Il più grande nemico della conoscenza non è l’ignoranza, è l’illusione della conoscenza.
Stephen Hawking
Agire sui saperi tramite il modello X-Y significa chiedersi quale “information gap” vogliamo colmare. Significa chiedersi “cosa deve sapere la persona dopo questo intervento di formazione o coaching, che prima non sapeva?”. I saperi sono importanti ma non sufficienti. Ed inoltre, fare “lezioni” è spesso un metodo insufficiente per creare saperi veri, solidi e interiorizzati.
Trasferire “Saperi” in modalità accademica significa trasmettere conoscenze teoriche, dati, elementi conoscitivi o culturali, tramite il metodo “ad una via”, nel quale un oratore o docente parla e/o scrive su un foglio, espone slides o schemi, legge documenti, e altri metodi similari. È il classico metodo della “lezione frontale” composta da un oratore e da un pubblico (più o meno ricettivo).
La lezione classica o frontale ha numerosi limiti e alcuni pregi. Per i pregi, come evidenzia Castagna (2003). “…. È un momento razionalizzante per antonomasia, perciò necessario nella formazione comportamentale[1].”
La lezione si presta bene unicamente rispetto all’obiettivo di trasferire schemi, vocabolari, modelli e concetti, prima, durante o dopo un training program, ma non è assolutamente da confondere con la totalità di un training program – da considerare come azione olistica ed esperienziale, ed ancora meno è assimilabile ad un Deep Coaching, un coaching che vada veramente in profondità.
Il limite insito nel procedimento della lezione risiede nel ruolo di ascoltatore passivo in cui sono relegati i discenti, limite che facilmente si ripercuote sul loro apprendimento. Come sottolinea Castagna (2003)
“Scarsa memorizzazione dei concetti e rapida caduta del livello di attenzione, derivanti dalla fatica insita nell’ascoltare, sono solo alcuni dei rischi in cui incorre lo spettatore passivo che assiste ad una lezione[2].”
Anche Knowles (2002) fa notare che:
“Coloro che escono dal nostro sistema scolastico non sanno come apprendere, sanno solo come ricevere un insegnamento.” [3]
La tassonomia di Bloom sugli Educational Objectives (obiettivi di apprendimento):
Se vogliamo trasmettere dei saperi, dobbiamo almeno chiederci quale uso desideriamo si faccia degli stessi. Può essere utile tornare qui sulla tassonomia di Bloom[4] sugli Educational Objectives relativa a sei livelli di apprendimento:
remember, recall & knowledge: ricordo, conoscenza dei concetti;
comprehension, understanding: capire veramente il tema;
application: saper applicare il tema o modello ad un problema;
analysis: saper analizzare usando il tema o modello studiato;
synthesis: sintetizzare, saper creare e progettare facendo uso dei concetti appresi e dei modelli dimostrando capacità di sintesi;
evaluation: saper valutare facendo uso dei concetti e modelli appresi.
Come si nota, le fasi superiori, per concretizzarsi, richiedono una “scalata” dal basso verso l’alto, verso capacità autonome.
Secondo Bloom, definire gli obiettivi o goals formativi in termini di capacità comportamentali aiuta a fissarli meglio[5].
Da questa riflessione sono nate molte applicazioni successive che collegano ogni fase a verbi d’azione che possono essere utilizzati come target di apprendimento. Un primo esempio viene da Huitt[6]:
Da questo lavoro di ricerca estrapoliamo il seguente principio del Deep Coaching:
Principio 6: Progressione dei livelli di conoscenza e Modelli di Crescita nel Deep Coaching
Il cambiamento positivo viene favorito dai seguenti fattori:
remember, recall & knowledge: ricordo, conoscenza dei concetti; riuscire a ricordare le variabili chiave di un modello di sviluppo che si intende usare;
comprehension, understanding: capire veramente il tema; capire veramente il cuore e il senso del modello;
application: saper applicare il tema o modello ad un problema;
analysis: saper analizzare un obiettivo o problema usando il tema o modello studiato;
synthesis: sintetizzare, saper sintetizzare le variabili chiave, saper creare e progettare facendo uso dei concetti fondamentali appresi nel modello;
evaluation: saper compiere valutazioni, di persone, aziende o obiettivi e problemi, facendo uso dei concetti appresi nel modello.
Se non compiamo questa scalata che parte dalla conoscenza concettuale fino ad arrivare ad utilizzare pienamente un modello, potremmo dire di avere solo un’effimera illusione di conoscenze, e non conoscenze vere.
[1] Castagna; M (2003). “Role playing, autocasi ed esercitazioni psicosociali” Franco Angeli, Milano, p.16.
[2] Castagna, M (2003). “Progettare la formazione. Guida metodologica per la progettazione del lavoro in aula” Franco Angeli, Milano, p. 46.
[3] Knowles, M (2002). “Quando l’adulto impara: pedagogia e andragogia” Franco Angeli, Milano.
[4] Bloom Benjamin S. and David R. Krathwohl. Taxonomy of Educational Objectives (1956). The Classification of Educational Goals, by a committee of college and university examiners. Handbook I: Cognitive Domain. New York, Longmans, Green. Bloom S. Benjamin (1984). Taxonomy of educational objectives. Allyn and Bacon, Boston, MA. Pearson Education.
[5] Bloom, Robert S., Stating Educational Objectives in Behavioral Terms, Nursing Forum 14(1), 1975, 31-42.
[6] Huitt, W. (2004). Bloom et al.’s taxonomy of the cognitive domain. Educational Psychology Interactive. Valdosta, GA: Valdosta State University. Retrieved [16-aug-06], from http://chiron.valdosta.edu/whuitt/col/cogsys/bloom.html
Sulla stessa linea, per incrementare il Saper Fare non è sufficiente agire sulla pratica. Se desidero apprendere le competenze necessarie per realizzare un bilancio aziendale, devo studiare e conoscere i vocaboli che utilizzo e i concetti sottostanti. Chiunque con un minimo addestramento può svolgere un’operazione focalizzata come il “prendere il numero della casella A4 e dividerlo per il valore della cella B5” ed ottenere così un risultato.
La vera differenza sta tra gli esecutori di azioni e i gestori/protagonisti di azioni. Chi “Sa” e non solo Sa Fare può costruirsi un dato mancante partendo dai suoi costituenti primari, può andarsi a cercare i dati mancanti, può agire senza bisogno di supervisione assidua e istruzioni continue. Senza il passaggio sui Saperi, il Saper Fare è pura esecuzione di istruzioni.
Ricorda sempre: ciò che non sai o non sai fare è temporaneo, non hai ancora le conoscenze o le abilità per farlo ma con un buon coaching ci potrai arrivare sicuramente.
Il tuo passato dice molto di te ma il tuo impegno dice ancora di più rispetto a dove potrai arrivare.
Non conta da dove vieni, ma dove stai andando.
Ella Fitzgerald
L’insufficienza del Saper Essere:
Notiamo che per ottenere un cambiamento positivo sul Saper Essere non è sufficiente un lavoro meditativo o di riflessione, e non basta la volontà di cambiare. Molte persone passano la vita con la volontà di cambiare ma non riescono a farlo.
“Saper Essere” il direttore marketing di una azienda richiede molto di più dei soli concetti di marketing che chiunque possiede dopo aver superato un esame universitario, e molto di più dei singoli Saper Fare (es: saper fare un’intervista ad un cliente, saper fare un piano pubblicitario, e altre skills).
Il Saper Essere di un Direttore Marketing è anche Saper Essere un leader (condottiero, punto di riferimento) della sua squadra, saper essere un buon team-player con gli altri direttori, saper essere utile alla missione aziendale e al clima dell’azienda.
Ma il nostro messaggio va oltre: non è possibile incrementare il Saper Essere senza disporre di Saperi correlati e Saper Fare correlati.
