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© Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele TrevisaniCrescita Personale. Il metodo HPM per lo sviluppo umano e professionale” Mind Edizioni, Milano.

Esamina ogni via con accuratezza e ponderazione. Provala tutte le volte che lo ritieni necessario. Quindi poni a te stesso, e a te stesso soltanto, una domanda. Questa via ha un cuore? Se lo ha, la via è buona. Se non lo ha, non serve a niente.

Carlos Castaneda, Gli insegnamenti di Don Juan, 1968

Le aree della crescita personale

La crescita personale è un’attività nella quale una persona si impegna ad accrescere uno o più dei suoi talenti e tratti caratteristici. Sebbene la crescita personale possa toccare qualsiasi aspetto della persona e della vita umana, nel Metodo HPM, da me sviluppato, si suggerisce di focalizzarsi su sei particolari aree:

  1. livello corporeo, benessere fisico, nutrizione, allenamento, potenziamento fisico
  2. livello psicoenergetico: incrementare la motivazione, applicare il training mentale per rimuovere l’ansia e i pensieri sabotanti, sviluppare una mente solida e al tempo stesso creativa e illuminata
  3. micro-competenze: riconoscere gli elementi allenabili che possono migliorare le performance individuali o di un team
  4. macro-competenze: incrementare le proprie aree del sapere, i saper essere, e i saper fare, per raggiungere una visione più ampia della realtà
  5. progettualità: saper tradurre un sogno in steps concreti da raggiungere, saper gestire dei progetti, identificare i goals concreti da raggiungere, saper tradurre una vision in passaggi concreti e perseguibili
  6. spiritualità e vision/mission: lavorare su quell’area intangibile, fatta di valori, di senso, di sogni, di contributi a sé stessi e agli altri, che costituisce il motore più nobile di qualsiasi viaggio di crescita personale profonda.

Si tratta di una visione dell’uomo molto ampia ed olistica, che va dal materialissimo corpo sino alla spiritualità più alta.

Sebbene questo viaggio possa essere intrapreso da solo, o isolandone solo alcune parti, un percorso completo che tocchi tutte le sfere della crescita personale ha bisogno di un coach, una persona che instauri una relazione d’aiuto professionale e porti la persona a fare passi avanti in ogni area.

Il ruolo del coaching nella crescita personale

Il coaching è un’attività di aiuto e di supporto alle persone e alle imprese finalizzata a focalizzare e far loro raggiungere più facilmente i loro obiettivi.

Mentre il ruolo di coach sportivo è molto noto storicamente, meno lo sono le più recenti applicazioni del life coaching (supporto sulle scelte di vita e al raggiungimento di uno stile di vita ottimale) e del business coaching (supporto al management, e alla direzione d’impresa).

In tutte queste aree esiste un rapporto, quello tra coach e cliente (o coachee) che ha una sua specifica valenza e che lo differenzia in buona misura da attività similari che troviamo nella psicoterapia, nella consulenza e nella formazione.

Il counseling è una relazione d’aiuto formulata da Carl Rogers, consistente in una attenzione “centrata sulla persona”, sulle sue fasi di vita, sulle sue difficoltà relazionali o emotive, senza tuttavia toccare aree psichiatriche o cliniche.

Perché una relazione d’aiuto funzioni, dobbiamo capire la psicologia di questa relazione di aiuto.

Ma perché occuparci di esaminare una “psicologia” del coaching e del counseling?

Il motivo è che se non lo facessimo, rischieremmo l’ingresso nella pratica di coaching o di counseling di modelli non adatti, con rischio di fallimento della relazione. Si tratta di un bisogno in grande crescita ma oggi poco o per nulla affrontato dalla letteratura esistente, e da qui nasce la necessità di portare un contributo.

Nella vita sentiamo tutti, prima o poi, il bisogno di muoverci dalla nostra condizione esistenziale, di crescere, scoprire, migliorare. Che si tratti di cambiare lavoro, o apprendere nuove competenze, o impegnarsi in una performance, o in una ricerca spirituale, arriva il momento in cui vogliamo muoverci “via da” una certa condizione e “verso” una condizione di maggiore benessere e armonia.

