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© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Psicologia di marketing e comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore

Il set percettivo

Il set percettivo è un contesto situazionale ampio, che coinvolge le esperienze precedenti dell’individuo e determina l’inquadramento delle nuove informazioni in ingresso.

In base al fenomeno del set percettivo, le persone si auto-condizionano a valutare le esperienze successive sulla base delle prime esperienze. Le prime esperienze di prodotto, in altre parole, formano un imprinting, una “marchiatura” dell’azienda, uno schema di riferimento valutativo che guiderà le future considerazioni.

Ad esempio, una lettera sbagliata, un sito internet mal progettato e dilettantesco, un catalogo male impaginato, macchie, errori grammaticali e ortografici – producono un filtro negativo che guiderà  le valutazioni future del cliente. Le valutazioni di un singolo elemento si trasferiscono per osmosi all’intero sistema aziendale. Se così poca cura è stata posta in una semplice lettera  – pensa il cliente – cosa succederà poi a livello di prodotti, o di assistenza e garanzie?

Il set percettivo, pertanto ci induce a sottolineare l’importanza della cura progettuale degli elementi di primo impatto nei prodotti, e  – in generale – la cura di qualsiasi prima occasione di incontro tra azienda e cliente, o tra persone che non si conoscono ancora.

Le prime impressioni guidano le impressioni future. Modificare le impressioni successive ad una serie di valutazioni iniziali negative, i primi momenti di impatto avuti dal cliente, è opera ardua, e richiede molto sforzo (inversione di atteggiamento).

Il fenomeno della persistenza dell’impressione porta il soggetto a ragionare sulla base di regole euristiche. Le euristiche sono modalità di ragionamento stereotipiche, che utilizzano particolari frame o set percettivi per guidare le future analisi degli oggetti o delle persone. 

La ricerca dell’evitazione di dissonanza cognitiva dirige la percezione lungo una linea di stabilità e uniformità con le sensazioni iniziali. Se il sito internet dell’azienda (elemento altamente esposto nella linea di visibilità) contiene errori o produce immagine negativa, il cliente sarà portato a ricercare errori e negatività anche in altre parti dell’azienda. Se l’impressione iniziale è positiva, gli errori successivi verranno valutati meno negativamente, godendo di un “bonus” euristico, che porta il cliente a convincersi che si tratta di “errori passeggeri” e non di “errori fondamentali”.

La Gestalt del prodotto

La psicologia della Gestalt può essere considerata – in linea molto semplificata – una scuola di pensiero nella quale si pone attenzione ai rapporti tra un “tutto” e i suoi componenti, tra elemento e insieme di appartenenza.

Le ricerche sottolineano che le persone, andando alla ricerca di una coerenza con i propri costrutti mentali, mettono in pratica comportamenti di percezione selettiva, percezione distorsiva e attenzione selettiva. In altre parole, filtrano la realtà e cercano di ricostruirla per ridare ad essa un senso. Nel farlo, utilizzano dei “set” o “frame” (punti di osservazione e modalità di inquadramento), come linee guida.

Le ripercussioni sulla fruizione del prodotto e sulla customer satisfaction sono numerose. Le caratteristiche del prodotto possono infatti venire giudicate in maniera diversa – più o meno positiva – a seconda del frame adottato.

In termini di marketing, questo determina un fenomeno di imprinting (marchiatura), per cui le sensazioni iniziali in un rapporto con il prodotto formano il set (o frame) attraverso il quale il resto dell’esperienza verrà filtrato. Se esse sono negative, tutto il resto della prestazione verrà giudicato tramite un filtro negativo. Ad esempio, una grave “gaffe” comportamentale nei primi secondi di una presentazione di vendita (se il soggetto viene colto mentre fa cenni di nascosto ad un suo collega) è in grado di instillare un frame di sospetto e atteggiamento negativo per tutto il resto dell’incontro. Allo stesso modo, un sito internet poco curato produce un transfer di immagine negativa di cui soffrirà sia la vendita che la valutazione del prodotto.

Le illusioni percettive

Analizzare la Gestalt di marketing significa valutare :

  1. le interazioni tra i molteplici elementi (parti) di cui si compone il prodotto/servizio/prestazione, e
  2. l’effetto complessivo che ne emerge, in termini di impatto sul cliente.

