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© Articolo estratto con il permesso dell’autore dal testo di Daniele Trevisani – “Psicologia di marketing e comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management”. Franco Angeli editore, Milano.

Ciò che il cliente valuta nella sua esperienza del prodotto, non è la sua reale consistenza, ma ciò che del prodotto “filtra” attraverso i sensi biologici, e attraverso gli schemi culturali di riferimento o frames culturali, passando per i filtri percettivi e mnemonici (attenzione selettiva, percezione selettiva e ricordo selettivo).

processi di filtratura distorcono la percezione oggettiva, sino a trasformare completamente le valutazioni. 

Come riporta Packard, nella sua analisi sociologica della persuasione dei consumatori, gli ostacoli psicologici verso un prodotto sono persino in grado di trasformare la percezione della realtà. Il caso esposto da Packard riguarda la margarina. Questo prodotto, nel contesto del mercato USA degli anni ’40 e ‘50, assumeva una immagine di prodotto artificiale, sintetico, quasi pericoloso, da “massaia poco attenta alla famiglia”, mentre il suo concorrente, il burro, era visto come naturale, da “brava mamma”, pulito. Vediamo cosa emerse dalle ricerche:

Cheskin dimostrò in modo inequivocabile il carattere irrazionale della ostilità che la margarina incontrava. Durante una colazione, cui partecipava un numeroso gruppo di donne, Dichter chiese alle convenute se fossero in grado di distinguere il burro dalla margarina. Oltre il 90% rispose affermativamente, aggiungendo di preferire il burro perché la margarina aveva un sapore «oleoso», «grasso», «più simile al lardo che al burro», per citare alcune definizioni. A ogni signora presente furono allora serviti due medaglioni, uno giallo (di margarina) e l’altro bianco (di burro fresco). Si trattava di riconoscere, al gusto, l’identità di ciascuno, e di definirne il sapore. Oltre il 95% delle donne scambiarono la margarina gialla per burro, definendola di gusto «puro» e «fresco», e il burro bianco per margarina, lamentandone il sapore oleoso e grasso, simile a quello dello strutto. Avevano, insomma, trasferito al palato una sensazione ottica.

Più recentemente, lo stesso fenomeno è stato dimostrato da Westcombe e Wardle (1997) in un esperimento riguardante un diverso prodotto: lo yogurt. I ricercatori hanno dimostrato che il semplice fatto di apporre una etichetta diversa su una confezione di yogurt (con la dicitura “a basso contenuto di grasso”) causava una valutazione di minore gustosità. Anche se lo yogurt era assolutamente lo stesso. 

Riconoscere i filtri che operano su noi stessi consente di divenire consumatori più consapevoli. Per il professionista di marketing, riconoscere i filtri che operano sui consumatori significa poter anticipare le reazioni al prodotto e alla comunicazione.

La combinazione di distorsioni percettive e valutazioni soggettive genera comportamenti di acquisto che sono lontani dall’essere facilmente prevedibili con l’intuito. Solo la ricerca è in grado di fare luce dove l’intuito fallisce. Dobbiamo considerare tutta la gamma di possibili filtri che si frappongono tra la realtà “vera” e la realtà percepita dal consumatore. Questi filtri – biologici, mnemonici e culturali – determinano il passaggio dalla realtà oggettiva ad una realtà interpretativa. La percezione viene distorta anche a causa di un fenomeno diverso: il punto di osservazione. Qualsiasi oggetto o idea può infatti essere osservato ed esperito da molteplici punti. L’osservazione da tutti i punti possibili è spesso impossibile, richiederebbe troppo tempo. Accade quindi che due clienti sviluppino impressioni diverse dello stesso prodotto o azienda, a causa delle diverse esperienze da loro avute.

Nell’esempio, l’oggetto reale è composto da un ovale e quattro elementi: A, B, C, D, dei quali tuttavia i due soggetti osservano porzioni diverse e percepiscono caratteristiche diverse. L’esperienza delle due persone, è stata diversa. Lo stesso accade con le aziende, i prodotti, e le prestazioni. 

La presenza di diversi punti di osservazione e di filtri alla percezione (biologici, mnemonici, culturali) determina una trasformazione da realtà oggettiva a realtà percettiva, le cui dimensioni possono assumere un divario anche molto ampio.

