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© Copyright estratto dal libro di Daniele Trevisani (2016).  Psicologia di Marketing e Comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management. Milano, Franco Angeli, 9° edizione.

Performance evaluation source

Entriamo, a questo punto, nella sfera della percezione del prodotto e nella psicologia della fruizione. Tratteremo in particolare del concetto di prodotto psicologico e di come il prodotto sia da considerare, in realtà, una pura entità percettiva, la cui natura fisica viene analizzata da innumerevoli filtri mentali.

Capire l’aspetto percettivo è indispensabile per acquisire vantaggio competitivo nella progettazione. Nella psicologia del consumo non esiste un prodotto, ma tanti prodotti quanti sono i soggetti che lo valutano. In altre parole, il vissuto di ciascuno in riferimento al prodotto è estremamente personale. Per qualcuno un marchio quale Rolls Royce può significare prestigio, per altri decadenza. Per qualcuno la pelliccia è eleganza e signorilità, per altri arroganza e ignobile tentativo di affermare uno status a spese di creature innocenti.

A parte gli aspetti culturali, vi sono altri elementi che modificano la percezione e valutazione del prodotto. Tra questi, gli aspetti biologici e fisiologici dell’essere umano – i limiti che essi impongono – condizionano fortemente la percezione dei prodotti e la loro valutazione.

Per direzionare la crescita e lo sviluppo del prodotto/servizio, è necessario introdurre un concetto chiave: la fonte di valutazione della prestazione (PES: performance evaluation source), i fattori in base ai quali il consumatore giudica positiva o negativa una prestazione resa da un prodotto o servizio.

Per raggiungere questo obiettivo è necessario realizzare un’importante rivoluzione, spostando l’oggetto della customer satisfaction dalla prestazione oggettiva alla prestazione soggettiva. I due concetti sono molto diversi.

La prestazione oggettiva riguarda aspetti prestazionali misurabili in laboratorio, non discutibili. La prestazione soggettiva riguarda invece la valutazione realizzata dal singolo consumatore, in base a criteri del tutto personali, sotto l’influenza dei propri filtri biologici, psicologici, culturali e sociali.

Mentre la qualità ingegneristica misurabile in laboratorio costituisce un dato di fatto, è necessario considerare che per il consumatore la base di misurazione della performance non avviene in laboratorio, ma è data dalle sensazioni percepite durante l’uso.

Non è possibile per il consumatore medio realizzare una misurazione scientifica della qualità. Di fatto egli si affiderà ai propri sensi, agli stimoli che provengono da un rapporto personale con il prodotto, soprattutto con i suoi aspetti di superficie, con i quali esso viene a contatto.

Per un ingegnere, ad esempio, può essere assolutamente irrilevante il rumore o suono prodotto dal meccanismo di espulsione dei dischetti dal PC. Per un consumatore può essere inconsciamente un segnale molto forte, in quanto utilizza inconsapevolmente questa informazione per trarre inferenze sulla robustezza del prodotto, sul suo grado di tecnologia, e sulla sua cura costruttiva.

Poco importa se queste sue inferenze, se queste sue deduzioni sono magari sbagliate. Se alla fine determinano un mancato acquisto, o un’impressione negativa di prodotto, diventano molto importanti. Quindi, per uno psicologo del prodotto, per il marketing, e per il fatturato aziendale, esse sono fondamentali.

In questo campo assistiamo ad uno scontro filosofico, tra orientamento al prodotto (ingegneristico) e orientamento alla psicologia del fruitore (orientamento di marketing), che permea molte aziende contemporanee, produce forti conflitti interni all’impresa.

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Principio del valore temporale dell’offerta

Una prima formula generale di valore del prodotto nel metodo ALM, basata sulle considerazioni esposte sopra, è la seguente:

Legge del valore temporale risolutivo/omeostatico/anticipatorio

V = P x NL

  • Valore del prodotto: Profondità di intervento sulla singola leva (risolutiva/omeostatica/anticipatoria)  x Numero di leve intaccate

Ciascun prodotto/servizio ha quindi un valore totale che è la somma delle sue diverse proprietà di intervento.

Alla luce di questa teoria, alcune domande importanti, per qualsiasi nuovo prodotto, sono:

  • Quanto è in grado di prevenire problemi futuri importanti per il cliente (meglio di quanto non facciano i prodotti esistenti)?
  • Quanto è in grado di eliminare problemi esistenti che il cliente senta come tali?
  • Quanto è in grado di mantenere situazioni emotive ed esistenziali positive per il cliente?

Se la risposta a tutte queste domande è “per niente”, possiamo assicurare l’insuccesso di questo prodotto.

Attenzione, però. Alcuni prodotti ai quali apparentemente è difficile attribuire proprietà, subiscono l’effetto di pulsioni non consce, che intervengono irrazionalmente ma efficacemente. Ad esempio:

Oggetto: fuoristrada

Analisi temporale DomandeRisposta razionalePulsioni subconscie o inconscie
Quanto è in grado il prodotto di prevenire problemi futuri importanti per il clientePoco, non credo andrò mai in fuoristrada e su terreni sterratiMolto, ho una paura dannata di morire, e con il fuoristrada penso sarei più sicuro in caso di incidente
Quanto è in grado di eliminare problemi esistenti che il cliente senta come taliPoco, non mi capita mai attualmente di andare su terreni imperviNon mi sento realizzato nella vita. Con il fuoristrada penseranno che sono una persona di successo
Quanto è in grado di mantenere tali situazioni emotive ed esistenziali positive per il clientePoco, non so nemmeno di cosa si stia parlandoSento che sto invecchiando. Con il fuoristrada manterrò un look giovane

Le considerazioni svolte consentono la formulazione del seguente principio:

Principio 2 – Del valore temporale dell’offerta

  • La competitività è correlata alla capacità di creare offerte in cui sia presente elevato valore percepito (anticipatorio, omeostatico, risolutivo). Il valore del prodotto sarà tanto maggiore quanto più il prodotto è in grado di intervenire sulle leve di valore (anticipatorie, omeostatiche, risolutive), e quanto più riesce ad incidere in profondità su tali leve.
  • Il valore può essere percepito consapevolmente, o provenire da moventi subconsci o inconsci. I motivi che creano valore sono spesso sconosciuti al soggetto stesso.
  • L’analisi del valore temporale deve essere determinata con il coinvolgimento del soggetto e utilizzando tecniche di analisi multipla: brainstorming, osservazione partecipante, in-depth interview, focus group, content-analysis, esperimenti fattoriali, tecniche introspettive ed empatiche, in grado di far luce sulla psicologia del cliente.

La creazione del valore non si limita ai prodotti, ma si estende alle imprese come potenziali partner di relazioni. Ciò che sosteniamo qui, è che ogni impresa, nel rapportarsi ad altre, possiede le stesse proprietà basilari dei prodotti: risolvere, mantenere, prevenire.

Vediamo questa trascrizione:

La mia azienda deve iniziare ad esportare. Qui le cose si stanno facendo strette. Bisogna iniziare a guardare fuori dall’Italia. Penso che la prima cosa da fare sia trovare una nuova banca. Nella mia sembra che scendano dalle nuvole. Ho chiesto se hanno problemi ad accettare lettere di credito internazionali e hanno detto che non sanno e per queste cose bisogna rivolgersi alla sede. La mia banca, ora come ora, non è all’altezza di aiutarmi davvero nelle operazioni di export. Mi vedo già, con un ordine sul tavolo, senza sapere come incassare. Penso proprio che sarò costretto a rivolgermi ad una banca diversa.

Ciò che interessa il cliente, nella banca, è la sua capacità di prevenire un problema potenziale incombente: cioè il timore di trovarsi a fronteggiare un pagamento internazionale senza avere a fianco interlocutori bancari preparati.

