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movente d'acquisto

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© Articolo estratto con il permesso dell’autore dal testo di Daniele Trevisani – “Psicologia di marketing e comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management”. Franco Angeli editore, Milano.

La proprietà di questa categoria di prodotti è data dalla capacità di anticipare stati di bisogno futuro, prevenendone l’insorgenza. Un esempio è dato dalla categoria di integratori dietetici utilizzati per prevenire malattie (es.: prodotti contro i radicali liberi per prevenire l’invecchiamento cellulare): l’individuo assume tali sostanze non per risolvere un problema organico esistente, ma per anticipare un problema futuro. Il problema organico futuro diventa problema psicologico attuale del soggetto, nel momento stesso in cui il consumatore inizia ad elaborarlo, a percepirlo, a rendersene conto (fase di attualizzazione).

Proseguendo l’esempio nel settore food, una casa produttrice può promuovere un prodotto utilizzando la leva anticipatoria, evidenziando che “il nostro formaggio light previene l’insorgenza di livelli elevati di colesterolo nel sangue” (preveniamo l’arrivo di un problema fisico che tu ora non hai). I prodotti anticipatori fanno chiaramente leva su pulsioni d’acquisto negative (ansie, paure, preoccupazioni) per le quali il prodotto/servizio viene proposto come metodo di prevenzione. Anche in questo caso la competenza nella tecnica di intervista o analisi dovrà essere in grado di evidenziare quali timori caratterizzano il consumatore potenziale – relativamente alla categoria di prodotto – e ne frenano lo sviluppo e diffusione creando barriere mentali. La tecnica permette di progettare le caratteristiche preventive del prodotto (benefit a valore preventivo), realizzando in questo modo una analisi anticipatoria.

Ad esempio, vediamo questa trascrizione di intervista ad una ragazza, nella quale si stanno analizzando i timori che ne caratterizzano la vita quotidiana.

Quando torno da sola alla notte, finito il lavoro al ristorante, mi trovo spesso a pensare a cosa succederebbe se bucassi una gomma in aperta campagna, in una strada isolata, al buio, con la pioggia. Mi piacerebbe moltissimo che esistesse un pulsante di autoriparazione della gomma, qualcosa che non mi costringa a scendere dalla macchina. 

Questo frammento permette di avviare lo studio di un ipotesi di marketing: è possibile creare un sistema di riparazione automatica del pneumatico basato su schiume (o altri metodi) che riparano automaticamente la gomma, attivabile con un comando nel cruscotto? 

Oppure l’analisi potrebbe evidenziare il timore di non disporre di potenza sufficiente in caso di sorpassi in condizioni difficili:

un’altra cosa che mi fa paura è quando sorpasso. Ho sempre il timore di non farcela, di trovarmi in mezzo, e magari vedere un’auto che arriva sulla corsia opposta. Quando sorpasso i camion ho molta paura.

Questo dato fornisce  lo spunto per progettare e implementare un booster addizionale d’emergenza che si attiva con una pressione elevata sul pedale dell’acceleratore (o qualsiasi altra soluzione che ottenga lo stesso risultato) e riduca l’ansia del consumatore. Un’analisi anticipatoria ulteriore evidenzia la difficoltà di molti viaggiatori frequenti (agenti, rappresentanti, consulenti, autisti, pendolari) legata alle insidie della nebbia:

Delle volte, con la nebbia, mi metterei le mani nei capelli. Immagino già quest’inverno quando dovrò ricominciare a fare dei chilometri. Mi piacerebbe un sistema che mi indichi la strada. Vorrei poterci vedere attraverso la nebbia, individuare gli ostacoli, capire se oltre quella cortina c’è un incrocio o un auto ferma. A volte in autostrada mi chiedo “e se oltre quel muro di nebbia ci fossero delle auto ferme?“.

Sistemi di navigazione satellitare, sistemi radar, o altri metodi di supporto alla guida, magari con proiezione dei percorsi sul vetro di guida, troveranno davanti a se un terreno fertile, grazie alle indicazioni provenienti dall’analisi anticipatoria di marketing. 