Altre volte le persone vogliono fare un viaggio di scoperta del proprio potenziale inesplorato, per scoprire cose nuove su di sé.

In ogni progetto di coaching o di counseling, la persona deve affrontare il tema del cambiamento da una condizione X ad una condizione Y.

Nel testo “Il coraggio di evolvere”[1] ho ideato e introdotto il concetto originale di “Neotropia” (tendere verso il nuovo) per racchiudere il senso di questo cambiamento evolutivo.

Qui proseguiamo questa ricerca, utile a tutte le persone che vogliono evolvere, e a tutti gli operatori – coach, counselor, ma anche formatori, terapeuti, manager, insegnanti, genitori, leader – che hanno qualche forma di responsabilità nel facilitare la crescita delle persone e nel far raggiungere alle persone il loro pieno potenziale.

Serve prima di tutto un approfondimento concettuale, poi strumenti utili e mappe per dare corpo a questo percorso.

Da dove viene la parola “Neotropia”? Il tropismo indica in biologia il fenomeno per cui una cellula – o un intero organismo vegetale o animale – tendono a muoversi in risposta a uno stimolo esterno (come la luce, la temperatura, l’umidità)[2]. Un girasole che segue l’andamento della luce solare offre un esempio di tropismo verso la luce.

Nei capitoli successivi esaminiamo come questo meccanismo generale possa prendere diverse forme anche in ambito diverso:

  • quello personale – dove la persona vuole dirigersi? E come facilitare questo percorso con azioni di coaching e counseling?
  • quello manageriale, soprattutto nella canalizzazione e ottimizzazione delle energie professionali (Business coaching).

Vengono anche esaminate alcune possibili applicazioni per le risorse umane e lo sviluppo personale, alla ricerca di ogni possibile via per la crescita umana e professionale, del suo senso, e di un’elevazione dei livelli di coscienza e benessere.

Una via ha senso quando senti col cuore che ti sta portando verso la direzione giusta, e a quel punto gli step necessari smettono di essere sforzo ma diventano gioia.

Queste riflessioni valgono anche per incrementare la consapevolezza dell’importanza del ruolo del coach e delle altre figure menzionate come possibili “salvagenti” nel mare in tempesta che è la vita. Non si tratta di intervenire sulle patologie cliniche o sulla malattia mentale, ma di aiutare le persone a “salvarsi” da una vita altrimenti in caduta di senso oppure da situazioni esistenziali e professionali nelle quali non si sta esprimendo il proprio pieno potenziale.

Nel teatro della vita, coach, counselor, terapeuti e leader hanno un ruolo importante e non deve essere mai burocratico. Queste figure sono portatori di “pensieri nuovi”, di tracce mentali e di informazioni delle quali il cliente di coaching, una volta presone atto, non può più stare fermo e deve quindi avviare un viaggio “neotropico” verso la propria crescita esistenziale, personale e professionale.

Come si fa notare nel teatro Greco:[3]

La salvezza può venire, anziché da una persona, da un’informazione che cambia la situazione; in questo caso il riconoscimento stesso è un colpo di scena, in quanto pone termine ad una situazione che stava evolvendosi drammaticamente.

Riconoscere che la nostra vita può essere “raddrizzata”, migliorata, per come la conduciamo, e portata avanti con maggiore consapevolezza, è diventato un obbligo anche per il Coaching legato al lavoro.

Nell’era industriale, i lavoratori sono diventati talmente condizionati dai ritmi dei macchinari da descrivere spesso la propria fatica in termini meccanici, lamentandosi di essere “logori” e di sentirsi “a pezzi”.[4]

Aiutare le persone a ad autorealizzarsi e trovare la propria piena identità umanistica è un compito importante. Aiutare donne e uomini a capire che valgono ben oltre il reddito, lo status, e i beni posseduti, è uno degli obiettivi di una psicologia del Coaching e del Counseling.

[1] Trevisani, Daniele (2022). Il coraggio di evolvere. Coaching attivo esperienziale e counseling per lo sviluppo personale e professionale. Il metodo della Neotropia. OM edizioni, Bologna.

[2][2] Battaglia, Salvatore (2002), Grande dizionario della lingua italiana, tomo XXI, voce tropismo. Utet, Torino.

