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negoziazione dei ruoli

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© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Negoziazione interculturale. Comunicare oltre le barriere culturali. Dalle relazioni interne sino alle trattative internazionali”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore

La negoziazione tra aziende

Ogni azienda è in grado di incidere attivamente sul destino delle proprie negoziazioni, anche se non di determinarlo del tutto. Le negoziazioni non avvengono nell’astratto, ma nel concreto. Come un pugile può prepararsi ad un incontro e non perderà o vincerà solo per merito del destino, un negoziatore può assumere il senso del controllo situazionale.

Riappropriarsi della capacità di incidere sul proprio destino, sul presente e futuro (alimentare il locus of control interno) è un tema fondamentale, che tocca anche il modo con cui vogliamo dare un’impronta alle negoziazioni e ai rapporti umani.

Principio – Principio del locus-of-control conversazionale

Il successo della comunicazione dipende:

  • dalla considerazione che ogni conversazione e negoziazione possa (abbia il potenziale) di essere condotta con stili comunicativi costruttivi;
  • dalla consapevolezza che è responsabilità di ciascuno costruire attivamente un clima negoziale positivo;
  • dalle abilità comunicative di ricentraggio della conversazione e degli stili possedute da tutti i partecipanti, e soprattutto dai conduttori negoziali.

Ribadiamo che ogni persona è anche protagonista delle proprie azioni, e non solo vittima delle azioni altrui, il destino ha poco a che fare con quanto accade in una negoziazione, e molto di quanto avviene può essere riportato nella sfera della strategia.

Ma, come abbiamo detto, per agire sul conflitto bisogna riconoscere che stiamo negoziando, che siamo diversi, è che il conflitto è potenzialmente alle porte se non anticipato. 

Lo stesso meccanismo di riconoscimento è necessario in ogni vendita, ogni partnership, ogni acquisto, ogni fusione o incorporazione, ovunque si presenti una dimensione di possibile conflitto culturale e di negoziazione. La diversità deve essere esplicitata prima, per non dare ripercussioni dopo.

Quando una negoziazione si avvia in modo latente, la presa di coscienza negoziale richiede che il negoziatore si ponga alcune domande:

  • Siamo entrambi consapevoli di stare negoziando?
  • Stiamo negoziando dettagli o impostazioni di fondo?
  • Sto negoziando con la persona giusta?
  • È il setting adeguato (tempo e luogo) dato l’argomento che stiamo affrontando? È il luogo giusto? È il momento giusto?
  • Su quali fattori posso agire per impostare la negoziazione? Quali sono sotto il mio controllo? Come posso ricondurre i fattori esterni e situazionali entro la mia sfera di controllo?

La costruzione dell’identità durante la negoziazione

L’analisi della conversazione permette di definire quali mosse e dispositivi comunicativi gli interlocutori usano per definire e negoziare la propria identità.

Nel metodo ALM, è riconosciuto sin dalle prime opere la necessità di suddividere gli obiettivi strategici di una comunicazione negoziale, distinguendo soprattutto tra:

  • fissazione dell’identità e vendita dell’identità: essere riconosciuti come i soggetti adeguati per la risoluzione del problema, creare una percezione di valore nel fornitore come soggetto e nella persona o ruolo incontrato;
  • fissazione del value mix (mix di valore) e vendita del prodotto o soluzione: creare una percezione di valore nei dettagli dell’offerta.

Nessun prodotto o soluzione può essere acquistato se non si creano prima le condizioni minime di credibilità del venditore.

Un negoziatore aziendale giapponese è estremamente attento alle identità di chi si presenta. Perciò, gli esiti di un’apertura conversazionale telefonica saranno estremamente diversi a seconda che il soggetto europeo si presenti come:

  • Buongiorno, sono Rossi della Panini, Italia. Volevo parlare con qualcuno delle vendite. vs.
  • Buongiorno, sono il dott. Franco Rossi, direttore marketing della Panini, Panini è l’azienda leader in Europa per la distribuzione di figurine per bambini e teenagers, vorrei parlare con la direzione vendite.

L’impressions management interculturale è l’arte e/o capacità di suscitare impressioni positive sul proprio ruolo (da non confondere con il millantare un ruolo o un’importanza), per poter superare i filtri negoziali.

