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Definizione di ascolto attivo: attività di ascolto nella quale viene realizzata una serie di mosse conversazionali, dalle domande aperte alle riformulazioni, per favorire l’espressione altrui. L’ascolto attivo è il precursore dell’empatia e dell’ascolto empatico. L’ascolto attivo è una tecnica di ascolto e osservazione attenta agli aspetti linguistici (contenuti espressi dal parlante), paralinguistici (toni, accenti, timbri della voce) e ai segnali non verbali, con feedback sotto forma di parafrasi accurata, che viene utilizzata nella consulenza, formazione e risoluzione di controversie o conflitti, nella vendita e nella negoziazione, nel coaching, counseling e in ogni relazione d’aiuto professionale.

ascolto attivo ed empatia

Approfondimento dal libro Ascolto Attivo ed Empatia (Franco Angeli editore)

Esiste una classificazione in letteratura che differenzia i livelli di ascolto dal più negativo sino al più positivo, come segue: ascolto giudicante/aggressivo, ascolto apatico/passivo, ascolto a tratti, ascolto attivo, ascolto empatico, ascolto simpatetico (Trevisani, Daniele (2019), Ascolto attivo ed empatia. Milano, Franco Angeli)

Ascolto attivo ed empatia: I segreti di una comunicazione efficacePersino da una foto si capisce qualcosa. Si può “ascoltare” anche una foto, ebbene si. O un dipinto, o un brano di musica, o un paesaggio.

Di una persona, sul lavoro, potremmo fidarci di quanto scritto sul biglietto da visita, ma insistiamo nel guardare anche alla sua postura, alla schiena dritta o curva, al suo mento e agli occhi tristi od orgogliosi, per capire se è fiero di quel biglietto mentre te lo porge, o se per lui/lei è un peso.

Diciamo pure che siamo curiosi per natura, perché la sopravvivenza richiede il sapere le cose, il capire chi ti è ostile o amico, e saperlo fare in una frazione di secondo, come i veri cacciatori/raccoglitori che eravamo, con lo sguardo, osservando occhi, movimenti, intenzioni.

Annusando istintivamente le situazioni prima ancora che “comprenderle razionalmente”.

Questo fa parte di quell’Intelligenza Inconscia, una forma di intelligenza che in questo volume andiamo ad aggiungere alle tante Intelligenze Multiple di cui disponiamo, risorse mentali e corporee così ben esposte da Howard Gardner[1].

Dell’intelligenza inconscia parla giù Freud (definendola „Unbewussten Verständnis“, o „comprensione inconscia) ma senza evidenziarla come risorsa a disposizione di tutti noi, e ancora prima ne parla il filosofo Schelling (1775 –1854)[2] individuandola come una “intelligenza della natura”, ma ancora una volta senza considerarla per ciò che può essere, una nostra preziosissima risorsa. Noi, invece, vogliamo farlo. Gardner ha dimostrato come il fenomeno “intelligenza” possa essere scomposto in una serie variegata di abilità umane distinte, quindi di diverse intelligenze: linguistica, musicale, logico-matematica, spaziale, corporeo-cinestetica, personale e Interpersonale[3], aggiungendo in seguito, quella Intra-personale legata al conoscere se stessi.

Vicina all’intelligenza Inter-personale, aggiungiamo in questo volume la categoria dell’Intelligenza Inconscia, che qui consideriamo una vera e propria skill, una competenza allenabile per l’ascolto attivo, che deriva da una connessione e da un allenamento più forte nel far dialogare la Neocorteccia (parte recente nello sviluppo del cervello), e altre aree antiche come il cervello rettile e il cervello pre-mammifero, aree abilissime a cogliere informazioni sottili ed istintive.

E qui siamo: sulla parte animale dell’uomo, sul suo “leggere lo sguardo”, sul suo “ascoltare anche il non detto”.

Saper leggere le persone, le loro finalità, richiede un ritorno a capacità ancestrali, quando l’attrazione era segnalata con gli occhi verso altri occhi, e non con un profilo social. Ora, più che mai, è tempo di imparare di nuovo a leggere le persone. Perché da un lato stiamo perdendo la capacità di riconoscere i “cattivi” o nemici, dall’altro lato facciamo di tutta l’erba un fascio e magari diciamo NO a qualcuno che non ci può fare alcun danno e anzi magari ci può portare valore.

