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© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategic selling. Psicologia e comunicazione per la vendita consulenziale e le negoziazioni complesse”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

Il fattore umano della vendita: le energie del venditore che opera in ambienti complessi

La vendita consulenziale è anche un’area di ricerca, supportata da diversi formatori e ricercatori. Tuttavia non è per tutti. Solo formatori Senior e venditori Senior di alto livello sono in grado di capire il valore di una ricerca seria sui processi psicologici di vendita e le implicazioni che la psicologia del marketing ha per chi opera sul campo.

In pochi istanti di trattativa sbagliata si possono far saltare interi anni di lavoro.

Il fatto di avere interessi in gioco molto elevati, fa dirigere attenzione verso quest’area da parte dei pochi e migliori istituti, ricercatori e imprese.

Si pensi ad esempio al problema pratico di quanto variano le capacità comunicative e conversazionali, le capacità di ascolto e attenzione (es. cogliere o non cogliere una “mezza affermazione”) man mano che aumenta lo stato di stanchezza fisica e mentale del venditore o negoziatore. 

Un venditore Senior è anche in grado di auto-monitorarsi nei propri livelli di energie, e capire quando è il momento di recuperare e fermarsi, quando la sua conversazione rischia di essere amputata e dimezzata dalla sua stanchezza fisica che avanza.

Avete mai provato a condurre trattative importanti e ritrovarvi stanchi? Allora sapete di cosa sto parlando. E sapete quanto sia fondamentale curare lo stato di forma fisica e mentale del venditore, e non solo la comunicazione “esterna”. Per questo, il nostro approccio deve considerare non solo la vendita, ma anche il venditore, come un sistema delicato di energie, al quale applicare attenzioni.

Senza un venditore preparato, e in condizioni ottimali di energie e condizione psicofisica, la vendita non trova il supporto del fattore umano.

Serve quindi scienza, unita a pratica di vendita, e questo è il terreno della nostra formazione.

La vendita consulenziale si inquadra all’interno delle trattative complesse (Complex Sales) ed ha sempre una forte componente psicologica e a volte psicanalitica.

Spesso – nelle vendite complesse – il cliente non esiste nemmeno, sostituito da un decision-network, una rete di influenzatori e decisori che svolgeranno una discussione ad un tavolo nel quale non parteciperai. 

È il caso delle trattative per la vendita di forniture tramite gara d’appalto, nelle quali il ruolo consulenziale parrebbe marginale ma invece diventa determinante in quanto crea le condizioni affinché, nel momento della decisione, la maggior parte delle persone che conta abbia già scelto.

Per migliorare le capacità di vendita dobbiamo capire il processo psicologico di acquisto, la mappatura dei decisori chiave, degli influenzatori e gatekeeper, dei leader aziendali e opinion leader professionali o amicali, da contattare per praticare un Key Leader Engagement strategico.

Ruolo del consulente di acquisto, secondo la scuola della “Psicologia di Marketing e Comunicazione” diventa fare emergere i diversi livelli della psicologia del cliente (conscio, subconscio, inconscio) e supportare un processo decisionale positivo, coerente con il futuro aziendale, garantendo in questo modo un rapporto basato sulla relazione d’aiuto e la partnership autentica di tra venditore consulenziale e cliente.

Il processo di formazione alla vendita consulenziale prevede l’addestramento progressivo all’incontro con un cliente complesso, niente a che fare con la formazione da palcoscenico.

Nel nostro modello, le energie di cui si alimenta un venditore consulenziale sono le competenze che egli sa di possedere, e nessun doping può sostituire una formazione seria e un coaching in profondità.

