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dissonanze cognitive

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© Articolo estratto con il permesso dell’autore dal testo di Daniele Trevisani – “Psicologia di marketing e comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management”. Franco Angeli editore, Milano.

Le ricerche di Leon Festinger hanno ampiamente dimostrato il bisogno umano di evitare dissonanza tra i propri pensieri e le proprie azioni, sino al punto che – a fronte della percezione di una dissonanza interna – l’individuo modificherà le proprie opinioni o le proprie azioni per ricercare un equilibrio interno.

Il problema della dissonanza cognitiva nel marketing emerge in tutta la sua forza quando l’impresa non riesce a sviluppare un’immagine coerente tra qualità del prodotto, packaging, qualità del marchio, comportamento delle forze di vendita, materiali pubblicitari e internet, e ogni altro elemento comunicativo di contatto con il cliente.

Lungo il percorso di valutazione del prodotto, il consumatore o buyer può incontrare diverse fonti di dissonanza. Esponiamo alcuni esempi:

  • Dissonanza interna al prodotto. La dissonanza interna al prodotto emerge quando diverse caratteristiche dello stesso vanno in direzioni non compatibili l’una con l’altra. Ad esempio, una cucitura mal fatta in un abito da cerimonia (lo stesso difetto non disturberebbe più di tanto in un abito da giardinaggio). Oppure ancora, un paese di origine del prodotto che non rientra tra quelli graditi dal consumatore, pur essendo il prodotto perfetto dal punto di vista tecnico. O ancora, nel marketing turistico, la dissonanza tra l’ingresso di marmo di una struttura alberghiera ed il retro sporco e maleodorante, o la scelta difficile tra due prodotti entrambi lacunosi. 
  • Dissonanza prodotto-venditore. Si presenta nelle situazioni in cui il prodotto piace, ma vi sono dubbi o scarso gradimento rispetto al punto di vendita, o sul venditore stesso. Posso essere estremamente attratto da un marchio di computer, ma non gradire assolutamente il modo di comportarsi arrogante del venditore esclusivista della zona.
  • Dissonanza prodotto-immagine. Posso gradire le caratteristiche tecniche del prodotto, ma non l’immagine che vi è associata. Può piacermi il prodotto Lacoste (in termini di qualità e finiture), ma non il soggetto tipico che indossa Lacoste. Posso amare il paesaggio visuale di Portofino, ma non i suoi frequentatori e la sua immagine di luogo d’elite.

Il bilanciamento mentale nell’acquisto: una nuova teoria centrata sul cliente.

L’analisi delle pulsioni si pone l’obiettivo di capire quali leve decisionali scattano, portando un soggetto a separarsi da un valore (il proprio denaro, il proprio tempo, ed altri valori per sé importanti) in cambio di altro (una prestazione, un bene, un servizio, un favore). L’analisi dei meccanismi mentali che avvengono durante una scelta deve portarci a riflettere su quali siano le aree del pensiero umano coinvolte nella decisione. 

Studi qualitativi condotti dall’autore hanno evidenziato che durante un atto d’acquisto avvengono alcuni fenomeni di valutazione che hanno una valenza generale. Possono cioè essere applicati a qualsiasi fenomeno di acquisto e vendita. Gli studi sono in corso, ma possiamo qui anticipare alcuni risultati, che costituiscono un punto fermo del presente volume e del prossimo in fase di elaborazione, dedicato alla comunicazione frontale.

I primi risultati delle nostre ricerche evidenziano due fenomeni:

  • il costo di acquisto reale è molto diverso dal costo monetario: il costo di acquisto è una sommatoria di costi economici e costi psicologici – correlati all’acquisto – che il cliente anticipa, percepisce, teme o prevede.
  • Il rientro percepito derivante dall’acquisto è molto diverso dal bene o proprietà realmente acquisito: anche in questo caso sono presenti (con forza maggiore o minore) flussi di valore psicologico che influenzano la percezione di valore del bene o servizio acquistato. Pertanto, anche il rientro totale dell’acquisto è una somma: beni materiali (o servizi) più rientri psicologici di varia natura.