Vediamo un altro esempio in un mercato diverso. Come evidenzia questa intervista personale, realizzata dall’autore al buyer di un importante rete di importatori francesi nel mercato degli utensili:

Vedi questi due attrezzi, uno è il nostro, l’altro è coreano. Il prodotto è praticamente identico. C’è solo una differenza. Che i coreani non hanno magazzini qui in Francia, e se si rompe il loro attrezzo stai fermo due settimane ad aspettare i ricambi, e il cliente se la prende con noi. Ormai per noi utensilieri non è più importante solo il prodotto, ma quello che riusciamo a fornire al nostro cliente finale come garanzie. La vera differenza tra le diverse marche produttrici, per noi, inizia quando il pezzo si rompe.

Questo, dal punto di vista dell’impresa, significa apprendere a divenire un fornitore che previene problemi.

In altre parole, per ogni azienda è necessario sviluppare una nuova leva di vendita, estranea al prodotto, ma centrale per l’acquirente (finale o intermediario): la vendita del senso di affidabilità globale dell’impresa. Il concetto di “lavorare con noi”, al di là del prodotto, deve divenire un elemento di valore aggiunto anticipatorio (di credibilità e affidabilità). Non solo prodotti e servizi, ma anche persone e aziende devono porsi il problema di quali leve esse siano in grado di attivare per generare valore agli occhi dei propri interlocutori.

Il vantaggio competitivo, in questo caso, si sposta dal prodotto (aspetto tecnico) alla capacità di sviluppare credibilità aziendale (aspetto manageriale e di comunicazione).

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Proprietà multiple di prodotto

Il valore erogato da tali prodotti proviene dal mantenere una situazione positiva nelle condizioni in cui si trova. Ad esempio, un programma di manutenzione del disco rigido di un computer che ne consenta la permanenza in condizioni ottimali. Proseguendo l’esempio nel settore food ed applicando la leva omeostatica: “il nostro formaggio light ti aiuta a rimanere in forma” (manteniamo uno stato gradevole).

L’analisi omeostatica andrà quindi alla ricerca di quali situazioni gradevoli siano attualmente vissute dall’individuo in relazione al prodotto, o in relazione alla propria vita, per poi assicurare che tali condizioni non vengano meno, non vengano messe in pericolo da fattori esterni o eliminate in innovazioni errate di prodotto. L’innovazione errata può riguardare anche altre componenti dell’offerta, tra cui le politiche di pricing, distributive e promozionali.

Diversi casi di innovazione di prodotto hanno determinato un degrado o la sparizione completa di caratteristiche altamente apprezzate dagli utilizzatori. Se prima di svolgere le modifiche, fosse stato chiesto ad un campione di utilizzatori “cosa ti piace attualmente nel prodotto, cosa vorresti non fosse mai tolto?” questo avrebbe rimosso dal campo il problema.

Le leve di vendita omeostatiche faranno pertanto riferimento alle condizioni attuali di gradevolezza esistenziale e alle proprietà del prodotto di assicurarne la permanenza.

Da un punto di vista puramente logico, è possibile argomentare che le proprietà omeostatiche sono, in fin dei conti, proprietà preventive: mantenere situazioni invariate, significa prevenirne il cambiamento. Ma la logica non è il terreno della psicologia del consumatore.

Nei colloqui in profondità con consumatori questa differenziazione emerge. Cioè, le esperienze pratiche hanno evidenziato che è significativamente diverso, dal punto di vista psicologico, fare un’analisi delle situazioni che il soggetto percepisce come positive nella sua vita oggi, rispetto al fare un’analisi di quali sono i timori futuri. I campi psicologici esplorati sono diversi (attuale vs. futuro). E di questo dobbiamo prenderne atto, malgrado la logica.

Se il campo della logica di consumo equivalesse al campo della psicologia di consumo, vivremmo in  un mondo completamente robotizzato, non esisterebbero culture, non esisterebbero contraddizioni, non esisterebbero incongruenze. In altre parole, non esisterebbe nemmeno l’uomo.

La proprietà del prodotto/servizio è spesso multipla, nel senso che le funzioni temporali possono sommarsi, e non sempre è praticabile identificare una sola funzione nel prodotto. In genere, quando l’azienda riesce nell’intento di moltiplicare la gamma di proprietà del prodotto, esso aumenta di valore.

Ad esempio, se una soluzione assicurativo/previdenziale assomma le proprietà di (1) risolvere un bisogno attuale su come investire il proprio denaro (potere di risoluzione), e (2) prevenire la spiacevole situazione di trovarsi anziani senza risorse economiche (potere di prevenzione/anticipazione), avrà più valore. Svilupperà, cioè, più risposte ai diversi bisogni del soggetto.

Proseguendo negli esempi, gli additivi per benzina vengono pubblicizzati con le seguenti funzioni:

Un esempio concreto è dato dalla creazione di grafici di posizionamento (grafici a dispersione o grafici XY) in cui si voglia ottenere l’inserimento di “etichette dei casi”. L’inserimento di “etichette dei casi”, estremamente facile da realizzare nei modelli di foglio elettronico dei primi anni ’90, era diventato – dopo dieci anni di cosiddette “innovazioni” del software –  praticamente impossibile da realizzare, creando frustrazione negli utilizzatori.

ProprietàLeva di riferimento
Pulire i condotti di iniezione, ora incrostatiPotere risolutivo
Mantenere efficiente il motorePotere omeostatico
Prevenire guasti al motorePotere anticipatorio o preventivo

Il successo di mercato dipenderà da quanto il prodotto è realmente in grado di conseguire il risultato, cioè dal livello di efficacia su ciascuna leva specifica.

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La proprietà di questa categoria di prodotti è data dalla capacità di anticipare stati di bisogno futuro, prevenendone l’insorgenza. Un esempio è dato dalla categoria di integratori dietetici utilizzati per prevenire malattie (es.: prodotti contro i radicali liberi per prevenire l’invecchiamento cellulare): l’individuo assume tali sostanze non per risolvere un problema organico esistente, ma per anticipare un problema futuro. Il problema organico futuro diventa problema psicologico attuale del soggetto, nel momento stesso in cui il consumatore inizia ad elaborarlo, a percepirlo, a rendersene conto (fase di attualizzazione).

Proseguendo l’esempio nel settore food, una casa produttrice può promuovere un prodotto utilizzando la leva anticipatoria, evidenziando che “il nostro formaggio light previene l’insorgenza di livelli elevati di colesterolo nel sangue” (preveniamo l’arrivo di un problema fisico che tu ora non hai).

I prodotti anticipatori fanno chiaramente leva su pulsioni d’acquisto negative (ansie, paure, preoccupazioni) per le quali il prodotto/servizio viene proposto come metodo di prevenzione.

Anche in questo caso la competenza nella tecnica di intervista o analisi dovrà essere in grado di evidenziare quali timori caratterizzano il consumatore potenziale – relativamente alla categoria di prodotto – e ne frenano lo sviluppo e diffusione creando barriere mentali. La tecnica permette di progettare le caratteristiche preventive del prodotto (benefit a valore preventivo), realizzando in questo modo una analisi anticipatoria.

Ad esempio, vediamo questa trascrizione di intervista ad una ragazza, nella quale si stanno analizzando i timori che ne caratterizzano la vita quotidiana.

Quando torno da sola alla notte, finito il lavoro al ristorante, mi trovo spesso a pensare a cosa succederebbe se bucassi una gomma in aperta campagna, in una strada isolata, al buio, con la pioggia. Mi piacerebbe moltissimo che esistesse un pulsante di autoriparazione della gomma, qualcosa che non mi costringa a scendere dalla macchina.

Questo frammento permette di avviare lo studio di un ipotesi di marketing: è possibile creare un sistema di riparazione automatica del pneumatico basato su schiume (o altri metodi) che riparano automaticamente la gomma, attivabile con un comando nel cruscotto?