È naturale che l’analisi anticipatoria debba occuparsi di cogliere dei segnali, capire delle problematiche. Altri metodi di ricerca, di natura più quantitativa, possono permettere di valutare quanto esteso è il problema sul mercato, quante persone ne sono interessate, e quindi se esiste un potenziale di mercato, o se il bacino di mercato è troppo ristretto per consentire un investimento profittevole. Ciò che importa, comunque, è che l’analisi anticipatoria consenta di capire le direzioni del bisogno, guidando di conseguenza gli sforzi aziendali per creare prodotti di successo.

Non esistono limiti all’analisi anticipatoria. Gli unici limiti sono dati dalla fantasia e dai bisogni del consumatore e dalla capacità dell’azienda di coglierli.

Le leve di vendita anticipatorie sono costituite dalle argomentazioni relative alla capacità del prodotto di prevenire l’insorgenza di problemi futuri. Trattandosi di problemi non ancora esperiti dall’individuo, o non al momento, è necessario che le problematiche acquistino concretezza, possiedano una certa gravità, e che il soggetto si senta concretamente esposto in prima persona ai rischi sui quali si applicano le leve anticipatorie. 

© Articolo estratto con il permesso dell’autore dal testo di Daniele Trevisani – “Psicologia di marketing e comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management”. Franco Angeli editore, Milano. Vietata la riproduzione senza citazione della fonte.

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Dove si colloca l’utilità dei prodotti: risoluzione, omeostasi, anticipazione

Affinché avvenga un acquisto, è necessario che l’oggetto del desiderio svolga una funzione positiva sull’orizzonte psicologico del cliente. Le indagini sul campo svolte dall’autore hanno permesso di evidenziare tre proprietà distinte riepilogabili come segue: 

(1) prevenire problemi che il soggetto ha già: il prodotto agisce come risolutore di un problema esistente, un problema che ha già iniziato ad agire sul campo psicologico del soggetto;

(2) mantenere situazioni positive: in questo caso, il prodotto ha una funzione di “manutenzione” o consolidamento di situazioni esistenti;

(3) agire per arrestare una minaccia futura e prevenirla: in questo caso, il prodotto viene acquistato per via della sua capacità percepita di arrestare minacce future, incombenti, che hanno una certa probabilità di verificarsi e mettono in pericolo la tranquillità psicologica del cliente.

Trattare le pulsioni d’acquisto significa, soprattutto, capire che posizione occupa il prodotto all’interno dello spazio/tempo del soggetto, identificare quale funzionalità il prodotto assume rispetto alla prospettiva temporale del consumatore/cliente.

Le tre macro-categorie di valori/proprietà di prodotto, possiedono una sostanziale differenza data dal tipo di orizzonte temporale sul quale esso agisce. 

Se trasponiamo l’analisi al livello della vendita aziendale, le domande sottostanti sono – indicativamente – le seguenti:

  • Quali sono i problemi che l’azienda vive oggi? (analisi risolutiva).
  • Quali sono le situazioni attualmente positive di quest’azienda? (analisi omeostatica).
  • Quali sono i problemi futuri da prevenire? (analisi preventiva).

Queste domande sono assolutamente preliminari. Infatti, per ciascuna area, è necessario attivare un grado di introspezione superiore e cogliere il dettaglio della fonte pulsionale. 

Per quanto riguarda il quadrante futuro, esisteranno pulsioni più forti se i problemi hanno una elevata probabilità di manifestarsi, ed un impatto sull’azienda estremamente negativo. Ad esempio, il timore della perdita dei migliori tecnici (i quali portano alla concorrenza i segreti industriali) può essere il movente fa scaturire la necessità di creare un piano motivazionale per il personale. Oppure ancora, il timore della perdita verso la concorrenza dei migliori funzionari commerciali (i quali trasferiscono verso di essa l’intero parco clienti e il patrimonio di conoscenza e contatti). Questi problemi assumono rilevanza maggiore rispetto ad accadimenti futuri meno probabili o meno gravi sul piano dell’impatto. 

Una buona analisi temporale non può fermarsi all’esame superficiale delle risposte ma deve andare in profondità, alla ricerca dei veri moventi psicologici che spingono il decisore ad agire o non agire.

Le implicazioni per la comunicazione sono immediate: occorre sviluppare strategie persuasive che attacchino una o più leve temporali.