Significa quindi andare oltre la semplice somma delle parti, e capire l’effetto complessivo, globale, sinergico, di un insieme di input con i quali il cliente viene a contatto.

La psicologia della Gestalt[1] ha evidenziato come, di fronte ad un insieme di percezioni, colui che percepisce tende ad organizzare i diversi stimoli in maniera coerente secondo schemi precostituiti, ed il tutto crea qualcosa di diverso dall’insieme delle parti.

La percezione è qualcosa di più di una semplice “ricezione” passiva di stimoli, ma diviene nella mente umana “organizzazione” attiva degli stimoli provenienti dall’esterno.

Il prodotto o servizio offerto è quindi una Gestalt, una realtà complessa superiore ad una semplice somma di componenti : l’organizzazione del design del prodotto e la somma dei suoi elementi percettivi (visivi, olfattivi, tattili, gustativi), creano una realtà che è diversa dalla somma delle parti, un’entità che acquista una personalità propria anche in relazione a come i diversi componenti si rapportano tra loro.

L’impresa stessa, il valore del suo marchio, il valore della sua offerta, costituiscono un’insieme di Gestalt di livello ancora superiore. Le implicazioni che ne derivano sono la contaminazione continua (positiva o negativa) tra elementi comunicativi dell’impresa, tra la comunicazione del sito web e una visita aziendale, tra il packaging e la pubblicità, tra una promozione e la percezione del valore del marchio, in un crescendo di interazioni complesse.

La ricerca della strutturazione e della congruenza con i propri schemi cognitivi è una delle costanti della mente umana. Il tentativo di semplificazione della complessità, la ricerca di categorie in cui incasellare gli eventi e le cose, la strutturazione di elementi in insiemi omogenei, nasce da un bisogno di consistenza, di coerenza tra elementi, di omogeneità di senso e significato.

Le implicazioni per la psicologia del prodotto sono numerose e si riferiscono alla necessità di considerare il prodotto anche nei suoi minimi dettagli. L’esperienza totale di prodotto (ETP) si forma per organizzazione di una molteplicità di dettagli.  La somma dei dettagli costruisce una Gestalt di prodotto – una visione d’insieme. Ogni dettaglio del prodotto è significativo, coerente o incoerente, consonante o dissonante, rispetto all’immagine globale.

Il cliente non valuta un prodotto o un’impresa per quello che sono realmente. Egli elabora input che provengono da un insieme percettivo di contatto (ogni elemento, oggetto, persona, lettera, packaging, media, che veicola qualcosa dell’impresa e del prodotto, nel momento in cui il cliente li incontra).  Questo insieme di contatto può produrre informazioni distorte o divergenti dalle intenzioni aziendali.

La presenza di elementi dissonanti, in questo insieme, contravviene al tentativo del consumatore di formare una immagine coerente di prodotto, e genera un effetto negativo a catena su tutto il processo valutativo.

Ad esempio, nelle prime fasi di contatto con l’impresa, potrebbe succedere che (1) venga visitato innanzitutto il sito aziendale con funzione di orientamento e valutazione preliminare, e (2) vengano ricercate informazioni ulteriori sulla società tramite altre fonti. Se il sito aziendale è sbagliato e proietta un’immagine negativa, le ricerche ulteriori di informazioni sull’impresa saranno guidate da un tentativo latente di ottenere conferme negative, che rinforzino l’opinione iniziale scaturita dalla navigazione del sito, ed evitino l’instaurarsi di una dissonanza interna.

Le contaminazioni tra elementi possono portare a detrazioni di immagine le quali si traducono immediatamente in riduzioni di fatturato, nel momento stesso in cui generano una minore propensione all’acquisto.

Gli schemi cognitivi e la valutazione del prodotto

Gli psicologi della Gestalt[2] sono stati in grado di scoprire alcuni principi fondamentali dell’organizzazione visiva.

Ciò che i principi di organizzazione visiva della Gestalt  suggeriscono è che le persone vedono la realtà secondo schemi cognitivi forniti anche da variabili culturali e apprese, non solo innate. I principi della Gestalt rinforzano la nozione che il mondo non sia semplicemente e oggettivamente “là fuori”, ma venga costruito attivamente dai processi di percezione, a seconda di quali “parti del mondo” si decida di osservare. 

In termini di impatto, ogni esperienza soggettiva è condizionata dagli schemi appresi, cioè dai “filtri” con i quali abbiamo appreso a guardare il mondo. 