Facciamo un esempio nella terapia: Saper Essere più positivo, meno negativo, più ottimista, e meno pessimista. L’intervento del terapeuta può avere successo molto limitato se il cliente non riesce poi a saper tradurre questo diverso modo di essere in un momento pratico quale tagliare con felicità un ramo di un albero mentre si fa giardinaggio (anziché vivere il momento con nervosismo e irritazione), o non prova il piacere di sentire il proprio corpo lavorare mentre si allena.
E del resto, come è possibile cambiare il Saper Essere se il quadro delle credenze, dei saperi, risulta immutato? Il Saper Essere è frutto di una cultura personale, e non toccando questa cultura il cambiamento può essere solo effimero. Il Deep Coaching punta quindi ad una immissione di Saperi, di Saper Fare e di Saper Essere, in modo sinergico e correlato, per arrivare ad un vero cambiamento positivo della persona.
Il segreto per andare avanti è iniziare.
Mark Twain
I punti di arresto del percorso:
Un cliente può lavorare per anni sul Saper Essere (diventando più centrato, più calmo e riflessivo, meno impulsivo, meno obbligato a fingere e più sé stesso) ottenendo grandi risultati dallo skills training psicolinguistico e bioenergetico, ma prima o poi si incontra un punto di arresto del percorso.
Arrestarsi di fronte alla “soglia dei Saperi” significa non accendere il fuoco sacro della curiosità intellettuale: perché ottengo questo risultato? Mi interessa solo il risultato o anche capire perché succede ciò che mi succede?
Il passaggio dalla “soglia dei risultati” (vedere il cambiamento che funziona) alla “soglia dei Saperi” (capire i perché dei meccanismi) è ciò che fa la differenza tra il cambiamento di superficie e il cambiamento consapevole.
Altro esempio in campo aziendale, Saper Essere un leader. Alcuni confondono tremendamente la leadership con l’aggressività, dimenticando che un leader puramente aggressivo finirà per tenere con sé solo gli yes men o i “manager di convenienza”, quelli che abitano vicino all’azienda e non hanno voglia di traslocare, o quelli che hanno una bella visuale dall’ufficio e per questa riescono a digerire anche i climi organizzativi peggiori, e altri casi di questo tipo.
Allontanare i migliori non è un risultato. Ecco, quindi, che Saper Essere un leader richiede anche una cultura della leadership (uno studio delle teorie, modelli e esperienze altrui, una visuale ampia) e uno studio dei Saper Fare inerenti la leadership, come il Saper Fare un piano motivazionale, saper ricompensare psicologicamente (rewards psicologici), realizzare un Total Compensation Plan (piano di remunerazione e incentivazione), e altri saperi pratici. Nessun Saper Essere può dirsi completo se privo di capacità pratiche (a valle) e conoscenza/cultura (a monte).
Un Saper Essere privo di cultura (Saperi) e di traduzione in capacità pratiche (Saper Fare) è pura teoria, è un contenitore vuoto.
Saper essere costanti e perseveranti nel proprio viaggio di crescita personale è un obiettivo di portata superiore a qualsiasi skill operativa.
Cadendo, la goccia scava la pietra, non per la sua forza, ma per la sua costanza.
Lucrezio
Rimuovere i catalizzatori negativi dal processo di cambiamento: i vettori di sviluppo formativo:
Ogni stato specifico (Saperi, Saper Fare, Saper Essere) diviene vettore di crescita.
Un progetto può concentrarsi:
sul bisogno di Sapere di più (o conoscere cose nuove),
sul bisogno di Saper Fare di più o di cambiare il modo di fare,
sul bisogno di Saper Essere diversi e migliori in alcune situazioni particolari della vita professionale, soprattutto quelle più sfidanti.
Tuttavia, occorre sempre ricordare che:
i nuovi saperi possono entrare in conflitto con i precedenti. Quando si pensava che la terra fosse piatta, immaginiamo la reazione verso un formatore intento a sostenere che la terra fosse sferica. Poiché io la vedo piatta, la penso piatta, e tutti dicono che è piatta, come posso crederti? Chi sei tu per dire che è una sfera? Sei pazzo?
i cambiamenti proposti sul modo di agire possono essere rifiutati per regressione verso l’abitudine, paura del cambiamento (costo del cambiamento), o per rifiuto della fonte della proposta (effetto boomerang);
i cambiamenti desiderati sulle componenti più profonde (atteggiamenti, valori, spiritualità, credenze, opinioni) possono non avvenire a causa delle inerzie comportamentali e attitudinali che agiscono sul soggetto stesso, o del rifiuto di cambiamento.
I catalizzatori negativi del cambiamento uccidono il cambiamento e la crescita.
Nel metodo HPM abbiamo identificato diversi catalizzatori negativi, tra cui esponiamo solo i più critici e frequenti.
catalizzatori negativi di sufficienza: pensare di sapere già abbastanza, non avere “sete” o “fame”;
catalizzatori negativi di ipo-stimolazione: chiudersi progressivamente agli stimoli esterni;
catalizzatori negativi di dogmatismo di appartenenza: aderire a sistemi che eliminano il bisogno di pensare, poiché qualcuno ha già pensato per te, e non si ha voglia di tollerare una possibilità di autocritica o di critica alla scuola di appartenenza: “la mia scuola formativa mi ha insegnato che… e quindi questo non può essere vero”, oppure “io sono una terapeuta sistemico-relazionale e quindi… non posso essere d’accordo su…”;
catalizzatori negativi di esperienza: pensare di sapere perché “faccio questo mestiere già da x anni”;
catalizzatori negativi di risultato: pensare di essere “a posto” perché in un certo momento o per un certo periodo si stanno ottenendo dei risultati positivi, dimenticando che possono esservi influenze ambientali che generano tale positività, e i trend mutano nel tempo;
catalizzatori negativi di autoefficacia: pensare che “è troppo difficile” e non valga nemmeno la pena tentare;
catalizzatori negativi di locus-of-control: pensare che “è un fattore che dipende dal destino, o dagli altri, io non posso farci niente” e allargare questo pensiero anche alla sfera degli interventi possibili;
catalizzatori negativi di self-image: pensare che “io non sono adatto per questo ruolo, è qualcosa per persone più brave di me”.
Ricordatevi di guardare le stelle, e non i vostri piedi. Per quanto difficile possa essere la vita, c’è sempre qualcosa che è possibile fare, e in cui si può riuscire.
Nel metodo HPM, il formatore/consulente o coach non deve mai dare per scontato che per ottenere cambiamento su una leva sia sufficiente toccare quella singola leva. In sostanza:
per agire sui Saperi non è sufficiente lavorare sui Saperi;
per agire sul Saper Fare non è sufficiente lavorare sul Saper Fare;
per agire sul Saper Essere non è sufficiente lavorare sul Saper Essere.
Lo spirito di riuscita è parte del Metodo HPM così come lo spirito di rinuncia non ne fa parte ed anzi è qualcosa da cui stare alla larga.
Non rinunciare a provare a fare ciò che vuoi veramente fare. Dove c’è amore e ispirazione, non credo che si possa sbagliare.
Ella Fitzgerald
Per tentare nuove strade della vita e progetti in cui riversare amore e ispirazione dobbiamo mettere in sinergia diversi campi di forze e diverse “sostanze”.
Nel campo della chimica è noto il fenomeno per cui due sostanze, semplicemente mescolate tra di loro, possono non legarsi affatto e rimanere divise. Se prendi delle palline di ferro e le metti in un bicchiere il ferro non si scioglierà nell’acqua, ma rimarrà sotto forma di palline. Se versi una pastiglia di aspirina nel bicchiere invece questa si scioglierà e avrai ottenuto un liquido diverso dalla semplice acqua.
Perché le strutture delle diverse molecole si leghino tra di loro profondamente è necessaria la presenza di un catalizzatore. La Catalisi è quindi il fenomeno per cui alcune reazioni chimiche vengono accelerate (catalisi positiva) o ritardate (catalisi negativa) dalla presenza di alcune sostanze, i catalizzatori.
