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Modelli di vita e “riappropriazioni memetiche”

Copyright Daniele Trevisani, dal libro Psicologia della Libertà (ed. Mediterranee)

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Se chiedi a qualcuno quali siano le sue idee rispetto al denaro, a come investire bene il proprio tempo, e poi osservi il comportamento reale, noterai che vi sono parecchie discrepanze tra la “memetica dichiarata” e il “comportamento reale”.

Ad esempio, molti spendono cifre molto consistenti per un cellulare o una grandissima tv, le quali diventano qualcosa di praticamente indispensabile, ma la stessa cifra investita in un corso che può cambiarti la vita sembra per molti un lusso. E sono gli stessi che ti diranno che bisogna sapersi accontentare di poco, ne sono anche convinti, ma non sanno farlo. Non sanno proprio come si fa!

Fare una “riappropriazione memetica” significa riprendersi in mano un momento di saggezza, come il lavarsi la faccia con acqua fredda e tornare a dire “hei, cosa sto facendo”? In altre parole, lo “svegliarsi” dal torpore di una vita truccata, come nel protagonista del film Matrix, Neo, accorgersi di dove veramente sei.

La memetica si occupa di come idee e tracce mentali passano da individuo ad individuo, così come la genetica si occupa di geni e informazioni biologiche che si trasmettono da un individuo verso i propri discendenti.

Come ho potuto evidenziare nel libro “Il Coraggio delle Emozioni”[1], serve coraggio per prendere atto di come siamo fatti, di come funzioniamo, di cosa funziona e cosa non funziona in noi, nelle nostre credenze, anche in quelle più forti, e nelle nostre mappe mentali.

È evidente come une genetica potente e sana sia in grado di generare figli e discendenti potenti e sani. E anzi, i portatori di buoni memi sono molto ricercati.

E se una genetica buona fa bene, e una malata crea organismi malati, perché un bagaglio di idee e tracce mentali dovrebbe mai fare il contrario?

E quando un coach incontra il cliente, durante un colloquio, non fa forse il tentativo di capire la sua memetica per poi intervenirvi?

La cattiva notizia è che la presenza di un bagaglio memetico malato genera disastri nella persona, nelle aziende e in intere nazioni, e non è sufficiente cercare di cambiare un comportamento se i memi sottostanti continuano a lavorare indisturbati. Ad esempio, il “meme aziendale” che dice “la formazione è un lusso” fa a pugni con la tanto dichiarata credenza sul valore dell’investire in Risorse Umane.

La buona notizia è che al contrario, un bagaglio memetico sano fa da amplificatore del potenziale personale – mentre la genetica per ora non è modificabile, la memetica lo è. Con fatica, ma lo è. Un buon coach diventa quindi come un chirurgo, su un terreno delicatissimo, lavorando delicatamente o con forza sulle idee che una persona ha su di sè e sul mondo, applicando inoltre “innesti di memi e rimozione di memi” su come poter meglio raggiungere obiettivi e risultati.

Come se non bastasse per capire l’importanza della memetica, vediamo una differenza tra memetica e genetica: la memetica è in grado di propagarsi quasi istantaneamente. In pochi minuti un’idea può fare il giro del globo. In pochi giorni o mesi un’azienda può essere “invasa” da un meme buono o cattivo, utile (“progettiamo il nostro futuro e diventiamo il riferimento per tutti i nostri competitors”) o distruttivo (es, “sicuramente chiuderemo, a cosa vale impegnarsi”).

Antichi memi recuperati, ad esempio lo slow food – non fanno altro che ripristinare la libertà del prendersi tempo per mangiare, niente di speciale, ma rivoluzionario. Sono idee recuperate – nel caso, dalla realtà contadina rurale. La new age riprende lo spiritualismo che troviamo in ogni antica religione, ma unendolo a memi di forma più tecnologica (supplementi alimentari, integratori, tecniche mentali).

Il meme, secondo Dawkins[2], è un replicator di informazioni culturali analogo al gene. Nelle sue parole: “proprio come i geni si propagano da corpo a corpo attraverso sperma o uova, così fanno i memi trasmettendosi da cervello a cervello”[3].

Alcune analisi rese possibile dalla memetica:

Nelle società: come si è diffuso l’odio verso gli ebrei durante il nazismo. Da dove è nato è come ha fatto a diffondersi, propagandosi da persona a persona?

In azienda: come faccio ad inserire il concetto di “Cura della qualità in ogni istante” in ogni membro, dai reparti produttivi sino al top management?

Nello sport. Per un atleta: come faccio a dissociare le sue gare dal concetto di “ansia” e di “prestazione forzata” e associarli al concetto di “gioia di vivere e di esprimersi liberi dal giudizio”?

Nel Lifecoaching.

  • Quali sono le tue convinzioni profonde sul concetto di “essere una brava persona” che tu stai seguendo ora?
  • Quali di queste ti stanno facendo del male?
  • Quali vogliamo tenere?
  • Di cosa vorresti liberarti?
  • Quali nuove idee dobbiamo assorbire per stare meglio (es, su alimentazione, relazioni umane, tempo per se stessi, tornare a vivere a pieno)?
  • Come fare a far si che queste idee non rimangano solo idee ma diventino poi abitudini e si radichino in te e diventino veramente tue?