Questo spiega, tra l’altro perché sia possibile che alcune persone povere considerino la propria vita dignitosa e felice, mentre per alcune persone ricche la vita sia un inferno, piena di preoccupazioni, stress e ansia, fino al suicidio. 

Benchmarking percettivo

In termini aziendali, la Gestalt evidenzia la necessità di prestare attenzione non solo alle caratteristiche del prodotto “isolato”, ma anche al suo posizionamento relativo rispetto alla concorrenza. Questo posizionamento può essere rilevato efficacemente attraverso apposite indagini di benchmarking (valutazione comparativa delle prestazioni), sviluppando sia benchmarking tecnologici (basati su variabili fisiche, es: misurazione comparativa del grado di resistenza allo sforzo di un utensile) che benchmarking percettivi (basati su variabili psicologiche, es: misurazione comparativa dell’efficacia comunicazionale di siti internet aziendali e della concorrenza).

Come sottolineato, ogni valutazione assume rilevanza soprattutto quando elementi estranei al prodotto aiutano il soggetto a “collocare”, “piazzare” un input in un contesto.

Ad esempio, molte persone apprendono a godere delle piccole cose solo dopo essere stati ammalati o in ospedale per lungo tempo. I problemi di ieri che parevano insormontabili acquistano una nuova connotazione e ora sembrano sciocchezze. Questo effetto produce un refraiming cognitivo, in cui vengono riviste le categorie mentali di giudizio. Ciò che circonda la persona ne influenza le valutazioni.

In termini di psicologia del prodotto, la trasposizione delle leggi della Gestalt richiede capacità di :

  • (1) cogliere il “tutto” del prodotto nella fase di progettazione (elementi visivi, percettivi, prestazionali, di servizio, di comunicazione e di contatto),
  • (2) capire il ruolo delle singole parti nella formazione della Gestalt del prodotto e all’interno dei diversi costrutti mentali dell’individuo,
  • (3) comprendere gli elementi di contesto che agiscono sulla valutazione del cliente e la modificano. 

In termini di comunicazione di vendita, emerge innanzitutto la capacità di saper contestualizzare l’intervento proposto all’interno di altre soluzioni ben meno efficaci. Questo permette di far risaltare l’intervento.

Ad esempio: 

Sig. Rossi, dopo quello che ci siamo detti, vorrei ricapitolare alcune cose: sarebbe possibile fare un intervento – chiamiamolo intervento di emergenza, con il quale l’azienda risparmia apparentemente, ma che porta a ripresentarsi il problema tra pochi anni. La seconda modalità, chiamiamola strada B, produrrebbe risultati altrettanto insoddisfacenti. È disponibile un’alternativa, la strada C, che permette…..» (soluzione soddisfacente). 

L’emergere della soluzione soddisfacente all’interno di un contesto di soluzioni lacunose, è in grado di esaltarne la forza.

La Gestalt e la comprensione del valore del prodotto

Il cliente può avere difficoltà, o non percepire immediatamente, il valore che si nasconde dietro la soluzione o il prodotto.

Tra gli errori più gravi del venditore vi è senza dubbio la “presunzione della chiarezza del valore”.. Compiere questo errore significa supporre che il cliente debba cogliere il valore di una proposta automaticamente. Significa pretendere che tutti debbano vedere e capire ciò che noi vediamo e capiamo perfettamente.

Ad esempio, per l’impresa che propone servizi internet o formazione aziendale, il potenziale e il valore delle soluzioni offerte sono chiari, palesi, e “parlano da soli”. Per il cliente no. 

In questo, ed in altri casi, il cliente va “aiutato a capire”, il che è possibile solamente adottando un approccio centrato sul cliente. Adottare un approccio di vendita e di marketing “centrato sul cliente” significa riconoscere due cose: (1) il cliente non è né un “pollo da spennare”, un soggetto al quale chiedere tanto per poi dare poco, né (2) il padrone dell’azienda o del venditore.

Il cliente è semplicemente una persona, un soggetto, con il quale dobbiamo stabilire un rapporto di business franco, diretto, personale. La base delle relazioni di successo è la trasparenza reciproca. Il cliente è un soggetto che deve essere capito in profondità, ma che al tempo stesso deve essere stimolato a rapportarsi verso l’azienda con la stessa volontà di comprendere.