Oppure l’analisi potrebbe evidenziare il timore di non disporre di potenza sufficiente in caso di sorpassi in condizioni difficili:

un’altra cosa che mi fa paura è quando sorpasso. Ho sempre il timore di non farcela, di trovarmi in mezzo, e magari vedere un’auto che arriva sulla corsia opposta. Quando sorpasso i camion ho molta paura.

Questo dato fornisce  lo spunto per progettare e implementare un booster addizionale d’emergenza che si attiva con una pressione elevata sul pedale dell’acceleratore (o qualsiasi altra soluzione che ottenga lo stesso risultato) e riduca l’ansia del consumatore.

Un’analisi anticipatoria ulteriore evidenzia la difficoltà di molti viaggiatori frequenti (agenti, rappresentanti, consulenti, autisti, pendolari) legata alle insidie della nebbia:

Delle volte, con la nebbia, mi metterei le mani nei capelli. Immagino già quest’inverno quando dovrò ricominciare a fare dei chilometri. Mi piacerebbe un sistema che mi indichi la strada. Vorrei poterci vedere attraverso la nebbia, individuare gli ostacoli, capire se oltre quella cortina c’è un incrocio o un auto ferma. A volte in autostrada mi chiedo “e se oltre quel muro di nebbia ci fossero delle auto ferme?”.

Sistemi di navigazione satellitare, sistemi radar, o altri metodi di supporto alla guida, magari con proiezione dei percorsi sul vetro di guida, troveranno davanti a se un terreno fertile, grazie alle indicazioni provenienti dall’analisi anticipatoria di marketing.

È naturale che l’analisi anticipatoria debba occuparsi di cogliere dei segnali, capire delle problematiche. Altri metodi di ricerca, di natura più quantitativa, possono permettere di valutare quanto esteso è il problema sul mercato, quante persone ne sono interessate, e quindi se esiste un potenziale di mercato, o se il bacino di mercato è troppo ristretto per consentire un investimento profittevole. Ciò che importa, comunque, è che l’analisi anticipatoria consenta di capire le direzioni del bisogno, guidando di conseguenza gli sforzi aziendali per creare prodotti di successo.

Non esistono limiti all’analisi anticipatoria. Gli unici limiti sono dati dalla fantasia e dai bisogni del consumatore e dalla capacità dell’azienda di coglierli.

Le leve di vendita anticipatorie sono costituite dalle argomentazioni relative alla capacità del prodotto di prevenire l’insorgenza di problemi futuri. Trattandosi di problemi non ancora esperiti dall’individuo, o non al momento, è necessario che le problematiche acquistino concretezza, possiedano una certa gravità, e che il soggetto si senta concretamente esposto in prima persona ai rischi sui quali si applicano le leve anticipatorie.

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Dove si colloca l’utilità dei prodotti: risoluzione, omeostasi, anticipazione

Affinché avvenga un acquisto, è necessario che l’oggetto del desiderio svolga una funzione positiva sull’orizzonte psicologico del cliente. Le indagini sul campo svolte dall’autore hanno permesso di evidenziare tre proprietà distinte riepilogabili come segue:

(1) prevenire problemi che il soggetto ha già: il prodotto agisce come risolutore di un problema esistente, un problema che ha già iniziato ad agire sul campo psicologico del soggetto;

(2) mantenere situazioni positive: in questo caso, il prodotto ha una funzione di “manutenzione” o consolidamento di situazioni esistenti; (3) agire per arrestare una minaccia futura e prevenirla: in questo caso, il prodotto viene acquistato per via della sua capacità percepita di arrestare minacce future, incombenti, che hanno una certa probabilità di verificarsi e mettono in pericolo la tranquillità psicologica del cliente.

Trattare le pulsioni d’acquisto significa, soprattutto, capire che posizione occupa il prodotto all’interno dello spazio/tempo del soggetto, identificare quale funzionalità il prodotto assume rispetto alla prospettiva temporale del consumatore/cliente.

Le tre macro-categorie di valori/proprietà di prodotto, possiedono una sostanziale differenza data dal tipo di orizzonte temporale sul quale esso agisce.

Se trasponiamo l’analisi al livello della vendita aziendale, le domande sottostanti sono – indicativamente – le seguenti:

  • Quali sono i problemi che l’azienda vive oggi? (analisi risolutiva).
  • Quali sono le situazioni attualmente positive di quest’azienda? (analisi omeostatica).
  • Quali sono i problemi futuri da prevenire? (analisi preventiva).

Queste domande sono assolutamente preliminari. Infatti, per ciascuna area, è necessario attivare un grado di introspezione superiore e cogliere il dettaglio della fonte pulsionale.

Per quanto riguarda il quadrante futuro, esisteranno pulsioni più forti se i problemi hanno una elevata probabilità di manifestarsi, ed un impatto sull’azienda estremamente negativo. Ad esempio, il timore della perdita dei migliori tecnici (i quali portano alla concorrenza i segreti industriali) può essere il movente fa scaturire la necessità di creare un piano motivazionale per il personale. Oppure ancora, il timore della perdita verso la concorrenza dei migliori funzionari commerciali (i quali trasferiscono verso di essa l’intero parco clienti e il patrimonio di conoscenza e contatti). Questi problemi assumono rilevanza maggiore rispetto ad accadimenti futuri meno probabili o meno gravi sul piano dell’impatto.

Una buona analisi temporale non può fermarsi all’esame superficiale delle risposte ma deve andare in profondità, alla ricerca dei veri moventi psicologici che spingono il decisore ad agire o non agire.

Le implicazioni per la comunicazione sono immediate: occorre sviluppare strategie persuasive che attacchino una o più leve temporali.

PPR: Prodotti a potere risolutivo, leve risolutive

Nei PPR la caratteristica principale del prodotto è quella di colmare una lacuna tra uno stato attuale dell’acquirente e uno stato desiderato, risolvendo un problema già esistente. L’abbigliamento per una persona che abbia freddo, il cibo per una persona che abbia fame, un PC per un professionista che debba elaborare dati, un area manager per un direttore commerciale nella cui azienda vi sia un mercato scoperto – sono esempi di valore risolutivo.

In termini di ricerca di mercato, svolgere analisi risolutiva sul cliente significa sostanzialmente capire quali sono le aree di bisogno che lo caratterizzano, in riferimento ai problemi che il soggetto sente come tali.

Tecnicamente, essa va realizzata tramite attività di ascolto attivo, intervista e indagine in profondità, finalizzata a comprendere sia questioni generali del consumo, che specifiche problematiche esistenti nel rapporto con il prodotto – e più in generale con il sistema del mix aziendale.

Il potere risolutivo del prodotto permette di creare leve di vendita risolutive: argomentazioni di vendita nelle quali il prodotto viene esposto come portatore di una o più capacità di eliminare problemi esistenti. Chiaramente, la conoscenza dei problemi esistenti, e quindi la fase di analisi o intervista sui bisogni, è alla base di una corretta impostazione delle leve risolutive.

Un esempio di leva risolutiva è il seguente (settore food) “questo formaggio light ha la proprietà di eliminare il senso di pesantezza che ti affligge nel post-pranzo” (eliminiamo un problema che in te già esiste). Oppure – nel settore automobilistico – “i nuovi coprisedili ergonomici sono stati appositamente studiati per chi utilizza la vettura come strumento di lavoro: eliminano i problemi di affaticamento legati alla percorrenza di lunghe distanze e restituiscono il piacere di guidare”.

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Role mission o area mission del responsabile fidelizzazione o acqusizione

Proseguiamo il nostro esempio sul marketing culturale, anche se le implicazioni di quanto esponiamo valgono in ogni settore. Quello che un manager deve capire, rispetto a queste dinamiche, è la necessità di “caricare” l’offerta costruendo un pacchetto che soddisfi sia il BSS primario che i BSS secondari. Se nella biblioteca ciò che conta è la possibilità di interazione offerta dagli ambienti circostanti, un intervento di “pulizia” (o meglio di “polizia”) che liberi gli spazi di incontro dai frequentatori distruggerebbe uno dei più forti moventi reali per cui quelle persone vi si recano.