Lo stesso accade nella formazione e nel cambiamento. Se prendiamo la “sostanza umana”, l’essere umano, e vi aggiungiamo nuovi concetti per “mere exposure” (semplice esposizione), il soggetto non li farà mai veramente propri.
La nostra esperienza ci porta alla consapevolezza della necessità di utilizzare i catalizzatori positivi (es. l’azione concreta in cui sia necessario utilizzare veramente i nuovi concetti), così come di rimuovere i catalizzatori negativi dal processo formativo.
L’insufficienza dei saperi:
Per incrementare i Saperi non è sufficiente un ascolto one-way o una pura esposizione (mere exposure), per prolungata che sia, ma è necessario utilizzare catalizzatori formativi – ad esempio l’azione su progetti e il problem solving che richiedano di mettere sul campo i nuovi saperi.
Ad esempio, un preparatore sportivo sta studiando i principi dell’integrazione alimentare, frequenta seminari sugli integratori, legge libri e riviste da anni, ma tutto “scorre” nozionisticamente senza entrare veramente nel patrimonio di abilità personali.
Solo nel momento in cui egli debba preparare un piano di integrazione per uno sportivo potrà veramente mettere “a sistema” i suoi saperi, e scoprire le sue lacune. Nel momento in cui la realtà ci pone di fronte ad un problema che ci obbliga a “sapere”, il sapere diventa urgente e indispensabile.
Lo stesso discorso vale per il lavoro sulle competenze e saperi manageriali. Possiamo leggere cento libri sulla comunicazione che ci parlano degli “stili comunicativi”, e scoprire che ne esistono tanti, esempio:
Poetico
Empatico
Assertivo
Ottimista
Pessimista
Ingegneristico
Anglofono
…e ogni altro stile praticabile. Finché lo leggiamo, sarà solo un vago concetto. Quando invece con tecniche di “active training” qualcuno ce li farà interpretare, ce li farà provare ed allenare, per quanto sia lo sforzo di cambiare stile comunicativo, allora e solo allora il concetto si farà strada in noi e inizierà a passare da un vago “sapere” ad un più concreto “saper fare” e “saper essere”.
Per cambiare davvero e assimilare il nuovo bisogna provare, bisogna sperimentare, bisogna agire, bisogna mettere in conto di fallire, di essere goffi, di apprendere per prova ed errore, fino a raggiungere l’eccellenza.
Sbagliare, in questo metodo, non è veramente sbagliare, ma un passo in più verso il successo.
L’arte di vincere la si impara nella sconfitta.
Simon Bolivar
Test di realtà, reality check, momenti della verità:
Credere di potere è essere già a metà strada.
Theodore Roosevelt
I test di realtà (reality check) sono una tecnica di coaching e formativa sviluppata nel metodo HPM, con la quale si cerca di osservare i comportamenti sul campo di una persona o di un’azienda, in condizioni reali, per acuire la consapevolezza dello stato di cose reale.
Questo vale anche per testare i propri personali comportamenti in prove di verifica dei livelli di competenza ed abilità raggiunti, e fare il punto di un percorso di Deep Coaching.
Un reality check può essere svolto anche per via telefonica per testare la qualità del servizio di un’azienda o di un operatore, o tramite canali digitali o ancora tramite canali interpersonali.
Cosa andiamo ad osservare in un reality check? Questo è un esempio di livelli di analisi per valutare la qualità di un servizio di customer service telefonico:
Reality check applicato alla qualità del servizio telefonico di un contact center con specifica attenzione alle capacità di ascolto.
Cosa voglio (per che motivo sto attivando un contatto)?
Chi contatto?
Attraverso quale canale?
Cosa capiscono di quello che mi serve veramente?
Come ascoltano o come sanno ascoltarmi?
Quanto capiscono?
Come si comportano?
Che principi guida latenti usano?
Da cosa si evince?
Come si sarebbero dovuti comportare?
Che dissonanze emergono?
Un approccio simile è esistente da tempo nel marketing, ad esempio sotto forma di ghost customer technique, dove vengono svolti acquisti reali presso aziende concorrenti, per misurarne la performance, la capacità di servizio e la qualità relazionale. L’applicazione con finalità formative e di coaching si deve (per quanto di nostra conoscenza) a nostre sperimentazioni.
Ad esempio, in un modulo formativo o di coaching dedicato al tema dell’ascolto ed empatia, si può procedere con dei reality check telefonando a concessionarie d’auto per verificare con quanta attenzione i venditori ascoltino i nostri bisogni, o se li ascoltino affatto. Si può verificare se ci offrono una prova di guida, se ci tengono ad avere i nostri dati per richiamarci in caso di bisogno, e tanto altro.
Dopo una serie di telefonate dove si sarà constatato con mano che le persone non sanno ascoltare o non sono formate ad ascoltare, l’urgenza di un lavoro sull’ascolto aumenta molto. E soprattutto, nasce da una sperimentazione concreta avuta dagli allievi, e non solo da un concetto teoricamente esposto come possibile dal coach o formatore.
L’applicazione che ne realizziamo a fini formativi ha dato eccellenti riscontri in termini di apertura al cambiamento del partecipante all’evento formativo.
I reality check possono essere sia rivolti a sé stessi (es: cercare di risolvere un problema), sia sulla propria organizzazione (vedere come essa risponde, come le singole persone rispondono) o su altri (realizzando un apprendimento che deriva dall’osservazione mirata di comportamenti altrui).
Grazie agli auto-test di realtà (vedere se si è in grado di risolvere un problema reale), posso scoprire qualcosa di me, posso “sapere di non sapere”. Ad esempio, se voglio diventare un preparatore atletico, grazie al test di realtà prendo consapevolezza di avere molta conoscenza teorica sui singoli integratori nutrizionali, ma di non avere ben chiaro come funzioni la relazione tra diversi integratori, la sinergia tra sostanze, cioè se rischio di mandare il mio cliente all’ospedale con un’intossicazione associando diverse sostanze tra di loro.
Posso anche scoprire di sapere molto su quali integratori siano utili per uno sport di potenza, ma la realtà può mettermi di fronte un atleta di karate che abbisogna di velocità esplosiva e non di molta massa muscolare, e questo può mettere in crisi la mia presunzione iniziale di conoscenza.
Ecco, quindi, che solo dopo avere affrontato molti casi in cui devo mettere alla prova e rivedere le mie conoscenze potrò dire di possedere veramente le nozioni (i Saperi) sugli integratori. Senza il passaggio sul “saper fare” questo non sarebbe stato possibile. E l’esempio degli integratori per un preparatore atletico è solo un esempio, lo stesso principio si potrebbe applicare ad un problema manageriale, o di leadership, o di comunicazione, e a qualsiasi altro obiettivo.
Se pensi di aspettare il “momento giusto” per la tua crescita personale e per la tua formazione, sappi che il momento assolutamente perfetto non arriverà mai, e il momento giusto è adesso.
Procrastinare, nel senso di posticipare, fa male, ma posticipare la propria formazione fa ancora più male.
Non aspettare. Non sarà mai il momento giusto.
Napoleon Hill
Vediamo quindi di approfondire di cosa si parla quando si vuole fare formazione esperienziale e Deep Coaching in modo serio.
Una divisione classica degli obiettivi formativi distingue tra:
Saperi: teorie, terminologie, conoscenze, elementi culturali e saperi tecnici da acquisire;
Saper Fare: le classiche “skills” o competenze pratiche;
Saper Essere: gli atteggiamenti, i comportamenti interpersonali, i sistemi di credenze, i valori di fondo che adottiamo, e le priorità generate dal “modo di essere”.