Questa differenziazione emerge ad esempio nel modo di gestire le obiezioni o di fissare il prezzo. Le scuole tradizionali di vendita insegnano a fissare il prezzo partendo da un punto superiore (target price) per poi scendere a prezzi più bassi man mano che prosegue la trattativa, sino al punto di cedimento (soglia inferiore del range negoziale). 

Un approccio centrato sul cliente produrrebbe invece una modalità di comunicazione del prezzo di questo tipo, di fronte ad un’obiezione: «abbiamo analizzato in profondità i tuoi obiettivi, abbiamo capito che l’azienda è a questo punto del suo ciclo di vita, e vuole fare un salto di qualità. Abbiamo analizzato assieme cosa occorre per fare questo salto, quali sono le risorse necessarie. Se mi chiedi di tagliare il prezzo devi però dirmi cosa vuoi tagliare, quali obiettivi non vuoi più raggiungere, o se vuoi impiegare risorse di qualità più scarsa. È questo che vuoi? Proviamo a ripercorrere assieme cosa succede nel caso A, e cosa può succedere nel caso B …. Tu dove vuoi arrivare veramente?».

Il marketing moderno non è il “regno del più furbo”, ma il regno delle relazioni. Soltanto chi riuscirà a stabilire relazioni forti, empatiche e reciprocamente umane con il cliente può aspirare a qualche forma di successo.


[1] Il termine tedesco Gestalt non ha traduzione esatta in Italiano. I significati più vicini sono: forma, struttura, complesso, insieme. 

[2] Tra cui Max Wertheimer (1880-1943), Wolfgang Köhler (1887-1967) e Kurt Koffka (1886-1941).

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online

Le parole chiave di questo articolo La Gestalt del prodotto : una visione d’insieme sono

  • Set percettivo
  • Filtri percettivi
  • Imprinting
  • Regole euristiche
  • Prime impressioni
  • Gestalt
  • Frame
  • Esperienza totale di prodotto
  • Visione d’insieme
  • Insieme percettivo di contatto
  • Benchmarking percettivo
  • Valutazione comparativa delle prestazioni
  • Psicologia del prodotto
  • Comunicazione di vendita
  • Approccio centrato sul cliente
  • Target price
  • Relazioni empatiche
  • Valore del prodotto
  • Attenzione selettiva
  • Percezione selettiva
  • Costrutti mentali

 

© Copyright estratto dal libro di Daniele Trevisani (2016).  Psicologia di Marketing e Comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management. Milano, Franco Angeli, 9° edizione.

Benchmarking percettivo e vendita dell’innovazione

Gli psicologi della Gestalt[1] sono stati in grado di scoprire alcuni principi fondamentali dell’organizzazione visiva. Tra questi, il principio della continuità evidenzia che i contorni basati su linee di continuità arrotondate sono preferiti rispetto a bruschi cambiamenti di direzione.

Ad esempio, nella figura seguente identificheremo più probabilmente un incrocio tra la linea AB e la linea CD, che un incrocio tra la figura AD e la figura CB.

Ancora, confrontando immagini visive, la psicologia della Gestalt evidenzia il tentativo continuo che gli uomini attuano di capire il rapporto tra figura e sfondo. Ad esempio analizzando la famosa figura ambigua dello psicologo danese Edgar Rubin è possibile vedere sia una coppa che due volti, a seconda di quale porzione dell’immagine si scelga di utilizzare come sfondo.

Ciò che i principi di organizzazione visiva della Gestalt  suggeriscono è che le persone vedono la realtà secondo schemi cognitivi forniti anche da variabili culturali e apprese, non solo innate. I principi della Gestalt rinforzano la nozione che il mondo non sia semplicemente e oggettivamente “là fuori”, ma venga costruito attivamente dai processi di percezione, a seconda di quali “parti del mondo” si decida di osservare.

Lo stesso oggetto può assumere dimensioni e connotazioni di magnitudine diversa. L’esempio visivo che segue è conosciuto come l’illusione di Ebbinghaus.

Si tratta di un’illusione dimensionale, che fa apparire il cerchio di sinistra significativamente più grande del cerchio di destra. Questo rende un esempio chiaro e visivo del concetto semiotico di posizionalità dei significati: un significato assume valore solo in relazione ad altri significati.

