legati alla percorrenza di lunghe distanze e restituiscono il piacere di guidare”.

I prodotti a potere anticipatorio e leve anticipatorie

I prodotti a Potere Anticipatorio Anticipatori (PPA) hanno la capacità di anticipare stati di bisogno futuro, prevenendone l’insorgenza. Un esempio è dato dalla categoria di integratori dietetici utilizzati per prevenire malattie (es.: prodotti contro i radicali liberi per prevenire l’invecchiamento cellulare): l’individuo assume tali sostanze non per risolvere un problema organico esistente, ma per anticipare un problema futuro. Il problema organico futuro diventa problema psicologico attuale del soggetto, nel momento stesso in cui il consumatore inizia ad elaborarlo, a percepirlo, a rendersene conto (fase di attualizzazione).

Proseguendo l’esempio nel settore food, una casa produttrice può promuovere un prodotto utilizzando la leva anticipatoria, evidenziando che “il nostro formaggio light previene l’insorgenza di livelli elevati di colesterolo nel sangue” (preveniamo l’arrivo di un problema fisico che tu ora non hai). 

I prodotti anticipatori fanno chiaramente leva su pulsioni d’acquisto negative (ansie, paure, preoccupazioni) per le quali il prodotto/servizio viene proposto come metodo di prevenzione.

Anche in questo caso la competenza nella tecnica di intervista o analisi dovrà essere in grado di evidenziare quali timori caratterizzano il consumatore potenziale – relativamente alla categoria di prodotto – e ne frenano lo sviluppo e diffusione creando barriere mentali. La tecnica permette di progettare le caratteristiche preventive del prodotto (benefit a valore preventivo), realizzando in questo modo una analisi anticipatoria.

Ad esempio, vediamo questa trascrizione di intervista ad una ragazza, nella quale si stanno analizzando i timori che ne caratterizzano la vita quotidiana.

Quando torno da sola alla notte, finito il lavoro al ristorante, mi trovo spesso a pensare a cosa succederebbe se bucassi una gomma in aperta campagna, in una strada isolata, al buio, con la pioggia. Mi piacerebbe moltissimo che esistesse un pulsante di autoriparazione della gomma, qualcosa che non mi costringa a scendere dalla macchina. 

Questo frammento permette di avviare lo studio di un ipotesi di marketing: è possibile creare un sistema di riparazione automatica del pneumatico basato su schiume (o altri metodi) che riparano automaticamente la gomma, attivabile con un comando nel cruscotto?

È naturale che l’analisi anticipatoria debba occuparsi di cogliere dei segnali, capire delle problematiche. Altri metodi di ricerca, di natura più quantitativa, possono permettere di valutare quanto esteso è il problema sul mercato, quante persone ne sono interessate, e quindi se esiste un potenziale di mercato, o se il bacino di mercato è troppo ristretto per consentire un investimento profittevole. Ciò che importa, comunque, è che l’analisi anticipatoria consenta di capire le direzioni del bisogno, guidando di conseguenza gli sforzi aziendali per creare prodotti di successo.

Non esistono limiti all’analisi anticipatoria. Gli unici limiti sono dati dalla fantasia e dai bisogni del consumatore e dalla capacità dell’azienda di coglierli.

Le leve di vendita anticipatorie sono costituite dalle argomentazioni relative alla capacità del prodotto di prevenire l’insorgenza di problemi futuri. Trattandosi di problemi non ancora esperiti dall’individuo, o non al momento, è necessario che le problematiche acquistino concretezza, possiedano una certa gravità, e che il soggetto si senta concretamente esposto in prima persona ai rischi sui quali si applicano le leve anticipatorie. 

I prodotti a potere omeostatico e leve omeostatiche

Il valore erogato da tali prodotti proviene dal mantenere una situazione positiva nelle condizioni in cui si trova.

Ad esempio, un programma di manutenzione del disco rigido di un computer che ne consenta la permanenza in condizioni ottimali.

L’analisi omeostatica andrà quindi alla ricerca di quali situazioni gradevoli siano attualmente vissute dall’individuo in relazione al prodotto, o in relazione alla propria vita, per poi assicurare che tali condizioni non vengano meno, non vengano messe in pericolo da fattori esterni o eliminate in innovazioni errate di prodotto.

Diversi casi di innovazione di prodotto hanno determinato un degrado o la sparizione completa di caratteristiche altamente apprezzate dagli utilizzatori[1]. Se prima di svolgere le modifiche, fosse stato chiesto ad un campione di utilizzatori “cosa ti piace attualmente nel prodotto, cosa vorresti non fosse mai tolto?” questo avrebbe rimosso dal campo il problema.

Le leve di vendita omeostatiche faranno pertanto riferimento alle condizioni attuali di gradevolezza esistenziale e alle proprietà del prodotto di assicurarne la permanenza. 

Da un punto di vista puramente logico, è possibile argomentare che le proprietà omeostatiche sono, in fin dei conti, proprietà preventive: mantenere situazioni invariate, significa prevenirne il cambiamento. Ma la logica non è il terreno della psicologia del consumatore. 

Se il campo della logica di consumo equivalesse al campo della psicologia di consumo, vivremmo in  un mondo completamente robotizzato, non esisterebbero culture, non esisterebbero contraddizioni, non esisterebbero incongruenze. In altre parole, non esisterebbe nemmeno l’uomo.

