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© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Psicologia di marketing e comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore

L’equilibrio cognitivo del cliente nelle situazioni d’acquisto

L’equilibrio interno della persona, in termini psicologici (tra opinioni possedute ed espresse, tra azioni e atteggiamenti, e tra i diversi atteggiamenti concatenati), è una necessità  per la stabilità emotiva e per la qualità della vita. 

Ogni persona ha la necessità di possedere un equilibrio psicologico, anche in relazione alle valutazioni e alle scelte di acquisto. La presenza di valutazioni miste, cioè la compresenza di valutazioni sia positive che negative – può portare il soggetto ad uno stato di dissonanza interna – teorizzato nella letteratura psicologica classica come dissonanza cognitiva.

La dissonanza cognitiva è uno stato mentale che avviene ogniqualvolta una persona prova pulsioni tra di loro contrastanti, emozioni di opposta natura, desideri tra di loro antitetici, o si trova a doversi comportare in modo difforme dai propri valori. Le scelte di acquisto sono tra i comportamenti che più sottostanno alle leggi della dissonanza e dell’equilibrio cognitivo.

Non è possibile acquistare tranquillamente un prodotto se questo è fortemente contrastante con i valori della persona. Un prodotto può avere alcune componenti gradevoli ed altre assolutamente indesiderabili. Ad esempio, un ecologista che consideri di acquistare un profumo per lui o lei molto gradevole, si trova in dissonanza cognitiva se viene a conoscenza del fatto che esso è stato testato su animali.

Ancora, può accadere che il gradimento e le preferenze di acquisto di un individuo vadano in direzione opposta alle aspettative dei gruppi di riferimento, le persone per lui importanti: la famiglia, o gli amici, o i colleghi di lavoro, o altri gruppi sociali che contano nella sua vita. Anche questi casi creano dissonanza cognitiva. Ogni azione, comportamento, valore, atteggiamento, ha connessioni con altre azioni, valori, comportamenti, atteggiamenti. Mantenere equilibrio in un reticolo così complesso è un compito difficile.

Tra le aree di più forte interesse nel campo della dissonanza, vi è quella delle contraddizioni tra pulsioni primarie (istintuali, non inibite, impulsive, di natura spesso inconscia) e le pulsioni secondarie, frutto dei doveri, delle norme, della cultura radicata nell’individuo[1].

I lavori di Heider (1946, 1958)[1] nell’area della dissonanza e dell’equilibrio cognitivo hanno prodotto modelli di ampia portata, utilizzabili anche nello studio dei processi di acquisto.

La tensione di cui parla Heider è stata sperimentata da tutti noi, ogniqualvolta ci siamo confrontati con scelte difficili relative ad un acquisto. Ad esempio, acquistare un abito desiderato ma troppo costoso a discapito di altri utilizzi del denaro, oppure un acquisto che sia in grado di generare discordia: l’acquisto di una minigonna eccessivamente corta da parte di una adolescente, ben sapendo che essa sarebbe stata mal digerita dalla famiglia. Oppure l’acquisto aziendale di beni da un fornitore sgradito, ma imposto da equilibri politici della direzione. 

Tra le strategie aziendali di riduzione della dissonanza ha un posto importante la comunicazione post-vendita, che deve tranquillizzare l’acquirente della bontà della scelta effettuata. Ogni atto di vendita importante deve essere seguito da messaggi rassicuranti, affinché venga meno la dissonanza post-vendita

Le applicazioni di marketing della teorie sulla dissonanza trovano un terreno applicativo enorme nella ponderazione dell’acquisto svolta dal cliente e nelle dinamiche che avvengono durante la trattativa di vendita.

Quando si determinano dissonanze interne nel cliente, l’individuo cercherà di ridurre lo stato di tensione, che è sempre in qualche misura doloroso. 

Un passo importante per la comprensione di questi comportamenti è dato dal riconoscere che il comportamento manifesto, quello messo in atto dalle persone giorno dopo giorno, è il risultato di una diversa serie di pulsioni complesse, anche tra di loro contraddittorie. Capire queste relazioni richiede (1) studio analitico, e (2) possibilità di disporre, collocare, visualizzare i rapporti di forza tra variabili su un media idoneo (carta, PC, o altri formati).

