Tag

atto d'acquisto

Browsing

© Articolo estratto con il permesso dell’autore dal testo di Daniele Trevisani – “Psicologia di marketing e comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management”. Franco Angeli editore, Milano.

A volte risulta difficile spiegare il comportamento delle persone nella sfera del consumo e del rapporto con i prodotti. Ci animiamo per questioni apparentemente futili (quale film vedere…), ma ci abituiamo a fatti che non dovrebbero lasciarci dormire (es: la produzione di mine antibambino). Un impiegato dedica una vita a far raccolte di tappi di bottiglia, un bambino non va a scuola senza quello specifico zainetto, un operaio non dorme se la sua auto non ha il cerchio in lega leggera cromato a cinque raggi, un manager soffre nell’indecisione su quale quadro alla parete può meglio comunicare la sua immagine all’interno dell’ufficio, ecc… ecc…. I casi umani sono tanti. Ogni persona ha le proprie ansie, paure, speranze, illusioni, e queste si trasferiscono anche nel comportamento di acquisto (e di riflesso, sulle strategie di vendita).

Se dovessimo catalogare in “consapevoli vs. inconsapevoli”, “razionali vs. irrazionali”, “realmente utili vs. futili”, gli acquisti e i comportamenti del consumatore medio, saremmo costretti ad attribuirne buona parte al secondo tipo: illogico, irrazionale, difficile da spiegare.Quando si entra nella sfera dei gusti e delle preferenze, esprimere consciamente perché odiamo un certo tipo di scarpe (es.: un adolescente che non sopporta i sandali aperti di cuoio “da frate”, pur essendo essi comodi e confortevoli), un vestito di un certo colore, un’azienda tedesca piuttosto che italiana, vede spesso goffi tentativi di ricerca di spiegazioni. Quando queste vengono attuate, si dimostrano spesso vere e proprie “azioni di copertura”. In queste azioni, l’individuo si sforza di riportare una coltre di apparente razionalità in scelte altrimenti difficile da spiegare anche a se stessi. 

Il grado di consapevolezza delle proprie pulsioni infatti decresce nel passaggio da conscio a subconscio ed inconscio.

Possiamo o meno essere d’accordo con le analisi freudiane, certo, tuttavia, risulta strano spiegare ricorrendo alla logica perché le persone non utilizzino più i cavalli come mezzo di spostamento a corto raggio, perché molte donne amino il giardinaggio, perché esistano gli sport violenti, perché i bambini siano attratti da attività quali lo smontare e il rimontare o l’arrampicarsi sugli alberi, perché esistano i rossetti, perché alcuni odino i computer, perché esistano le pellicce, perché.., perché…. infiniti perché ai quali non è possibile rispondere dando soluzioni meccaniche e razionali. 

Se analizziamo le trascrizioni scientifiche dei moventi d’acquisto – espresse dagli stessi consumatori – notiamo che in molti atti non appare niente di quanto previsto dall’economia classica. Il concetto di utilità razionale del prodotto a volte sparisce e l’acquisto diventa un fenomeno psicologico che risponde ad altre esigenze, ad esempio un “riempitivo psicologico”, una tecnica di “riparazione di stati emotivi negativi”, o un modo di affermarsi. Ad esempio: A volte, se non mi sento molto in forma, vado fuori, questo mi fa già sentire meglio. Poi penso, beh, voglio tirarmi su ancora un pò, e quando vedi qualcosa, dici, beh, lo prendo. Mi trasporta in un altro mondo, mi porta con la mente in una sorta di viaggio magico, mi tira su totalmente. Mi  nutre, in qualche modo, è qualcosa di cui ho bisogno.Man mano che procediamo nell’analisi dei moventi, notiamo che le motivazioni divengono sempre meno “superficiali” e razionali, ed emergono fattori nuovi. Le motivazioni di primo livello (il motivo apparente d’acquisto) sono progressivamente sostituite da concetti più complessi e la coltre di razionalità sparisce.