[3] De Romilly, Jaqueline (1996). La tragedia greca. Bologna, Il Mulino. P. 43.

[4] Rifkin, Jeremy. La fine del lavoro. Milano, Mondadori. P. 304

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© Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele TrevisaniCrescita Personale. Il metodo HPM per lo sviluppo umano e professionale” Mind Edizioni, Milano.

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© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategic selling. Psicologia e comunicazione per la vendita consulenziale e le negoziazioni complesse”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

La preparazione efficace per le vendite strategiche e le trattative complesse

Spiegare in poche righe in cosa consista il Get-Ready Mind Set non è facile, ma a tal fine userò una metafora: è il lavoro di preparazione che compie un pugile, un Karateka, o un Kickboxer, quando devono affrontare un incontro importante. 

Comprende lo studio del suo curriculum e della sua storia, del modo in cui si muove. La ricerca dei suoi punti di debolezza e di forza. 

Dopo avere analizzato l’”altro”, è il momento di analizzare se stessi: in cosa sono forte, dove ho margini per migliorarmi? Dove è bene potenziarsi e dove è inutile? Quale potenziamento specifico mi conviene affrontare per quell’incontro? E come traduco tutto questo in un piano di allenamento?

Si procede poi con la costruzione delle strategie di combattimento e delle tecniche specifiche da utilizzare. Si costruisce una tabella di marcia, si testa sul ring il grado di progresso e lo stato di preparazione con degli sparring partner

training

Ci si allena sia nelle capacità fondamentali (forza, resistenza, velocità) che nelle tecniche specifiche. Nessun dettaglio viene trascurato.

È un lavoro che combina strategia al duro allenamento quotidiano in palestra fatto di sudore e fatica, per automatizzare le tecniche da usare nell’incontro. E, nelle migliori scuole, non viene trascurato il Training Mentale, dell’atleta, le tecniche di concentrazione e rilassamento, la capacità di focalizzazione, la ricerca dello stato mentale più proficuo, che tenga lontani i “rumori mentali di fondo” permettendo all’atleta di esprimersi al meglio.

In ogni incontro è importante saper tener fuori dall’arena i rumori mentali di fondo, i retropensieri che rischiano di depotenziarci, di farci perdere lucidità tattica e consapevolezza situazionale (Mental Noise Theory).

In azienda così come nello sport, per potenziarsi, per essere all’altezza della sfida, per poterla affrontare, non ci si affida al destino, o alla speranza di essere fortunati, ma alla preparazione.

preparazione

Vendite e negoziazioni in ambienti complessi richiedono capacità specifiche e addestrabili, in particolare: (1) di analisi strategica e (2) di psicologia della comunicazione. Ossia competenze di alto livello. Niente che si possa stereotipare o imparare a memoria. 

Così come il combattente si prepara nella palestra, il negoziatore può prepararsi tramite role-playing e simulazioni. Così come il combattente analizza il proprio avversario, ne mappa i punti di forza e debolezza, altrettanto possono fare le aziende che vogliono arrivare pronte negli incontri strategici.

La preparazione efficace per le vendite strategiche e le trattative complesse abbraccia alcuni fronti di fondamentale importanza:

  1. La volontà interiore di adottare un approccio consulenziale, con tutto ciò che ne deriva: comportamenti consulenziali, una mente da analista ancora prima che da venditore o negoziatore, e una formazione psicologica e comunicazionale forte, che dia supporto al proprio metodo e all’azione;
  2. la conoscenza di sé e dei propri punti di forza e debolezza, unita alla piena consapevolezza del mix dei valori (value mix) che la propria persona e la propria impresa/organizzazione possono generare per un cliente o per qualsiasi Stakeholder (portatore di interessi) con cui trattiamo;
  3. la conoscenza dell’altro: le sue vulnerabilità, i suoi meccanismi decisionali, equilibri e squilibri, le dissonanze, i problemi che vive i quali possono generare uno stato di bisogno o di necessità, le pulsioni e tensioni in grado di innescare moventi d’acquisto e portarci alla conclusione (chiusura positiva) di una trattativa;
  4. gli spazi, opzioni e modalità di relazione che sono in grado causare successo, le trappole che invece possono generare un fallimento, le insidie, le linee di azione e il senso del “viaggio” da intraprendere per arrivare alla meta costruendo il cammino, passo dopo passo.