© Articolo estratto con il permesso dell’autore dal testo di Daniele Trevisani – “Psicologia di marketing e comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management”. Franco Angeli editore, Milano. Vietata la riproduzione senza citazione della fonte.

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  • Orizzonte psicologico del cliente
  • Analisi risolutiva
  • Analisi preventiva
  • Analisi omeostatica
  • Prospettiva temporale del consumatore
  • Dettaglio della fonte pulsionale
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  • Movente psicologico
  • Comunicazione strategica
  • Leve temporali

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Proseguiamo il nostro esempio sul marketing culturale, anche se le implicazioni di quanto esponiamo valgono in ogni settore. Quello che un manager deve capire, rispetto a queste dinamiche, è la necessità di “caricare” l’offerta costruendo un pacchetto che soddisfi sia il BSS primario che i BSS secondari. Se nella biblioteca ciò che conta è la possibilità di interazione offerta dagli ambienti circostanti, un intervento di “pulizia” (o meglio di “polizia”) che liberi gli spazi di incontro dai frequentatori distruggerebbe uno dei più forti moventi reali per cui quelle persone vi si recano. 

Un intervento di marketing culturale dovrebbe cercare di costruire un ambiente di fruizione (un punto di vendita, per dirla in termini di marketing), che massimizzi la possibilità di interazione. Questa tecnica ad imbuto utilizza i BSS secondari per aumentare la domanda complessiva e superare i limiti del BSS primario.

Il concetto stesso di mission viene stravolto da questo ragionamento. Il manager della biblioteca il quale veda nella sua organizzazione unicamente un luogo di studio (mission essenziale), perderà tutte le opportunità legate al corollario di BSS secondari. Un manager culturale più attento al marketing vedrà invece in queste dinamiche una forte opportunità per trasformare la biblioteca in luogo di studio e contemporaneamente di incontro, svago, ricreazione, aggregazione, e persino di divertimento (mission allargata). Questo significa massimizzare l’estensione della mission organizzativa. Il principio di base, in termini di marketing, è che (1) se le persone vengono attratte dai BSS secondari offerti dalla biblioteca, diversi di questi finiranno per usufruire anche della biblioteca stessa, producendo un effetto acquisitivo verso i nuovi clienti, e (2) chi abitualmente usufruisce della biblioteca vi troverà nuove opportunità (un bar, punti gratuiti di consultazione internet, salotti, bacheche di annunci, sino ad un centro fitness), sviluppando effetto di ritenzione del cliente esistente e crescita della customer satisfaction. 

Possedere una visione allargata di marketing è un requisito indispensabile per conseguire obiettivi importanti. Questa visione allargata permette di fuoriuscire dagli stereotipi e dalle limitazioni autoimposte. 

Passando al settore meccanico, ad esempio, un produttore di spazzole industriali che si consideri solo come “produttore di spazzole” perderà enormi opportunità se non realizza che il cliente non cerca realmente spazzole ma “soluzioni per il trattamento di superfici”, ad esempio, sistemi per levigare sbavature, o per pulire incrostazioni (il bisogno di base). Il prodotto che risolve meglio questo bisogno reale, avrà successo di mercato (es: prodotti chimici, o utensili dedicati). 

Quando l’azienda perde il contatto con il vero movente di acquisto, e si concentra solo sul proprio prodotto, si apre un baratro, una caduta libera in cui le vendite possono precipitare. Inoltre, i concorrenti riusciranno presto a fornire un servizio o prodotto in grado di risolvere il bisogno di base meglio e più efficacemente. Il focus manageriale sul prodotto fa spesso perdere di vista il bisogno sottostante del cliente, che costituisce il vero movente di acquisto. Su questo bisogno sottostante deve concentrarsi il nuovo marketing.

La visione allargata di marketing ha effetti anche sul marketing sociale e culturale. Ritorniamo al nostro esempio sul marketing di una biblioteca.

A cosa serve una biblioteca? A conservare libri o a diffondere cultura? Se il movente è conservare libri allora non si tratta di una biblioteca ma di un archivio. Se il movente è diffondere cultura e fornire strumenti adeguati, allora la biblioteca si deve trasformare in centro di sviluppo di iniziative. Da qui la propositività verso altre forme di arricchimento culturale per i propri utenti (stage internazionali, stage aziendali, stage in organizzazioni, ricerca e divulgazione di materiali in realtà virtuale, eventi, seminari, iniziative). 