Magari passo davanti ad un negozio di vestiti e vedo qualcosa nella vetrina, e dico, quello è proprio carino. Vado nel negozio, e poi vedo qualcos’altro. E poi dico… quello è ancora più carino di quello in vetrina. E poi mi dico, non ho proprio intenzione di comprare queste cose, me le provo solo un attimo. Così, vado dentro, li provo, e dico, mmh, questo mi sta proprio bene, mi chiedo se c’è qualcos’altro che ci stia bene assieme. Così, provo altre cose che ci si abbinino, … vado dentro perché sono interessata ad una cosa e me ne esco con altre tre o quattro. E posso persino venir fuori con tre o quattro o cinque pezzi tutti uguali, solo di colore diverso. Devo andare dentro, e poi sento quasi che non posso uscire dal negozio senza aver preso qualcosa.

Continuando a scendere nel grado di introspezione, si nota che le motivazioni apparenti (del tipo, “l’ho comprato perché ne avevo bisogno”, o “mi piaceva, e basta”), non tengono. Il livello di profondità nella discesa verso il mondo nascosto a se stessi, l’area delle pulsioni profonde, può decifrare i significati simbolici ed il rapporto emotivo che si genera tra prodotto ed immagine di sè. Da queste analisi emerge spesso che il prodotto diviene strumento di proiezione d’immagine, o mezzo per raggiungere obiettivi strategici (seduzione, potere), e ciò avviene anche inconsapevolmente. L’inconsapevolezza dei propri moventi non deve meravigliare. Vediamo una constatazione sulla natura umana, svolta in base al pensiero di Freud: Per Freud la psiche è per la maggior parte inconscia. Essa assomiglia ad un iceberg, i nove decimi della quale sono nascosti o inconsci, e solo un decimo è in superficie o consapevole. Per questo i 9/10 dei nostri atti sono dettati da motivazioni inconsce. La parte consapevole, poi, si divide tra Io o Ego (la coscienza propriamente detta) e Super-io o Super-ego, che raccoglie i referenti morali e educativi. L’Io o Ego media tra motivazioni inconsce e motivazioni morali. La psicoanalisi è pertanto un processo di autoconoscenza, perché aiuta a svelare l’inconscio, e a capire quali sono le motivazioni autentiche dell’individuo rispetto a quelle imposte dai modelli morali o educativi.

Il fatto che i moventi dei consumatori non siano sempre ben chiari, o le scelte delle aziende appaiano a volte contro-intuitive, deve portarci ad una prima riflessione generale: i consumatori e clienti sono macchine biologiche e sociali il cui funzionamento è lungi dall’essere compreso a pieno. Queste macchine a volte hanno dei comportamenti strani, ma le aziende, con questi comportamenti, devono fare i conti tutti i giorni.

A volte i desideri e le scelte di acquisto delle persone sono prevedibili, a volte non lo sono affatto. Se il campo del consumo fosse dominato dalle leggi della razionalità, vivremmo in un mondo diverso. Le persone, sia come consumatori singoli che come decisori aziendali (buyer), esprimono nei propri comportamenti tutta la natura umana, in cui subentra, spesso, un versante di irrazionalità e di scelte poco spiegabili.Forniamo, in via iniziale, una prima tipologia di moventi d’acquisto:

  • pulsioni conscie: gli impulsi d’acquisto che derivano da valutazioni razionali, consapevoli e quasi-scientifiche della convenienza di acquisto in relazione ad un’analisi accurata dei propri bisogni (personali o aziendali); 
  • pulsioni subconscie: gli impulsi d’acquisto che derivano da associazioni inconsapevoli o solo parzialmente consapevoli tra l’atto d’acquisto e l’eliminazione di problemi reali o potenziali. Le pulsioni subconscie sono prevalentemente di natura culturale e ontogenetica (influssi che il soggetto ha subito durante la sua crescita e sviluppo, partendo dalla nascita);
  • pulsioni inconscie: gli impulsi d’acquisto governati da dinamiche non percepite dal soggetto, soprattutto provenienti dalle pulsioni ancestrali, istintuali, genetiche, recondite, le quali agiscono sull’individuo senza che egli stesso ne sia consapevole. Tali impulsi sono prevalentemente dovuti ad aspetti psicobiologici, associati a pulsioni derivanti dalla filogenesi dell’individuo (influssi che derivano dalla storia della specie e dalla sua biologia).