Nel mondo anglofono, si riferisce spesso lo stesso concetto come “triangle” of attitudes, skills and knowledge (triangolazione tra atteggiamenti, capacità e conoscenza). La derivazione di questa tipologia può essere ricercata soprattutto negli studi di Bloom degli anni ‘50, che distingue tre diversi domini di apprendimento[1]:
Negli studi di Bloom, tali categorie vengono ulteriormente sub-analizzate, con individuazione di ulteriori sotto-domini e sotto-variabili, di estremo interesse (rimandiamo il lettore all’opera originale per ulteriori approfondimenti).
Nel metodo HPM, non volendo e potendo in questa sede fare uno studio storico retrospettivo, ci proponiamo di concentrarci su un utilizzo delle categorie il più operativo possibile. Per ciascuno di questi elementi proponiamo come necessario calcolare un obiettivo formativo o di coaching specifico, o appurare se sia o meno intenzione del cliente agire su di esso.
Principio 4 – Situation Analysis e Goals Analysis:
Il cambiamento positivo viene favorito dai seguenti fattori:
Buona focalizzazione delle:
conoscenze in ingresso;
abilità in ingresso;
atteggiamenti preesistenti.
Buona focalizzazione di:
conoscenze in uscita e conoscenze attese;
abilità in uscita e abilità attese:
atteggiamenti in uscita e cambiamenti attesi negli atteggiamenti.
Dobbiamo ora realizzare un passaggio delicato: integrare il modello X-Y e quello dei 3S con il modello HPM che fa da sfondo ad ogni azione di coaching in profondità e di formazione.
Integrazione di modelli diversi come strada maestra per un metodo di coaching olistico
Dare corpo ad un metodo integrato e olistico è l’obiettivo del sistema HPM.
Il metodo HPM è un metodo olistico che spinge la persona verso l’osare incursioni in nuovi territori del sapere, del saper essere, del saper fare, consapevoli che nessun successo è facile ma richiede anzi prova ed errore.
Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio.
Samuel Beckett
La sigla HPM comprende il senso del “dare forma”, costruire o modellare (Modeling), ma anche produrre impulso e stimolazione positiva.
Si applica, a seconda degli scopi sottostanti, al fronte del potenziale umano (Human Potential Modeling), o al lato della prestazione umana (Human Performance Modeling)[2]. I due lati della medaglia sono corrispondenti, in quanto l’accesso al proprio potenziale è la base sia per il benessere che per prestazioni efficaci quando serve.
Il principio fondamentale risponde al bisogno primario di ogni persona di liberare e crescere le risorse individuali, essere sé stessi al massimo livello possibile, accedendo a nuovi livelli di benessere, autorealizzazione, e pienezza della vita.
In ultimo, si tratta di un viaggio verso la libertà. La libertà della tua mente. La libertà del tuo spirito, che mai nessuna gabbia potrà racchiudere.
Nel Metodo HPM è previsto ampio spazio per le tecniche di training mentale e di rilassamento, con una moltitudine di approcci ed esercizi, e tuttavia il principio di fondo di “tenere duro” nel proprio tendere alla crescita personale è presente e forte.
Ci sono due regole nella vita: 1. Non mollare mai; 2. Non dimenticare mai la regola n° 1.
Duke Ellington
Possiamo fare un grande sforzo di integrazione fra modelli diversi per arrivare ad un coaching veramente olistico e ad una formazione veramente profonda ed olistica.
Per ciascuna delle sei celle del modello HPM, dobbiamo chiederci che cambiamenti vorremmo produrre, “da dove a dove” vorremmo portare la persona, e questo sia sui saperi (conoscenze), sui saper fare (competenze) e sugli atteggiamenti e valori (saper essere).
Principio 5 – Integrazione tra modelli per il Deep Coaching (Metodo HPM):
Il cambiamento positivo viene favorito dai seguenti fattori:
Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching sulle energie fisiche (bioenergetiche).
Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching sulle energie mentali (psicoenergetica),
Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching delle micro-competenze in grado di fare la differenza (micro-skills).
Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching delle macro-competenze e macro-skills.
Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching della Progettualità e capacità di fissare obiettivi da concretizzare.
Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching della Spiritualità, evoluzione della missione e visione, dei valori e del Life Purpose (scopo di vita).
Corretta integrazione tra i vari livelli di intervento sulle varie celle, con una regia olistica del timing e del processo di formazione e di Deep Coaching.
Per ciascuna variabile, localizzazione e pulizia del quadro di analisi da letture e diagnosi errate della situazione attuale (False X), da falsi obiettivi o obiettivi distorti (False Y), e da strumenti sbagliati per raggiungere lo scopo (False Z).
La visualizzazione grafica di questo lavoro di integrazione è presentata nel modello seguente:
[1] Bloom, B.S.(Ed.) (1956-1964). Taxonomy of Educational Objectives. New York: David McKay Company Inc.
[2] In altre parole, la declinazione della sigla HPM può riguardare sia il tema del dare impulso e forma (Modeling) al potenziale non competitivo delle persone (Human Potential Modeling), sia il lato competitivo, la prestazione, il fronte agonistico (Human Performance Modeling).
Mental Coach. Una professione in ascesa che spazia dal mental coaching sportivo, al mental coaching manageriale sino al mental coaching dello stile di vita e lavoro. Le caratteristiche del lavoro del Mental Coach e le sue tante declinazioni sono esposte in questo articolo.
Vediamo prima di tutto questa testimonianza dal quotidiano “Il Messaggero”
L’attore Hugh Jackman che ha voluto sperimentare il coaching per perfezionare le sue performance in scena. I Metallica, in un periodo di crisi. I politici, da Bill Clinton a Donald Trump. E molti altri, come il neo campione olimpico dei 100 metri, l’uomo più veloce del mondo, il nostro Marcell Jacobs, che tanto ha ringraziato la sua mental coach per averlo aiutato a vincere l’oro a Tokyo. E ancora fino ai tanti, tantissimi – sempre più – che, lontani dai riflettori, oggi si rivolgono ai life e mental coach per valorizzare i propri talenti, migliorare la vita quotidiana, affrontare problemi familiari, spaziando dunque dal divorzio alla carriera, dalla menopausa alla perdita di un animale domestico, dalla ricerca dell’amore al successo.
In questa pagina sul Mental Coaching ho raccolto alcune delle mie esperienze come Mental Coach di Campioni Mondiali in varie discipline. Ma per capire meglio, entriamo ora ad approfondire cosa fa un mental coach
Mental Coach per lo sviluppo del Potenziale Personale
Mental Coach per lo sport e Mental Coaching Sportivo
Il Mental Coach per lo sport e il Mental Coaching Sportivo si occupano di:
esame del micro-ambiente e del macro-ambiente, dal del gesto atletico da compiere sino al senso del proprio percorso di vita sportiva e le sue traiettorie ed evoluzioni
ottimizzazione mentale del gesto tramite tecniche di visualizzazione e feedback
videomicroanalisi di se stessi durante precedenti performance
approccio mentale alla competizione
conflitti interiori che bloccano le performance sportive e riscoperta del proprio Empowerment (vedi a proposito il libro Self Power di Daniele Trevisani)
studio di nuovi atteggiamenti e comportamenti da inserire nella propria performance
Mental Coach per il Business e Business Coaching
Il Mental Coach per il Business e i professionisti di Business Coaching si occupano di:
lavorare sull’atteggiamento mentale positivo da portare nella performance professionale
ristabilire spazi ottimali tra performance e recupero mentale e fisico
esaminare le ansie e tensioni che la persona vive sul lavoro per arrivare a distanziarsene con tecniche come il rilassamento, il coaching mentale, il Counseling, e soprattutto l’ascolto attivo ed empatico
costruire una prospettiva del futuro professionale più “psicologicamente ecologica” cioè più rispettosa dei propri bisogni umani e relazionali
fornire uno schema di lavoro per ottimizzare le propri energie mentali, come il Metodo HPM (Human Performance Modeling)
offrire supporti metodologici di coaching mentale attraverso l’analisi di video con software di emersione di microespressioni, videomicroanalisi di video di performance e studio delle aree su cui è bene lavorare
Mental Coach per lo stile di vita e Life Coaching
Il Mental Coach per lo stile di vita e i professionisti di Life Coaching si occupano di:
Offrire uno spazio di ascolto attivo ed empatia, come specificato nel libro omonimo “Ascolto Attivo ed Empatia“, centrato sul “Potenziale Umano” che la persona può esprimere
aiutare la persona a trovare equilibri sani tra tempo professionale, tempo per il recupero, tempo per il corpo, tempo per la propria formazione, tempo per la propria crescita spirituale
aiutare la persona nelle transizioni di carriera e negli step correlati, esempio il colloquio di lavoro, il public speaking, ed essere più efficace nelle relazioni umane e professionali
riesaminare, attraverso metodologie di “Deep Coaching“, i propri atteggiamenti e comportamenti scoprendo quali sono funzionali e quali disfunzionali al proprio benessere
imparare nuove competenze utili per la vita di relazione e il proprio benessere
imparare nuove competenze utili per la professione e ricentrarsi professionalmente.