Per poterlo praticare è necessaria consapevolezza dei propri punti di forza e della propria identità, delle unicità che si possiedono, del valore reale, e la capacità di farli emergere nella comunicazione.

Allo stesso modo, nessuna negoziazione può avere successo se non vengono chiariti i confini delle identità reciproche, i confini dei ruoli, e le modalità per avviare un dialogo cooperativo.

Durante la negoziazione interculturale è necessario dedicare mosse conversazionali specifiche alla costruzione della propria identità, riuscendo a far emergere nell’altro la percezione del valore che tale identità assume nel contesto della propria cultura. Ogni soggetto, infatti, attribuisce identità secondo i propri schemi culturali.

Nel caso dell’identità del “formatore aziendale” italiano, come può essere correttamente percepita da un imprenditore cinese, se nemmeno in Italia abbiamo un concetto semantico univoco? E come può essere correttamente percepita se non si fissano i confini di identità? 

Potremo, infatti, avere un formatore-istruttore, un formatore-mentore, un formatore-consulente, un formatore-psicologo, un formatore-guru, e altri formati. Non è possibile dare per scontato che le persone riconoscano automaticamente le reciproche identità. “Chi sono io” e “Chi sei tu” sono due degli aspetti più trascurati nella negoziazione interculturale.

Nella negoziazione tra aziende, si entra in negoziazione debole o inconsapevole già dai primi momenti di incontro. 

Il fatto di decidere di incontrarsi presso la “nostra” azienda, presso la “loro”, o in una sede neutra (e dove), è già negoziare. 

Parliamo di negoziazione debole non perché essa sia di poca importanza, ma perché risulta debolmente percepita come reale momento di negoziazione. La sua importanza reale è invece altissima, poiché fissa le impressioni iniziali (imprinting dell’immagine personale ed aziendale) e le posizioni di partenza. 

Il vero problema è che le situazioni “deboli”- contatti preliminari, email, telefonate interlocutorie, scambi di messaggi logistici – non sono spesso riconosciute come vere negoziazioni, e rischiano di venire sottovalutate.

La negoziazione forte o esplicita riguarda invece le situazioni in cui entrambi i soggetti hanno sancito ufficialmente il fatto che una negoziazione sia in corso, hanno messo in piedi formalismi e meccanismi di contrattazione formale, tavoli di negoziazione, piattaforme negoziali o altri strumenti di negoziazione palese e istituzionalizzata.

La negoziazione tra aziende assume spesso il formato di uno scontro tra identità, modi di essere e valori. Nessuna azienda possiede realmente le stesse culture di un’azienda seppure simile, gli stessi modelli di comportamento. Le diversità aumentano ancora maggiormente quando le distanze fisiche e culturali si fanno ampie, come nei contesti intercontinentali e interetnici.

Un esempio classico di diversità culturale latente è la differenza tra culture d’acquisto arretrate (acquisto di “pezzi”) e culture di business avanzate (ricerca di partnership e rapporti di fornitura, sino alla ricerca e sviluppo congiunta).

Le culture d’acquisto arretrate sono orientate all’acquisto di merce, di “pezzi”, di “unità”, di “ore” o di “giorni” se parliamo di formazione, di “tonnellate” o “casse” se parliamo di frutta. Hanno bisogno di tentennare, non impegnarsi. Le culture di business avanzate sono invece orientate a ricercare partnership, relazioni forti e durature, fornitori affidabili, credibilità e professionalità prima di tutto, valutano le possibilità di ricerca e sviluppo congiunta, non si limitano a “pezzi” o “ore”.

Per la propria formazione manageriale, un’azienda può cercare (a) un fornitore che venda “ore” o “giornate” (un “corsificio”, sostanzialmente) mentre la società di formazione ricerca non solo la “vendita di ore”, ma anche (b) diagnosi dei fabbisogni, coaching, monitoraggio delle performance, azioni di sostegno, e ogni altra forma di azione positiva sulle risorse umane.

Dietro all’obiettivo generico di “formare le risorse umane” possono esistere quindi due culture aziendali completamente opposte, che collidono in fase negoziale. 

Uno (il compratore) cerca “ore”, l’altro (il venditore) vede il valore solo nella continuità e in un processo che dura nel tempo. Le due diverse soluzioni implicano due identità e due visioni antitetiche, e non è detto che uno dei due contendenti accetti di modificare la propria identità a comando dell’altro. 