Un esempio di pulsione conscia è dato dalla percezione della necessità di possedere un ombrello se piove molto, o dotarsi di un mezzo di trasporto per raggiungere il lavoro, scegliendo accuratamente tra le diverse alternative esistenti (auto, treno, autobus, bicicletta, ecc..) e valutandone pro e contro razionalmente.Un esempio di pulsione subconscia avviene durante la scelta di un capo di abbigliamento da parte di un impiegato di banca, nella quale egli a priori – inconsapevolmente – esclude dal campo delle proprie scelte soluzioni tipo babbucce orientali, tuniche africane o perizomi indiani, includendo invece mocassini o abiti “giacca e cravatta” o tuttalpiù maglioni e polo. Il fatto che la 

scelta avvenga all’interno di un “set mentale” di prodotti occidentali non è  completamente consapevole, e risponde ad esigenze di conformità spesso latenti e subconscie. Per quale motivo plausibile, razionale, un impiegato di banca non dovrebbe recarsi al lavoro in perizoma d’estate quando fa molto caldo? Proviamo ad anticipare le reazioni (dei colleghi, dei clienti) a questo comportamento, e lo capiremo immediatamente. Una pulsione subconscia alla conformità culturale è presente in moltissimi acquisti, senza che i consumatori se ne rendano conto.Un esempio di pulsione inconscia è dato dal movente per cui un ragazzo maturo, non sposato o fidanzato, decide di recarsi in una palestra. In questa scelta può esistere un desiderio sottostante di aumentare la propria attrattività riproduttiva, ed acquistare maggiori chance di trasmettere i propri geni. Questo movente fisiologico e genetico, di origine animale, può avvenire al di fuori della consapevolezza della persona stessa.

Mentre le motivazioni conscie si collegano ad acquisti apparentemente logici, l’analisi delle motivazioni subconscie ed inconscie si riferisce alle pulsioni che difficilmente sono spiegabili ricorrendo a modelli razionali. 

Lo spostamento dell’attenzione verso l’area del subconscio ed ancor più verso l’area dell’inconscio disturba la sensibilità di molti. Alcuni si oppongono all’intrusione soprattutto per questioni di interesse. Economisti e ricercatori possono infatti vedere il quadro complicarsi, le formule saltare, e sostanzialmente il potere scivolare di mano. Altri oppositori sono coloro i quali vorrebbero l’essere umano emancipato dalla sua componente animale, considerano la componente pulsionale inconscia una sorta di decadenza verso la brutalità animale, una concessione agli impulsi che tutto il sistema educativo cerca di frenare, nascondere, negare. Capisco, sarebbe bello, ma ancora non è possibile. Il compito di un ricercatore è quello di capire, prima di tutto. Il compito di un manager è quello di agire, in base ad informazioni accurate. Se in questo stadio evolutivo dell’uomo, le pulsioni animali sono ancora presenti, non possiamo far finta che così non sia, e che questo non si innesti nei processi di marketing.

Vi sono zone del cervello la cui funzione è solo vagamente conosciuta. In particolare, l’archipallio rappresenta la porzione più antica della corteccia cerebrale, ed il suo influsso sui comportamenti di acquisto non è mai stato veramente esplorato.Rispetto alla neocorteccia, che rappresenta la porzione più recente della mente e nei mammiferi occupa quasi il 90% di tutta la corteccia, l’archipallio svolge funzioni diverse e non del tutto comprese, ma comunque legate ad energie psichiche ancestrali (riconoscimento degli odori, lotta, sopravvivenza, controllo del territorio, possesso, ecc.)