In termini di impatto, ogni esperienza soggettiva è condizionata dagli schemi appresi, cioè dai “filtri” con i quali abbiamo appreso a guardare il mondo.

Questo spiega, tra l’altro perché sia possibile che alcune persone povere considerino la propria vita dignitosa e felice, mentre per alcune persone ricche la vita sia un inferno, piena di preoccupazioni, stress e ansia, fino al suicidio.

In termini aziendali, la Gestalt evidenzia la necessità di prestare attenzione non solo alle caratteristiche del prodotto “isolato”, ma anche al suo posizionamento relativo rispetto alla concorrenza. Questo posizionamento può essere rilevato efficacemente attraverso apposite indagini di benchmarking (valutazione comparativa delle prestazioni), sviluppando sia benchmarking tecnologici (basati su variabili fisiche, es: misurazione comparativa del grado di resistenza allo sforzo di un utensile) che benchmarking percettivi (basati su variabili psicologiche, es: misurazione comparativa dell’efficacia comunicazionale di siti internet aziendali e della concorrenza).

Come sottolineato, ogni valutazione assume rilevanza soprattutto quando elementi estranei al prodotto aiutano il soggetto a “collocare”, “piazzare” un input in un contesto. Ad esempio, molte persone apprendono a godere delle piccole cose solo dopo essere stati ammalati o in ospedale per lungo tempo. I problemi di ieri che parevano insormontabili acquistano una nuova connotazione e ora sembrano sciocchezze. Questo effetto produce un refraiming cognitivo, in cui vengono riviste le categorie mentali di giudizio. Ciò che circonda la persona ne influenza le valutazioni. Evidenziamo lo stesso effetto nella cosiddetta illusione di Ponzo, che fa apparire due linee orizzontali di uguale misura, diverse dalle altre.

In termini di psicologia del prodotto, la trasposizione delle leggi della Gestalt richiede capacità di (1) cogliere il “tutto” del prodotto nella fase di progettazione (elementi visivi, percettivi, prestazionali, di servizio, di comunicazione e di contatto), (2) capire il ruolo delle singole parti nella formazione della Gestalt del prodotto e all’interno dei diversi costrutti mentali dell’individuo, (3) comprendere gli elementi di contesto che agiscono sulla valutazione del cliente e la modificano.

In termini di comunicazione di vendita, emerge innanzitutto la capacità di saper contestualizzare l’intervento proposto all’interno di altre soluzioni ben meno efficaci. Questo permette di far risaltare l’intervento. Ad esempio:

Sig. Rossi, dopo quello che ci siamo detti, vorrei ricapitolare alcune cose: sarebbe possibile fare un intervento – chiamiamolo intervento di emergenza, con il quale l’azienda risparmia apparentemente, ma che porta a ripresentarsi il problema tra pochi anni. La seconda modalità, chiamiamola strada B, produrrebbe risultati altrettanto insoddisfacenti. È disponibile un’alternativa, la strada C, che permette…..» (soluzione soddisfacente).

L’emergere della soluzione soddisfacente all’interno di un contesto di soluzioni lacunose, è in grado di esaltarne la forza.

La stessa impostazione di fondo può essere utilizzata per amplificare un messaggio di difficile comprensione.

Poniamo il caso della vendita di un progetto di miglioramento e rifacimento del sito internet ad un imprenditore. In questo caso, le motivazioni del tipo “bisogna migliorarlo”, o “ha un’immagine poco coordinata” avranno ben poca presa sul soggetto, finchè il venditore non sarà in grado di riposizionare il servizio in termini di Gestalt. Come farlo? Ad esempio, mostrando delle valutazioni comparative della performance comunicazionale del sito aziendale, rispetto ai 10 concorrenti più pericolosi, svolte da valutatori indipendenti, meglio ancora se rappresentativi del target aziendale.

Poiché dal benchmarking emerge un posizionamento inferiore alla media, questo dato colpirà direttamente il sistema valutativo e l’orgoglio del cliente.

La vendita tramite refraiming cognitivo non si ferma qui. Altre tecniche psicologiche (es: tecniche Rogersiane, in fase di studio nel gruppo di ricerca dell’autore) permettono di stimolare una riflessione profonda nel cliente, direzionata verso l’intenzione d’acquisto.

psicologia di marketing e comunicazione

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Altre risorse online


[1] Tra cui Max Wertheimer (1880-1943), Wolfgang Köhler (1887-1967) e Kurt Koffka (1886-1941).