Proprietà multiple di prodotto

La proprietà del prodotto/servizio è spesso multipla, nel senso che le funzioni temporali possono sommarsi, e non sempre è praticabile identificare una sola funzione nel prodotto. In genere, quando l’azienda riesce nell’intento di moltiplicare la gamma di proprietà del prodotto, esso aumenta di valore. 

Ad esempio, se una soluzione assicurativo/previdenziale assomma le proprietà di :

  1. risolvere un bisogno attuale su come investire il proprio denaro (potere di risoluzione), e
  2. prevenire la spiacevole situazione di trovarsi anziani senza risorse economiche (potere di prevenzione/anticipazione), avrà più valore.

Svilupperà, cioè, più risposte ai diversi bisogni del soggetto.

Il successo di mercato dipenderà da quanto il prodotto è realmente in grado di conseguire il risultato, cioè dal livello di efficacia su ciascuna leva specifica. 

Prima legge del valore di prodotto

Ciascun prodotto/servizio ha un valore totale che è la somma delle sue diverse proprietà di intervento.

Valore totale di prodotto (analisi temporale)

  • Potere anticipatorio e leva anticipatoria – Proprietà del prodotto/servizio di prevenire stati di insoddisfazione futura o situazioni spiacevoli future
  • Potere omeostatico e leva omeostatica – Proprietà del prodotto/servizio di mantenere tali le situazioni piacevoli o gradite per il soggetto
  • Potere risolutivo e leva risolutiva – Proprietà del prodotto/servizio di eliminare stati attuali di insoddisfazione o problemi esistenti

Alla luce di questa teoria, alcune domande importanti, per qualsiasi nuovo prodotto, sono:

  • Quanto è in grado di prevenire problemi futuri importanti per il cliente (meglio di quanto non facciano i prodotti esistenti)?
  • Quanto è in grado di eliminare problemi esistenti che il cliente senta come tali?
  • Quanto è in grado di mantenere situazioni emotive ed esistenziali positive per il cliente?

Se la risposta a tutte queste domande è “per niente”, possiamo assicurare l’insuccesso di questo prodotto. 

Le considerazioni svolte consentono la formulazione del seguente principio :

Principio – Del valore temporale dell’offerta

  • La competitività è correlata alla capacità di creare offerte in cui sia presente elevato valore percepito (anticipatorio, omeostatico, risolutivo). Il valore del prodotto sarà tanto maggiore quanto più il prodotto è in grado di intervenire sulle leve di valore (anticipatorie, omeostatiche, risolutive), e quanto più riesce ad incidere in profondità su tali leve.
  • Il valore può essere percepito consapevolmente, o provenire da moventi subconsci o inconsci. I motivi che creano valore sono spesso sconosciuti al soggetto stesso. 
  • L’analisi del valore temporale deve essere determinata con il coinvolgimento del soggetto e utilizzando tecniche di analisi multipla: brainstorming, osservazione partecipante, in-depth interview, focus group, content-analysis, esperimenti fattoriali, tecniche introspettive ed empatiche, in grado di far luce sulla psicologia del cliente.

La creazione del valore non si limita ai prodotti, ma si estende alle imprese come potenziali partner di relazioni. Ciò che sosteniamo qui, è che ogni impresa, nel rapportarsi ad altre, possiede le stesse proprietà basilari dei prodotti: risolvere, mantenere, prevenire.

Vediamo un esempio. Come evidenzia questa intervista personale, realizzata dall’autore al buyer di un importante rete di importatori francesi nel mercato degli utensili:

Vedi questi due attrezzi, uno è il nostro, l’altro è coreano. Il prodotto è praticamente identico. C’è solo una differenza. Che i coreani non hanno magazzini qui in Francia, e se si rompe il loro attrezzo stai fermo due settimane ad aspettare i ricambi, e il cliente se la prende con noi. Ormai per noi utensilieri non è più importante solo il prodotto, ma quello che riusciamo a fornire al nostro cliente finale come garanzie. La vera differenza tra le diverse marche produttrici, per noi, inizia quando il pezzo si rompe.

Questo, dal punto di vista dell’impresa, significa apprendere a divenire un fornitore che previene problemi.

In altre parole, per ogni azienda è necessario sviluppare una nuova leva di vendita, estranea al prodotto, ma centrale per l’acquirente (finale o intermediario): la vendita del senso di affidabilità globale dell’impresa. Il concetto di “lavorare con noi”, al di là del prodotto, deve divenire un elemento di valore aggiunto anticipatorio (di credibilità e affidabilità). Non solo prodotti e servizi, ma anche persone e aziende devono porsi il problema di quali leve esse siano in grado di attivare per generare valore agli occhi dei propri interlocutori. 

Il vantaggio competitivo, in questo caso, si sposta dal prodotto (aspetto tecnico) alla capacità di sviluppare credibilità aziendale (aspetto manageriale e di comunicazione).


[1] Un esempio concreto è dato dalla creazione di grafici di posizionamento (grafici a dispersione o grafici XY) in cui si voglia ottenere l’inserimento di “etichette dei casi”. L’inserimento di “etichette dei casi”, estremamente facile da realizzare nei modelli di foglio elettronico dei primi anni ’90, era diventato – dopo dieci anni di cosiddette “innovazioni” del software –  praticamente impossibile da realizzare, creando frustrazione negli utilizzatori.

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