Possiamo quindi parlare di un Costo Totale di Separazione (CTS: sommatoria del denaro o beni ceduti + costi psicologici connessi all’acquisto) e di un Rientro Totale dell’Acquisto (RT, sommatoria dei rientri fisici e di servizio + rientri psicologici).In generale, affinché avvenga un acquisto, il costo totale di separazione (separazione da denaro + costi psicologici) deve essere inferiore al rientro totale dell’operazione (rientro fisico o in servizi + rientro psicologico).

Il Costo psicologico latente

Acquistare non richiede unicamente un esborso in denaro. Spesso un acquisto si carica di costi psicologici nascosti che ne aumentano il gravame. Ad esempio, ipotizziamo che un’azienda riceva una proposta di passaggio ad un nuovo sistema operativo per i propri PC. Se essa ha appena terminato un costoso programma di formazione per il personale sul vecchio sistema operativo, il costo di acquisto si caricherà di ansie e preoccupazioni non monetarie (costi psicologici). Ad esempio, può nascere la percezione che l’investimento precedente in formazione diventerebbe immediatamente inutile. Un secondo costo psicologico può essere di natura relazionale e d’immagine. Il buyer che decide di passare al nuovo sistema operativo potrebbe venire giudicato dai dipendenti come incapace di programmare (Perché mi avete fatto fare un corso su questo sistema operativo, se poi appena appreso non lo devo utilizzare, e devo iniziare da capo? – potrebbe chiedersi il dipendente). Di questa reazione negativa attesa il buyer può sentire con forza il peso, e decidere di non acquistare, soprattutto temendo le ripercussioni nell’ambiente circostante, anche se la valutazione del prodotto è buona.

Un altro esempio di costo psicologico nascosto è connesso al costo valoriale di una scelta. Una scelta di acquisto viene soppesata anche alla luce dei valori sottostanti. Ad esempio, per un ecologista/animalista convinto, acquistare un hamburger non significa unicamente sborsare alcuni dollari, ma rifiutare a tutti i valori in cui crede. Il costo psicologico in questo caso è enormemente superiore al costo monetario. Lo stesso vale (nell’ecologista) per l’acquisto di una pelliccia, o di un’auto che consuma molto. 

I costi psicologici si dividono quindi, nella nostra prima categorizzazione, in costi psicologici personali (effetti indesiderati dell’acquisto legati ai propri valori o credenze) e in costi sociali o normativi (determinano un non-acquisto causato delle possibili reazioni negative degli altri: colleghi, amici, parenti, superiori, ecc.).Tra i costi psicologici rientrano possibili perdite di immagine, di valori, cambiamenti di abitudini consolidate, diminuzioni di sicurezza, calo di approvazione sociale, riduzioni di qualità della vita, aumento di ansie e tensioni, e altre preoccupazioni legate in qualche modo (nella mente del cliente) all’atto di acquisto. Esse incidono sul comportamento di acquisto anche se frutto di immaginazione o basate su dati in realtà non fondati.

Analizziamo un caso ulteriore di acquisto di innovazione:
l’implementazione di un sistema di e-commerce aziendale, proposto ad un imprenditore. Potremmo scoprire ad esempio che il costo di separazione sottostante non riguarda il solo denaro necessario (il costo del sistema), ma include anche l’anticipazione di una perdita di controllo. L’imprenditore sente che altri in azienda (es: gli informatici, o i nuovi esperti di internet marketing) e non più lui, capiranno cosa sta accadendo e come gestire l’impresa. Questo provoca riduzione del senso di autostima e caduta del ruolo. Questi costi psicologici nascosti possono essere il fuoco che alimenta le obiezioni di superficie. Capirli, per poi gestirli, è assolutamente necessario.

© Articolo estratto con il permesso dell’autore dal testo di Daniele Trevisani – “Psicologia di marketing e comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management”. Franco Angeli editore, Milano. Vietata la riproduzione senza citazione della fonte.

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Altre risorse online:

Temi e Keywords dell’articolo:

  • La psicologia del marketing
  • Dissonanze cognitive
  • Bilanciamento mentale
  • Analisi delle pulsioni
  • Meccanismi mentali
  • Leve decisionali
  • Costi economici
  • Costi psicologici
  • Costo psicologico latente
  • Costo valoriate di una scelta
  • Costi valoriali
  • Ecommerce
  • Analisi qualitativa degli utenti
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  • Esperienza d’acquisto
  • Bisogno d’acquisto
  • Abitudini di consumo

Articolo estratto con il permesso dell’autore dal testo di Daniele TrevisaniIl potenziale umano. Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance”. Franco Angeli editore, Milano.