Vuoi un contatto preliminare e senza costi per valutare se ci sono iniziative in corso per la formazione sul coaching che facciano al caso tuo, sia se sei all’inizio o anche se sei già un coach avanzato? Contatta il dott. Daniele Trevisani tramite il seguente form
Essere Mental Coach. Alcune informazioni aggiuntive sul coaching mentale
Fonte Wikipedia inglese con nostre rielaborazioni
Coaching
Il coaching è una forma di sviluppo in cui una persona esperta, chiamata coach , supporta uno studente o un cliente nel raggiungimento di uno specifico obiettivo personale o professionale fornendo formazione e guida. [1] Lo studente è talvolta chiamato coachee . Occasionalmente, coaching può significare una relazione informale tra due persone, di cui una ha più esperienza e competenza dell’altra e offre consigli e indicazioni man mano che quest’ultima apprende; ma il coaching differisce dal mentoring concentrandosi su compiti o obiettivi specifici, in contrasto con obiettivi più generali o sviluppo complessivo. [1] [2] [3]
Mental Coach. Termine e Origini
Il primo uso del termine “coach” in relazione a un istruttore o formatore è sorto intorno al 1830 nello slang dell’Università di Oxford per indicare un tutor che “portava” uno studente attraverso un esame. [4] La parola “coaching” identifica quindi un processo utilizzato per trasportare le persone da dove si trovano a dove vogliono essere. Il primo uso del termine in relazione allo sport risale al 1861. [4]
Il coaching viene applicato in campi come lo sport, le arti dello spettacolo (i cantanti ottengono coach vocali ), la recitazione ( istruttori di recitazione e dialettali ), gli affari, l’istruzione, l’assistenza sanitaria e le relazioni (ad esempio, gli allenatori di appuntamenti ).
I coach utilizzano una serie di abilità comunicative (come riaffermazioni mirate, ascolto, domande, chiarimenti, ecc.) per aiutare i clienti a cambiare le loro prospettive e quindi a scoprire approcci diversi per raggiungere i loro obiettivi. [10] Queste abilità possono essere utilizzate in quasi tutti i tipi di coaching. In questo senso, il coaching è una forma di “meta-professione” che può applicarsi al supporto dei clienti in qualsiasi sforzo umano, che va dalle loro preoccupazioni in termini di salute, personali, professionali, sportivi, sociali, familiari, politici, spirituali, ecc. potrebbe esserci qualche sovrapposizione tra alcuni tipi di attività di coaching. [8] Gli approcci di coaching sono anche influenzati dalle differenze culturali. [11]
Mental Coaching applicato al Disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD)
Il concetto di coaching per l’ ADHD è stato introdotto nel 1994 dagli psichiatri Edward M. Hallowell e John J. Ratey nel loro libro Driven to Distraction . [12] Il coaching ADHD è un tipo specializzato di life coaching che utilizza tecniche progettate per aiutare le persone con disturbo da deficit di attenzione e iperattività mitigando gli effetti del deficit delle funzioni esecutive , che è un disturbo comune per le persone con ADHD. [13] I coach lavorano con i clienti per aiutarli a gestire meglio il tempo , organizzare, fissare obiettivi e completare i progetti. [14] Oltre ad aiutare i clienti a comprendere l’impatto che l’ADHD ha avuto sulla loro vita, i coach possono aiutare i clienti a sviluppare strategie ” workaround ” per affrontare sfide specifiche e determinare e utilizzare i punti di forza individuali. I coach aiutano anche i clienti a comprendere meglio quali sono le aspettative ragionevoli per loro come individui poiché le persone con “cablaggio cerebrale” ADHD spesso sembrano aver bisogno di “specchi” esterni per l’autoconsapevolezza del loro potenziale nonostante la loro disabilità. [15]
Business Coaching Affari e dirigenti
Il coaching aziendale è un tipo di sviluppo delle risorse umane per dirigenti, membri della direzione, team e leadership. [16] Fornisce supporto positivo, feedback e consigli su base individuale o di gruppo per migliorare l’efficacia personale nel contesto aziendale, spesso concentrandosi sui cambiamenti comportamentali attraverso la psicometria o il feedback a 360 gradi . Il coaching aziendale è anche chiamato coaching esecutivo, [17] coaching aziendale o coaching di leadership. I coach aiutano i loro clienti ad avanzare verso obiettivi professionali specifici. Questi includono la transizione di carriera, la comunicazione interpersonale e professionale, la gestione delle prestazioni , l’efficacia organizzativa, la gestione della carriera e dei cambiamenti personali, lo sviluppo della presenza esecutiva, il miglioramento del pensiero strategico, la gestione efficace dei conflitti e la creazione di un team efficace all’interno di un’organizzazione. Uno psicologo industriale-organizzativo può lavorare come executive coach.
Il coaching aziendale non è limitato a esperti o fornitori esterni. Molte organizzazioni si aspettano che i loro dirigenti senior e quadri intermedi insegnino ai membri del loro team a raggiungere livelli più elevati di prestazioni, maggiore soddisfazione sul lavoro, crescita personale e sviluppo di carriera. Gli studi di ricerca suggeriscono che l’executive coaching ha effetti positivi sia all’interno delle prestazioni sul posto di lavoro che nelle aree personali al di fuori del posto di lavoro, con alcune differenze nell’impatto dei coach interni ed esterni. [18]
In alcuni paesi, non è richiesta alcuna certificazione o licenza per essere un coach aziendale o esecutivo e l’appartenenza a un’organizzazione di coaching è facoltativa. Inoltre, gli standard e i metodi di formazione degli allenatori possono variare notevolmente tra le organizzazioni di coaching. Molti business coach si definiscono consulenti , una relazione d’affari più ampia di quella che coinvolge esclusivamente il coaching. [19] I risultati della ricerca di una revisione sistematica indicano che i coach efficaci sono noti per avere integrità, supporto per coloro che allenano, capacità di comunicazione e credibilità. [16]
Sul posto di lavoro, il coaching alla leadership si è dimostrato efficace per aumentare la fiducia dei dipendenti nell’esprimere le proprie idee. [20] I risultati della ricerca in una revisione sistematica dimostrano che il coaching può aiutare a ridurre lo stress sul posto di lavoro. [21]
Il coaching di carriera si concentra sul lavoro e sulla carriera ed è simile al consiglio di carriera . Il Career Coaching non deve essere confuso con il Life Coaching , che si concentra sullo sviluppo personale. Un altro termine comune per un allenatore di carriera è ” guida alla carriera “.
Un allenatore cristiano non è un pastore o un consigliere (sebbene l’allenatore possa anche essere qualificato in quelle discipline), ma qualcuno che è stato formato professionalmente per affrontare obiettivi di coaching specifici da una prospettiva distintamente cristiana o biblica. [22]
Gli allenatori di appuntamenti offrono coaching e prodotti e servizi correlati per migliorare il successo dei loro clienti negli appuntamenti e nelle relazioni.