Questi problemi latenti di identità negoziale rendono la negoziazione interculturale, e vanno affrontati come tali.

Principio – Principio della negoziazione di identità

  • Ogni negoziazione di merito (contenuti) è preceduta, e costantemente accompagnata, da una negoziazione sulle reciproche identità.
  • Qualora uno dei partecipanti non accetti l’identità altrui o la percepisca in modo distorto, si aprono possibili aree di fraintendimento e conflitti, risolvibili solo con una negoziazione delle identità e dei ruoli reciproci.

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Le parole chiave di questo articolo La negoziazione delle identità e dei ruoli sono :

  • Confini dei ruoli
  • Confini delle identità
  • Culture di acquisto arretrate
  • Culture di business avanzate
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© Articolo estratto con il permesso dell’autore, Dott. Daniele Trevisani dal libro “Ascolto Attivo ed Empatia. I segreti di una comunicazione efficace. Milano, Franco Angeli

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Continuando a parlare del teatro delle maschere nella comunicazione, oggi ci concentreremo su 3 argomenti differenti, seppur concatenati: la negoziazione dei ruoli, le regole del colloquio e la costruzione della credibilità per l’ascoltatore.

La negoziazione dei ruoli

L’incrocio tra le due rappresentazioni di sé crea un setting di interazione, un teatro di rappresentazioni, una serie di giochi attivi durante l’ascolto nel quale le due parti devono sapersi muovere. 

Alcuni tipi di incrocio possono risultate efficaci: ad esempio, l’incrocio tra consulente-medico e cliente-paziente è simmetrico. Al contrario, l’incrocio tra un cliente-nobile e un venditore problem-solver non è di facile risoluzione e richiede un ribilanciamento del rapporto, una vera e propria negoziazione del rapporto tra le parti. 

Interpretare l’autenticità significa invece uscire da questi giochi e stare su un piano di non-bisogno di dimostrazione, ed evitare lunghi e fastidiosi giochi di ruolo che rischiano solo di confondere la verità e togliere il palcoscenico all’empatia e all’ascolto attivo. 

Le regole del colloquio

Per dare vita ad buon colloquio: 

  • inquadra le “maschere” che gli attori stanno interpretando; 
  • esamina e comprendi i “giochi di relazione” che si stanno avviando; 
  • rispetta le regole di cortesia, deferenza e contegno;
  • sii consapevole della presenza di spazi psicologici, dei confini dei territori psicologici, dei rischi di un’invasione prematura e aggressiva dei territori altrui, e della necessità di entrarvi gradualmente e con tatto; 
  • rispetta una sequenzialità di confini della conversazione all’interno del colloquio stesso, cercando di seguire uno schema conversazionale adeguato; 
  • fissa soglie precise di “tolleranza per l’ambiguità” all’interno del range negoziale fissato e della mission conversazionale in corso; 
  • fissa precise soglie di tolleranza per le invasioni di ruolo, definendo strategicamente i tempi e i momenti in cui la persona può e deve riposizionare il proprio ruolo.
La costruzione della credibilità

Ogni messaggio, ogni presentazione, ogni momento d’interazione, ha un effetto di imprinting, cioè fissa un’immagine verso chi ci sta osservando o ascoltando. Cambiare quell’immagine iniziale, poi, è difficile. 

L’ascolto è una di quelle attività che vengono bene solo se come ascoltatori veniamo considerati degni di fiducia, onesti, competenti.  

Basta solo che vi sia anche solo una vaga percezione che le nostre intenzioni siano nascoste o che stiamo mentendo, per ottenere un blocco immediato della conversazione o del rapporto. 

Dobbiamo quindi esaminare numerosi elementi in grado di generare fiducia o sfiducia tra cui: 

  • lo stile di movimento (velocità del passo, camminata); 
  • le posture e il body language; 
  • le gestualità e l’espressività; 
  • il modo di stringere la mano; 
  • la mimica facciale; 
  • l’abbigliamento e gli accessori personali e professionali 
  • tono e timbro della voce. 

Tutti questi fenomeni sono centrali nella comunicazione, soprattutto nella fase di ascolto, in quanto, se non riusciamo ad emergere come persone “sicuramente affidabili” e competenti, nessuno ci dirà niente.  