Copyright dal volume “Psicologia di marketing e comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management“, di Daniele Trevisani, Franco Angeli Editore

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E’ utile esaminare il concetto di prodotto come entità psicologica e quindi soggetta ampiamente alla valutazione psicologica di chi lo valuta. Il prodotto è da considerare, in realtà, una pura entità percettiva, la cui natura fisica viene analizzata da innumerevoli filtri mentali.

Capire l’aspetto percettivo è indispensabile per acquisire vantaggio competitivo nella progettazione. Nella psicologia del consumo non esiste un prodotto, ma tanti prodotti quanti sono i soggetti che lo valutano.

In altre parole, il vissuto di ciascuno in riferimento al prodotto è estremamente personale. Per qualcuno marchi come Rolls Royce, Mercedes o BMW possono significare prestigio, per altri decadenza, per altri repulsione se a predominare è il pensiero di essere associati alla Germania che ha generato 2 Guerre Mondiali. Per qualcuno la pelliccia è eleganza e signorilità, per altri arroganza e ignobile tentativo di affermare uno status a spese di creature innocenti.

A parte gli aspetti culturali, vi sono altri elementi che modificano la percezione e valutazione del prodotto. Tra questi, gli aspetti biologici e fisiologici dell’essere umano – i limiti che essi impongono – condizionano fortemente la percezione dei prodotti e la loro valutazione

Performance evaluation source

Per direzionare la crescita e lo sviluppo del prodotto/servizio, è necessario introdurre un concetto chiave: la fonte di valutazione della prestazione (PES: performance evaluation source), i fattori in base ai quali il consumatore giudica positiva o negativa una prestazione resa da un prodotto o servizio.

Per raggiungere questo obiettivo è necessario realizzare un’importante rivoluzione, spostando l’oggetto della customer satisfaction dalla prestazione oggettiva alla prestazione soggettiva. I due concetti sono molto diversi.

La prestazione oggettiva riguarda aspetti prestazionali misurabili in laboratorio, non discutibili. La prestazione soggettiva riguarda invece la valutazione realizzata dal singolo consumatore, in base a criteri del tutto personali, sotto l’influenza dei propri filtri biologici, psicologici, culturali e sociali.

Un’acqua può essere assolutamente “buona” come proprietà o addirittura curativa (come certe acque di fonti termali) ma essere valutata come “schifo” in quanto emanante odore di zolfo o essere sgradevole al palato.

Un’auto può essere percepita come “da vecchio” pur se spaziosa ed economica, e non acquistata perchè semplicemente “brutta” secondo il percettore-cliente.

Mentre la qualità ingegneristica misurabile in laboratorio costituisce un dato di fatto, è necessario considerare che per il consumatore la base di misurazione della performance non avviene in laboratorio, ma è data dalle sensazioni percepite durante l’uso.

Non è possibile per il consumatore medio realizzare una misurazione scientifica della qualità. Di fatto egli si affiderà ai propri sensi, agli stimoli che provengono da un rapporto personale con il prodotto, soprattutto con i suoi aspetti di superficie, con i quali esso viene a contatto.

Per un ingegnere, ad esempio, può essere assolutamente irrilevante il rumore o suono prodotto dal meccanismo di espulsione dei dischetti dal PC. Per un consumatore può essere inconsciamente un segnale molto forte, in quanto utilizza inconsapevolmente questa informazione per trarre inferenze sulla robustezza del prodotto, sul suo grado di tecnologia, e sulla sua cura costruttiva.

Poco importa se queste sue inferenze, se queste sue deduzioni sono magari sbagliate. Se alla fine determinano un mancato acquisto, o un’impressione negativa di prodotto, diventano molto importanti. Quindi, per uno psicologo del prodotto, per il marketing, e per il fatturato aziendale, esse sono fondamentali.

In questo campo assistiamo ad uno scontro filosofico, tra orientamento al prodotto (ingegneristico) e orientamento alla psicologia del fruitore (orientamento di marketing), che permea molte aziende contemporanee, produce forti conflitti interni all’impresa.

Uscire da questi conflitti e andare alla ricerca della fonte delle valutazioni del cliente è la vera sfida di ogni azienda che vuole prosperare.

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Copyright dal volume “Psicologia di marketing e comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management“, di Daniele Trevisani, Franco Angeli Editore

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