Le competenze psicologiche di chi opera nella negoziazione, vendita consulenziale e trattative complesse

Nella vendita consulenziale sono significative diverse competenze, ne citiamo alcune, e molte altre emergeranno durante la lettura:

  • Conoscenze sulla comunicazione umana (verbale, paralinguistica, non verbale);
  • Conoscenze di negoziazione, anche interculturale e internazionale;
  • Capacità di ascolto empatico e ascolto attivo;
  • Capacità di progettazione soluzioni (Solutions Selling);
  • Capacità di esaminare i sistemi decisionali, mappare i poteri, creare “sociogrammi decisionali”;
  • Key Leader Engagement: coinvolgere i Key Decision Makers, gli influenzatori chiave, inquadrare i personaggi chiave che possono facilitare o rallentare la vendita;
  • Riconoscere dissonanze cognitive, comportamentali, conversazionali, anche quando si presentano in formato molto attenuato o nascosto;
  • Capacità di percezione aumentata; percepire i segnali deboli;
  • Capacità di micro-analisi: saper scomporre il flusso esperienziale in “frames”, localizzare brani significativi, fenomeni e comportamenti;
  • Saper riportare correttamente, a colleghi e membri del team, dati e comportamenti osservati (funzioni di debriefing e reporting);
  • Capacità di sintonizzazione emozionale ed esperienziale;
  • Saper utilizzare un repertorio di stili comunicativi vasto e sapersi rapportare ad interlocutori diversi (stretching comunicazionale);
  • Capacità di concludere le trattative e fidelizzare verso futuri steps, capacità di chiusura e di conclusione.

Il tratto comune alle diverse scuole di vendita consulenziale, al di la delle differenze, è la visione strategica della centralità della relazione.

La vendita consulenziale, al contrario della comunicazione pubblicitaria, è un lavoro estremamente interattivo e fluido, basato sul rapporto interpersonale, sulle capacità di sviluppo di relazioni solide, rapporti umani significativi, e sensibilità. 

Le vendite non sono frutto del destino: formarsi alla comunicazione come leva strategica dello sviluppo

Il face-to-face è una dimensione fondamentale del Business, assolutamente trascurata per importanza e per budget ad essi dedicati, in rapporto alla spesa in promozione, advertising e pubblicità classici.

Se confrontiamo quanto budget le imprese dedicano alla pubblicità, e quando alla formazione per il face-to-face, notiamo una sproporzione enorme. 

Molte imprese dedicano alla crescita delle competenze di comunicazione interpersonale dei propri collaboratori una cifra pari a zero. Altre lo fanno solo con i residui di bilancio, se qualcosa avanza.

E questo equivale a depotenziare e impoverire il capitale umano dell’azienda.

La confusione tra comunicazione pubblicitaria e comunicazione interpersonale è un errore di cui si pagano le conseguenze. In ogni trattativa, in ogni messaggio via email, in ogni telefonata sbagliata, in ogni presentazione poco efficace, le lacune di formazione si trasformano in una sindrome di sconto su sconto, perdita di potere negoziale, perdita di trattative, perdita di clienti veri, perdita di senso di efficacia personale.

Queste micro-perdite sono tanto dannose quanto poco capite dalle imprese, che le metabolizzano male, additandole come “frutto del destino” o della concorrenza agguerrita, o della congiuntura. No. Spesso la questione va ricercata nella preparazione e formazione adeguata, che mancano. 

La maggior parte delle aziende svolge affari con altre aziende e non ha un consumatore finale (end-user) colpibile con messaggi pubblicitari classici. E, tuttavia, le imprese si ostinano a cadere nel tranello delle tentazioni pubblicitarie, e a distogliere budget dalla preparazione delle persone verso spot e altre forme mediate.

Gli affari veri, negli incontri veri, nelle trattative che contano, li conducono le persone, e queste vanno preparate.

Riportare i budget dal fronte pubblicitario alla formazione di chi comunica tutti i giorni, è un dovere di ogni amministratore più consapevole del fatto che oggi, nel mondo dell’impresa, la differenza la fanno le persone.

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online

© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategie di comunicazione e marketing. Un metodo in 12 punti per campagne di comunicazione persuasiva”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

Competenza tecnica e qualificazione dei membri interni ed esterni del Campaign Team

Di assoluta importanza e priorità è decidere quali siano i confini dei ruoli : chi deciderà la strategia del messaggio? Il creativo o lo psicologo, o il direttore commerciale? 