Coerenza tra pensiero ed azione per trovare l’equilibrio interiore

Ogni pensiero, azione e comportamento dell’individuo deve trovare una coerenza con ogni altro pensiero, intenzione, comportamento, valore. Quando questo non succede l’individuo subisce forme di crisi, piccole o grandi, legate ad un senso di instabilità psicologica interna.

Va da sè che con questa instabilità interna latente, l’individuo non possa fare molta strada, e tantomeno confrontarsi con sfide che lo vorrebbero al meglio delle proprie capacità.

La prima ed assoluta capacità mentale da coltivare nel percorso verso il potenziale umano è la ricerca e riduzione delle dissonanze interne e delle incongruenze interiori che minano la stabilità psicologica della persona.

Questo aspetto è un tratto che si collega sia alla salute e benessere psichico delle persone comuni, che – in misura ancora più forte – in chi pretende di arrivare alle vette di una disciplina o di una professione, o compiere azioni di alte performance.

La congruenza cognitiva misura il grado con cui la persona percepisce sicurezza e coerenza tra ciò che pensa e ciò che fa, tra le proprie strutture di valori, atteggiamenti e comportamenti, e quindi quanto sia in condizione di grounding (buon radicamento psicologico), o invece in stato di confusione mentale. Quando manca il grounding, subentrano dissonanza e confusione interna che minano le energie personali.

Se un individuo crede nella salute, in teoria non dovrebbe fumare. Se crede nel perdono, in teoria non dovrebbe arrabbiarsi per più di pochi secondi. La teoria non equivale alla realtà in quanto subiamo costantemente condizioni di incongruenza. Non agiamo sempre in base alle idee che dichiariamo e ai valori che professiamo.

La realtà è complessa e fatta di persone che fumano o mangiano male o bevono eccessivamente, sapendo coscientemente quanto sia dannoso, e consigliando agli altri con convinzione di non fare ciò che loro fanno. Ed ancora, persone che professano amore e pace e praticano il rancore sistematico e l’aggressività, pacifisti armati, soldati poeti, santi peccatori, medici malati, professori che non sanno insegnare, e via così. Se ci guardiamo dentro sinceramente scopriremo di avere dissonanze in più campi. Tutti noi, nessuno escluso.

L’incoerenza sembra l’essenza stessa dell’essere umano, e nessuno può escludersi o tirarsene fuori. A parte il lato divertente delle incoerenze, e lungi da qualsiasi tentativo di ottenere un essere perfetto (e forse persino noioso), vogliamo affrontare invece il problema delle incoerenze pericolose e delle dissonanze che drenano e danneggiano le energie mentali.

Le dissonanze cognitive – sia consapevoli che inconsapevoli – assorbono energie. Quando qualcosa non va negli equilibri interiori, si attivano energie mentali di riparazione, o per “silenziare” queste voci, per ricacciarle nel tombino, o – nel tentativo di superarle – per fare qualcosa.

Le energie mentali di riparazione sono destinate a chiudere falle nel proprio sistema di credenze, valori, atteggiamenti e comportamenti, mentre le energie mentali di progressione sono quelle destinate a costruire il nuovo. È evidente che quanto la mente è assorbita nelle prime vi sia meno spazio per le ultime.

Allo tesso tempo, avviare importanti opere di costruzione con strutture sottostanti deboli o bacate, non è nemmeno produttivo, anzi pericoloso.

La consapevolezza che per superare una dissonanza bisogna rinunciare, lasciare qualcosa e cambiare, produce fatica, alimenta la resistenza al cambiamento che caratterizza ogni essere umano.