Il coaching finanziario è una forma relativamente nuova di coaching che si concentra sull’aiutare i clienti a superare la loro lotta per raggiungere obiettivi finanziari e aspirazioni specifici che si sono prefissati. Il coaching finanziario è una relazione one to one in cui il coach lavora per fornire incoraggiamento e supporto volti a facilitare il raggiungimento dei piani economici del cliente. Un coach finanziario , chiamato anche money coach , in genere si concentra sull’aiutare i clienti a ristrutturare e ridurre il debito, ridurre la spesa, sviluppare abitudini di risparmio e sviluppare disciplina fiscale. Al contrario, il termine consulente finanziario si riferisce a una gamma più ampia di professionisti che in genere forniscono ai clienti prodotti e servizi finanziari. Sebbene le prime ricerche colleghino il coaching finanziario al miglioramento dei risultati del cliente, è necessaria un’analisi molto più rigorosa prima di poter stabilire qualsiasi nesso causale. [23]
Il coaching sanitario sta diventando riconosciuto come un nuovo modo per aiutare le persone a “gestire” le loro malattie e condizioni, specialmente quelle di natura cronica. [24] Il coach utilizzerà tecniche speciali, esperienza personale, competenza e incoraggiamento per assistere il coachee nel portare i suoi cambiamenti comportamentali, mirando a ridurre i rischi per la salute e i costi sanitari. [25] La National Society of Health Coaches (NSHC) ha differenziato il termine health coach da wellness coach . [25] Secondo l’NSHC, gli allenatori della salute sono qualificati “per guidare le persone con condizioni acute o croniche e/o un rischio per la salute da moderato ad alto”, e gli allenatori del benessere forniscono guida e ispirazione “a individui altrimenti ‘sani’ che desiderano mantenere o migliorare il loro stato di salute generale». [25]
Il coaching per i compiti a casa si concentra sul fornire a uno studente le capacità di studio necessarie per avere successo negli studi. Questo approccio è diverso dal normale tutoraggio che in genere cerca di migliorare le prestazioni di uno studente in una materia specifica. [26]
Il coaching viene applicato per supportare studenti, docenti e amministratori nelle organizzazioni educative. [27] Per gli studenti, le opportunità di coaching includono la collaborazione con altri studenti per migliorare i voti e le abilità, sia accademiche che sociali; per insegnanti e amministratori, il coaching può aiutare con le transizioni in nuovi ruoli. [27]
Mental Coaching per la Vita – Life Coaching
Il life coaching è il processo che aiuta le persone a identificare e raggiungere obiettivi personali attraverso lo sviluppo di abilità e attitudini che portano all’auto-potenziamento. [8] [28] Il life coaching si occupa generalmente di questioni come l’equilibrio tra lavoro e vita privata e i cambiamenti di carriera e spesso si verifica al di fuori dell’ambiente di lavoro. [29] L’ impegno psicologico accademico sistematico con il life coaching risale agli anni ’80. [30] Gli scettici hanno criticato l’attenzione del life coaching sull’auto-miglioramento per il suo potenziale di commercializzazione di amicizie e altre relazioni umane, [31] ma critiche simili sono state fatte anche ad altre professioni di aiuto come la psicologia clinica. [32] [33]
Nello sport , un allenatore è un individuo che fornisce supervisione e formazione alla squadra sportiva o ai singoli giocatori. Gli allenatori sportivi si occupano dell’amministrazione, della preparazione atletica, dell’allenamento agonistico e della rappresentanza della squadra e dei giocatori. Un’indagine nel 2019 sulla letteratura sull’allenamento sportivo ha rilevato un aumento del numero di pubblicazioni e la maggior parte degli articoli presentava un approccio di ricerca quantitativa. [35] La psicologia dello sport emerse dal 1890. [36]
Un vocal coach, noto anche come voice coach (anche se questo termine si applica spesso a coloro che lavorano con la parola e la comunicazione piuttosto che con il canto), è un insegnante di musica , solitamente un pianista accompagnatore, che aiuta i cantanti a prepararsi per un’esibizione, spesso aiutandoli anche per migliorare la propria tecnica di canto e prendersi cura e sviluppare la propria voce, ma non è la stessa cosa di un insegnante di canto (chiamato anche “insegnante di voce”). I vocal coach possono impartire lezioni private di musica o workshop di gruppo o masterclass ai cantanti. Possono anche allenare i cantanti che stanno provando sul palco o che stanno cantando durante una sessione di registrazione.
Mental Coaching per Scrivere
Un coach di scrittura aiuta gli scrittori, come studenti, [37] [38] giornalisti, [39] [40] e altri professionisti [41] [42], a migliorare la loro scrittura e produttività. [43]
Sebbene il coaching sia diventato un intervento riconosciuto, purtroppo non esistono ancora standard o accordi di licenza ampiamente riconosciuti. Gli organismi professionali hanno continuato a sviluppare i propri standard, ma la mancanza di regolamentazione significa che chiunque può definirsi un allenatore. […] Se il coaching è una professione che richiede regolamentazione, o è professionale e richiede standard, rimane oggetto di dibattito.
Una delle sfide nel campo del coaching è sostenere i livelli di professionalità, standard ed etica. [44] A tal fine, gli organismi e le organizzazioni di coaching hanno codici etici e standard per i membri. [1] :287-312 [45] Tuttavia, poiché questi organismi non sono regolamentati e poiché gli allenatori non hanno bisogno di appartenere a tale organismo, l’etica e gli standard sono variabili nel campo. [44] [46] Nel febbraio 2016, l’AC e l’EMCC hanno lanciato un “Codice etico globale” per l’intero settore; individui, associazioni e organizzazioni sono invitati a diventarne firmatari. [47] [48] :1
Con la crescente popolarità del coaching, [49] molti college e università ora offrono programmi di formazione per coach accreditati da un’associazione professionale. [50] Alcuni corsi offrono un certificato di life coach dopo pochi giorni di formazione, ma tali corsi, se sono accreditati, sono considerati programmi di formazione “à la carte”, “che possono o meno offrire coaching dall’inizio alla fine addestramento”. [51] Alcuni programmi di formazione “tutto compreso” accreditati dall’ICF, ad esempio, richiedono un minimo di 125 ore di contatto con gli studenti, 10 ore di tutoraggio e un processo di valutazione delle prestazioni. [52] [53] Si tratta di una formazione molto ridotta rispetto ai requisiti di formazione di alcune altre professioni di aiuto: ad esempio, l’ abilitazione come psicologo consulente nello Stato della California richiede 3.000 ore di esperienza professionale supervisionata. [54] Tuttavia, l’ICF, ad esempio, offre una credenziale “Master Certified Coach” che richiede la dimostrazione di “2.500 ore (2.250 retribuite) di esperienza di coaching con almeno 35 clienti” [55] e una credenziale “Professional Certified Coach” con meno requisiti. [56] Altri organismi professionali offrono allo stesso modo opzioni di accreditamento per coach di livello base, intermedio e avanzato. [57] Alcuni coach sono sia coach certificati che psicologi di consulenza autorizzati, che integrano coaching e consulenza. [58]
I critici vedono il life coaching simile alla psicoterapia ma senza le restrizioni legali e la regolamentazione statale degli psicologi. [44] [59] [60] [61] Non ci sono regolamenti statali/requisiti di licenza per gli autobus. A causa della mancanza di regolamentazione, le persone che non hanno una formazione o una certificazione formale possono legalmente definirsi life o wellness coach. [62]
Mercato del coaching
Un sondaggio del 2004 su 2.529 membri ICF ha riferito che il 52,5% lavora part-time come coach e guadagna 30.000 dollari o meno, mentre il 32,3% ha riferito di guadagnare meno di 10.000 dollari all’anno. [63]
Un sondaggio del 2016 dell’ICF , ha riportato che su 53.000 allenatori professionisti, la maggior parte operava in America. Hanno riportato un reddito medio di $ 51.000 con alcuni allenatori specializzati che hanno riferito di guadagnare $ 100.000 o più. [64]
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Direttore Sezione Coaching di UP-STEP, Formatore e Coach su temi di Sviluppo del Potenziale Personale, Comunicazione Interculturale e Negoziazione Internazionale, Psicologia Umanistica. Senior Expert in HR, Human Factor, Psicologia delle Performance, Comunicazione e Management, Metodologie Attive di Formazione e Coaching. Dirige le attività di formazione e coaching di www.studiotrevisani.it
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L’integrazione delle diverse aree con interventi di coaching olistico e in profondità multilivello, sia di life coaching, che di business coaching, di health coaching o sports coaching
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Parole chiave inerenti l’articolo e video sul Deep Coaching
Il Deep Coaching e la Formazione Aziendale Attiva sono una forma di Coaching e Formazione Manageriale nella quale il lavoro allenante ha caratteristiche molto importanti e distintive:
Il lavoro riguarda sia la conoscenza (i saperi), il saper essere (gli atteggiamenti e valori personali) che il saper fare (competenze pratiche), e quindi comprende sia sessioni didattiche che training mentale e metodi attivi come il Role-Playing, e soprattutto, lo studio di se stessi (conoscenza di sé) abbinato alla conoscenza delle aree su cui lavoriamo (conoscenza del tema), unito alla capacità di fare concreta (competenza applicativa). Se lavoriamo sulla comunicazione, questo significa studiare i principi della comunicazione efficace, e poi poterli mettere in pratica in esercitazioni attive, via via sempre più simili al comportamento target che vogliamo ottenere. Lo stesso vale per qualsiasi altra competenza. Ad esempio, nella leadership, nel public speaking, nelle capacità di ascolto o di realizzare un colloquio efficace con un cliente. Un coaching in profondità non si limita a far si che avvenga una performance, ma vuole che la persona diventi “padrona” della performance, che ne conosca le leggi, i funzionamenti, i segreti, e ne possieda i “saperi”, il “saper essere”, e solo in ultimo il “saper fare”.
