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approccio olistico-pragmatico

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Articolo estratto con il permesso dell’autore, dott. Daniele Trevisani, dal testo “Team leadership e comunicazione operativa. Principi e pratiche per il miglioramento continuo individuale e di team

Chi riesce a trascinare i propri uomini con sé portando le loro anime nello scopo ha conseguito un risultato. Chi porta solo i loro corpi non ha conseguito nulla. Pertanto:

•     la leadership emozionale, o leadership emotiva, analizza e sviluppa la capacità di attingere con successo alle risorse emozionali per coordinare e dirigere i team, i progetti e le operazioni;

•     gestire le proprie emozioni precede la capacità di gestire le persone;

•     i tipi di comunicazione osservabili, gli scambi conversazionali, di segni e di segnali, sono potenti denotatori dei climi dei gruppi;

•     occorrono specifiche abilità per cogliere i segnali deboli che spesso caratterizzano gli stati emotivi (Emotional Detection Skills).

leadership emotiva.1

È difficile essere efficienti ed efficaci quando a predominare, nello stato d’animo, sono ansia, paura, depressione, timore e altre emozioni negative (nonostante le situazioni da affrontare possano essere difficili).

È altrettanto raro essere efficaci se non si possiedono doti di autoriconoscimento dei propri livelli di energie e stati individuali, e di quelli dei membri dei team. Il tormento interiore è parte della vita di chi opera in condizioni difficili, e le emozioni possono prendere il sopravvento “sequestrando” le risorse delle persone, come evocato in questo passaggio suggestivo di un brano di letteratura bulgara, che evoca alcuni passaggi di antiche guerre balcaniche tra i briganti bulgari ribelli che combattevano contro gli invasori turchi:

Quella notte Sinap non poté dormire, e pensò a lungo a ciò che era avvenuto. Un ceppo ardeva debolmente nel focolare, gettando sulla parete grandi ombre che si intrecciavano e correvano come fossero esseri vivi; passavano velocemente come cavalieri e sparivano, ed egli le guardava fissamente (Stoianov 1936).

I team inefficaci sono molto frequenti. Altrettanto frequenti sono i leader inefficaci, persone incapaci di entrare realmente nel ruolo e farsi riconoscere come leader. Il viaggio verso la leadership è un “viaggio eroico” (prendendo a prestito i concetti della psicologia degli archetipi), nel quale ci confrontiamo con i goals da raggiungere ma anche con le nostre capacità attuali, con chi siamo veramente, con che ruolo di vita stiamo giocando, e soprattutto con la nostra capacità di evolvere.

Nella maggior parte dei casi, la vera differenza (il vantaggio competitivo o il punto debole, nei casi di insuccesso) si colloca:

•     nelle abilità di comunicazione intrapsichica (il dialogo interno al­l’individuo stesso);

•     successivamente nella comunicazione ai membri dei gruppi, one-to-one e one-to-many;

•     nella gestione dei flussi comunicativi interni tra i diversi membri del team, dei climi emotivi che ne risultano, con ovvie ripercussioni sul­l’efficacia operativa.

In questa sfera di problematiche, l’intento del leader è di produrre una distinctive contribution, un contributo originale che proviene da un modo completamente diverso di analizzare un problema o una tematica (Mick 2003)[1].

Alcuni leader, apparentemente ottimi, non portano alcuna contribuzione distintiva, non identificano azioni positive da compiere, inconsistenze o lacune nelle conoscenze precedenti, non portano nuova luce.

Andare alla ricerca di un contributo creativo significa impegnarsi nella ricerca di contaminazioni: analizzare la leadership attingendo contemporaneamente all’antropologia, al management, allo sport, alla semiotica, alle scienze spirituali, alla drammaturgia, alla psicologia della comunicazione, a ogni possibile area del sapere, con l’aggiunta di esperienze di ricerca sul campo, concrete, nelle aziende (approccio olistico)[2].

Anche tra chi si sforza di superare i confini delle varie discipline, sono pochi coloro i quali riescono a generare un contributo applicabile e pragmatico, concreto, in grado di aiutare una persona, una coppia, un gruppo, un’azienda, a progredire.

Chi vi riesce agisce nella prospettiva che nel metodo ALM (Action Line Management) viene definita olistico-pragmatica. Olistica, perché aperta a ogni possibile contribuzione e campo dell’esperienza o del sapere, e pragmatica, perché necessariamente orientata a essere utile, contributiva, praticabile, e quindi “filtrante” rispetto a un puro esercizio intellettuale.

Con questo intento e questa sfida nella mente, la leadership operativa ha bisogno di appropriarsi di diverse aree tematiche, alcune delle quali introducono importanti innovazioni. Tra queste segnaliamo:

•     la teoria degli stati conversazionali;

•     la teoria dell’ecologia della comunicazione;

•     la teoria della leadership emozionale;

•     le tecniche di training mentale e psicoenergetica.


[1] David Mick, amico personale e tra i più brillanti ricercatori mondiali di management.

[2] Per un esempio di ricerca crossdisciplinare in area manageriale, vedi il lavoro di congiunzione tra marketing e semiotica condotto da Mick, Burroughs, Hetzel e Brannen (2004).