Se non chiariamo prima i confini del “chi fa cosa” la campagna sarà un continuo susseguirsi di rimpalli di responsabilità o lotte di potere, e in un caso o nell’altro non ne uscirà nulla di buono.

In ogni organizzazione la certezza della responsabilità nominale (un nome per ogni responsabilità) è un ingrediente fondamentale.

Nessun titolare d’azienda si affiderebbe ad un idraulico per un’operazione al cuore, e la comunicazione aziendale è materia altrettanto delicata. 

La comunicazione punta al cuore dell’azienda e al cuore del cliente.

Sbagliare la comunicazione produce danni. Gli errori costano cari. 

Per gestire una campagna di comunicazione dobbiamo quindi definire competenze scientifiche e di coordinamento forti, e delegare solo i compiti veramente amministrativi a chi ha competenze amministrative. Dobbiamo inoltre capire che molte competenze prima giudicate amministrative sono in realtà comunicazionali. 

Il fatto di considerare un operatore di telemarketing come amministrativo è un errore, in quanto il telemarketing è attività comunicazionale che richiede forti skills verbali, paralinguistiche e di ascolto, un training adeguato, e una selezione di partenza forte. Lo stesso vale per la vendita diretta.

Ancora di più vale per il Key Leader Engagement, la dove abbiamo persone fisiche che vanno ad ingaggiare leader e decisori. La preparazione deve essere massima.

Ogni campagna di comunicazione deve costruirsi sulle basi di un pool manageriale, tecnico e scientifico dalla consolidata esperienza e capacità.

I ruoli e le funzioni più importanti nell’impostazione di una campagna di comunicazione aziendale sono connessi alle sue diverse fasi. 

Mentre nelle grandi campagne di comunicazione, che dispongono di budget elevati, è opportuno che i ruoli siano assunti da diverse persone, nelle campagne di comunicazione e nelle campagne commerciali delle PMI è invece possibile accorpare diverse funzioni in più persone, considerando la realtà delle risorse disponibili.

In questo caso (accorpamento di più ruoli) dovremmo comunque distinguere quale “cappello” il soggetto stia vestendo nei diversi momenti della campagna, per evitare di confondere le responsabilità, che devono invece rimanere separate.

I ruoli e le funzioni principali della campagna di comunicazione

  • Direttore commerciale, direttore marketing, o titolare/proprietà: il direttore commerciale o direttore marketing (in alcuni casi la proprietà stessa) deve esplicitare il risultato da raggiungere in termini aziendalistici e verificare tramite le sue conoscenze dirette del mercato la fattibilità di alcune fasi della campagna. È il referente verso il quale la campagna deve produrre risultati.
  • Consulente in comunicazione: il consulente deve agire da direttore scientifico, facilitatore di processo e referente tecnico, esponendo le linee guida da seguire. Tra i suoi compiti si inseriscono la fissazione dei communication goals in accordo con la direzione commerciale, la supervisione scientifica dei processi di ricerca, message planning e communication planning, pre-test e verifiche di risultato, e la definizione della channel strategy.
  • Creativo: il creativo può ricevere il compito di elaborare un messaggio che concretizzi la linea di azione comunicativa decisa strategicamente dalla direzione e dai consulenti.
  • Copywriter: il copy è responsabile della redazione dei testi, e in alcuni casi della realizzazione degli scripts (strutture di comunicazione).
  • Ricercatore/analista: ha il compito di curare progetti di ricerca e realizzare raccolte dati (primari o secondari) che facciano luce sul problema, svolgendo inoltre le necessarie ricerche sui target primari e secondari. Se dotato di skills elevate, possiede le competenze per realizzare i test sperimentali di efficacia del messaggio (pre-test), ricerche qualitative e verifiche di risultato (post-campagna). Deve compiere analisi qualitative e/o quantitative.
  • Media-planner (solo nei casi di campagne tramite mass-media): ha il compito di verificare la disponibilità dei media e acquistare gli spazi media, considerando i  tempi e momenti di esposizione esatti nei quali il messaggio deve uscire, e i canali/media sui quali si intende comparire.
  • Key Leader Engagement Specialist (KLE): ha il compito di ingaggiare, contattare le persone chiave, i decision makers, gli influenzatori, e quando vi sono più Engager, gestire le operazioni di KLE e coordinarle
  • Project manager: ha il compito di coordinare le diverse risorse umane, i tempi e le risorse di progetto.
  • Finanziatore: reperisce le risorse per le diverse fasi. Può essere il titolare o un manager che gestisce un budget. Il più grave errore che può compiere è ricercare risultati elevati stirando un budget risicato su molteplici obiettivi, senza raggiungerne alcuno.