Il lavoro è non solo pratico e “agito”, ma è accompagnato da una formazione della persona – che chiameremo cliente del coaching o cliente formativo – e da un vero e proprio studio delle dinamiche che lo coinvolgono. In altre parole, la persona non solo “Fa” ma apprende lungo il percorso i principi e teorie che guidano il suo fare, per essere sempre più padrona e consapevole del suo miglioramento, dei mezzi che usiamo, per partecipare al processo da protagonista e non come vittima ignara, e arrivare a farli propri fino in fondo. Perché studiare la storia delle Guerre Puniche o come si fa una radice quadrata, se non si conoscono i muscoli, le articolazioni – quando parliamo di coaching sportivo, o i fondamenti della comunicazione verbale e non verbale – quando si parla di coaching manageriale?
Il lavoro di coaching sul piano corporeo e bioenergetico è abbinato in stretta correlazione al coaching mentale. Quest’ultimo agisce su due piani specifici: 1) la motivazione, e 2) il perfezionamento dell’azione (che si tratti di un gesto fisico, o di un atto comunicativo, siamo sempre nel campo dell’azione). Il training mentale può dare supporto al modo di fare un public speaking, di condurre una riunione, o trattare con un cliente in modo positivo. Nello sports coaching, può aiutare a trovare una condizione mentale ottimale, ma anche lavorare sul “gesto” fino a ripulirlo e portarlo al massimo grado di espressività (si pensi alla danza) o di potenza (nel bodybuilding o powerlifting), o di controllo e conoscenza di sè (nelle arti marziali e motociclismo, nel climbing e in tanti altri sport, come l’apnea, dove la mente arriva sempre prima del corpo).
Un “loop”, ovvero una ripetizione del ciclo di coaching, dove rivedere i progressi, gli eventuali momenti di stallo, e fissare nuovi punti di miglioramento.
Il metodo è il risultato di oltre 30 anni di pratica e ricerca in cui sono stati affrontati elementi di apprendimento di abilità molto concrete (esempio, migliorare il gesto di un atleta in un dettaglio apparentemente minimale, ma significativo, come la posizione di un piede durante un colpo di pugilato, o la capacità di un manager nel fare un buon colloquio con il collaboratore) con una esplorazione profonda dei “costrutti mentali” personali del cliente che pratica il coaching e che sto seguendo, assieme alla formazione e al coaching tradizionali.
Figura 1 – Esempio di una Sequenza di Coaching Attivo e Formazione Attiva
Rispetto agli “angoli di attacco diversificati” intendiamo il fatto che un tema possa essere attaccato da più lati, e quindi un certo ambito di studio e di coaching, poniamo, la leadership, venga studiata sia come concetto (studio da realizzare su dispense o libri) ma poi sperimentato nelle sue varianti con metodologie attive (esempio il role-playing) e persino rinforzato con azioni di bioenergetica che si possono praticare in aula o in acqua, dove i meccanismi di leadership possono essere smontati e vissuti su piani paralleli, creando una sinergia di apprendimento.
Il fatto che si possa studiare la leadership tramite metafore corporee in acqua, come ad esempio il fatto di guidare un compagno in un percorso acquatico, o in aula, non deve stupire. Gli angoli di attacco diversificati sono una delle caratteristiche fondanti del Deep Coaching.
Essere protagonista di un percorso di Formazione Attiva e Deep Coaching, non solo spettatore passivo
Il cliente di un Deep Coaching o di un piano di Formazione Aziendale Attiva ed Esperienziale deve elaborare, leggere e studiare quanto sta praticando, arrivando ad esserne padrone fino in fondo. Deve capire, e non essere uno spettatore passivo, o un attuatore “meccanico”, inconsapevole di cosa accade e cosa stia davvero facendo.
Deve anche e assolutamente praticare e allenare l’azione (che si tratti di un allenamento atletico o di un public speaking, parliamo sempre di azione), e deve farlo seguendo dei criteri di efficacia. Tra questi:
La ciclizzazione. Applicare la ciclizzazione significa fare “cicli” di allenamento formativo e coaching, significa separare diverse fasi di obiettivi nel tempo – esempio in campo sportivo – un ciclo dedicato alla forza resistente, uno alla capacità aerobica, uno alle capacità di forza esplosiva, e tante altre combinazioni possibili). In campo manageriale possiamo fare un ciclo di lavoro sull’intelligenza emotiva e un ciclo successivo dedicato alla comunicazione, poi un ciclo sul problem solving, e un ciclo sul Training Mentale, e poi ripartire con gli stessi o diversi cicli, progredendo nella difficoltà del lavoro da svolgere. In questo modo eviteremo sia noia che stallo di motivazione.
Utilizzare angoli di attacco diversificati, per evitare noia e incrementare l’efficacia. Per angoli di attacco si intendono tecniche diverse, esempio lezione frontale, esercitazioni a coppie, esercizi di gruppo, tecniche outdoor, test psicologici, test di reazione e prontezza, simulazioni complesse, e tante altre possibili metodologie d’aula e fuori aula.
Il cliente di coaching o il cliente formativo deve poi praticare Training Mentale (es, visualizzazioni, Training Autogeno, Mindfulness, e altre tecniche) collegato all’azione che vuole perfezionare.
Deve poter ricevere feedback, riscontri su come vanno le cose e poter localizzare con il Coach o il Formatore quali sono i nuovi punti di miglioramento da affrontare nel suo percorso di crescita.
E con questo processo continuo, si procede, per cui ad ogni ciclo, si riparte e si continua a migliorare fino al massimo possibile. Il limite finale arriva solo e unicamente da una valutazione di sentirsi veramente arrivati là dove si voleva, e non esiste azione umana che abbia veri limiti al miglioramento.