Neocorteccia e Archipallio

© Articolo estratto con il permesso dell’autore dal testo di Daniele Trevisani – “Psicologia di marketing e comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management”. Franco Angeli editore, Milano. Vietata la riproduzione senza citazione della fonte.

Altri materiali su Comunicazione, Coaching, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online:

Temi e Keywords dell’articolo:

  • Psicologia del Marketing
  • Moventi d’acquisto
  • Atto d’acquisto
  • Pulsioni Conscie
  • Pulsioni Inconsce
  • Pulsioni subconscie
  • Movimenti d’acquisto
  • Neocorteccia
  • Archipallio
  • Marketing aziendale
  • Abitudini di consumo
  • Il potere delle abitudini
  • Analisi dei dati
  • Data scientist
  • Io
  • Super io
  • Marketing manager
  • Il valore delle emozioni
  • Brand reputation
  • Valore della comunicazione

© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategic selling. Psicologia e comunicazione per la vendita consulenziale e le negoziazioni complesse”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

Il bilanciamento mentale nell’acquisto

L’analisi delle pulsioni si pone l’obiettivo di capire quali leve decisionali scattano, portando un soggetto a separarsi da un valore (il proprio denaro, il proprio tempo, ed altri valori per sé importanti) in cambio di altro (una prestazione, un bene, un servizio, un favore). L’analisi dei meccanismi mentali che avvengono durante una scelta deve portarci a riflettere su quali siano le aree del pensiero umano coinvolte nella decisione : durante un atto d’acquisto avvengono alcuni fenomeni di valutazione che hanno una valenza generale, possono cioè essere applicati a qualsiasi fenomeno di acquisto e vendita. 

Possiamo pertanto evidenziare due fenomeni:

  • il costo di acquisto reale è molto diverso dal costo monetario: il costo di acquisto è un dato, ma deve essere bilanciato dal costo psicologico che la scelta di acquisto pone. Il costo psicologico include tutte le difficoltà il cliente anticipa, percepisce, teme o prevede. Es: nell’acquistare un nuovo macchinario, la difficoltà nello smaltire quello precedente, o la difficoltà di imparare ad usarlo, o la perdita di controllo dovuta al fatto di non capirne la tecnologia e quindi perdere potere all’interno dell’azienda.
  • Il rientro percepito derivante dall’acquisto è molto diverso dal bene o proprietà realmente acquisito: il rientro psicologico di un acquisto può comprendere fattori come la “voglia di farsi un regalo”, la voglia di avere per primi qualche status symbol, la voglia di dimostrare ad altri il possesso di un bene o il “togliersi una soddisfazione”, e tanti altri moventi. Anche in questo caso sono presenti (con forza maggiore o minore) flussi di valore psicologico che influenzano la percezione di valore del bene o servizio acquistato. Pertanto, anche il rientro totale dell’acquisto è una somma: beni materiali (o servizi) più rientri psicologici di varia natura.

Possiamo quindi parlare di un Costo Totale di Separazione (CTS: sommatoria del denaro o beni ceduti + costi psicologici connessi all’acquisto) e di un Rientro Totale dell’Acquisto (RT, sommatoria dei rientri fisici e di servizio + rientri psicologici).

In altre parole, la vendita scatta solo quando riusciamo a presidiare i costi psicologici e rientri psicologici percepiti dal cliente “internamente” e non solo il prezzo monetario e le caratteristiche di prodotto “esterne”.

Il costo psicologico latente nella psicologia del cliente

Spesso un acquisto si carica di costi psicologici nascosti che ne aumentano il gravame, acquistare non richiede unicamente un esborso in denaro

Una scelta di acquisto viene soppesata anche alla luce dei valori sottostanti. Ad esempio, per un ecologista/animalista convinto, acquistare un hamburger non significa unicamente sborsare alcuni dollari, ma rifiutare a tutti i valori in cui crede. Il costo psicologico in questo caso è enormemente superiore al costo monetario. Lo stesso vale (nell’ecologista) per l’acquisto di una pelliccia, o di un’auto che consuma molto. 