Principio 3 – Della psicologia percettiva di prodotto
  • La competitività dipende dalla capacità aziendale di curare gli aspetti percettivi del prodotto/servizio, realizzando qualità percepibile dal consumatore. 
  • L’azienda deve comprendere quali elementi sono esposti alla valutazione del cliente. La realizzazione della qualità percepibile dipende da una corretta analisi della linea di visibilità e linea di percettività dell’organizzazione e del prodotto, unita all’analisi dei meccanismi, dinamiche e filtri percettivi, di fruizione e valutazione. 
  • Il coinvolgimento del cliente (a livello progettuale e di miglioramento) nelle fasi di ricerca è indispensabile alla progettazione delle soluzioni ad esso destinate.

Attraverso tecniche qualitative e sperimentali è possibile determinare i valori di utilità attribuiti dal fruitore alle specifiche caratteristiche del prodotto/servizio, identificando le variabili critiche della qualità percettiva e i livelli che ne ottimizzano le prestazioni.

I meccanismi percettivi generano effetti a  livello di marketing, nella valutazione dei prodotti e dei servizi. Ad esempio, un viaggio aereo può generare maggiore ansia ed apprensione per la sicurezza rispetto ad un autobus di linea, anche se alla prova dei fatti (statisticamente parlando) la probabilità di incidente è inferiore. 

Allo stesso tempo, un’acqua potrebbe risultare assolutamente gradevole per il consumatore anche se microbiologicamente impura, radioattiva a livelli mortali, o inquinata da elementi non percepibili. Questo determina due tipologie di prestazione: la prestazione oggettiva (rilevabile in laboratorio e basata su dati fisici) e la prestazione soggettiva, la quale risiede unicamente nelle sensazioni del fruitore.

Accanto alla cura tecnica del prodotto che l’etica aziendale deve imporre, assumono un ruolo primario nella progettazione del prodotto e più in generale del mix aziendale fattori di pertinenza psicologica, quali le soglie percettive, la linea di percettività e i fattori di percettività.Questa impostazione costituisce una importante differenza rispetto al mainstream dominante nelle imprese, focalizzato sugli aspetti prestazionali tecnici piuttosto che sulla psicologia del prodotto.

© Articolo estratto con il permesso dell’autore dal testo di Daniele Trevisani – “Psicologia di marketing e comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management”. Franco Angeli editore, Milano. Vietata la riproduzione senza citazione della fonte.

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Temi e Keywords dell’articolo:

  • La psicologia del marketing
  • Filtratura della realtà
  • Percezione del prodotto
  • Consumatori consapevoli
  • Distorsioni di pensiero
  • Comportamenti d’acquisto
  • Punti di osservazione
  • Esperienza soggettiva
  • Filtri culturali
  • Filtri mnemonici
  • Filtri biologici
  • Realtà oggettiva
  • Psicologia percettiva di prodotto
  • Coinvolgimento del prodotto
  • Etica aziendale
  • Soglie percettive
  • Linea di percettività
  • Fattori di percettività
  • Prestazione oggettiva
  • Prestazione soggettiva

© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Psicologia di marketing e comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore

La funzione di risposta del mercato e le soglie percettive

La funzione di risposta del mercato definisce il tipo di reazione che il consumatore o cliente sviluppa a fronte di un certo stimolo. Nel nostro lavoro, è necessario collegare questa funzione ad alcuni meccanismi che avvengono nella percezione umana, in particolare il fenomeno delle soglie percettive.

La psicologia della percezione identifica due tipi di soglie – soglia assoluta e soglia differenziale – le quali generano altrettanti tipi di prestazione (prestazione assoluta e prestazione differenziale).

La soglia assoluta identifica la quantità minima di stimolazione sensoriale necessaria affinché un particolare stimolo (una vibrazione, un oggetto, un colore) sia percepito da un individuo.

La soglia differenziale fa riferimento al differenziale di stimolazione sensoriale che determina per l’individuo la consapevolezza di un cambiamento, l’accorgersi di una mutazione nello stato precedente. È quindi basata sul concetto di percezione della differenza di intensità.