Un intervento di marketing culturale dovrebbe cercare di costruire un ambiente di fruizione (un punto di vendita, per dirla in termini di marketing), che massimizzi la possibilità di interazione. Questa tecnica ad imbuto utilizza i BSS secondari per aumentare la domanda complessiva e superare i limiti del BSS primario.

Il concetto stesso di mission viene stravolto da questo ragionamento. Il manager della biblioteca il quale veda nella sua organizzazione unicamente un luogo di studio (mission essenziale), perderà tutte le opportunità legate al corollario di BSS secondari. Un manager culturale più attento al marketing vedrà invece in queste dinamiche una forte opportunità per trasformare la biblioteca in luogo di studio e contemporaneamente di incontro, svago, ricreazione, aggregazione, e persino di divertimento (mission allargata).

Questo significa massimizzare l’estensione della mission organizzativa. Il principio di base, in termini di marketing, è che (1) se le persone vengono attratte dai BSS secondari offerti dalla biblioteca, diversi di questi finiranno per usufruire anche della biblioteca stessa, producendo un effetto acquisitivo verso i nuovi clienti, e (2) chi abitualmente usufruisce della biblioteca vi troverà nuove opportunità (un bar, punti gratuiti di consultazione internet, salotti, bacheche di annunci, sino ad un centro fitness), sviluppando effetto di ritenzione del cliente esistente e crescita della customer satisfaction.

Possedere una visione allargata di marketing è un requisito indispensabile per conseguire obiettivi importanti. Questa visione allargata permette di fuoriuscire dagli stereotipi e dalle limitazioni autoimposte.

Passando al settore meccanico, ad esempio, un produttore di spazzole industriali che si consideri solo come “produttore di spazzole” perderà enormi opportunità se non realizza che il cliente non cerca realmente spazzole ma “soluzioni per il trattamento di superfici”, ad esempio, sistemi per levigare sbavature, o per pulire incrostazioni (il bisogno di base). Il prodotto che risolve meglio questo bisogno reale, avrà successo di mercato (es: prodotti chimici, o utensili dedicati).

Quando l’azienda perde il contatto con il vero movente di acquisto, e si concentra solo sul proprio prodotto, si apre un baratro, una caduta libera in cui le vendite possono precipitare. Inoltre, i concorrenti riusciranno presto a fornire un servizio o prodotto in grado di risolvere il bisogno di base meglio e più efficacemente. Il focus manageriale sul prodotto fa spesso perdere di vista il bisogno sottostante del cliente, che costituisce il vero movente di acquisto. Su questo bisogno sottostante deve concentrarsi il nuovo marketing.

La visione allargata di marketing ha effetti anche sul marketing sociale e culturale. Ritorniamo al nostro esempio sul marketing di una biblioteca.

A cosa serve una biblioteca? A conservare libri o a diffondere cultura? Se il movente è conservare libri allora non si tratta di una biblioteca ma di un archivio. Se il movente è diffondere cultura e fornire strumenti adeguati, allora la biblioteca si deve trasformare in centro di sviluppo di iniziative. Da qui la propositività verso altre forme di arricchimento culturale per i propri utenti (stage internazionali, stage aziendali, stage in organizzazioni, ricerca e divulgazione di materiali in realtà virtuale, eventi, seminari, iniziative).

Di certo, l’obiettivo di allargare l’orizzonte di marketing non può essere posseduto dal burocrate aziendale, dal brontosauro dell’organizzazione, colui che – arroccato sulle proprie posizioni e timoroso del cambiamento – vede nella ri-focalizzazione della mission una perdita di potere, abitudini, e orizzonti certi.

La competitività, in questo senso, richiede l’esplorazione profonda del senso di esistere dell’impresa, e un’apertura totale a nuove modalità di soddisfazione di bisogni primari e secondari, espressi e latenti. Questo approccio produce un ripensamento del rapporto tra mission e marketing.

Role mission o area mission del responsabile fidelizzazione

  1. Valutare il grado di soddisfazione delle utenze
  2. Decidere quali utenze vanno incoraggiate (marketing) e quali respinte (demarketing) se dannose all’immagine della struttura e ai suoi obiettivi
  3. Monitorare la qualità erogata sotto tutti i punti di vista
  4. Costruire e mantenere un database di marketing
  5. Analizzare i motivi del non ritorno del cliente (quando avviene)
  6. Realizzare comunicazione verso le utenze (es: info sui nuovi servizi)
  7. Analizzare i bisogni attualmente non soddisfatti, i desideri, le aspirazioni, le modalità con cui si potrebbe migliorare l’offerta
  8. Fornire input precisi al comparto produttivo (eliminare, introdurre, migliorare nuovi prodotti/servizi) in funzione degli input delle utenze

Role mission o area mission del responsabile acquisizione

  1. Aumentare il numero di fruitori della biblioteca nelle categorie degli utenti abituali (penetrazione ulteriore entro il segmento studenti)
  2. Capire quali sono i nuovi pubblici, i loro potenziali, e quali priorità dare
  3. Aumentare il numero di fruitori in nuovi segmenti di utenze (es: giovanissimi, adolescenti, anziani, famiglie, ecc.)
  4. Pubblicizzazione nuove iniziative
  5. Creare eventi congiunti, iniziative di networking e sinergie (es:scuole, club sportivi, ecc.)
  6. Valutare i bisogni di chi non fruisce, le motivazioni del mancato interesse, i vincoli e barriere fisiche o sociali
  7. Fornire input precisi al comparto produttivo (eliminare, introdurre, migliorare nuovi prodotti/servizi) in funzione degli input del mercato

Naturalmente, occorre evitare confusione tra i diversi obiettivi. Massimizzare i BSS secondari per una biblioteca non significa realizzare interventi che mettano in pericolo la tranquillità degli ambienti di studio, delle sale di lettura. Significa fare marketing della struttura basandosi sui bisogni reali delle persone, incrementare la customer satisfaction degli utenti, ricercare nuove modalità per far fronte sia all’esigenza reale (crescita culturale e studio) che ai bisogni secondari che vi si accompagnano (socializzazione, ecc.).

Un intervento di marketing culturale applicato ad una biblioteca può seguire un percorso a 3 stadi: al primo stadio troviamo l’obiettivo di incremento delle prestazioni legate all’utilità tradizionale (reperire libri, disporre di locali di studio), e quindi l’intervento sul catalogo, il miglioramento degli ambienti, ecc. Al secondo stadio troviamo i progetti che si basano sulla massimizzazione delle utilità non tradizionali ma che comunque creano valore socializzante per la struttura (possibilità di incontro, ambienti per lo svago, eventi che creano spirito di gruppo e fidelizzazione alla struttura). Al terzo stadio possiamo fare un ulteriore salto concettuale basato sul fatto che il motivo profondo di esistere della struttura si lega al bisogno umano di crescita culturale, di sviluppo professionale dell’individuo, e che i libri sono solo uno degli strumenti per raggiungere tale scopo.

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Pulsioni d’acquisto: ragioni di un’analisi

Perché le persone acquistano? Sotto l’influsso di quali forze avvengono le scelte di mercato? E soprattutto, perché affrontare questo tema è così cruciale per la competitività delle aziende?

La vita di ogni persona e di ogni azienda è costellata da momenti d’acquisto. Nonostante questo dato incontrovertibile, la psicologia del consumo costituisce uno dei fenomeni meno studiati e meno tradotti in azienda, in buona parte a causa dell’impostazione classica che vedeva nel consumatore un soggetto razionale, che agisce secondo criteri logici. Capovolgendo quest’impostazione, rivolgeremo la nostra attenzione soprattutto alle dinamiche psicologiche, ai moventi nascosti, al “dark side” del consumo.

Per raggiungere gli obiettivi previsti, riteniamo necessario fornire una prima griglia di impostazione del lavoro, che divide i comportamenti di acquisto in base a motivazioni conscie, subconscie ed inconsce.