Se osserviamo il ROI (Ritorno sull’Investimento) di un percorso di coaching serio, che ti faccia cambiare anche solo una micro-traccia mentale e la migliori, vedremo quanti effetti a cascata si generano, in ogni relazione, in ogni istante, in ogni momento della vita successiva. Questo, penso, vale molto più di un cellulare.

[1] Trevisani, Daniele (2015), Il coraggio delle emozioni. Energie per la vita, la comunicazione e la crescita personale. Milano, Franco Angeli.

[2] Dawkins, R., (1976), The Selfish Gene, Oxford University Press. Trad. it. Il gene egoista, Mondadori, Milano, 1995.

[3] cit. in Trevisani, Daniele (2005) “Regie di Cambiamento“, Franco Angeli.

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Copyright Daniele Trevisani, dal libro Psicologia della Libertà (ed. Mediterranee)

Focusing: Focalizzare i bisogni di sviluppo

image021Estratto con modifiche dall’autore, dal testo “Regie di Cambiamento“, © Franco Angeli editore, Milano. Di Daniele Trevisani

Fare focusing è necessario per ridurre il gap di autoconoscenza, e – se un focusing attuato dal singolo è utile – un focusing aiutato da un professionista o consulente è spesso più efficace.

Riflessioni operative:

  • realizzare focusing (autoanalisi e analisi assistita) per far emergere aree di lavoro, lasciando fluire le proprie sensazioni in un ambiente psicologico non giudicante e di massima accoglienza, non valutativo;
  • raccogliere quanto emerge dal focusing per identificare possibili target di cambiamento.

Nel focusing auto-diretto, si corre il rischio di incontrare un forte gap di autoconoscenza: non conoscersi a sufficienza o illudersi di conoscersi.

È estremamente difficile riuscire ad auto-osservare lucidamente il proprio bisogno di cambiamento, passare dal livello di “sensazione” di un disagio o di una ambizione alla corretta localizzazione del dove, come, quando agire.

Il problema tocca anche l’azienda. A livello di autoanalisi troviamo un gap di consapevolezza anche per la Direzione Risorse Umane e per i leader di team, quando l’osservatore non coglie bene il quadro reale, e le “verità” si offuscano dietro a sintomi e sensazioni imprecise o falsi target.

Da questo derivano problemi a cascata, ad esempio

  • sbagliare il piano formativo di una persona o di una azienda;
  • usare una strategia formativa meravigliosa ma praticabile solo sulla carta;
  • progettare utilizzando assunti e presupposti sbagliati;
  • scollegarsi dalla realtà, sfuggire il “come sono le cose realmente”.

 

Riflessioni operative:

  • considerare che la propria conoscenza sullo stato di cose può non essere corretta, o può essere viziata da distorsioni e autoinganni;

  • considerare quanta distanza è presente tra la “sensazione” vaga di un disagio o problema e la sua corretta identificazione, a livello di sede e di cause;

  • considerare che le prime sensazioni o “letture” – senza focusing adeguati – portano spesso a distorsioni, abbagli, valutazioni errate;

  • ricercare punti di vista e confronto multipli per ridurre il margine di errore;

© Copyright dott. Daniele Trevisani, Communication Research, https://www.studiotrevisani.it

Principio 6 – Incisività del cambiamento sui livelli profondi dello stile di pensiero e di azione (lifestyle, thinkstyle)

Il cambiamento positivo viene favorito dai seguenti fattori:

·         azione che promuove e genera modifiche reali nello stile di vita del cliente e/o delle persone che operano in azienda; lo stile di vita non è astratto ma diventa stile di azione pratico (action style, modo di fare le cose).

·         azione che promuove e genera modifiche reali nello stile di pensiero.

 

Il cambiamento viene bloccato o ostacolato da:

·         finzione di adozione (accordo falso) sul cambiamento nello stile di vita, o rapida regressione verso i modelli precedenti (mancanza di sostegno e follow-up);

·         finzione di adozione (accordo falso) sul cambiamento nello stile di pensiero, o rapida regressione verso i prototipi mentali precedenti

·         isolamento personale, mancanza di sostegno e follow-up dal sistema di appartenenza, mancanza di azioni di rinforzo organizzativo.

·         L’accordo falso tra coach e cliente avviene quando gli obiettivi di facciata prendono il sopravvento rispetto agli obiettivi profondi (giochi tra maschere professionali).

·         L’accordo profondo tra coach o regista/promotore e cliente/sistema avviene quando gli obiettivi profondi emergono chiaramente e si crea un forte patto psicologico e umano verso un percorso condiviso.

Articolo tratto dal volume di Daniele Trevisani “Regie di Cambiamento”, FrancoAngeli editore, Milano (2007). Copyright, materiale pubblicato su concessione dell’autore www.studiotrevisani.it – utilizzabile solo previa citazione della fonte.