Questi fattori percettivi devono entrare al centro del processo imprenditoriale di gestione della customer satisfaction. Ad esempio, produrre un miglioramento nelle vibrazioni di un volante (riduzione di vibrazioni) quando non esiste un margine per ottenere un miglioramento percepibile (condizione di ceiling-effect) è un intervento che non supera la soglia differenziale, e sostanzialmente uno spreco di investimenti.

Gli incrementi prestazionali non sono tali, dal punto di vista di marketing, se non superano la soglia di sensibilità del fruitore.

Lo sviluppo del prodotto, pertanto, dovrebbe essere guidato dalla ricerca di miglioramenti percepibili, in cui l’investimento produca effetti tangibili.

Percorsi di scansione dell’immagine (scan path)

In termini di percezione visiva, è utile rivolgersi ad un ulteriore strumento fornito dalla psicologia: l’analisi dei percorsi di scansione dell’immagine (scan path). 

Le ricerche hanno evidenziato che le persone non hanno la capacità di cogliere istantaneamente tutti i punti di una scena o di un’immagine, ma seguono, con tempi più o meno lunghi, dei precisi percorsi di fruizione. Ad esempio, una scena visiva verrà analizzata secondo percorsi dominati da segnali di attenzione e altri meccanismi psichici, e non scansionata come da uno scanner – dall’alto al basso, da destra a sinistra o viceversa. 

La scansione visiva e i segnali di attenzione

I percorsi di scansione variano a seconda del compito specifico richiesto al fruitore. I percorsi oculari saranno diversi se si chiede all’osservatore di cercare di individuare la possibile tipologia di una stanza nella quale avviene la scena (casa, o albergo) o ancora se si chiede di definire cosa stia succedendo nella scena nei rapporti tra le persone (litigio, amicizia, tradimento, ecc.).

Le ricerche illustrano inoltre che l’umore dei soggetti modifica radicalmente l’interpretazione dell’immagine.

Rimanendo in tema di scansione visiva, il procedimento di scansione può essere applicato ad una fotografia, ad un quadro, o alla percezione visiva di un prodotto. Se potessimo seguire i nostri movimenti oculari mentre osserviamo un’immagine, saremmo sorpresi nel notare che i nostri occhi non si muovono lentamente o continuamente, sul piano dell’immagine, ma agiscono freneticamente.

Per notare questo fenomeno, è sufficiente osservare un amico mentre visualizza una fotografia o disegno : alcune zone del campo visivo subiscono numerose fissazioni (zone ad alta concentrazione), mentre altre vengono praticamente ignorate.

Tra gli elementi che danno luogo a questo spostamento di attenzione vi sono in particolare i movimenti non attesi nel contesto in cui ci si trova. Se ad esempio durante la lettura di un libro si coglie un movimento laterale, un oggetto o un’ombra che si muove, l’attenzione si sposta per scansionare quel movimento, alla ricerca di segnali che ci indichino che si può stare tranquilli e possiamo continuare a leggere, o che piuttosto dobbiamo iniziare a preoccuparci.[1]

Oltre alla ricerca di fonti di pericolo, il prodotto viene scansionato attraverso un vero e proprio percorso di scansione (scan path), alla ricerca di segnali interessanti, di elementi evocativi, che si collegano prevalentemente all’inconscio (es: forme anatomiche e sessuali).

La visione dei prodotti, dei punti di vendita e dei punti di comunicazione aziendale

L’attenzione si concentra quindi sui punti salienti dell’immagine. 

La valutazione dei punti salienti è estremamente importante per il marketing. Sia nell’osservazione dei prodotti che nell’osservazione degli ambienti di vendita e degli stabili aziendali, l’attenzione si rivolge ai punti che emergono dal contesto – positivamente – ad esempio una pianta ornamentale, o una persona attraente – o negativamente – come una chiazza di sporco sul muro, o la povere su un tavolo, o un litigio in corso tra due dipendenti.

La sommatoria di tanti dettagli genera l’impressione complessiva.

Sia osservando i prodotti, oppure gli ambienti dei punti di vendita o ancora gli stabili aziendali, gli uffici, o le persone che vi lavorano, i clienti sottostanno alle leggi della fisiologia percettiva, e questo significa che essi: 

a) prestano maggiore attenzione soprattutto ai punti di differenziazione dal contesto (positivi e negativi), e

b) non colgono assolutamente l’intera mole di informazione esistente, ma ne colgono solo una parte, generando impressioni sulla base di informazioni parziali (in quanto elaborare ogni singola informazione presente è eccessivo per le capacità umane e impossibile da praticare). 