Muoversi entro il quadro mentale dell’interlocutore

L’approccio mentale del comunicatore professionale e del negoziatore è completamente centrato sugli obiettivi da raggiungere valutando il quadro mentale degli interlocutori

Nessuno può comunicare nel vuoto, parlando ad un muro. I comunicatori, venditori e negoziatori professionali parlano “con” qualcuno, devono trattare o negoziare “con” qualcuno. Devono capire come la controparte ragiona.

Come sostiene un esperto nel coaching di vendita Senior, Antonio Greci:

1.     Lo Strategic Selling è un modo di essere.

2.     Lo Strategic Selling non è una procedura. 

3.     I professionisti dello Strategic Selling si riconoscono dal fatto che ascoltano in profondità.

4.     Il talento principale di chi pratica Strategic Selling è essere naturalmente empatici[1].

La presenza degli “altri” ci obbliga quindi a diventare analisti, a capire – giusto per citare quale variabile tra le tante – (1) se stiamo trattando con una persona o azienda che ha una forte propensione alla pianificazione (Propensity to Plan) o che pianifica poco; (2) se il nostro interlocutore cerca un rimedio rapido e immediato, mosso da urgenze, o non ha fretta; (3) se trattiamo con persone materialiste o grette o invece dal forte spessore umano; (4) se stiamo lavorando con qualcuno che cerca un puro vantaggio personale o invece un vantaggio per la propria azienda di appartenenza, o un mix di entrambi, quali sono i benefici che la nostra controparte cerca per sé e quali per l’azienda. 

È altrettanto essenziale capire (5) se esistono gli spazi per vendere un singolo prodotto o se – al contrario – riusciremo a creare le condizioni per diventare fornitore continuativo e di fiducia, un partner pluriennale, di un cliente con cui costruire progetti di lungo termine[2].

Alcuni clienti agiscono istintivamente, persino irrazionalmente, altri ragionano con logica fredda e numerica. 

self

Su nessuna di queste variabili possiamo dare per scontata la psicologia dell’acquirente. Ogni acquirente ha un profilo psicologico da inquadrare.

Possiamo infatti avere a che fare con persone orientate a pianificare il meno possibile, la cui prospettiva temporale si esaurisce nella giornata di domani (se va bene, per non dire di oggi stesso), o persone orientate al lungo periodo, che costruiscono non solo per sé ma anche per chi li seguirà nella vita e in azienda. 

Le prime non si pongono il problema di quali saranno le conseguenze a lungo termine delle loro scelte. Le seconde si. 

Secondo la Grande Legge degli Indiani Irochesi, ogni decisione doveva essere valutata in base agli effetti che essa avrebbe avuto sino alla settima generazione futura: gli effetti quindi sui loro bambini, e sui figli dei figli, sulle vite altrui, con il risultato di produrre una grande saggezza. 

Tuttavia, non possiamo pensare di trattare solo con persone sagge, o solo razionali, o solo emotive. 

La negoziazione prevede l’incontro con la varietà umana

change mind set

Dobbiamo entrare nell’assetto mentale adeguato a trattare con qualsiasi tipo di mentalità, incontrare qualsiasi tipo di atteggiamento, di cultura, e di valori. In caso contrario, saremmo abili solo con un certo tipo di cliente e handicappati verso altri. Possiamo pensare ad un concetto di “stretching comunicazionale” che ci metta in grado di essere efficaci con diversi tipi di cliente. In questo sta la flessibilità dei comunicatori e negoziatori professionali.


[1] Greci, Antonio (2010), Educazione alla vendita: fondamenti di Vendita Consulenziale e Strategica, materiale didattico riservato, Associazione Culturale Medialab Research per lo sviluppo della Ricerca sulla Comunicazione e Potenziale Umano (www.medialab-research.com). 

[2] Vedi in materia l’articolo di Lynch Jr. John G., Richard G. Netemeyer, Stephen A. Spiller, Alessandra Zammit (2010), A Generalizable Scale of Propensity to Plan: The Long and the Short of Planning for Time and for Money, in Journal of Consumer Research, Vol. 37, June 2010


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