Le dinamiche della dissonanza cognitiva sono al centro dell’analisi del processo persuasivo. Infatti, solo la percezione di una dissonanza è in grado di aprire il varco al cambiamento di atteggiamento duraturo. L’intensità della dissonanza percepita è correlata alla necessità dell’individuo di ritrovare un equilibrio. Al crescere della dissonanza, cresce la necessità di trovare soluzioni. Il marketing cognitivo, basato sulla percezione delle dissonanze e successiva risoluzione, è la chiave strategica per la vendita dei servizi innovativi e intangibili (formazione manageriale, ricerca di mercato, interventi di sviluppo della comunicazione).

Principio – Ridefinizione cognitiva e cambiamento degli equilibri psicologici (rottura-ricostruzione)

  • Ogni acquisto o cambiamento è influenzato dagli schemi cognitivi preesistenti. 
  • Gli schemi cognitivi agiscono in background nel cliente, a livello subconscio e inconscio.
  • L’acquisto di innovazione o il cambiamento comportamentale richiede la presa di coscienza nel soggetto (cliente o buyer) che gli schemi utilizzati precedentemente non sono più adeguati a fronteggiare i bisogni, gli scenari, i nuovi obiettivi o traguardi.
  • Il venditore o consulente può fungere da elemento in grado di scardinare gli schemi preesistenti, tramite tecniche che generano riflessione profonda nel cliente,  rivisitazione e presa di coscienza di schemi cognitivi errati.
  • L’atto di acquisto di prodotti e servizi innovativi –  non rientranti negli schemi preesistenti, o distanti concettualmente dal cliente – deve essere preceduto dalla rottura degli equilibri preesistenti (presa di coscienza).
  • La presa di coscienza che gli equilibri preesistenti non sono più adeguati apre la strada all’inserimento di nuovi comportamenti e atteggiamenti di acquisto, nei quali i prodotti/servizi innovativi possono trovare spazi e fungere da elementi riequilibratori.

Misurazione degli atteggiamenti e immagine del marchio

La misurazione quantitativa degli atteggiamenti verso il prodotto può essere effettuata con due classi di tecniche: metodi quantitativi e metodi qualitativi. La misurazione su base quantitativa segue alcune linee guida generali:

Linee guida per la realizzazione di ricerche quantitative sull’immagine

  • brainstorming[2] e desk-work[3]: Una prima fase qualitativa in cui viene costruito un modello preliminare, che contiene le componenti ipotizzate di atteggiamento sul prodotto. Il lavoro avviene tramite riunioni, analisi della letteratura e studio teorico del problema;
  • pretest: Il modello preliminare viene testato sul campo, tramite ricerca empirica (pretest) per poterlo tarare e migliorare;
  • campionamento: Viene selezionato statisticamente un campione rappresentativo della popolazione che si intende studiare;
  • raccolta dati: vengono realizzate interviste sul campione;
  • elaborazione: I dati raccolti vengono immessi su PC. Le diverse misurazioni sono elaborate statisticamente: la ponderazione delle diverse componenti di atteggiamento restituisce un immagine complessiva della valutazione di prodotto, rappresentata in forma di grafici e tabelle contenenti dati e indicatori statistici;
  • interpretazione: I risultati in formato grafico e tabellare vengono analizzati managerialmente, alla ricerca delle implicazioni per l’azienda e le sue strategie. Viene verificata ulteriormente la validità e affidabilità della metodologia di ricerca, per non rischiare di basare le strategie su dati errati o viziati;
  • implementazione: Dall’interpretazione vengono derivate le strategie (se i dati sono sufficienti a risolvere il problema o prendere la decisione), o viene stabilito di intraprendere ulteriori ricerche utili a far luce sul problema e prendere la decisione giusta

Questa procedura minima si basa su un approccio quantitativo e correlazionale alla misurazione degli atteggiamenti, basato sulla “rilevazione dell’esistente”.

Le ricerche sperimentali (basate su gruppi di controllo) vengono invece utilizzate per valutare quale impatto sull’immagine aziendale possono determinare specifiche modifiche (es: cambiamento di logo o packaging).