Di certo, l’obiettivo di allargare l’orizzonte di marketing non può essere posseduto dal burocrate aziendale, dal brontosauro dell’organizzazione, colui che – arroccato sulle proprie posizioni e timoroso del cambiamento – vede nella ri-focalizzazione della mission una perdita di potere, abitudini, e orizzonti certi.

La competitività, in questo senso, richiede l’esplorazione profonda del senso di esistere dell’impresa, e un’apertura totale a nuove modalità di soddisfazione di bisogni primari e secondari, espressi e latenti. Questo approccio produce un ripensamento del rapporto tra mission e marketing.

Naturalmente, occorre evitare confusione tra i diversi obiettivi. Massimizzare i BSS secondari per una biblioteca non significa realizzare interventi che mettano in pericolo la tranquillità degli ambienti di studio, delle sale di lettura. Significa fare marketing della struttura basandosi sui bisogni reali delle persone, incrementare la customer satisfaction degli utenti, ricercare nuove modalità per far fronte sia all’esigenza reale (crescita culturale e studio) che ai bisogni secondari che vi si accompagnano (socializzazione, ecc.).

Un intervento di marketing culturale applicato ad una biblioteca può seguire un percorso a 3 stadi: al primo stadio troviamo l’obiettivo di incremento delle prestazioni legate all’utilità tradizionale (reperire libri, disporre di locali di studio), e quindi l’intervento sul catalogo, il miglioramento degli ambienti, ecc. Al secondo stadio troviamo i progetti che si basano sulla massimizzazione delle utilità non tradizionali ma che comunque creano valore socializzante per la struttura (possibilità di incontro, ambienti per lo svago, eventi che creano spirito di gruppo e fidelizzazione alla struttura). Al terzo stadio possiamo fare un ulteriore salto concettuale basato sul fatto che il motivo profondo di esistere della struttura si lega al bisogno umano di crescita culturale, di sviluppo professionale dell’individuo, e che i libri sono solo uno degli strumenti per raggiungere tale scopo.

© Articolo estratto con il permesso dell’autore dal testo di Daniele Trevisani – “Psicologia di marketing e comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management”. Franco Angeli editore, Milano. Vietata la riproduzione senza citazione della fonte.

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  • La psicologia del marketing
  • Marketing culturle
  • Marketing strategico
  • Bisogno sottostante primario
  • Bisogno sottostante secondario
  • Mission essenziale
  • Mission allargata
  • Visione allargata di marketing
  • Customer satisfaction
  • Movente d’acquisto
  • Acquisizione nuovi clienti
  • Fidelizzazione
  • Goals

© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategic selling. Psicologia e comunicazione per la vendita consulenziale e le negoziazioni complesse”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

Vi sono diversi tipi di clienti:

  1. Clienti di tipo (1): ottimi. Sono clienti e situazioni che meritano sforzo e attenzione, impegno e dedizione, e possono portare benessere e valore. Su di essi, l’investimento in tempo e risorse di vendita e in tempo e risorse di negoziazione ha senso.
  2. Clienti di tipo (2): inutili. Sono pure perdite di tempo. Non hanno reale interesse o capacità, sono solo curiosi o il tempo da dedicare ad essi supera abbondantemente i rientri di breve, medio e lungo periodo. 
  3. Clienti di tipo (3): dannosi. Costituiscono veri e propri danni, producono assorbimento di risorse e tempo senza restituire alcunché, furto di idee o lavoro non pagato, o danneggiano l’immagine aziendale contaminandola con scarsa reputazione. La loro acquisizione è una tragedia e non certo un successo.

Se non capiamo la realtà del cliente, oltre le sue apparenze, non sapremo mai con chi stiamo veramente trattando.

Capire la realtà del cliente richiede:

  • la raccolta di dati e informazioni preliminari (prima della visita), anche tramite attività di Business Intelligence;
  • l’utilizzo dell’empatia strategica, delle tecniche di domanda, intervista e ascolto attivo (durante la visita).

Dai dati disponibili, è possibile compiere una valutazione del potenziale, una misura del grado di possibile interesse del cliente. 