Questa prima revisione ha profonde implicazioni a più livelli: (1) per la comunicazione aziendale, (2) per le strategie di creazione del valore nella progettazione di un prodotto/servizio, e (3) per l’educazione al consumo.

Una seconda considerazione ci spinge a rivolgere la nostra attenzione all’area della psicologia dei bisogni. L’atto di acquisto si lega innegabilmente a qualche forma di problema esistente nell’individuo (es: risolvere un dolore fisico tramite una medicina), o di aspirazione da raggiungere (es: in un’azienda, l’acquisto di un macchinario per aumentare la produttività), sia che si tratti di un bene povero che di un genere di lusso. Questi problemi o moventi sono il nesso che collega il prodotto alla scelta di acquisto.

Il comportamento degli individui, orientato a diminuire i problemi che li circondano, determina, in un certo momento del tempo, la nascita di una pulsione, un impulso d’acquisto, uno stimolo alla risoluzione dello stato di tensione. Una strategia aziendale che non tenga in seria considerazione quali impulsi d’acquisto inserire nelle proprie offerte, non ha alcuna prospettiva di successo.

Conscio, subconscio e inconscio


A volte risulta difficile spiegare il comportamento delle persone nella sfera del consumo e del rapporto con i prodotti. Ci animiamo per questioni apparentemente futili (quale film vedere…), ma ci abituiamo a fatti che non dovrebbero lasciarci dormire (es: la produzione di mine antibambino). Un impiegato dedica una vita a far raccolte di tappi di bottiglia, un bambino non va a scuola senza quello specifico zainetto, un operaio non dorme se la sua auto non ha il cerchio in lega leggera cromato a cinque raggi, un manager soffre nell’indecisione su quale quadro alla parete può meglio comunicare la sua immagine all’interno dell’ufficio, ecc… ecc…. I casi umani sono tanti. Ogni persona ha le proprie ansie, paure, speranze, illusioni, e queste si trasferiscono anche nel comportamento di acquisto (e di riflesso, sulle strategie di vendita).

Se dovessimo catalogare in “consapevoli vs. inconsapevoli”, “razionali vs. irrazionali”, “realmente utili vs. futili”, gli acquisti e i comportamenti del consumatore medio, saremmo costretti ad attribuirne buona parte al  secondo tipo: illogico, irrazionale, difficile da spiegare.

Quando si entra nella sfera dei gusti e delle preferenze, esprimere consciamente perché odiamo un certo tipo di scarpe (es.: un adolescente che non sopporta i sandali aperti di cuoio “da frate”, pur essendo essi comodi e confortevoli), un vestito di un certo colore, un’azienda tedesca piuttosto che italiana, vede spesso goffi tentativi di ricerca di spiegazioni. Quando queste vengono attuate, si dimostrano spesso vere e proprie “azioni di copertura”. In queste azioni, l’individuo si sforza di riportare una coltre di apparente razionalità in scelte altrimenti difficile da spiegare anche a se stessi.

Il grado di consapevolezza delle proprie pulsioni infatti decresce nel passaggio da conscio a subconscio ed inconscio.

Possiamo o meno essere d’accordo con le analisi freudiane, certo, tuttavia, risulta strano spiegare ricorrendo alla logica perché le persone non utilizzino più i cavalli come mezzo di spostamento a corto raggio, perché molte donne amino il giardinaggio, perché esistano gli sport violenti, perché i bambini siano attratti da attività quali lo smontare e il rimontare o l’arrampicarsi sugli alberi, perché esistano i rossetti, perché alcuni odino i computer, perché esistano le pellicce, perché.., perché…. infiniti perché ai quali non è possibile rispondere dando soluzioni meccaniche e razionali.

Se analizziamo le trascrizioni scientifiche dei moventi d’acquisto – espresse dagli stessi consumatori – notiamo che in molti atti non appare niente di quanto previsto dall’economia classica. Il concetto di utilità razionale del prodotto a volte sparisce e l’acquisto diventa un fenomeno psicologico che risponde ad altre esigenze, ad esempio un “riempitivo psicologico”, una tecnica di “riparazione di stati emotivi negativi”, o un modo di affermarsi. Ad esempio[1]:

A volte, se non mi sento molto in forma, vado fuori, questo mi fa già sentire meglio. Poi penso, beh, voglio tirarmi su ancora un pò, e quando vedi qualcosa, dici, beh, lo prendo. Mi trasporta in un altro mondo, mi porta con la mente in una sorta di viaggio magico, mi tira su totalmente. Mi  nutre, in qualche modo, è qualcosa di cui ho bisogno.

Man mano che procediamo nell’analisi dei moventi, notiamo che le motivazioni divengono sempre meno “superficiali” e razionali, ed emergono fattori nuovi. Le motivazioni di primo livello (il motivo apparente d’acquisto) sono progressivamente sostituite da concetti più complessi e la coltre di razionalità sparisce.

Magari passo davanti ad un negozio di vestiti e vedo qualcosa nella vetrina, e dico, quello è proprio carino. Vado nel negozio, e poi vedo qualcos’altro. E poi dico… quello è ancora più carino di quello in vetrina. E poi mi dico, non ho proprio intenzione di comprare queste cose, me le provo solo un attimo. Così, vado dentro, li provo, e dico, mmh, questo mi sta proprio bene, mi chiedo se c’è qualcos’altro che ci stia bene assieme. Così, provo altre cose che ci si abbinino, … vado dentro perché sono interessata ad una cosa e me ne esco con altre tre o quattro. E posso persino venir fuori con tre o quattro o cinque pezzi tutti uguali, solo di colore diverso. Devo andare dentro, e poi sento quasi che non posso uscire dal negozio senza aver preso qualcosa.

Continuando a scendere nel grado di introspezione, si nota che le motivazioni apparenti (del tipo, “l’ho comprato perché ne avevo bisogno”, o “mi piaceva, e basta”), non tengono. Il livello di profondità nella discesa verso il mondo nascosto a se stessi, l’area delle pulsioni profonde, può decifrare i significati simbolici ed il rapporto emotivo che si genera tra prodotto ed immagine di sè. Da queste analisi emerge spesso che il prodotto diviene strumento di proiezione d’immagine, o mezzo per raggiungere obiettivi strategici (seduzione, potere), e ciò avviene anche inconsapevolmente.

L’inconsapevolezza dei propri moventi non deve meravigliare. Vediamo una constatazione sulla natura umana, svolta in base al pensiero di Freud:

Per Freud la psiche è per la maggior parte inconscia. Essa assomiglia ad un iceberg, i nove decimi della quale sono nascosti o inconsci, e solo un decimo è in superficie o consapevole. Per questo i 9/10 dei nostri atti sono dettati da motivazioni inconsce. La parte consapevole, poi, si divide tra Io o Ego (la coscienza propriamente detta) e Super-io o Super-ego, che raccoglie i referenti morali e educativi. L’Io o Ego media tra motivazioni inconsce e motivazioni morali. La psicoanalisi è pertanto un processo di autoconoscenza, perché aiuta a svelare l’inconscio, e a capire quali sono le motivazioni autentiche dell’individuo rispetto a quelle imposte dai modelli morali o educativi.

Il fatto che i moventi dei consumatori non siano sempre ben chiari, o le scelte delle aziende appaiano a volte controintuitive, deve portarci ad una prima riflessione generale: i consumatori e clienti sono macchine biologiche e sociali il cui funzionamento è lungi dall’essere compreso a pieno. Queste macchine a volte hanno dei comportamenti strani, ma le aziende, con questi comportamenti, devono fare i conti tutti i giorni.

A volte i desideri e le scelte di acquisto delle persone sono prevedibili, a volte non lo sono affatto. Se il campo del consumo fosse dominato dalle leggi della razionalità, vivremmo in un mondo diverso.