La misurazione qualitativa degli atteggiamenti richiede invece l’intervento di esperti in psicologia del profondo e tecniche di intervista psicologica, con il compito arduo, ma raggiungibile, di ricostruire il belief system del soggetto, e capire il ruolo del prodotto al suo interno. Il risultato di tale lavoro di indagine possiede una forte valenza strategica: permette di avviare azioni comunicative ad alto impatto, e di compiere un salto di qualità a livello di progettazione dei nuovi prodotti.

L’azione più incisiva in assoluto proviene dall’utilizzo combinato delle tre tecniche (correlazionale, sperimentale e in profondità).

Errori di misurazione degli atteggiamenti

Esistono diverse possibilità di errore nella misurazione, sia (a) legate al modello teorico adottato che (b) dipendenti dal metodo di rilevazione e da errori pratici accaduti durante la misurazione. 

Costituiscono elementi di errore imputabili al modello l’aver sottovalutato un fattore non inserendolo nel questionario, o aver inserito elementi inutili, aver utilizzato teorie sbagliate, o ipotesi di nessun valore predittivo. Gli errori del modello sono quindi errori fondamentali della teoria su cui si basa il lavoro di misurazione.

Sono da attribuire al metodo errori come il porre il soggetto in condizioni psicologiche sfavorevoli (ad esempio, chiedere ad un soggetto il suo grado di soddisfazione lavorativa in presenza del diretto superiore), o presupporre nella persona una consapevolezza che non esiste, valutare qualcosa del tutto estraneo per il soggetto (chiedere di valutare il potere benefico del ginseng ad una persona che non sappia cosa sia il ginseng), o ancora codificare male i dati statistici (errori di battitura e inserimento dati), o produrre manipolazioni sbagliate sul file (inversione di righe, ordinamenti alfabetici errati, confusione di codici).

L’impatto delle parole sulla percezione del consumatore

Come misurare l’immagine che generiamo negli altri? Come valutare l’immagine di un prodotto o di un marchio, per verificare se sono conformi a quanto dovrebbero? 

Le pulsioni d’acquisto nascono ogni qualvolta un profilo percepito di prodotto combacia con un’immagine ricercata. È quindi importante riuscire a misurare sia l’immagine desiderata che l’immagine percepita.

Il potere evocativo delle parole e l’immagine associata ai marchi è alla base di molti successi o fallimenti di mercato. La misurazione dei simbolismi, delle loro connotazioni semantiche e delle loro ripercussioni sulle vendite è una delle tecniche in grado di prevedere il successo di mercato. Come espone Packard in questo esempio:

..nel corso degli anni l’esperto di pubblicità Louis Cheskin… ha controllato il potere simbolico che le parole hanno per i clienti, con interessanti risultati. Un cliente del Texas, la Plenty Products (cioè «prodotti abbondanza») stava per lanciare una nuova linea di gelati. La ditta aveva deciso che Plentifors sarebbe stato un nome molto adatto. Cheskin osservò che dava l’idea della quantità, non della qualità e pertanto non si poteva vendere il prodotto a un prezzo elevato. Egli mise il gelato in un contenitore con l’etichetta Plentifors e lo espose accanto a quattro altri contenitori con etichette diverse, invitando poi 806 consumatori a dare un giudizio sui vari prodotti. In tutti i contenitori c’era il medesimo tipo di gelato. Il contenitore con l’etichetta Splendors (nome inventato da Cheskin) ottenne voti completamente favorevoli in numero quattro volte maggiore del Plentifors.

Il differenziale semantico originario

Una forma di misurazione dell’immagine, derivante dalla psicologia sociale e dagli studi di psicolinguistica, si attua tramite il “differenziale semantico”[4]. Questo strumento permette di costruire un profilo di immagine del prodotto, del marchio, o persino di una persona.  Esso restituisce al ricercatore il profilo percettivo che un qualsiasi oggetto o entità genera in un valutatore. 

Il modello si presta ottimamente ad essere utilizzato per valutare la performance comunicativa di un venditore, di un politico, di uno speaker, o di un docente, o per capire come gli amici colleghi ci vedono.

