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Intenzionalità e processi cognitivi tra mente umana e intelligenza artificiale forte

Il termine mente è nel vocabolario comune associato all’insieme di attività che riguardano la parte superiore del cervello, tra le quali la coscienza, il pensiero, le sensazioni, la volontà, la memoria e la ragione. Oggigiorno la neurofisiologia si occupa dello studio e del funzionamento delle unità che compongono il nostro cervello: i neuroni e le reti neurali. Assieme alle cellule della neuroglia e al tessuto vascolare, compongono il nostro sistema nervoso. Grazie alle sue caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche, i neuroni sono in grado di elaborare e trasmettere impulsi nervosi. Un errore da non commettere è quello di confondere la mente con il pensiero: quest’ultimo riguarda l’elaborazione di informazioni ottenute tramite l’esperienza (ovvero tramite gli organi sensoriali) vissuta dal soggetto da parte della mente stessa. Il pensiero è quindi solamente una delle tante attività che riguardano la mente, e che ha luogo nel cervello.

L’intenzionalità e i processi cognitivi nella mente umana

L’intenzionalità umana è definita come la caratteristica del pensiero umano che tende a qualcosa come ad un oggetto specifico. Come abbiamo precisato precedentemente, non ha a che vedere con il concetto di volontà e nemmeno con l’agire intenzionalmente. L’origine del termine deriva dalla filosofia scolastica ed è stato ripreso successivamente da Franz Brentano: per intenzionalità della coscienza intendeva infatti l’idea che essa sia sempre diretta verso un contenuto. Brentano ha considerato l’intenzionalità all’origine dei fenomeni psichici, distinguendoli così dai fenomeni fisici. In questo modo ogni tipo di attività mentale, che vada dal pensare, al desiderare, al credere, ha un oggetto di riferimento. Il concetto presentato da Brentano è irriducibile, è l’elemento fondamentale per la comprensione dei fenomeni mentali, ed è ciò che costituisce la stessa coscienza umana. Successivamente è stato l’allievo Edmund Husserl ad approfondire il concetto dell’intenzionalità, fino a definirlo come ciò che caratterizza la coscienza, oltre a definire gli stati mentali come Erlebnisse intenzionali o più semplicemente atti. Gli studi di filosofia della mente, nel corso del tempo, hanno contribuito a portare  la coscienza e l’intenzionalità ad avere un ruolo di primaria importanza per la comprensione delle attività celebrali. Proprio a partire dalla mente e tramite i processi cognitivi l’uomo ha la possibilità di formare ed aumentare le proprie conoscenze, le quali sono fortemente influenzate anche dal contesto culturale e dalle esperienze a cui il soggetto è sottoposto. Le esperienze ci permettono di avvicinarci a nuove situazioni diverse da quelle proposte dall’ambiente circostante quotidiano, e permettono un confronto con queste ultime.

In tal senso l’apprendimento parte proprio da questo confronto e può essere considerato come un processo di rinnovamento delle proprie conoscenze a partire dalle nuove esperienze. I metodi di apprendimento sono molteplici e non riguardano solamente l’ambito umano, ma anche piante, animali e alcune “macchine”. Vorrei qui approfondire la questione e differenziare le meccaniche di apprendimento in ambito umano e animale da quelle nell’ambito delle intelligenze artificiale. Per come si presenta la situazione al giorno d’oggi le macchine non possono pensare, ma è lecito chiedersi se esse possano imparare da noi, o da altre intelligenze artificiali. Anticipo che sì, sono in grado di farlo, ma prima di esaminare questo aspetto, concentriamoci sull’ambito del “naturale”.


Estratto dalla tesi di Laurea in Filosofia, Teorie e sistemi dell’intelligenza artificiale, a cura di Federico Malpighi. Alma Mater Studiorum Università di Bologna.