Partner potenziali e loro ruolo nella campagna di comunicazione

Molti progetti richiedono la presenza di partner qualificati. I partner possono essere sia strutture pubbliche e private, enti o aziende, consulenti o associazioni, fornitori o clienti, e altre entità cointeressate alla realizzazione degli obiettivi di progetto. 

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I partner devono avere ritorni forti e responsabilità accettate in modo altrettanto forte e chiaro.

E’ facile ignorare la responsabilità quando si è soltanto un anello intermedio in una catena di azioni.

Stanley Milgram

La costruzione di un network di progetto funge da facilitatore ed aumenta il peso politico dello stesso. Per un’azienda produttrice di utensili, riuscire a realizzare una campagna commerciale con il supporto o senza il supporto dei sui principali fornitori produce effetti decisamente diversi. Quando si riesce a creare una “cordata” di enti, aziende, persone, interessate agli esiti del progetto, il progetto ha più motori e più propulsori.

Per un club sportivo intenzionato a promuovere una nuova disciplina, il supporto di una federazione nazionale (che faccia sentire il proprio peso politico, e organizzi una dimostrazione pratica con atleti di alto livello) può fare la differenza.

Per un produttore di software, poter disporre di testimonianze dei principali clienti sui benefici ottenuti grazie alle soluzioni progettate, farli partecipare di persona come testimonial di un evento informativo, rappresenta un fattore critico di successo. In tutti questi casi, la sinergia tra attori di mercato aumenta il risultato finale dell’operazione.

Nel caso precedentemente riportato (l’azienda Secure) la campagna commerciale per la sicurezza degli stabilimenti chimici aveva negli Assessori all’ambiente e Sindaci dei comuni del territorio un cardine fondamentale, sia per il potere di boicottaggio che essi potevano assumere verso gli “inadempienti” alla fase di verifica della sicurezza in azienda, che per il potere di facilitazione del progetto o di co-finanziamento.

Deve essere tuttavia evitata la frammentazione decisionale: uno specifico ente o azienda – uno solo – deve assumere la leadership di progetto e i partner devono accettare le regole decise dal Project Leader.

Nella definizione delle partnership il problema principale dell’azienda è quello della motivazione dei partner stessi. Il leader deve porsi il problema di collocare – sul piatto della bilancia – ritorni importanti, inclusa l’immagine del far parte del progetto ma anche la visibilità, opzioni di incremento delle vendite, e altri ritorni, che siano in grado di motivare e incoraggiare un’effettiva partecipazione dei partner. 

La partecipazione dei partner può essere ripagata tramite ritorni d’immagine chiari (presenza del logo su ogni comunicazione) e/o anche tramite aumenti di vendite verificabili, e altre forme di ritorno per cui i partner non stiano solo “facendo un favore” (“nessuno fa niente per niente”, è un detto decisamente applicabile nel campo del business), ma ricavino concreti benefici dal partecipare alla campagna.

In un certo senso, la vendita del progetto ai partner è un sotto-piano di comunicazione innestato nella campagna. Se questo fallisce l’azienda si troverà a gestire la campagna da sola, contando su risorse e apporti esterni che non perverranno mai.

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

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