L’ascolto attivo: Saper cogliere segnali

Urge un ritorno alle nostre sensibilità ancestrali. Urge ripristinare la capacità di percepire correttamente, prima ancora che di valutare logicamente i soli dati. Per farlo, dobbiamo saper usare in modo speciale l’ascolto, facendolo diventare una “percezione aumentata” di qualsiasi segnale entra nella nostra sfera:

  1. Segnali uditivi verbali. cos’ha appena detto Tizio all’altro tavolo?
  2. Segnali uditivi paralinguistici. Riesco a sentire lo stress vocale di una persona?
  3. Segnali tattili-aptici (in questa seggiola si è appena seduto qualcuno? È calda?), o “cosa mi dice questa stretta di mano su di te?”
  4. Segnali cinestesici-visivi: come sta oggi la squadra? Capirlo dalla falcata, dalla postura. Capirlo persino negli spogliatoi. Sembrano tranquilli o agitati? Demotivati o motivati?
  5. Segnali Olfattivi: Che cos’è questo odore di nuovo che sento nell’auto appena comprata, ci ho mai fatto caso? Sono consapevole che è un odore ingegnerizzato o penso sia frutto del caso?
  6. Segnali emotivi: come sto in questo momento, come sta la mia ansia, la mia gioia, il mio cuore, il mio sognare, il mio vivere in relazione con altri e con me stesso? E… Come sta la persona di fronte a me? Come sta respirando, cosa sta sentendo?
  7. Segnali corporali: che mestiere potrebbe fare il secondo da destra su quel tavolo, in base alla tipologia di muscolatura e come è vestito e ai segni che noto sulla pelle?
  8. Segnali olistici: chi è la persona più pericolosa o dissonante in questa carrozza di treno o in questo bar, c’è qualcuno che potrebbe essere pericoloso? In base a cosa lo noto?

I segnali sono tanti. Segnali d’amore, segnali di odio, di indifferenza, di paura, di disgusto, di amicizia. Se solo sapessimo coglierli tutti…

Ma appena cogliamo che il discorso non tocca i nostri interessi vitali, facciamo dietrofront e continuiamo nel nostro fare distratto.

La distrazione è un male dell’epoca.

La “furia dei tempi” e la fretta hanno portato l’ascolto ai livelli minimi assoluti nella storia della civiltà occidentale.

Smartphone e altri dispositivi elettronici hanno sostituito le persone, e siamo quindi diventati bravi ad “ascoltare” i segnali dei dispositivi elettronici, riconoscere un bip da un beeep, a manipolare un telefono o uno schermo touch, ma meno bravi a guardare negli occhi una persona che ci parla dal vivo e coglierne le sfumature, il tono di voce, lo sguardo, i cenni del capo, e capire cosa prova, e se mente o meno.

Nel corso del libro ci saranno decine e decine di strumenti utili per re-imparare l’arte e tecnica del “leggere le persone” – che significa praticare un “ascolto oltre le parole”. L’importante è che si accenda in noi la scintilla. La scintilla del DNA ancestrale. La scintilla della curiosità.

La furia dei tempi ha abituato gli studenti a fare quiz, test a risposta multipla, esami informatizzati, e l’esame orale va sparendo lentamente dal panorama della formazione accademica, perché “richiede troppo tempo”. Così, non impariamo più a “sintonizzarci sul Prof. e sui suoi interessi che magari abbiamo sentito a lezione”, perché è diventato inutile.

Anche nei gruppi di ragazzi e ragazze, seduti a tavola in una pizzeria, si può notare un continuo “fare”, ma con il proprio smartphone, e una assenza quasi fisica del luogo in cui le persone sono veramente, con rare, rarissime conversazioni tra i partecipanti, spesso superficiali.

Non è mai facile ascoltare. A volte è più comodo comportarsi da sordi, accendere il walkman e isolarsi da tutti. È così semplice sostituire l’ascolto con le e-mail, i messaggi e le chat, e in questo modo priviamo noi stessi di volti, sguardi e abbracci.