La creazione dell’immagine e della credibilità, o la sua distruzione, non avvengono “di colpo” o per effetto di singole evenienze (se non estremamente forti), ma si compongono per sommatoria di: 

  • micro-osservazione; 
  • analisi di incongruenze e dissonanza; 
  • rilevazione di segnali deboli. 

Come evidenziato in “Psicologia di Marketing e Comunicazione“: 

“Le informazioni che possono essere colte durante la visita di un’azienda, nello scrutare una persona o un prodotto, si categorizzano in due classi importanti: i segnali generatori di fiducia (trust signals) e i segnali generatori di sfiducia (distrust signals)”.

  • Trust signals: elementi colti nel campo percettivo, che generano fiducia e rassicurazione. 
  • Distrust signals: elementi colti nel campo percettivo, che generano preoccupazione o sfiducia. 

Il percorso valutativo della nostra persona, di noi come interlocutori affidabili o meno, è costellato, in altre parole, dal ricevimento di tanti segnali e di tante informazioni.  

Se questi segnali e informazioni sono positive e congruenti tra loro, nasce fiducia, se sono negative oppure emergono incongruenze e dissonanze, la fiducia cala. 

Lo stesso vale quando esaminiamo chi parla con noi. 

trust signals svolgono il ruolo di elementi di rafforzamento della fiducia e dell’immagine. I distrust signals sono invece elementi di detrazione, negativi rispetto alla formazione della fiducia. 

L’azienda e il professionista orientati alla crescita devono analizzare attentamente quali elementi della propria comunicazione stiano funzionando da trust signals e quali da distrust signals

Spesso, essere supportati da consulenti nel campo della comunicazione aiuta. Un feedback onesto è, infatti, sempre prezioso e le critiche non vanno considerate come un attacco, ma come un impulso per continuare a crescere e migliorarsi. 

"Ascolto Attivo ed Empatia" di Daniele Trevisani

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© Articolo estratto con il permesso dell’autore, Dott. Daniele Trevisani dal libro “Ascolto Attivo ed Empatia. I segreti di una comunicazione efficace. Milano, Franco Angeli

Le regole del colloquio e dell’intervista

L’incrocio tra le due rappresentazioni di sé crea un setting di interazione, un teatro di rappresentazioni, una serie di giochi attivi durante l’ascolto nel quale le due parti devono sapersi muovere.

Alcuni tipi di incrocio possono risultate efficaci. Ad esempio, l’incrocio tra consulente-medico e cliente-paziente è simmetrico. L’incrocio tra un cliente-nobile e un venditore problem-solver non è di facile risoluzione, richiede un ri-bilanciamento del rapporto, una vera e propria negoziazione del rapporto tra le parti.

Interpretare l’autenticità significa invece uscire da questi giochi e stare su un piano di non-bisogno di dimostrazione, ed evitare lunghi e fastidiosi giochi di ruolo che rischiano solo di confondere la verità e togliere il palcoscenico all’empatia e all’ascolto attivo.

Un buon colloquio:

  • inquadra le “maschere” che gli attori stanno interpretando;
  • esamina e comprende i “giochi di relazione” che si stanno avviando;
  • rispetta le regole di cortesia, deferenza e contegno, ad esempio nei turni di conversazione, nel rispetto dei ruoli e dell’etichetta, e sul colloquio professionale, nel rispetto della cultura dell’azienda, della nazione e del cliente presso il quale avviene;
  • è consapevole della presenza di spazi psicologici e confini dei territori psicologici, dei rischi di un’invasione prematura e aggressiva dei territori altrui, e della necessità di entrarvi gradualmente e con tatto;
  • rispetta una sequenzialità di confini della conversazione all’interno del colloquio stesso, cercando di seguire uno schema conversazionale adeguato;
  • fissa soglie precise di “tolleranza per l’ambiguità” all’interno del range negoziale fissato e della mission conversazionale in corso: questo significa capire esattamente dove e quando chi ascolta può o meno permettersi di far emergere le eventuali dissonanze e ambiguità che sente nel cliente, le incertezze e imprecisioni che rendono difficile il compito consulenziale;
  • fissa precise soglie di tolleranza per le invasioni di ruolo, definendo strategicamente i tempi e i momenti nei quali una persona sente di dover precisare e riposizionare il suo ruolo, il suo modo di agire;
  • separa con chiarezza mentale le varie fasi del colloquio, distinguendone, almeno, i tre livelli primari di seguito esposti.

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