Il potenziale si può distinguere in :

  • potenziale economico, misura il fatturato generabile dal cliente : volumi di acquisto x LTV (Life-Time Value: valore del ciclo di vita del cliente) – costi progettuali, tecnici e logistici di ingresso.
  • potenziale relazionale, misura i benefici che quel cliente può portare alla nostra rete di conoscenze, al nostro know-how, alla nostra entratura in settori che ci interessano : ampiezza e qualità del network relazionale in cui è inserito + immagine e prestigio – costi relazionali di ingresso.

Analisi e raccolta di dati preliminari di Business Intelligence sul cliente B2B

Fonti principali per raccogliere dati:

  • sito internet dell’azienda: prestare attenzione sia ai contenuti che allo stile comunicativo;
  • materiali cartacei, documentazioni, cataloghi, listini;
  • contatti con soggetti informati (altri clienti, fornitori, consulenti);
  • raccolta di dati da informatori:
  • schede aziendali disponibili su database online;
  • ricerche informative mirate in internet (es: articoli giornalistici), consultazione di siti specializzati in ricerche aziendali;
  • ricerche in internet tramite “frase esatta”;
  • ricerche in internet tramite analisi di chi “punta” (inserisce links) verso l’azienda in questione: analisi delle reti di collegamenti;
  • indagini presso i clienti dell’azienda (per capire forze e debolezze);
  • visite ghost customer o contatti telefonici di simulazione d’acquisto, per raccogliere dati e informazioni non filtrate, tramite sistemi diretti ad osservare le risposte comportamentali reali dell’azienda.

Analisi del cliente durante le fasi di contatto e colloquio

Oltre ai dati reperibili da fonte umana e su internet, larga parte delle informazioni veramente rilevanti del cliente sono insite nel cliente stesso, nella sua psicologia, nelle sue motivazioni.

Per comprendere queste motivazioni d’acquisto e le esigenze sottostanti, è necessario ricorrere a forme di intervista, analisi, interessandosi realmente e cercando di far propria la mission della vendita consulenziale “analizziamo il cliente e offriamo soluzioni adeguate”.

Per capire il cliente in fase di acquisto è necessario saper cogliere le sfumature, interpretare le tensioni sottostanti il movente d’acquisto.

Modello Trevisani Tensione-Impulso-Movente-Azione per un approfondimento relativamente al suo utilizzo nelle fasi di colloquio:

La teoria della motivazione vede come unità motivante di base la tensione. Gli impulsi si innestano su stati di disequilibrio percepito, che creano spinta alla risoluzione del problema. L’impulso diviene movente di acquisto nel momento in cui si crea un collegamento mentale: la percezione che un prodotto/servizio sia lo strumento risolutivo del problema. L’azione di acquisto ne è il risultato, premesso che l’individuo disponga delle risorse o decida di procurarsele.

  1. Tensione : Percezione di un disequilibrio,
  2. Impulso : Ricerca di un nuovo equilibrio,
  3. Movente : Identificazione strumenti di risposta,
  4. Azione : Acquisto del prodotto/servizio.

Si tratta di inquadrare il fenomeno di acquisto all’interno dei vissuti psicologici dell’individuo. Se riusciamo a comprendere cosa provoca tensione nel soggetto, avremo identificato potenziali leve di acquisto, in quanto questa tensione si tramuterà presto in un bisogno di mercato e nella ricerca di un prodotto o di un servizio. Pertanto, la ricerca di mercato sui bisogni latenti o mal soddisfatti permette di aprire grandi opportunità di marketing.

Anche nel campo delle vendite azienda-azienda, se riusciamo a comprendere cosa provoca tensione nel buyer aziendale, avremo identificato le leve motivazionali dell’azienda acquirente, e potremo regolare di seguito (o creare appositamente) la nostra offerta.

L’analisi del cliente, secondo il modello evidenziato, deve permetterci di portare a galla:

  • le differenze tra lo stato attuale e lo stato desiderato, e la tensione psicologica che questa differenza genera: il disequilibrio che il cliente percepisce, chi lo percepisce esattamente, chi no, e per quali motivi
  • le idee o soluzioni che il cliente sta cercando di implementare, come il cliente vede un “equilibrio ottimale” nelle aree che vuole trattare, per esempio : quale rete di vendita ottimale vorrebbe avere, come deve essere composta, che caratteristiche deve avere)
  • gli strumenti di risposta cui il cliente ha pensato, per esempio : formazione, consulenza, affiancamento, acquisto, leasing, outsourcing;
  • i decisori coinvolti nell’azione di acquistare un corso, o una consulenza o un qualsiasi altro prodotto e servizio, come attivarli, quali sono le barriere o resistenze e procedere verso la chiusura positiva.