I costi psicologici si dividono quindi in:

  • costi psicologici personali (effetti indesiderati dell’acquisto legati ai propri valori o credenze)
  • costi sociali o normativi (determinano un non-acquisto causato delle possibili reazioni negative degli altri: colleghi, amici, parenti, superiori, ecc.)

Tra i costi psicologici rientrano possibili perdite di immagine, di valori, cambiamenti di abitudini consolidate, diminuzioni di sicurezza, calo di approvazione sociale, riduzioni di qualità della vita, aumento di ansie e tensioni, e altre preoccupazioni legate in qualche modo (nella mente del cliente) all’atto di acquisto. Esse incidono sul comportamento di acquisto anche se frutto di immaginazione o basate su dati in realtà non fondati.

Questi costi psicologici nascosti possono essere il fuoco che alimenta le obiezioni di superficie.

Capirli, per poi gestirli, è assolutamente necessario.

Il rientro psicologico latente

Così come il costo totale si carica di costi psicologici latenti, il rientro totale si può caricare di rientri psicologici addizionali. 

I rientri possono infatti essere sia funzionali (utilizzo il prodotto che mi mancava e mi serviva), che psicologici (l’atto di acquisto in se apre orizzonti psicologici positivi). 

Un responsabile della formazione può decidere di portare in azienda un allenatore di una importante squadra di calcio o di una nazionale, per fare un piccolo intervento sulla leadership, per il solo gusto di poter dire “ho portato XY (un nome altisonante) in azienda. 

In altre parole, l’acquisto non viene più valutato puramente in termini di rientri fisici o funzionali, ma viene valorizzato da rientri psicologici (potere, carriera, immagine personale in azienda) e questo ne crea il valore vero. Il flusso di rientro si carica di orizzonti psicologici positivi, personali o legati alla reazione attesa dei gruppi di riferimento (sociali/normativi).

Per esempio, l’imprenditore che acquista il sistema di e-commerce evoluto, fonte di orgoglio, facendo sentire l’imprenditore come colui che ha saputo portare l’innovazione nell’azienda. In questo caso avremo un rientro di self-image che aumenta il valore psicologico totale.

L’atto di acquisto va gestito, da parte dell’operatore di marketing, ponendo attenzione sia ai costi psicologici latenti che ai rientri psicologici potenziali.

In complesso, la scelta di acquistare o meno emerge da un insieme di ponderazioni relative al costo totale e al rientro totale dell’operazione di acquisto.

In termini di strategie aziendali di vendita, lungo il percorso psicologico che il venditore deve esplorare, la comunicazione di vendita deve possedere l’abilità di:

  1. creare interesse per il rientro totale, sviluppando argomentazioni che si basino sulle utilità soggettive del cliente
  2. creare un posizionamento percettivo efficace del costo di separazione totale (strategia di framing dell’investimento).

In altre parole, la strategia di framing deve riuscire nell’intento di minimizzare il costo psicologico per il cliente.

Principio 7 – Della differenza positiva tra rientro totale psicologico e costo totale psicologico

  • La competitività aziendale dipende dalla capacità di gestire i costi psicologici e i rientri psicologici e non solo i costi monetari e i rientri “fisici” derivanti dall’acquisto.

Questo significa:

  • capire i costi totali di separazione connessi all’acquisto (costi monetari + costi psicologici percepiti o latenti) e saperli ridurre tramite la comunicazione;
  • sviluppare comunicazione efficace in grado di esaltare l’intensità dei rientri totali (funzionali e psicologici), sapendo inserire valore psicologico nel pacchetto di offerta;
  • sviluppare comunicazione efficace relativa al bilancio totale dell’operazione di acquisto, in cui i rientri totali percepiti (funzionali e psicologici) superino i costi totali percepiti (economici e psicologici).