Le applicazioni del differenziale semantico sono state utilizzate per diversi scopi, tra cui la misurazione delle reazioni emozionali prodotte da uno stimolo di marketing, l’analisi dell’impatto di un nome di prodotto, di un logo o marchio. Un uso estensivo ne viene fatto anche nella ricerca sociale.

Il differenziale semantico originario aveva tra i suoi scopi primari l’obiettivo di misurare il significato delle parole, e compararlo tra diverse culture o sottoculture.

Il differenziale semantico originario permette di misurare fattori primari della reazione emotiva del consumatore rispetto ad un oggetto d’acquisto, e quindi determinare la potenza dell’oggetto in termini di generazione delle pulsioni d’acquisto. Al crescere dei punteggi lungo entrambi i fattori, aumenta la probabilità che si generi pulsione d’acquisto. Cala inoltre l’importanza del prezzo, in quanto il prodotto assume valenze psicologiche ancor prima che funzionali. Il principio che ne deriva è il seguente:

Principio – Potenza evocativa psicologica del prodotto/marchio

  • La potenza psicologica del prodotto/marchio dipende dal grado di posizionamento sui fattori valutazione, potenza e attività, dall’estremo negativo (lento, debole, spregevole) all’estremo positivo (dinamico, forte, desiderabile).
  • Al crescere della potenza psicologica del prodotto si riduce la sensibilità al prezzo.

Il differenziale semantico nel marketing

Con opportuni adattamenti, è possibile misurare la percezione di un marchio o di un prodotto e compararla con altri marchi o prodotti.

L’applicazione di queste tecniche al marketing ha reso possibile misurare l’effetto che specifiche parole o frasi hanno sul cliente, o la creazione di profili comparativi di immagine tra un’azienda e i suoi concorrenti. L’utilizzo di queste tecniche permette di ottenere risposte a domande non banali, tra cui:

  • Comparazioni d’immagine: Cosa vede il cliente nel mio concorrente diretto, di diverso da noi? Perché è nata una pulsione d’acquisto verso la concorrenza a discapito della nostra azienda? Perché abbiamo perso dei clienti? Realizzando un profilo d’immagine differenziale applicato sugli acquirenti della concorrenza possiamo ottenere queste informazioni.
  • Evoluzioni d’immagine: L’immagine che noi generiamo nei nostri clienti rimane stabile nel tempo, aumenta o si deteriora in seguito all’uso del prodotto e all’esperienza con la rete di assistenza?
  • Prossimità d’immagine: Quali sono i marchi più vicini ai nostri, dal punto di vista del consumatore?
  • Scostamenti d’immagine dall’ideale: quanto è distante il profilo percepito da un profilo di prodotto/servizio ideale?
  • Strategia d’immagine: Costruzione di un profilo di immagine ideale. Valutazione di quali direzioni prendere per ottenere un positioning migliore.

Queste aree sono alla base di qualsiasi strategia realmente competitiva.

Partendo dalla struttura di base del modello, è possibile inserire o eliminare items per rendere la misurazione più aderente a specifiche esigenze: misurazione dell’immagine di un prodotto, di un candidato politico, di un oratore, di un venditore, ecc. Il processo di adattamento consente l’inserimento di nuove dimensioni valutative maggiormente tarate sull’oggetto di studio.

La costruzione di un differenziale semantico adattato richiede la creazione di items specifici e la loro successiva depurazione e selezione, sino ad arrivare allo strumento che meglio si adatta all’esigenza: uno strumento agile (in termini di tempo di somministrazione e sforzo d’intervista) ma sufficientemente esaustivo (completo, globale) rispetto alle variabili che si intendono misurare. 

La correttezza scientifica che lo strumento di misurazione richiede non permette approcci superficiali o poco professionali alla tecnica, in quanto gli esiti della ricerca verrebbero falsati.