 

[1] Howard Gardner (1983), Frames of Mind: The Theory of Multiple Intelligences, Edition Hachette UK, 2011.

[2] Friedrich Schelling, Vom Ich als Prinzip der Philosophie oder über das Unbedingte im menschlichen Wissen (L’io come principio della Filosofia o sul fondamento della conoscenza umana), 1795

Friedrich Schelling, Ideen zu einer Philosophie der Natur (Idee per una filosofia della natura), 1797

[3] Howard Gardner (2010), Formae mentis. Saggio sulla pluralità dell’intelligenza. Feltrinelli, Milano.

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L’ascolto attivo in Wikipedia

Ascolto

Da Wikipedia

L’ascolto è l’atto dell’ascoltare. È l’arte dello stare a sentire attentamente, del prestare orecchio. Ascoltatore è chi ascolta; ascoltare la lezione, un oratore; ascoltare con interesse tutto ciò che il professore dice. Non trattasi di atto superficiale.

In psicologia ascolto è uno strumento dei nostri cinque sensi per apprendere, conoscere il tempo e lo spazio che ci circonda e comunicare con noi stessi e il mondo circostante. L’ascolto è un processo psicologico e fisico del nostro corpo per comunicare ai nostri neuroni, al cervello che li traduce in emozioni e nozioni.

Etimologia

Dalla radice Auris “Orecchio”, latino parlato, Ascoltare è verbo transitivo. La parola ascolto nasce in italiano come derivato del verbo ascoltare, che proviene a sua volta dal latino “auscultare”, cioè sentire con l’orecchio. Il significato tradizionale del termine ascolto è appunto quello che indica in genere l’azione e il risultato dell’ascoltare ed è fortemente legato al concetto di attenzione.

Come noi ascoltiamo

Nell’ascolto c’è la componente fisica, tra orecchio e neuroni di come noi assimiliamo stimoli acustici e la componente psicologica, che è l’apprendimento attraverso i cinque sensi. Bisognerebbe parlare di tante cose sull’apprendimento, partendo da Sigmund Freud con la fase orale (che noi apprendiamo per esempio dalla bocca e i bambini attraverso quel mezzo assaporano, il gusto (freddo, amaro…), il tatto (forma, durezza, …) per capire che cos’è. È il loro primo approccio con il mondo esterno. Sempre in quel periodo c’è l’apprendimento attraverso la vista e l’udito, che poi durerà tutta la vita. L’udito è molto importante, perché la percezione dello spazio e del nostro equilibrio si basa sull’orecchio.

Una delle cose che facciamo con l’ascolto è l’apprendimento del linguaggio. Due teorici come Burrhus Skinner e Orval Hobart Mowrer, ritengono che il nostro apprendimento si realizzi attraverso le interazioni con l’ambiente. Prima si apprendono le parole e più tardi si uniscono. Per fare questo si deve ascoltare con la vista e con l’udito. Per imparare la parola mamma, il bambino sente il suono mamma, per esempio “vieni dalla mamma”. Usando sempre questa frase, vede il movimento delle labbra e l’oggetto in quel caso la mamma. Lui non ha associato subito il significato di mamma, ma è stata la ripetizione degli eventi. Questo procedimento vale in generale. Sempre con l’ascolto il bambino piccolo dice la parola mamma, perché fa delle prove vocali. Per esempio dice: “aaaa” “ma ma ma”… Fa tanti versi il neonato, e attraverso l’ascolto e la ripetizione: capisce, impara a dire, prova emozione. L’ascolto non è solo udito, ma tutto quello che noi riusciamo ad apprendere o assimilare attraverso i nostri sensi.

Usi della parola “ascolto”

La fortuna della parola ascolto è cresciuta a dismisura negli ultimi trent’anni. Fino a qualche decennio fa, infatti, la voce ascolto non si usava quasi mai autonomamente, ma serviva soprattutto per formare locuzioni con valore di avverbi come essere in ascoltorimanere in ascolto, o con valore verbale, come dare ascoltoprestare ascolto nel senso di fare attenzione. Al massimo, la funzione dell’ascoltatore poteva interessare i linguisti, i quali distinguono l’analisi del parlare, cioè della produzione dei testi di una lingua, da quella della loro comprensione.