Principio 17 – Riduzione delle dissonanze cognitive

Le energie mentali diminuiscono o si esauriscono quando:

  • l’individuo vive dissonanze cognitive interne consapevoli ma non riesce a trovare vie di risoluzione;
  • l’individuo vive dissonanze cognitive interne inconsapevoli, sconosciute a se stesso, non ancora emerse allo stato di coscienza;
  • la coerenza e fluidità dell’azione (quotidiana e strategica) è minata dalle dissonanze stesse;
  • l’individuo esperisce stati di disorganizzazione e difficoltà a fissare nette priorità, riorganizzare le priorità, seguirle coerentemente;

Le energie mentali aumentano quando:

  • vengono trovate vie di soluzione o riduzione per le dissonanze consapevoli;
  • vengono localizzate le dissonanze cognitive inconsapevoli (emersione);
  • la riduzione delle dissonanze produce maggiore fluidità mentale e comportamentale nel vissuto sia quotidiano che nelle performance;

Le azioni di riduzione delle dissonanze sulla gestione dei tempi, desideri, ambizioni, riguardano le divergenze tra stato attuale e ideale, e in particolare:

  • diminuisce la distanza tra come si è come si vorrebbe essere;
  • diminuisce lo scostamento tra azioni e valori;
  • migliora la capacità di gestione dei propri tempi rispetto all’ideale;
  • vengono risolti conflitti tra desideri prima incompatibili;
  • aumenta il senso di vicinanza al vissuto ideale, nelle varie scale temporali (giorno, settimana, mese, anno): la vita vissuta si avvicina maggiormente al vissuto ideale di quel segmento temporale, o viene percepita una progressione in tal senso.

Le dissonanze di vissuto in particolare sembrano essere uno dei temi meno esplorati del potenziale umano e delle performance.

Si pensa che una persona possa magicamente trovare equilibrio mentale o forza interiore, ma questo diventa difficile quando le sue giornate sono estremamente diverse da come egli le vorrebbe vivere, le pressioni sono molteplici e numerose, e non si sa più a chi dare ragione, dove “sbattere la testa”, a cosa dare priorità, cosa meriti più attenzione.

Le dissonanze esistenziali possono riguardare vari livelli:

  • la dissonanza tra come siamo e come vorremmo essere (in cosa sei diverso da come vorresti essere?)
  • la dissonanza tra come ci si sente e come ci si vorrebbe sentire (come ti senti ora, o in questo periodo, rispetto a come vorresti sentirti?)
  • dissonanza tra come agiamo e i nostri valori (Quali sono le tue azioni quotidiane? In quali non ti ritrovi? Cosa non fai e invece vorresti fare?)
  • dissonanze nei tempi: impossibilità di essere onnipresenti, assorbimenti da retropensieri negativi, sensazione “mentre siamo qui non stiamo facendo altre attività importanti”, senza riuscire a risolvere il senso di colpa;
  • dissonanze di valori e desideri: i conflitti di desiderio e tra valori;
  • dissonanze di vissuto, a vari livelli di scala temporale, es.: differenze tra la giornata ideale e la giornata reale, il weekend ideale e quello reale, tra il periodo di vita attuale e quello ideale

Ragionare sulla giornata ideale, su cosa vi succede, sulla settimana lavorativa ideale, o sul weekend ideale, o sul periodo ideale, o sulla struttura ideale dei tempi di una performance, è un motore di riflessione e ispirazione molto potente. Aiuta a fare luce su ciò che si vuole, aiuta a individuare una strada. Sapere dove si vuole andare è importante.

È difficile che una settimana lavorativa sia equilibrata e positiva se non si è riflettuto seriamente su come deve essere la propria “settimana lavorativa ideale”. Le scuse per non farlo sono migliaia (dal “tanto programmare non serve perché poi gli altri ti scompigliano tutto” al “non ho voglia”, al “non dipende da me”) e ci aggrappiamo ad esse con forza, pur di evitare di uscire dal guscio e riprendere in mano la vita con maggiore assertività. Spesso chi ci impedisce di vivere come vorremmo è la persona che ci guarda allo specchio, noi stessi, e riconoscerlo è duro.

Il ritrovamento di un equilibrio cognitivo tra i tempi reali e ideali, i propri valori, atteggiamenti, azioni e priorità, e la fissazione di nuovi e diversi goal, è un obiettivo di sviluppo personale e di coaching di grande interesse.

Anche solo muoversi verso questa realtà, provarci, fare piccolissimi passi, porta l’individuo a sperimentare maggiore coerenza interiore tra i diversi pensieri che lo animano, migliore congruenza tra i pensieri e le azioni, maggiore correlazione tra le azioni e comportamenti che attua ogni giorno e le sue ambizioni.