Le persone, sia come consumatori singoli che come decisori aziendali (buyer[4]), esprimono nei propri comportamenti tutta la natura umana, in cui subentra, spesso, un versante di irrazionalità e di scelte poco spiegabili.

Forniamo, in via iniziale, una prima tipologia di moventi d’acquisto:

  • pulsioni conscie: gli impulsi d’acquisto che derivano da valutazioni razionali, consapevoli e quasi-scientifiche della convenienza di acquisto in relazione ad un’analisi accurata dei propri bisogni (personali o aziendali);
  • pulsioni subconscie: gli impulsi d’acquisto che derivano da associazioni inconsapevoli o solo parzialmente consapevoli tra l’atto d’acquisto e l’eliminazione di problemi reali o potenziali. Le pulsioni subconscie sono prevalentemente di natura culturale e ontogenetica (influssi che il soggetto ha subito durante la sua crescita e sviluppo, partendo dalla nascita);
  • pulsioni inconscie: gli impulsi d’acquisto governati da dinamiche non percepite dal soggetto, soprattutto provenienti dalle pulsioni ancestrali, istintuali, genetiche, recondite, le quali agiscono sull’individuo senza che egli stesso ne sia consapevole. Tali impulsi sono prevalentemente dovuti ad aspetti psicobiologici, associati a pulsioni derivanti dalla filogenesi dell’individuo (influssi che derivano dalla storia della specie e dalla sua biologia).

Un esempio di pulsione conscia è dato dalla percezione della necessità di possedere un ombrello se piove molto, o dotarsi di un mezzo di trasporto per raggiungere il lavoro, scegliendo accuratamente tra le diverse alternative esistenti (auto, treno, autobus, bicicletta, ecc..) e valutandone pro e contro razionalmente.

Un esempio di pulsione subconscia avviene durante la scelta di un capo di abbigliamento da parte di un impiegato di banca, nella quale egli a priori – inconsapevolmente – esclude dal campo delle proprie scelte soluzioni tipo babbucce orientali, tuniche africane o perizomi indiani, includendo invece mocassini o abiti “giacca e cravatta” o tuttalpiù maglioni e polo. Il fatto che la scelta avvenga all’interno di un “set mentale” di prodotti occidentali non è  completamente consapevole, e risponde ad esigenze di conformità spesso latenti e subconscie. Per quale motivo plausibile, razionale, un impiegato di banca non dovrebbe recarsi al lavoro in perizoma d’estate quando fa molto caldo? Proviamo ad anticipare le reazioni (dei colleghi, dei clienti) a questo comportamento, e lo capiremo immediatamente. Una pulsione subconscia alla conformità culturale è presente in moltissimi acquisti, senza che i consumatori se ne rendano conto.

Un esempio di pulsione inconscia è dato dal movente per cui un ragazzo maturo, non sposato o fidanzato, decide di recarsi in una palestra. In questa scelta può esistere un desiderio sottostante di aumentare la propria attrattività riproduttiva, ed acquistare maggiori chance di trasmettere i propri geni. Questo movente fisiologico e genetico, di origine animale, può avvenire al di fuori della consapevolezza della persona stessa.

Mentre le motivazioni conscie si collegano ad acquisti apparentemente logici, l’analisi delle motivazioni subconscie ed inconscie si riferisce alle pulsioni che difficilmente sono spiegabili ricorrendo a modelli razionali.

Lo spostamento dell’attenzione verso l’area del subconscio ed ancor più verso l’area dell’inconscio disturba la sensibilità di molti. Alcuni si oppongono all’intrusione soprattutto per questioni di interesse. Economisti e ricercatori possono infatti vedere il quadro complicarsi, le formule saltare, e sostanzialmente il potere scivolare di mano.

Altri oppositori sono coloro i quali vorrebbero l’essere umano emancipato dalla sua componente animale, considerano la componente pulsionale inconscia una sorta di decadenza verso la brutalità animale, una concessione agli impulsi che tutto il sistema educativo cerca di frenare, nascondere, negare. Capisco, sarebbe bello, ma ancora non è possibile. Il compito di un ricercatore è quello di capire, prima di tutto. Il compito di un manager è quello di agire, in base ad informazioni accurate. Se in questo stadio evolutivo dell’uomo, le pulsioni animali sono ancora presenti, non possiamo far finta che così non sia, e che questo non si innesti nei processi di marketing.

Vi sono zone del cervello la cui funzione è solo vagamente conosciuta. In particolare, l’archipallio rappresenta la porzione più antica della corteccia cerebrale, ed il suo influsso sui comportamenti di acquisto non è mai stato veramente esplorato.

Rispetto alla neocorteccia, che rappresenta la porzione più recente della mente e nei mammiferi occupa quasi il 90% di tutta la corteccia, l’archipallio svolge funzioni diverse e non del tutto comprese, ma comunque legate ad energie psichiche ancestrali (riconoscimento degli odori, lotta, sopravvivenza, controllo del territorio, possesso, ecc.).

Poiché l’archipallio è una zona cerebrale attiva, essa esercita un influsso sul pensiero e sul comportamento, anche di acquisto.

Questo influsso determina scelte che a volte possono apparire illogiche, ma che risultano comprensibili alla luce di una teoria delle pulsioni.


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© Article translated from the book “ PSICOLOGIA DI MARKETING E COMUNICAZIONE. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management” copyright Dr. Daniele Trevisani Intercultural Negotiation Training and Coaching, published with the author’s permission. The Book’s rights are on sale and are available. If you are interested in publishing the book in English, or any other language, or seek Intercultural Negotiation Training, Coaching, Mentoring and Consulting, please feel free to contact Daniele Trevisani

Putting Boards: Reasons of an Analysis

Why do people buy? Under the influence of what forces take place of market choices? And above all, why do you deal with this theme so crucial for the competitiveness of companies?

The life of every person and of each company is dotted by moments of purchase. Despite this incontrovertible data, consumption psychology constitutes one of the less studied and less translated phenomena, largely due to the classical setting that saw a rational subject in the consumer, which acts according to logical criteria. By upside down this setting, we will turn our attention especially to psychological dynamics, hidden motives, the “Dark side” of consumption.

To achieve the expected objectives, we consider it necessary to provide a first grid of work setting, which divides the purchase behaviors based on consciousness, subconscious and unconscious motivations.

This first revision has profound multi-level implications: (1) for business communication, (2) for value creation strategies in the design of a product / service, and (3) for consumer education.

A second consideration pushes us to turn our attention to the area of ​​psychology of needs. The Act of Purchase undeniably binds some form of an existing problem in the individual (eg: solving physical pain through a medicine), or suction to be achieved (eg: in a company, the purchase of a machinery to increase Productivity), whether it is a poor good and a luxury genre. These problems or motors are the link that connects the product to the choice of purchase.

The behavior of individuals, oriented to reduce the problems that surround them, determines, at a certain time of the time, the birth of a pulse, a purchase pulse, a stimulus to resolve the state of tension. A corporate strategy that does not hold in serious consideration such as purchase pulses to include in its own offers, has no successful perspective.

Conscious, Subconscious and Unconscious

Sometimes it is difficult to explain the behavior of people in the sphere of consumption and relationship with products. We quit us for apparently futile issues (which film to see …), but we hit ourselves to facts that should not let us sleep (eg: the production of anti-band mines). A clerk dedicates a life to make collections of bottlen caps, a child does not go to school without that specific backpack, a worker does not sleep if his car does not have a circle in a light alloy chromed five-spoke, a manager suffers in the indecision On which picture to the wall can better communicate its image inside the office, etc. … etc …. Human cases are many. Every person has his own anxieties, fears, hopes, illusions, and these also move to the purchasing behavior (and of reflex, on sales strategies).

If we were to catalog in “Aware Vs. unconscious “,” rational vs. irrational “,” really useful vs. Futile “, the purchases and behaviors of the average consumer, we would be forced to attribute a good part to the second type: illogical, irrational, difficult to explain.