Il modello Costo Totale / Rientro Totale è importante per la nostra elaborazione in quanto ci permette di affrontare un problema: il focus della comunicazione (pubblicitaria o di vendita), troppo spesso incentrato sulla emissione di parole a vuoto, che non hanno relazione con le utilità soggettive del cliente, con i costi latenti e i rientri psicologici latenti.

La comunicazione di vendita deve possedere l’abilità di (1) creare interesse per il rientro totale, sviluppando argomentazioni che si basino sulle utilità soggettive del cliente, e (2) creare un posizionamento percettivo efficace del costo di separazione totale (strategia di framing dell’investimento). In altre parole, la strategia di framing deve riuscire nell’intento di minimizzare il costo psicologico per il cliente.

Razionalità interna nelle scelte di acquisto

Spesso comportamenti apparentemente stupidi assumono una razionalità interna o endogena per il sistema di valori dell’individuo e per il suo stato psicologico del momento.

Ad esempio, l’atto del fumare è chiaramente irrazionale secondo ogni logica esterna, ma può essere del tutto coerente e razionale rispetto alle pulsioni interne che esperisce l’individuo (es: fumo per calmarmi, o per premiarmi pensando che sia una forma di gratificazione, o per fare una pausa). 

Questi moventi fanno parte della razionalità interna, non della razionalità esterna. Sono intrinsecamente coerenti ma visti dal di fuori non hanno alcun senso.

L’analisi dei moventi deve andare ben più in profondità e non accontentarsi di giudicare “irrazionali” dei comportamenti. Deve scoprire come e quando nasce il movente, quali comportamenti dimostrativi sono in corso, se ad esempio la ricerca di costruzione di un personaggio o di un’identità, oppure ancora ricercare i moventi imitativi di persone reali o personaggi mediatici (eroi), i quali hanno inconsapevolmente agito sull’individuo.

Dobbiamo definitivamente abbandonare l’attaccamento alla credenza che i consumi siano razionali in funzione di qualche norma superiore o legge universale (razionalità esogena o normativa).

Acquisto e motivazione all’azione

La problematica dell’acquisto deve, prima o poi, essere confrontata con quella della motivazione all’azione (i fattori che spingono l’individuo ad agire). 

La teoria della motivazione vede come unità motivante di base la tensione. Gli impulsi si innestano su stati di disequilibrio percepito, che creano spinta alla risoluzione del problema. 

L’impulso diviene movente di acquisto nel momento in cui si crea un collegamento mentale: la percezione che un prodotto/servizio sia lo strumento risolutivo del problema. 

L’azione di acquisto ne è il risultato, premesso che l’individuo disponga delle risorse o decida di procurarsele. Tuttavia, quando il movente è molto forte e la tensione altrettanto, le persone compiono ogni tipo di sforzo e di azione pur di procurarsi il denaro necessario (si pensi ad un drogato che può arrivare a rubare ai genitori pur di non stare senza una dose).

Qualsiasi acquisto mosso da forti motivazioni porta il possibile acquirente a diventare molto insensibile al prezzo e a procurarsi le risorse in qualsiasi modo pur di risolvere la tensione.

Modello di Trevisani (2001) sulla psicologia dell’atto d’acquisto

  1. Tensione : Percezione di un disequilibrio
  2. Impulso : Ricerca di un nuovo equilibrio
  3. Movente :Identificazione strumenti di risposta
  4. Azione : Acquisto del prodotto/servizio

Nella nostra analisi, riteniamo assai utile partire da alcune considerazioni fatte da Freud. Questo non tanto perché il nostro lavoro si ispiri alla scuola freudiana più di altre, ma perché vi sono presenti spunti di ispirazione che non possiamo ignorare. Come fanno notare Greenberg e Mitchell (1986)[1],

...all’interno del sistema di Freud, la caratteristica più saliente e costante del funzionamento dell’apparato psichico è la spinta verso la regolazione delle tensioni, altrimenti nota come principio di piacere. Lo scopo ultimo di tutti gli impulsi è una riduzione della tensione corporea, sperimentata come piacere. L’impulso originario non ha una direzione – è un quantum di tensione che aspetta di essere ridotto. Gli impulsi vengono diretti verso oggetti esterni soltanto quando questi oggetti si presentano e si dimostrano utili nella riduzione della tensione.