Dall’analisi del cliente deve quindi emergere un profilo in grado di dirci:

  • cosa lo muove verso la ricerca di un acquisto;
  • che soluzioni ideali sta pensando o elaborando;
  • chi sono i decisori critici coinvolti.

La scheda cliente

Una scheda cliente si compone in genere di due parti:

  1. quantitativa/descrittiva
  2. qualitativa/osservazionale.

In particolare :

La sezione quantitativa/descrittiva contiene le principali informazioni disponibili, includendo:

  • fatturato;
  • numero di dipendenti; 
  • sede centrale e sedi ulteriori;
  • nomi dei principali decisori aziendali;
  • principali prodotti trattati e principali mercati di riferimento;
  • nuovi mercati di interesse, cui l’azienda si sta rivolgendo;
  • trend aziendali primari (fase recessiva, fase di stabilità, fase di sviluppo);
  • disponibilità di budget economici per l’acquisto;
  • apertura dei budget mentali (apertura mentale) verso la tipologia di acquisto e di prodotto da vendere.

Come si può notare, alcune di queste informazioni sono di facile accesso, pubblicamente disponibili, mentre altre richiedono lavoro di Business intelligence accurato.

La Sezione qualitativa e osservazionale contiene le principali informazioni soprattutto qualitative e meno statistiche (salvo alcuni punti), includendo:

  • storia ed evoluzione degli acquisti nei riguardi dei nostri tipi di prodotto/servizio;
  • storia ed evoluzione degli acquisti nei riguardi della nostra tipologia aziendale;
  • mappa dei poteri e dei decisori rilevata in sede di intervista;
  • moventi e possibili motivazioni d’acquisto;
  • tipologia di fornitura possibile e spazi di manovra;
  • rapporti con i fornitori attuali (ottimi, neutri, pessimi, e altre sfumature);
  • problemi passati generati dai fornitori di cui l’azienda ha sofferto;
  • natura dei canali di accesso ai budget economici e budget mentali (finestre temporali, chi e quando può accedervi, chi ne è escluso), chi decide in azienda.

L’intervista di vendita

Ogni intervista di vendita ha scopi strategici. 

Prima dell’intervista è necessario realizzare una lista di informazioni da raccogliere, evidenziando tutte le informazioni indispensabili per poter offrire una buona soluzione consulenziale.

Ogni azienda ha esigenze informative specifiche e peculiari, per cui non è possibile ricorrere a modelli standard. L’invito è piuttosto quello di adattare un approccio di vendita consulenziale alle proprie esigenze.

La tecnica da utilizzare è quella del confronto interno tra colleghi (peer coaching, supporto tra pari) o tra venditore e direzione (coaching direzionale, tutoraggio, mentoring).

Ogni settore merceologico ha le proprie esigenze informative. Ad esempio, per una società di formazione che desidera dare risposta ad un bisogno formativo verso un’impresa, in modo mirato, sarà importante sapere:

  • quanta formazione – rispetto al tema da trattare – è stata fatta sinora presso l’azienda cliente (prospect), e con che esito;
  • quale e quanta abitudine alla formazione esista in azienda, e a quali metodi formativi sono abituati i soggetti;
  • quale è il grado di soddisfazione verso i fornitori precedenti;
  • che modelli di formazione sono stati adottati in precedenza;
  • quali di questi hanno dato risultati e quali no;
  • che tipologia di intervento formativo ha in mente l’interlocutore (residenziale, in outdoor, interno all’azienda, affiancamenti, etc);
  • quali bisogni muovono l’esigenza formativa. Perché nasce e in chi nasce il bisogno di formazione;
  • se esistono fruitori ostili, che non vorrebbero partecipare alla formazione ma saranno chiamati a farlo, e quale linea tenere in questo caso;
  • quale sia il grado di ricettività e collaboratività (gli atteggiamenti d’ingresso) nelle persone da formare, sei vi siano dei possibili boicottatori;
  • se sia stata svolta una analisi dei fabbisogni formativi e se si con metodi e risultati;
  • se siano state analizzate o valutate altre strade per raggiungere l’obiettivo (es: coaching one-to-one);
  • quale clima psicologico e aziendale si vive;
  • se il budget previsto sia adeguato;
  • se sia in corso una “gara” o “appalto” tra diversi possibili fornitori, o si stia cercando una soluzione basata sulla “prima risposta soddisfacente ricevuta” ;
  • se la prestazione richiesta è meramente esecutiva o invece prevalentemente consulenziale, o un mix delle due;
  • quanto sforzo progettuale sia necessario e se il cliente sia disposto a pagarlo;
  • …. altre informazioni necessarie emergenti dall’analisi.