When you enter the sphere of tastes and preferences, consciously express because we hate a certain type of shoe (eg: a teenager who can’t bear “friar” leather open sandals, despite being comfortable and comfortable), a dress of A certain color, a rather than Italian German company, often sees awkward attempts to search for explanations. When these are implemented, they are often true “hedging actions”. In these actions, the individual strives to bring a blanket of apparent rationality in choices otherwise difficult to explain to themselves.

The degree of awareness of its pulses in fact decreases in the passage from a conscious to subconscious and unconscious.

We can or not agree with the Freudian analyzes, of course, however, it is strange to explain to the logic because people no longer use horses as a short-haul shift, because many women love gardening, because there are violent sports , because children are attracted to activities such as disassembling and reassembling or climbing up trees, because there are lipsticks, because some computers are, because there are fur, because .., because …. infinite because to which It is not possible to respond by giving mechanical and rational solutions.

If we analyze the scientific transcripts of the buying motives – expressed by the consumers themselves – we note that in many acts nothing appears from the classical economy. The concept of product rational utility sometimes disappears and the purchase becomes a psychological phenomenon that meets other needs, for example a “psychological filler”, a technique of “repair of emotional states”, or a way of establishing themselves. Eg :

Sometimes, if I don’t feel very fit, I go out, this already makes me feel better. Then I think, well, I want to pull myself on a bit more, and when you see something, you say, well, I’ll take it. He transports me to another world, brings me with my mind in a sort of magical travel, pulls me totally. He feeds me, somehow, it’s something I need.

As we proceed in the analysis of motives, we note that motivations becomes lesser “superficial” and rational, and new factors emerge. The first level motivations (the apparent purchase motive) are progressively replaced by more complex concepts and the blanket of rationality disappears.

Maybe step in front of a clothes store and see something in the window, and I say, that’s really cute. I go to the store, and then I see something else. And then I say … That is even more cute than the window. And then I tell myself, I really don’t intend to buy these things, I try only a moment. So, I go inside, I try them, and I say, mmh, this is really good, I wonder if there is something else that is well together. So, I feel other things that they match, … I go inside because I am interested in one thing and I go out with another three or four. And I can even come out with three or four or five pieces all the same, only different color. I have to go inside, and then I almost feel that I can’t get out of the store without having taken something.

Continuing to descend to the degree of introspection, we note that the apparent motivations (of the type, “I bought it because I needed”, or “I liked it, and that’s it”), they don’t hold. The level of depth in the descent to the world hidden to themselves, the area of ​​deep drives, can decipher the symbolic meanings and the emotional relationship that is generated between product and image of itself. From these analyzes it often emerges that the product becomes an image projection tool, or a means to achieve strategic goals (seduction, power), and this also occurs unknowingly.

The unconsciousness of their motives must not be surprised. We see a finding on the human nature, carried out based on the thought of Freud:

For Freud the psyche is for the most part unconscious. It resembles an iceberg, the nine tenths of which are hidden or unconscious, and only one tenth is on the surface or aware. This is why 9/10 of our acts are dictated by unconscious motivations. The conscious part, then, is divided between me or ego (the consciousness properly called) and super-ego or super ego, which collects moral and educational referents. The average ego or ego between unconscious motivations and moral motivations. Psychoanalysis is therefore a self-relationship process, because it helps to reveal the unconscious, and to understand what are the authentic motivations of the individual with respect to those imposed by moral or educational models.

The fact that consumer motives are not always clear, or the choices of companies appear sometimes counterintive, must take us to a first general reflection: consumers and customers are organic and social machines whose functioning is far from being understood to full. These machines sometimes have strange behaviors, but companies, with these behaviors, have to deal every day.

Sometimes the desires and choices of buying people are predictable, sometimes they are not at all. If the field of consumption was dominated by the laws of rationality, we would live in a different world.

People, both as individual consumers and as corporate decision makers (buyers), express all human nature in their behaviors, in which a slope of irrationality and unrepable choices often takes over.

We provide, in an initial way, a first type of buying motives:

  • Conscious impulses: the purchase pulses that derive from rational, aware and quasi-scientific assessments of the purchase convenience in relation to an accurate analysis of its needs (personal or corporate);
  • Subclescie pulses: the purchase pulses that derive from unconscious associations or only partially aware of the act of purchase and the elimination of real or potential problems. Subconscious drives are mainly of a cultural and ontogenetic nature (influences that the subject has suffered during its growth and development, starting from birth);
  • unconscious impulses: the purchase impulses governed by dynamics not perceived by the subject, especially from ancestral, instinctual, genetic, recondite drives, which act on the individual without being aware of it. These impulses are mainly due to psychoibological aspects, associated with pulses deriving from the phylogenis of the individual (influences that derive from the history of the species and its biology).

An example of a conscious drive is given by the perception of the need to possess an umbrella if it rains a lot, or having a means of transport to reach the work, carefully choosing among the different existing alternatives (cars, train, bus, bicycle, etc. .. ) And evaluating pro and against rationally.

An example of a subconscious drive takes place during the choice of a clothing chapter by a bank employee, in which he a priori – unknowingly – excludes from the field of his choices solutions like oriental fogs, African tunics or Indian thongs, including instead moccasins Or dresses “jacket and tie” or entire sweaters and polo shirts. The fact that the choice takes place within a “mental set” of Western products is not completely aware, and responds to often latent and subclive conformity needs. Why plausible, rational, a bank employee should not go to the work in summer thong when he is very hot? We try to anticipate reactions (colleagues, customers) to this behavior, and we will understand it immediately. A subconscious pulse to cultural compliance is present in many purchases, without consumers to realize it.

An example of an unconscious drive is given by the motive for which a mature boy, not married or boyfriend, decides to go to a gym. In this choice there can be a desire underlying to increase their reproductive attractiveness, and buy more chances to transmit their own genes. This physiological and genetic motive of animal origin can take place outside the awareness of the person itself.

While the conscious motivations are connected to apparently logical purchases, the analysis of subconscious and unconscious motivations refers to the drives that can hardly be explained by resorting to rational models.

The movement of attention to the subconscious area and even more towards the area of ​​the unconscious disturbs the sensitivity of many. Some oppose intrusion especially for matters of interest. Economists and researchers can in fact see the complicated picture, the jump formulas, and substantially the power slipping.

Other opponents are those who would like the human being emanciped by its animal component, consider the unconscious pulse component a sort of decadence towards animal brutality, a concession to the impulses that the whole educational system tries to brake, hide, deny. I understand, it would be nice, but it’s not possible yet. The task of a researcher is to understand, first of all. The task of a manager is to act, based on accurate information. If in this evolutionary stage of man, animal drives are still present, we cannot pretend that so it is not, and that this is not grafted in marketing processes.

There are zones of the brain whose function is only vaguely known. In particular, archipallium represents the oldest portion of cerebral cortex, and its influence on shopping behaviors has never been truly explored.

Compared to the neocorteccia, which represents the most recent portion of the mind and mammals occupies almost 90% of the whole bark, the archipallium carries out different and not entirely included functions, but still linked to ancestral psychic energies (recognition of odors, fight , survival, territory control, possession, etc.).

© Article translated from the book “ PSICOLOGIA DI MARKETING E COMUNICAZIONE. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management” copyright Dr. Daniele Trevisani Intercultural Negotiation Training and Coaching, published with the author’s permission. The Book’s rights are on sale and are available. If you are interested in publishing the book in English, or any other language, or seek Intercultural Negotiation Training, Coaching, Mentoring and Consulting, please feel free to contact Daniele Trevisani .