Questo determina la necessità per l’azienda di dirigere attivamente l’attenzione del cliente a specifiche porzioni di informazione, più sintetiche e strategiche, da cui emergano le informazioni e le impressioni volute.

Trust Signals

I percorsi di fruizione dell’immagine sono estremamente importanti anche per gli effetti che producono sulla creazione di fiducia e senso di affidabilità aziendale. In termini commerciali, le informazioni che possono essere colte nella fruizione di un negozio, di un prodotto, nella visita di un’azienda, nello scrutare una persona o un prodotto, si categorizzano in due classi importanti:

  • segnali generatori di fiducia (trust signals) e
  • segnali generatori di sfiducia (distrust signals).

A questi segnali deve essere data attenzione primaria, in quanto essi possono accelerare o bloccare l’intenzione d’acquisto.

Durante l’acquisto avvengono numerosi atti di valutazione degli ambienti. La percezione di tali ambienti, proprio per via delle meccaniche visive sottostanti, si soffermerà su alcuni dettagli e non su altri. 

Il percorso valutativo del cliente all’interno del punto di vendita (o qualsiasi altro punto di contatto) sarà costellato, in altre parole, dal ricevimento di segnali e di informazioni.

trust signals svolgono il ruolo di elementi di rafforzamento della fiducia e dell’immagine dell’azienda. I distrust signals sono invece elementi di detrazione, negativi rispetto alla formazione della fiducia. 

L’azienda orientata alla crescita deve analizzare attentamente quali elementi della propria comunicazione stiano funzionando da trust signals e quali da distrust signals, analizzando accuratamente ogni elemento di contatto con il cliente e con il pubblico (vetrine, prodotti, cataloghi, siti web, personale, ecc.) attraverso apposite griglie valutative (griglie di analisi dell’immagine visuale e griglie di emersione dei segnali negativi aziendali).

La ricostruzione della realtà visiva e il costo di fruizione di un prodotto

La nostra esperienza visiva è quella di una realtà continua ed ininterrotta. Sentiamo di vedere le intere scene per tutto il tempo nel quale teniamo aperti gli occhi. La percezione visiva, in altre parole, è una continua opera di ricostruzione della realtà. 

Le dinamiche della percezione visiva spiegano questioni apparentemente strane nella fruizione di un prodotto. Ad esempio, l’eccessiva densità di una pagina web (ripiena di links, oggetti, immagini, grafici, oggetti multimediali, testi), rende necessaria un assorbimento elevato di energia cognitiva. Poiché l’essere umano è alla costante ricerca di una omeostasi energetica, la richiesta di energia elevata significa costo di fruizione elevato, e si riverbera negativamente sulla gradevolezza.

Pertanto, la progettazione visiva dei prodotto e degli elementi grafico-comunicazionali deve considerare diversi elementi: il costo di fruizione, il tempo disponibile per elaborare l’immagine ed il prodotto, e l’impegno/capacità di elaborazione del cliente (maggiore o minore disponibilità ad impegnarsi nella decodifica di segnali complessi).

Solo grazie a questa analisi è possibile determinare strategie di comunicazione visuale efficienti.

La percezione del prodotto

La linea di percettività indica la soglia oltre la quale un sistema (prodotto-azienda) entra in contatto con un altro sistema (cliente-utilizzatore). 

Il contatto avviene non solo attraverso la vista ma in generale attraverso qualsiasi senso della percezione coinvolto (vista, udito, tatto, olfatto, gusto, cinestesi, ergogenesi).

Ad esempio, la valutazione di un PC può essere influenzata negativamente da un primo impatto in cui emergano aspetti non conformi alle aspettative. Tra questi: un tasto di accensione/spegnimento difettoso, un’unità floppy traballante, la presenza di urti ed abrasioni evidenti o palesi errori di assemblaggio (spazi e fessure tra le giunzioni), oppure un mouse dal puntamento irregolare, poco scorrevole, con tasti duri e soggetti ad incastrarsi in continuazione.