L’obiettivo è un’assimilazione ben diversa dal semplice “fare” o mettere in pratica un qualsiasi comportamento o prestazione fine a sé stessa. Comprende un forte lavoro su di sè, sul piano psicologico, sul piano della propria formazione, dell’identità personale, della comunicazione intra-psichica, così come della comunicazione tra coach e allievo.
Il Deep Coaching può essere utilizzato ogni volta che si deve lavorare alla radice della persona e non solo sui suoi comportamenti esterni apparenti, e quindi diventa essenziale per formare clienti esigenti, ma anche atleti professionisti, e manager che operano con la volontà di diventare padroni di quanto fanno, Leader aziendali, manager di alto livello, venditori consulenziali, Direttori di aree aziendali e più in generale persone che devono assumere forti responsabilità d’impresa o anche in ambito sociale e politico.
Sul piano del fitness, il Deep Coaching genera persone in grado di padroneggiare tutte le variabili che intervengono sul crescere e migliorare, puntando ad arrivare ad un “percorso di ricerca di sé stessi e delle proprie potenzialità” ben più alto e nobile del semplice allenarsi seguendo le istruzioni di qualcuno rimanendo nel buio e nell’ignoranza del “perché” facciamo certe cose, e non altre.
Tutte queste figure – dal manager all’atleta – hanno in comune il fatto di dover conoscere molto bene come funzionano le proprie performance, quando e in che condizioni possono “incepparsi” e cosa le può far rallentare, come fare tesoro del proprio “sistema emotivo”, il sistema del proprio umore e motivazione, la propria personalità, come funzionano le loro mappe mentali, e se è il caso, modificarle in meglio, visto che il loro “funzionare bene” ha effetti a cascata su tante persone, da se stessi fino a migliaia di persone e oltre, come nel caso di chi dirige grandi aziende, istituzioni o interi Paesi.
Il Deep Coaching non opera sulle patologie mentali, ma sull’ottimizzazione e miglioramento degli stili di pensiero e di azione, per dare strumenti “profondi” a persone che devono agire su fronti importanti.
Se si trova uno stile di pensiero disfunzionale si lavora per correggerlo, e questo può arrivare anche a toccare la personalità (es, aumentare l’estroversione e ridurre l’introversione in un leader o atleta), ma solo là dove questo aspetto è correlato all’azione e alla performance.
Si tratta di un obbligo morale e professionale, più che di una moda, e si oppone decisamente ad un coaching superficiale in stile “sei il migliore… se vuoi puoi… tutto è possibile”, e altri messaggi che hanno come solo scopo il “gonfiare”, un coaching che punta tutto sul “pompaggio della motivazione” ma poi, come un pallone gonfiato quando si svuota, genera un devastante effetto di rimbalzo, un boomerang in negativo, e la distruzione dell’autostima. La motivazione non solo svanisce, ma si creano danni che vanno poi rimediati da uno psicoterapeuta, se ci riuscirà.
Il Deep Coaching è anche molto distante da una visione “medicalizzata” della persona. Si fa Deep Coaching per migliorarsi ed essere in grado di gestire sfide complesse che richiedono il nostro massimo potenziale, e questo non è da confondere con azioni su “malattie” e “disturbi” da sanare.
Nel Deep Coaching non si cerca nessun aumento istantaneo di motivazione o potenza, ma una profonda comprensione di sè e della propria missione, identità e risorse, in un certo ambito di vita, il che produce una motivazione molto superiore e molto più persistente. Questa pratica produce anche la “resilienza” necessaria a far fronte agli allenamenti quotidiani, fisici e mentali, e ai fallimenti e cadute di percorso inevitabili che accompagnano le grandi imprese e le grandi azioni o le azioni che si protraggono e si spingono in territori di ricerca ed esplorazione.
Deep Coaching e Formazione Aziendale Esperienziale sono arti e tecniche esclusive, dedicate a chi nella formazione e crescita personale e professionale vuole fare davvero sul serio.
Formazione Aziendale Personalizzata e Personal Training
Il Personal Training è un brano molto importante della “Galassia del Coaching”, tanto importante quanto sottovalutato nella sua complessità.
Il Personal Training, come dice il termine, è una Formazione personalizzata, ha quindi obiettivi di “allenamento” della specifica persona con cui lavoriamo, e sulle sue peculiarità specifiche. Storicamente, le tracce sono riconducibili agli allenamenti ritrovabili in ambito sportivo negli sport individuali. Tuttavia, la sua portata è ben più ampia.
Il Personal Training e la Formazione Personalizzata possono riguardare
Il classico ambito sportivo, la ricerca di performance e miglioramento di sè come atleti, o un buon stato di forma fisica,
Il wellness, la perdita di peso mirata, la “remise en forme”. In questi ambiti un Personal Trainer è spesso necessità reale, perché un personal trainer veramente preparato può portare la persona la dove da sola o in gruppo non arriverebbe mai.
L’ambito manageriale e della leadership, su competenze come parlare in pubblico, dirigere, delegare, valutare, tenere colloqui, negoziare e vendere, e altre competenze manageriali.
L’approccio di vita, sfociando in questo caso nel Life Coaching e in altre formule di Coaching Olistico, un coaching che prende in esame tanti aspetti della persona e opera con una grande varietà di strumenti.
Di qualsiasi ambito si tratti, la caratteristica della Formazione Personalizzata e del Personal Training richiede un approccio personalizzato e una forte centratura sullo sviluppare, ottimizzare, allenare capacità pratiche unite ad atteggiamenti positivi.
Si tratta quindi di una forma di apprendimento personalizzato e guidato, in cui la persona viene letteralmente “accompagnata” in un percorso di formazione sui concetti che stanno alla base del lavoro allenante, assieme all’apprendimento di competenze, di gesti, azioni, abilità operative, in una crescita basata su sessioni, incontri, cicli allenanti, lavoro sulle micro-competenze, studio e cicli di prova-errore-feedback-miglioramento.
Rogers e Kinget, parecchi anni fa, parlavano della nozione di libertà esperienziale, che è prima di tutto la libertà di riconoscere ed elaborare i propri sentimenti[1]. Non si tratta solo di libertà esterna, ma anche di libertà interiore.
Non dobbiamo mai silenziare le nostre voci interiori. Che si tratti di voci buone o invece negative. Che ci parlino di fatica, senso di inadeguatezza, di una confusione e perdita di orientamento, di malessere, o di voglia di raggiungere sogni e progetti. Ascoltarle, falle parlare, lasciarle esprimere, è un segreto fondamentale delle energie mentali.
Quali sono alcune delle nostre mete? Ne citiamo alcune, che diventano altrettanti obiettivi per il nostro modello di Coaching:
Lucidità Mentale
Prontezza di Spirito
Energia vitale
Forza emotiva
Capacità di riconoscimento: capire le persone, le culture, le situazioni
Calma, Silenzio interiore, Concentrazione,
Allontanarsi dalla superficialità
Riappropriarsi del tempo
Capacità di decidere e non posticipare decisioni importanti
Serenità di fondo
Pace Mentale: allontanare la ruminazione mentale negativa
Dinamicità e Efficienza
Velocità di Intuizione
Percezione Aumentata
Essere capaci di Risposta e Azione
Essere capaci di Recupero, Rilassamento, Meditazione
Essere capaci nell’equilibrare Attivazione (sforzo) e Recupero (rigenerazione, riposo, rilassamento).
Crescere su questi piani è buono, e saggio. E’ possibile. Si può fare allenando ogni singola specifica area, in un piano di Coaching Olistico serio, scientifico, alla larga dagli improvvisatori e imbonitori.
Se riusciremo a provocare una riflessione, a ripulire qualcuno o qualcosa da idee sporche e inutili e far entrare aria nuova e speranza, questo viaggio non sarà stato inutile, nemmeno se durasse un solo passo.
[1] Rogers, C.R & Kinget, G. M (1965), Psychothérapie et relations humaines, Nauwelaerts, Lovanio.
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