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© Article translated from the book “Negoziazione interculturale, comunicazione oltre le barriere culturali” (Intercultural Negotiation: Communication Beyond Cultural Barriers) copyright Dr. Daniele Trevisani Intercultural Negotiation Training and Coaching, published with the author’s permission. The Book’s rights are on sale and are available for any Publisher wishing to consider it for publication in English and other languages except for Italian and Arab whose rights are already sold and published. If you are interested in publishing the book in English, or any other language, or seek Intercultural Negotiation Training, Coaching, Mentoring and Consulting, please feel free to contact the author from the webstite www.danieletrevisani.com 

The Four Descriptive Filters

On the intercultural level, as we have noted, even relatively simple and taken-for-granted concepts (eg: “home”, “work”, “friendship”) are misunderstood. It is therefore advisable to carry out activities of setting the semantic boundaries (setting the meanings) that allow to specify the language. Building the common linguistic basis requires clarification on several levels. Each keyword, each word or concept in general, can be read through at least four descriptive filters. Let’s create an example on the Italian word “gondola”.

The possible attributes are:

  • Perceptive: it is long and narrow:
  • Functional: used to transport tourists;
  • Associatives: it makes me think of Venice;
  • Social-Symbolic: recalls a romantic experience, for classy people;
  • Encyclopedic: it is made of wood, it has been used since the year ….., it is built like this ….

The same problem occurs on the business level. Let’s imagine that we are carrying out a “marketing consultancy” on behalf of an Indian, Korean or Chinese client. We should first compare the two mental images of the word “marketing”, understand which of the two different concepts of marketing the customer is thinking about. For example:

Concept A (marketing as an operational tool). Analysis:Concept B (marketing as a strategic tool). Analysis
Perceptual: marketing is equivalent to advertising and promotion, sales, advertisingPerceptual: Marketing is the search for new or better products to satisfy human needs
Functional: used to sell moreFunctional: used to better design products and services
Associative: it is an instrument of capitalism and consumerismAssociative: it is a research tool
Socio-Symbolic: it is for advanced, large, technological or very managerial companiesSocio-Symbolic: it requires respect for the customer and the will to satisfy him, it can be used by anyone
Encyclopedic: deals with concepts such as the marketing mix, customer satisfaction, promotionEncyclopedic: deals with concepts such as marketing mix, customer satisfaction, promotion, but above all market research, creativity, customer orientation

Starting an intercultural negotiation means first of all clarifying semantic concepts, the latent meanings of words, mental associations, and not taking them for granted. Through associative techniques, it is also possible to search for the “stereotypes” that people possess with respect to the concepts dealt with.

For example, dealing with the training of a salesperson means first of all clarifying what the mental image of our interlocutor is, understanding what is behind the word “salesman”.

Tab. 1 – Different conception of two sales cultures: the seller …

– He has to talk a lot
– He has to be a bit stupid and work hard, no matter he is a graduate
he doesn’t have to do strategy, we make the strategy
– He have to be around all day
– He has to bring us results
– He has to listen a lot he has to be intelligent and creative
– He has to be a strategist of his territory, respecting the guidelines
– He has to act with targeted appointments
– We have to put him in a position to give the best results

Without clarifying these points, any action risks being based on wrong and misunderstood concepts.

negoziazione interculturale
Intercultural Negotiation Arab Edition

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Il machine learning è un tipo di apprendimento che riguarda l’intelligenza artificiale e ricopre un ruolo centrale nello sviluppo di quest’ultima: apprendere significa conoscere maggiormente, e questo significa svilupparsi meglio e più velocemente. Il procedimento di apprendimento risulta simile a quello dell’uomo sotto certi punti di vista: alla macchina viene programmata con un algoritmo tale da cercare e analizzare determinate informazioni. Come se stessimo insegnando a leggere a qualcuno: prima impara a leggere, poi imparare a rielaborare i dati e le informazioni ricevute. Può sembrare un discorso astratto, che riguarda tecnologie lontane dall’uso quotidiano ma non è assolutamente così, dato che praticamente ogni applicazione presente nei nostri smartphone (o per lo meno le più rinomate) utilizza algoritmi di apprendimento. Il machine learning viene utilizzato da Google e Amazon (solo per citarne alcuni tra i più importanti) per la gestione e l’analisi dei dati, o pattern, per essere più corretti. La traduzione di pattern sarebbe “forma” o “modello” ma secondo Satoshi Watanabe[1] va definito come un’entità specifica a cui è possibile fornire un nome, contrapposto a un’entità generica. Questi dati vengono trattati secondo differenti approcci, proposti da Arthur Samuels[2] negli anni ‘50 che sono: l’apprendimento supervisionato, l’apprendimento non supervisionato ed infine l’apprendimento per rinforzo.

2.3.1 Apprendimento supervisionato

Questa tecnica consiste in due fasi: training e prediction. Durante la fase di training la macchina viene istruita con dei dati in input ideali (come se fossero degli esempi da seguire). Successivamente entriamo nella seconda fase, quella del prediction: a questo punto la macchina utilizza il modello ideale precedentemente usato per rielaborare nuovi dati e produrre un output. Questo tipo di apprendimento è spesso usato nell’ambito del marketing: la sua applicazione permette di classificare i potenziali clienti e di proporgli determinati articoli in base alla loro cronologia di acquisti. Inoltre, viene utilizzato anche all’interno delle caselle di posta elettronica per categorizzare le e-mail a seconda che siano “spam” oppure no.

2.3.2 Apprendimento non supervisionato

L’apprendimento non supervisionato serve principalmente ad ottenere nuove informazioni. L’applicazione principale è il “clustering” ovvero il raggruppamento di determinati dati in gruppi omogenei che prendono appunto il nome di “cluster”. Utile in ambito di analisi di mercato per l’individuazione di nuovi clienti e nuovi mercati, è spesso utilizzato in ambito di Big-Data come un motore di ricerca: tramite una o poche parole questo algoritmo è in grado di creare molteplici collegamenti (link) attinenti alla ricerca iniziale. Interessante come nel 1975 Kunihiko Fukushima pubblicò una rete neurale non supervisionata finalizzata al riconoscimento di “pattern” che prendeva il nome di Cognitrone. Si caratterizza per organizzare autonomamente i collegamenti sinaptici tra i propri neuroni e quindi apprendere senza la supervisione di un insegnante. Nel modello proposto sono presenti quattro differenti strati denominati U0, U1, U2, e U3: il primo strato (U0) corrisponde ai neuroni presenti nella retina, mentre l’ultimo strato (U3) corrisponde ai neuroni presenti nella corteccia celebrale. Tale modello prende in considerazione del numero finito di dendriti presenti nei neuroni biologici e della lunghezza dell’assone: questi limiti permettono di associare i neuroni di ogni livello ad altri di un livello superiore, creando così una rete neurale intimamente connessa.

2.3.3 Apprendimento di rinforzo

Questo tipo di apprendimento è largamente usato in ambito robotico e si occupa di risolvere problemi di decisioni sequenziali. La macchina risponde a cambiamenti dell’ambiente circostante e per questo motivo è privilegiato in ambito robotico, ad esempio, nella gestione degli automi, ma anche nella guida senza conducente (driverless car). L’apprendimento per rinforzo funziona mediante tre diverse fasi: la prima consiste nell’applicazione di un algoritmo per cui in base ad un input viene generato un output. La seconda fase consiste nella valutazione dell’output precedentemente ottenuto: se è soddisfacente verrà rilasciata un giudizio positivo, al contrario verrà penalizzata. Infine, è presente un sistema di controllo che monitora l’operato delle prime due fasi, e modifica l’algoritmo utilizzato da A per fare in modo che il premio aumenti e le penalità diminuiscano, migliorando così l’intero processo.

Estratto dalla tesi di Laurea in Filosofia, Teorie e sistemi dell’intelligenza artificiale, a cura di Federico Malpighi. Alma Mater Studiorum Università di Bologna.


[1] Satosi Watanabe. 1985. Pattern recognition: human and mechanical. John Wiley & Sons, Inc., USA.

[2] A. L. Samuel, “Some studies in machine learning using the game of checkers“, in IBM Journal of Research and Development, vol. 44, no. 1.2, pp. 206-226, Jan. 2000, doi: 10.1147/rd.441.0206.