La tecnica del differenziale semantico non si ferma alla sola misurazione  del profilo. Essa permette di svolgere analisi avanzate, tra cui:

  • analisi di omogeneità/disomogeneità nelle opinioni dei clienti;
  • analisi fattoriali per l’identificazione di tipologie di variabili giudicate simili dai consumatori; identificazione delle variabili latenti nei giudizi dei consumatori;
  • analisi correlazionali per comprendere quali items o variabili sono maggiormente predittivi, in grado di incidere maggiormente sull’immagine o su altra variabile dipendente, tra cui l’intenzione d’acquisto, o ancora comprendere cosa specificamente incide con più forza sul gradimento complessivo di prodotto; capire cosa genera l’intenzione d’acquisto;
  • analisi di regressione e determinazione della quota di varianza spiegata, per valutare la completezza, predittività ed esaustività del modello da noi utilizzato, in relazione alla variabile dipendente da esaminare (es: intenzione d’acquisto o gradimento complessivo di prodotto). L’analisi di regressione permette quindi di “capire se abbiamo capito” a sufficienza il ragionamento sottostante la logica di acquisto, cioè se disponiamo di un quadro complessivo delle valutazioni del consumatore in grado di realizzare previsioni affidabili su come sia possibile migliorare l’offerta.

Il modello del differenziale semantico si presta anche alla valutazione di persone o prestazioni comunicazionali, per identificare i punti di forza e debolezza del soggetto o della prestazione. 

La valutazione della prestazione può avvenire sia ad opera di un valutatore esperto, sia ad opera di un pool di valutatori, o ancora tramite raccolta dati su campioni rappresentativi di pubblico target.

Terza legge di valore del prodotto

In conclusione, le tecniche proposte permettono di giungere ad un importante risultato: misurare la forza e la distanza semantica del prodotto rispetto all’ideale (grado di scollamento tra profilo ideale e profilo effettivo, tra desiderio e realtà, tra aspirazioni del consumatore e offerta aziendale). Questa considerazione è alla base della terza legge di valore del prodotto, la quale è applicabile anche alla misurazione del valore dell’impresa in generale:

Legge della prossimità del profilo d’immagine

V = PI – PP (Valore = Profilo Ideale – Profilo Percepito)

  • Il valore del prodotto è inversamente proporzionale alla distanza semantica tra il profilo di prodotto ideale del cliente e la percezione reale del prodotto. Quanto più le due percezioni sono distanti, tanto minore sarà il valore del prodotto.
  • Il valore dell’impresa è inversamente proporzionale alla distanza semantica tra il profilo di fornitore ideale del cliente e la percezione dell’immagine aziendale che il cliente ha sviluppato. Il valore sarà tanto superiore quanto minori sono le distanze tra i due profili.

[1] Heider, F. (1946). Attitudes and cognitive organization. Journal of Psychology.

Heider, F. (1958). The psychology of interpersonal relations. New York, Wiley. Trad It. Psicologia delle relazioni interpersonali. Bologna: il Mulino, 1972.

[2] Tecnica di sviluppo della creatività, utile per generare idee, nomi, marchi, strategie.

[3] Lavoro “al tavolo”, in cui si analizza il problema, si sviluppano teorie, ipotesi e modelli, ed eventualmente si raccolgono dati preliminari.

[4] La tecnica del differenziale semantico è stata sviluppata partendo dagli studi di Osgood (1952) e quindi perfezionata da Osgood, Suci e Tannenbaum e pubblicata (1957) in The Measurement of Meaning, con lo scopo, come evidenzia il titolo, di misurare i significati linguistici. Vedi bibliografia per indicazioni sulla pubblicazione originale.

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online

Le parole chiave di questo articolo La dissonanza cognitiva e l’equilibrio psicologico nel processo d’acquisto sono :

  • Dissonanza cognitiva
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  • Comportamento manifesto
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  • Misurazione degli atteggiamenti
  • Profilo d’immagine del prodotto
  • Differenziale semantico
  • Potenza psicologica del prodotto
  • Valore del prodotto
  • Percezione reale del prodotto
  • Profilo di prodotto ideale
  • Distanza semantica
  • Performance comunicativa
  • Schemi cognitivi preesistenti
  • Marketing cognitivo
  • Aspettative dei gruppi di riferimento
  • Comunicazione post-vendita
  • Dissonanza post-vendita