Il ri-bilanciamento cognitivo non significa coerenza cieca o ortodossia. Si può essere coerenti con un principio, praticarlo in modo ortodosso e fondamentalista, per tutta la vita, ma non credervi fino in fondo, o desiderare persino di cambiare vita per non essere più obbligati a credervi.

Il ri-bilanciamento cognitivo reale è possibile solo in seguito all’esame ed emersione delle dissonanze, facilitato soprattutto da una terapia Rogersiana centrata sulla persona, e da una analisi conversazionale attenta.

Queste pratiche devono essere abbinate ad una condizione/setting che favorisca l’emersione delle dissonanze, quindi un setting neutrale e facilitante, un atteggiamento empatico (Rogersiano), e l’accettazione personale (prima di tutto) del fatto stesso di avere dissonanze come qualcosa di assolutamente normale per l’essere umano, ma affrontabile e migliorabile.

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  • metodo HPM
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  • potenziale personale
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  • Potenziale Umano Veneto
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  • formazione educatori supervisione

© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategic selling. Psicologia e comunicazione per la vendita consulenziale e le negoziazioni complesse”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

Il fattore umano della vendita: le energie del venditore che opera in ambienti complessi

La vendita consulenziale è anche un’area di ricerca, supportata da diversi formatori e ricercatori. Tuttavia non è per tutti. Solo formatori Senior e venditori Senior di alto livello sono in grado di capire il valore di una ricerca seria sui processi psicologici di vendita e le implicazioni che la psicologia del marketing ha per chi opera sul campo.

In pochi istanti di trattativa sbagliata si possono far saltare interi anni di lavoro.

Il fatto di avere interessi in gioco molto elevati, fa dirigere attenzione verso quest’area da parte dei pochi e migliori istituti, ricercatori e imprese.

Si pensi ad esempio al problema pratico di quanto variano le capacità comunicative e conversazionali, le capacità di ascolto e attenzione (es. cogliere o non cogliere una “mezza affermazione”) man mano che aumenta lo stato di stanchezza fisica e mentale del venditore o negoziatore. 

Un venditore Senior è anche in grado di auto-monitorarsi nei propri livelli di energie, e capire quando è il momento di recuperare e fermarsi, quando la sua conversazione rischia di essere amputata e dimezzata dalla sua stanchezza fisica che avanza.

Avete mai provato a condurre trattative importanti e ritrovarvi stanchi? Allora sapete di cosa sto parlando. E sapete quanto sia fondamentale curare lo stato di forma fisica e mentale del venditore, e non solo la comunicazione “esterna”. Per questo, il nostro approccio deve considerare non solo la vendita, ma anche il venditore, come un sistema delicato di energie, al quale applicare attenzioni.

Senza un venditore preparato, e in condizioni ottimali di energie e condizione psicofisica, la vendita non trova il supporto del fattore umano.

Serve quindi scienza, unita a pratica di vendita, e questo è il terreno della nostra formazione.

La vendita consulenziale si inquadra all’interno delle trattative complesse (Complex Sales) ed ha sempre una forte componente psicologica e a volte psicanalitica.

Spesso – nelle vendite complesse – il cliente non esiste nemmeno, sostituito da un decision-network, una rete di influenzatori e decisori che svolgeranno una discussione ad un tavolo nel quale non parteciperai. 

È il caso delle trattative per la vendita di forniture tramite gara d’appalto, nelle quali il ruolo consulenziale parrebbe marginale ma invece diventa determinante in quanto crea le condizioni affinché, nel momento della decisione, la maggior parte delle persone che conta abbia già scelto.

Per migliorare le capacità di vendita dobbiamo capire il processo psicologico di acquisto, la mappatura dei decisori chiave, degli influenzatori e gatekeeper, dei leader aziendali e opinion leader professionali o amicali, da contattare per praticare un Key Leader Engagement strategico.

Ruolo del consulente di acquisto, secondo la scuola della “Psicologia di Marketing e Comunicazione” diventa fare emergere i diversi livelli della psicologia del cliente (conscio, subconscio, inconscio) e supportare un processo decisionale positivo, coerente con il futuro aziendale, garantendo in questo modo un rapporto basato sulla relazione d’aiuto e la partnership autentica di tra venditore consulenziale e cliente.

Il processo di formazione alla vendita consulenziale prevede l’addestramento progressivo all’incontro con un cliente complesso, niente a che fare con la formazione da palcoscenico.