Ancora all’inizio degli anni Sessanta, l’ascolto non aveva niente a che fare con il pubblico dei programmi radio o tivvù. L’ascolto radio non era l’indice di gradimento: secondo il più grande vocabolario della lingua italiana, la cui lettera A risale al 1961, l’ascolto radiotelegrafico era il periodo fissato, di qualche ora al giorno, durante il quale le stazioni riceventi sulle coste e sulle navi al largo restano in ascolto per captare eventuali segnali di pericolo. Oggi invece ascolto è una parola molto frequente, soprattutto quando si discute di televisione. Sembra un’incongruenza parlare in questo caso di ascolto, visto che la televisione più che ascoltarla la si guarda. Ma l’apparente incongruenza si spiega in parte come un ricordo dei tempi della radio, in parte perché la parola ascolto, nell’accezione di gradimento di un programma radiofonico o televisivo, traduce l’inglese audience, vocabolo molto usato da noi anche nella forma originaria.

© Articolo estratto con il permesso dell’autore, Dott. Daniele Trevisani dal libro “Ascolto Attivo ed Empatia. I segreti di una comunicazione efficace. Milano, Franco Angeli

Come Ascoltare Empaticamente

L’ascolto attivo ci chiede di apprendere diverse competenze:

  • capire le emozioni che viviamo in ogni preciso istante
  • capire come il nostro corpo reagisce alle comunicazioni altrui (es.: tensioni muscolari, sudore)
  • imparare a rilassarsi, a non subire le emozioni,
  • imparare a vivere i tempi entro quadranti che siano più produttivi per noi.

È necessario imparare a trovare l’orientamento, non sorprenderci dal sentirsi noi disorientati o trovare disorientamento iniziale nel soggetto che pratica questa tecnica.

È necessario prendersi i propri tempi, senza rinunciare.

Quando ci si sente disorientati, il suggerimento è quello di rallentare, lasciare che il focusing e l’introspezione facciano il proprio lavoro e non avere fretta di chissà quale magico risultato.

Se anche solo una connessione emotiva o un’ancora emotiva trova un appiglio, quello sarà già un grande risultato empatico.

Le stesse competenze sono valide anche per l’osservazione del quadro emotivo che viviamo noi, o che la controparte esprime, anche non verbalmente e tramite segnali deboli.

Non tutto l’ascolto è fatto di domande. Larga parte è fatta di attenta osservazione, di percezione fine, di osservazione mirata.

Si ascolta anche per ascoltare quello che le persone non dicono e non solo ciò che dicono.

Allora, ascoltare bene diventa una sfida, l’empatia diventa una sfida. Ed è solo quando ti trovi di fronte ad una sfida che puoi andare a scavare nelle tue risorse, in quello che hai dentro veramente

Nella vita è molto importante imparare ad ascoltare quello che non ti dicono.
(Heart_Hamal, Twitter)

Spesso una delle cose meno dette è l’emozione in corso.

Per la strada è raro vedere persone andarsene in giro dichiarando apertamente a sconosciuti le proprie emozioni, per paura che gli altri se ne servano. Ma nell’ascolto, è fondamentale imparare ad osservarle.

Il fatto di inquadrare le diverse forze emotive in gioco, discernere le emozioni come intense, intermedie o deboli, di dare loro un’etichetta, permette di parlarne con maggiore specificità.

Permette inoltre di localizzare meglio le diverse emozioni miste (Mixed Emotions), le condizioni in cui sono compresenti più emozioni contemporaneamente, situazione simile a quella in cui in una stanza vi siano più radio accese che trasmettono più canzoni contemporaneamente.

Decodificare i diversi segnali e uscire dalla confusione dei segnali e delle “voci” richiede strumenti di differenziazione, strumenti di analisi e ascolto raffinati.

Nell’esempio, osserviamo un ulteriore modello di stati emotivi esistente in letteratura.

Questo modello, o altri similari, possono offrire un grande contributo per giungere ad una possibilità di consapevolezza aumentata sui diversi vissuti che li accompagnano, e rendere possibile la loro rivisitazione.

Come abbiamo notato, è importante “vedere” non solo quali emozioni si attivano in relazione alle azioni da intraprendere. Anche la modalità per raggiungere il risultato è importante.