Altre caratteristiche del PC non creano performance apparente e quindi satisfaction del consumatore. L’ordine e la cura dell’assemblaggio dei cavi interni è un esempio: i cavi potrebbero essere contorti e attorcigliati ma questo non determina un cambiamento nella prestazione percepita (sempre che il computer non venga aperto e il cliente abbia capacità discriminante tale da capire che l’assemblaggio non è curato).

Il grado con cui un elemento è esposto ai sensi del cliente determina la sua valenza nell’incidere sulla valutazione complessiva, o carico comunicazionale. Da ciò emerge il seguente principio:

Principio – Del carico comunicazionale

  • Ogni elemento del prodotto e dell’azienda assume impatto sul cliente in funzione di quanto è esposto al contatto con esso, lungo tutti i possibili sensi della percezione.
  • La competitività dipende dalla capacità di identificare e gestire gli elementi che assumono carico comunicazionale, sia fisici (oggetti, ambienti) che relazionali (persone). 
  • Gli elementi di disturbo devono essere rimossi o modificati. 
  • L’identificazione delle priorità di intervento dipende dal coefficiente di carico comunicazionale di ciascun elemento (peso o incidenza sulla immagine e valutazione complessiva), da determinare con metodologia di indagine qualitativa e quantitativa.

[1] Alcuni esempi visivi di scan-path, prodotti dall’Internet Psychology Lab della University of Illinois, sono riportati al sito: www.medialab-research.com/alm2/

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Le parole chiave di questo articolo La percezione del prodotto ed il carico comunicazionale sono :

  • Percezione del prodotto 
  • Carico comunicazionale
  • Soglie percettive
  • Soglia assoluta
  • Soglia differenziale
  • Ceiling-effect
  • Scan path
  • Scansione dell’immagine
  • Scansione visiva
  • Segnali di attenzione
  • Percorso di scansione
  • Punti salienti dell’immagine
  • Trust signals
  • Distrust signals
  • Segnali generatori di fiducia
  • Segnali generatori di sfiducia
  • Percezione visiva
  • Energia cognitiva
  • Costo di fruizione
  • Linea di percettività

© Copyright estratto dal libro di Daniele Trevisani (2016).  Psicologia di Marketing e Comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management. Milano, Franco Angeli, 9° edizione.

La perceptivity line analysis: percezione totale di prodotto

Nonostante le immagini retinali si muovano ad ogni saccata, nonostante un sistema visivo che prende delle “istantanee” del mondo, ciascuna separata da un periodo nel quale siamo essenzialmente ciechi, la nostra esperienza visiva è quella di una realtà continua ed ininterrotta. Sentiamo di vedere le intere scene per tutto il tempo nel quale teniamo aperti gli occhi. La percezione visiva, in altre parole, è una continua opera di ricostruzione della realtà.

Perché il mondo non appaia “saltare di qua e di là” come dovrebbe, nonostante il fatto che l’immagine retinica si sposti da una fissazione all’altra, è spiegato dalla teoria dell’integrative visual buffer la quale assume che in ogni fissazione, tutte le informazioni provenienti dalla retina vengano codificate e memorizzate in un buffer visivo (memoria tampone).

Le dinamiche della percezione visiva spiegano questioni apparentemente strane nella fruizione di un prodotto. Ad esempio, l’eccessiva densità di una pagina web (ripiena di links, oggetti, immagini, grafici, oggetti multimediali, testi), rende necessaria una quantità elevata di saccate e questo significa assorbimento elevato di energia cognitiva. Poiché l’essere umano è alla costante ricerca di una omeostasi energetica, la richiesta di energia elevata significa costo di fruizione elevato, e si riverbera negativamente sulla gradevolezza.

Pertanto, la progettazione visiva dei prodotto e degli elementi grafico-comunicazionali deve considerare diversi elementi: il costo di fruizione, il tempo disponibile per elaborare l’immagine ed il prodotto, e l’impegno/capacità di elaborazione del cliente (maggiore o minore disponibilità ad impegnarsi nella decodifica di segnali complessi). Solo grazie a questa analisi è possibile determinare strategie di comunicazione visuale efficienti. Ad esempio, uno studente di ingegneria possiederà probabilmente livelli elevati di capacità di elaborazione, per quanto riguarda i prodotti tecnologici complessi (es: un diagramma di flusso che spiega come funziona un videoregistratore, nel libretto delle istruzioni). Per un pensionato senza titoli di studio, lo stesso foglio di carta può costituire un geroglifico incomprensibile. Questo richiede per l’azienda una grande capacità di sviluppare prodotti e informazioni adatte alle capacità di elaborazione dei propri clienti target, considerandone le caratteristiche ed i limiti (adattamento comunicazionale al target).