Nel nostro modello, le energie di cui si alimenta un venditore consulenziale sono le competenze che egli sa di possedere, e nessun doping può sostituire una formazione seria e un coaching in profondità.

Le competenze psicologiche di chi opera nella negoziazione, vendita consulenziale e trattative complesse

Nella vendita consulenziale sono significative diverse competenze, ne citiamo alcune, e molte altre emergeranno durante la lettura:

  • Conoscenze sulla comunicazione umana (verbale, paralinguistica, non verbale);
  • Conoscenze di negoziazione, anche interculturale e internazionale;
  • Capacità di ascolto empatico e ascolto attivo;
  • Capacità di progettazione soluzioni (Solutions Selling);
  • Capacità di esaminare i sistemi decisionali, mappare i poteri, creare “sociogrammi decisionali”;
  • Key Leader Engagement: coinvolgere i Key Decision Makers, gli influenzatori chiave, inquadrare i personaggi chiave che possono facilitare o rallentare la vendita;
  • Riconoscere dissonanze cognitive, comportamentali, conversazionali, anche quando si presentano in formato molto attenuato o nascosto;
  • Capacità di percezione aumentata; percepire i segnali deboli;
  • Capacità di micro-analisi: saper scomporre il flusso esperienziale in “frames”, localizzare brani significativi, fenomeni e comportamenti;
  • Saper riportare correttamente, a colleghi e membri del team, dati e comportamenti osservati (funzioni di debriefing e reporting);
  • Capacità di sintonizzazione emozionale ed esperienziale;
  • Saper utilizzare un repertorio di stili comunicativi vasto e sapersi rapportare ad interlocutori diversi (stretching comunicazionale);
  • Capacità di concludere le trattative e fidelizzare verso futuri steps, capacità di chiusura e di conclusione.

Il tratto comune alle diverse scuole di vendita consulenziale, al di la delle differenze, è la visione strategica della centralità della relazione.

La vendita consulenziale, al contrario della comunicazione pubblicitaria, è un lavoro estremamente interattivo e fluido, basato sul rapporto interpersonale, sulle capacità di sviluppo di relazioni solide, rapporti umani significativi, e sensibilità. 

Le vendite non sono frutto del destino: formarsi alla comunicazione come leva strategica dello sviluppo

Il face-to-face è una dimensione fondamentale del Business, assolutamente trascurata per importanza e per budget ad essi dedicati, in rapporto alla spesa in promozione, advertising e pubblicità classici.

Se confrontiamo quanto budget le imprese dedicano alla pubblicità, e quando alla formazione per il face-to-face, notiamo una sproporzione enorme. 

Molte imprese dedicano alla crescita delle competenze di comunicazione interpersonale dei propri collaboratori una cifra pari a zero. Altre lo fanno solo con i residui di bilancio, se qualcosa avanza.

E questo equivale a depotenziare e impoverire il capitale umano dell’azienda.

La confusione tra comunicazione pubblicitaria e comunicazione interpersonale è un errore di cui si pagano le conseguenze. In ogni trattativa, in ogni messaggio via email, in ogni telefonata sbagliata, in ogni presentazione poco efficace, le lacune di formazione si trasformano in una sindrome di sconto su sconto, perdita di potere negoziale, perdita di trattative, perdita di clienti veri, perdita di senso di efficacia personale.

Queste micro-perdite sono tanto dannose quanto poco capite dalle imprese, che le metabolizzano male, additandole come “frutto del destino” o della concorrenza agguerrita, o della congiuntura. No. Spesso la questione va ricercata nella preparazione e formazione adeguata, che mancano. 

La maggior parte delle aziende svolge affari con altre aziende e non ha un consumatore finale (end-user) colpibile con messaggi pubblicitari classici. E, tuttavia, le imprese si ostinano a cadere nel tranello delle tentazioni pubblicitarie, e a distogliere budget dalla preparazione delle persone verso spot e altre forme mediate.

Gli affari veri, negli incontri veri, nelle trattative che contano, li conducono le persone, e queste vanno preparate.

Riportare i budget dal fronte pubblicitario alla formazione di chi comunica tutti i giorni, è un dovere di ogni amministratore più consapevole del fatto che oggi, nel mondo dell’impresa, la differenza la fanno le persone.

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