La perseveranza viene sempre ripagata quando si tratta di migliorare l’ascolto attivo e l’empatia.

Ogni qualvolta cerchiamo di essere migliori di quello che siamo, anche tutto quanto ci circonda diventa migliore.

 (Paulo Coelho)

La vita quotidiana ci offre continui spunti per allenare le nostre capacità di riconoscimento emotivo. Se odio pulire le scarpe infangate utilizzando una spazzola, e adoro farlo con un getto d’acqua o idropulitrice, di questo dovrò tenere conto. Posso iniziare ad ascoltare partendo da me stesso.

Nel primo caso avremo infatti ottenuto scarpe pulite ma con forte dispendio emotivo (e successiva riduzione di energie per altre azioni), nel secondo caso non solo le scarpe saranno pulite (obiettivo primario), ma ci saremo divertiti, e i nostri budget energetici saranno disponibili per altre azioni, e questo non è poco. Ascoltare non è diverso. Possiamo ascoltare per lo scopo unico di estrarre informazioni, o avere il piacere di ascoltare. Non è sufficiente quindi credere nell’obiettivo, ma trovare soddisfazione nel percorso, nelle modalità, esplorarle come flusso esperienziale positivo. Spesso fare un lavoro sulle emozioni permette di far riemergere dall’oscurità ricordi e stati d’animo repressi, soffocati, dimenticati, ma che avevano bisogno di esprimersi.

Se questo è vero per azioni minimali, immaginiamo quanto sia importante per obiettivi molto più sfidanti, in cui è necessario saper dare tutto di se stessi, come le performance sportive, gli ambienti ad alto rischio, le imprese ingegneristiche.

Tutte queste situazioni sono intrise del fattore più difficile da gestire, il fattore umano. E ascoltare cosa le persone sentono, è uno dei modi migliori per scovare i problemi prima che diventino guai.

La perfezione non esiste – ma puoi sempre fare meglio e puoi sempre crescere.

 (Les Brown)

La sfida è elevata negli obiettivi alti e complessi, ma non è da meno quando riguarda le azioni ripetute, in cui il nemico diventa la noia e la ripetitività. I compiti sono spesso ripetitivi e quotidiani. Un compito come la relazione d’aiuto, la consulenza, la vendita o la negoziazione, se vissuto con sfondo emotivo sbagliato, diventa corrosione dell’anima, di se stessi, e della volontà.

Se vissuto con piacere, è un flusso esperienziale che ci accompagna e ci diverte in ogni singolo contatto. Questo vale per ogni lato della vita umana. Ne sono esempi l’allenamento fisico, che richiede sessioni quotidiane, il lavoro quotidiano (in qualsiasi professione), e le azioni quotidiane che un genitore, marito, o moglie svolgono a favore della propria famiglia, dal lavare i piatti, al fare la spesa, cambiare i pannolini, sino alle azioni minimali di ogni giorno. Ciascuna di queste può essere vissuta come piacere o fastidio.

Larga parte delle azioni di coaching per il potenziale e le performance di ascolto consiste nel:

  1. trovare le modalità migliori per conseguire l’obiettivo, ma anche
  2. nel cambiare obiettivi che non ci attivano davvero, goals che in realtà non hanno valenza per noi, trovare ciò che ci motiva davvero,
  3. saper gustare/apprezzare il flusso esperienziale come valore in sé (spostare l’attenzione dall’obiettivo puro al “percorso” come valore addizionale).

L’insieme delle percezioni inerenti sia l’azione che l’obiettivo diventa materiale di lavoro nel coaching finalizzato a potenziare la capacità di ascolto, affinché l’individuo sia in grado di vivere con maggiore piacere, energia, armonia, efficacia, le sue azioni in entrambi i piani.

Gli strumenti di coaching possono utilizzare tecniche anche sofisticate per l’analisi dello sfondo emotivo che accompagna un’azione, come il “solido emozionale” di Plutchik, e altri strumenti derivanti dalla ricerca sulle emozioni e sull’intelligenza emotiva.

Ascoltare empaticamente può diventare tanto piacevole quanto lo è fare dell’escursionismo: è un escursionismo nelle menti altrui,Daniele Trevisani


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