Innanzitutto, questa riflessione ci permette di osservare l’acquisto come atto di riduzione della tensione – sia a livello consumer che a livello business-to-business – una prospettiva molto interessante e ricca di potenziali per il marketing.

Nel caso non vi siano oggetti esterni che il cliente veda in qualche modo “utili” a ridurre lo stato di tensione, questo può rimanere latente ed in questo caso si crea un bisogno non soddisfatto. Oppure, il bisogno può essere represso o eliminato (ad esempio, cambiando le proprie priorità di vita, i propri valori).

La riduzione della tensione riguarda sia acquisti positivi (es: un software che permette di allargare la gamma dei servizi aziendali) sia acquisti negativi, la cui funzione è unicamente quella di prevenire un accadimento spiacevole nel futuro (come una polizza antigrandine per un agricoltore).

Si tratta di inquadrare il fenomeno di acquisto all’interno dei vissuti psicologici dell’individuo. Se riusciamo a comprendere cosa provoca tensione nel soggetto, avremo identificato potenziali leve di acquisto, in quanto questa tensione si tramuterà presto in un bisogno di mercato e nella ricerca di un prodotto o di un servizio. Pertanto, la ricerca di mercato sui bisogni latenti o mal soddisfatti permette di aprire grandi opportunità di marketing.

Anche nel campo delle vendite azienda-azienda, se riusciamo a comprendere cosa provoca tensione nel buyer aziendale, avremo identificato le leve motivazionali dell’azienda acquirente, e potremo regolare di seguito (o creare appositamente) la nostra offerta.

Teoria e realtà negli acquisti

Chi conosce più da vicino il mondo degli acquisti aziendali e della vendita, sa benissimo che le regole della “matematica formale” imposte dalle procedure di acquisto organizzate, anche nelle grandi imprese, non vengono sempre rispettate. 

Si può fare di tutto per evitare che un fornitore risultato primo in graduatoria in una gara di appalto (metodo formale d’acquisto) venga in qualche modo escluso, eliminato, sino a compiere atti illegali, pur di non avere a che fare con quel soggetto – che per vari motivi non vogliamo all’interno dei nostri spazi fisici e psicologici.

Dal fattore umano, dalle simpatie-antipatie, dalle valutazioni soggettive, dagli stereotipi, dalle pressioni sociali, dalle pulsioni subconscie ed inconsce, è difficile sfuggire. 

Questo determina, a volte, lo stravolgimento dei risultati formali, il fatto che vengano ricercate strade per “far vincere qualcuno” nella gara tra i fornitori, a discapito ed in barba delle procedure e delle regole scritte.

Questo accade in genere quando nelle procedure formalizzate di acquisto non sono presenti tutti i fattori reali di scelta (e del resto, è difficile inserirvi fattori subconsci ed inconsci). Ad, esempio, la nostra azienda può  – abbastanza inconsapevolmente – considerare di fatto molto importante la capacità di ascolto dimostrata dal potenziale fornitore, ma nelle procedure di acquisto non vi è traccia di tale fattore.

Per il venditore, in altre parole, è necessario agire sul terreno psicologico dell’impresa acquirente, inserendo le proprie offerte all’interno dell’orizzonte psicologico soggettivo del buyer.

Questo richiama la nostra attenzione sulla necessità, per qualsiasi azienda, di dotarsi di un metodo di vendita per lo sviluppo della competitività.


[1] Greenberg, J. R., & Mitchell, S. A. (1986). Le relazioni oggettuali nella teoria psicanalitica. Bologna: Il Mulino. Edizione originale: Object relations in psychoanalytic theory. Cambridge: Harvard University Press, 1993.

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online