La linea di percettività indica la soglia oltre la quale un sistema (prodotto-azienda) entra in contatto con un altro sistema (cliente-utilizzatore).

Il contatto avviene non solo attraverso la vista ma in generale attraverso qualsiasi senso della percezione coinvolto (vista, udito, tatto, olfatto, gusto, cinestesi, ergogenesi).

Le componenti o elementi di un prodotto/prestazione vengono divisi nel metodo ALM in elementi “al di sotto della linea di percettività” (BPL below perceptivity line) e elementi “al di sopra della linea di percettività” (APL above perceptivity line).

Se analizziamo unicamente la percezione visiva, gli elementi vengono divisi invece in AVL (elementi oltre la linea di visibilità) e BVL (elementi che non superano la linea di visibilità e quindi non entrano in contatto visivo con il cliente).

Ad esempio, la cura dell’assemblaggio esterno di un PC è un elemento AVL. Esso è ampiamente esposto alla linea di visibilità, mentre il mouse può essere analizzato sia come elemento AVL (dal punto di vista visivo) ma anche come elemento APL, in quanto l’utilizzatore viene costantemente a contatto con esso a livello tattile, e non solo visivo.

La valutazione di un PC può essere influenzata negativamente da un primo impatto in cui emergano aspetti non conformi alle aspettative. Tra questi: un tasto di accensione/spegnimento difettoso, un’unità floppy traballante, la presenza di urti ed abrasioni evidenti o palesi errori di assemblaggio (spazi e fessure tra le giunzioni), oppure un mouse dal puntamento irregolare, poco scorrevole, con tasti duri e soggetti ad incastrarsi in continuazione.

Altre caratteristiche del PC sono invece BPL, ovvero non creano performance apparente e quindi satisfaction del consumatore. L’ordine e la cura dell’assemblaggio dei cavi interni è un esempio: i cavi potrebbero essere contorti e attorcigliati ma questo non determina un cambiamento nella prestazione percepita (sempre che il computer non venga aperto e il cliente abbia capacità discriminante tale da capire che l’assemblaggio non è curato).

La presenza di elementi sommersi della prestazione si può notare anche in un servizio, quale una gestione finanziaria: la gestione di un portafoglio di titoli può sembrare alquanto soddisfacente se il cliente conosce solo il risultato iniziale (investimento in gennaio pari a 100) e il risultato finale ad un anno (130 unità risultanti a dicembre), ma questa costituisce solo la prestazione APL. Se il consumatore sapesse che durante l’anno di gestione si sono verificati momenti in cui il valore è sceso a 60 (elemento BPL), la prestazione complessiva verrebbe giudicata alquanto meno soddisfacente. Il cliente si accorgerebbe di aver corso un rischio superiore rispetto alla pura valutazione del risultato (differenza netta tra capitale pre-investimento e successivo all’investimento).

Il grado con cui un elemento è esposto ai sensi del cliente determina la sua valenza nell’incidere sulla valutazione complessiva, o carico comunicazionale. Da ciò emerge il seguente principio:

Principio 4 – Del carico comunicazionale

  • Ogni elemento del prodotto e dell’azienda assume impatto sul cliente in funzione di quanto è esposto al contatto con esso, lungo tutti i possibili sensi della percezione.
  • La competitività dipende dalla capacità di identificare e gestire gli elementi che assumono carico comunicazionale, sia fisici (oggetti, ambienti) che relazionali (persone).
  • Gli elementi di disturbo devono essere rimossi o modificati.
  • L’identificazione delle priorità di intervento dipende dal coefficiente di carico comunicazionale di ciascun elemento (peso o incidenza sulla immagine e valutazione complessiva), da determinare con metodologia di indagine qualitativa e quantitativa.

psicologia di marketing e comunicazione

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