In seguito alla comprensione di questi fenomeni, sarà possibile offrire una soluzione consulenziale diversificata:

  • soluzione A…
  • soluzione B…
  • soluzione C…

Ciascuna di queste avrà diversi benefici e costi, e potrà essere negoziata basandosi sulle risposte del cliente.

Ogni azienda deve adattare l’approccio consulenziale ai propri bisogni specifici, e questi momenti di focalizzazione devono essere condotti tramite riunioni interne (prima), analisi sul cliente e non lasciati alla buona volontà del venditore.

Focalizzare le energie nella vendita consulenziale

Ogni trattativa aperta o in fase di apertura è un fattore di assorbimento di energia. L’energia prende forma di attenzione mentale, ore di lavoro, telefonate, incontri, trasferte, e altri atti necessari per concludere una vendita.

Le energie personali ed aziendali, tuttavia, sono una risorsa preziosa, non sono illimitate o producibili a piacimento. E pertanto, vanno ben gestite.

Dobbiamo chiederci quante trattative aperte contemporaneamente possiamo avere. Il numero di trattative aperte o progetti-cliente aperti, è uno dei fattori di analisi primario per capire se le energie sono ben canalizzate o si stanno disperdendo.

Dobbiamo focalizzare le energie in particolare sulla chiusura delle linee aperte, procedendo per pochi clienti alla volta (principio di focalizzazione) o (al massimo) lavorare per batch (piccoli gruppi di clienti da acquisire, per poi passare ad altri nuovi clienti da acquisire).

In particolare:

  1. Non dobbiamo sopravvalutare le nostre energie.
  2. Non dobbiamo considerarle illimitate. 
  3. Dobbiamo concentrarle dove conta, verso la chiusura di ciò che è avviato. E, prima di tutto, avviare linee su clienti per noi prioritari.

Tramite tecniche di bioenergetica manageriale e psicoenergetica manageriale, ed esercizi di lifestyle training, è possibile decisamente ottenere incrementi significativi nel livello di energie personali, sia biologiche che psicologiche, ma non all’infinito.

Uno dei fattori chiave di successo della vendita consulenziale è quindi saper coltivare le proprie energie e direzionarle con buone priorità.

Fissare i clienti su cui concentrarci

Per fissare le priorità, i clienti su cui concentrarci, possiamo utilizzare una schema che includa: 

  • Flussi economici in ingresso dal cliente,
  • Flussi in ingresso immateriali: denaro, prestigio, know-how.
  1. Clienti di tipo A : sono quelli da cui si può ricavare fatturato e utili, ma scarso apprendimento o scarse entrature e prestigio.
  2. Clienti di tipo B : sono quelli dai quali si ricava modesto utile o fatturato, ma ci aiutano enormemente ad ampliare il nostro prestigio o le nostre conoscenze ed entrature.
  3. Clienti di tipo C : assommano rientri economici elevati a rientri di immagine e conoscenze elevati.
  4. Clienti di tipo D : sono invece poco profittevoli, o scarsi pagatori, e in più assorbono tempo e risorse senza apportare valori aggiunti di immagine o di conoscenza.

Messaggio: ogni cliente può apportare un valore economico o un valore relazionale (entrature, prestigio, immagine), ed è necessario ricercare la costruzione attiva di un parco clienti che contenga clienti dal valore economico e relazionale elevato.

Il parco-clienti va costruito, e non subìto.


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