Altri materiali su Comunicazione, Coaching, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online:

Temi e Keywords dell’articolo:

  • Leadership emotiva
  • Risorse emozionali
  • Stati emotivi
  • Gestire le emozioni
  • Comunicazione intrapsichica
  • Flussi comunicativi
  • Capacità di evolvere
  • Generare contributi innovativi
  • Approccio olistico-pragmatico

© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategie di comunicazione e marketing. Un metodo in 12 punti per campagne di comunicazione persuasiva”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

La strategia olistica dei canali comunicativi

La channel strategy nel metodo ALM è Comunicazione Olistica.

Alla base della concezione olistica della comunicazione vi è l’apertura totale verso ogni possibile canale comunicativo, sia esso il partecipare ad eventi, ma ancora meglio

  • il creare eventi, come la presentazione di un libro 
  • offrire spazi in eventi formativi dove invitare scrittori, relatori, protagonisti da cui imparare qualcosa, e stringere relazioni sociali, fare networking,
  • fare azioni di contatto telefonico o sub-campagne marketing telefoniche,
  • sui social media,
  • la vendita personale,
  • un evento di pubbliche relazioni come la presentazione di un nuovo modello,
  • un aperitivo,
  • una gara,
  • una premiazione,
  • un sito web,
  • una campagna di e-mailing,
  • una comunicazione sul punto vendita,
  • una visita in casa,
  • un mazzo di fiori,
  • una strategia di avvicinamento durante una partita di golf,
  • un diploma di merito o una targa da esporre in ufficio o in negozio,
  • l’abbigliamento del personale, con o senza divisa,
  • le posture, gli sguardi, il body language in presenza,
  • il modo di rispondere al telefono e alle email

Sinceramente, quante di queste aperture a canali comunicativi state adottando o sta adottando l’azienda per cui lavorate?

Ci sarebbe tanto altro ma questo può rendere l’idea di cosa differenzia una semplice “pubblicità” da una Comunicazione Aziendale Olistica.

Altri esempi:

  • il modo di guidare quando hai un cliente con te,
  • il modo di mangiare, di bere, di comportarsi con attenzione e rispetto anche se fuori dall’orario di lavoro,
  • come parcheggi nell’azienda che stai visitando,
  • anticipare i problemi, essere proattivi, telefonare di persona ai clienti per sapere se è tutto ok dopo 1 anno da un acquisto.

È assolutamente necessario uscire dall’equazione “comunicazione = pubblicità”, e adottare un approccio olistico-pragmatico ai possibili canali di comunicazione, con un’unica preoccupazione reale: ottenere il risultato e non gettare risorse.

L’approccio olistico-pragmatico alla strategia dei canali richiede altre competenze:

(1) mantenere una visione aperta della possibile gamma di canali;

(2) saper sinergizzare diversi canali primari;

(3) saper sinergizzare i canali primari con i canali secondari,

e ovviamente, saper sinergizzare le azioni umane dalle azioni online o sui media.

social media

Una campagna di comunicazione può vedere in azione contemporaneamente più strumenti, dalla visita al cliente ad un’inserzione concomitante sui quotidiani locali, alla quale si aggiunge un e-mailing mirato e una serie di contatti telefonici con gli influenzatori dell’acquisto. 

Saper sinergizzare e soprattutto coordinare i tempi delle diverse azioni è la competenza principale del communication planner.

Differenze tra target e audience: centrare i bersagli e non disperdere comunicazione

La comunicazione è come l’acqua. E’ preziosa, è utile, nutriente, persino indispensabile alla vita. E per la vita delle aziende, lo è davvero. Ma se portata verso un deserto anziché sui campi da irrigare, diventerà nuvola ancora prima di arrivare. Non andrà dove volete voi. Oppure farà danni e inondazioni. 

E, se vi sono dispersioni nei canali e condutture, non arriverà mai.

Tarare i canali di comunicazione è necessario quanto produrre i messaggi adeguati. 

Affinché il messaggio giunga effettivamente al target, il canale deve possedere proprietà di centratura, pertinenza e adeguatezza. 

Per affrontare correttamente una strategia dei canali dobbiamo innanzitutto distinguere i concetti di target e audience:

  • Target : Gruppo di soggetti al quale vogliamo indirizzare il messaggio
  • Audience : Gruppo di soggetti esposti realmente al messaggio

In merito ad una possibile campagna di comunicazione, abbiamo diverse tipologie di situazione:

  • Quota di comunicazione in Target – Membri del target raggiunti effettivamente da messaggi loro destinati (comunicazione in target).
  • Quota di target non raggiunto – Messaggi che pervengono ad individui sbagliati (comunicazione fuori target).
  • Quota di comunicazione non raggiunto – Membri del target non raggiunti dalla campagna di comunicazione (target scoperti), quota di target mancati.

In un contesto di comunicazione frammentata diviene sempre più difficile reperire media esaustivi: canali singoli in grado di coprire efficacemente l’intero target –  raggiungere ogni singola persona.

Ogni media copre un pubblico (audience), ma il target di comunicazione non sempre coincidere con l’audience.

Posso avere a disposizione una rivista per subacquei, ma non tutti i subacquei italiani leggono quella rivista. Se realizzo corsi di ballo latino, posso avere a disposizione un sito web dedicato espressamente ai balli latini, ma non tutti i clienti potenziali che cerco frequentano quel sito.

Non è facile reperire media esaustivi che coprano l’intero target (condizione di perfetta corrispondenza tra target e audience), a volte è quindi necessario sovra-comunicare per poter raggiungere le persone desiderate. 

Per diversi tipi di target, si presenta sovente la necessità di utilizzare media e canali diversi e strategie multi-canale quando non sia possibile ricorrere ad un unico media per coprire l’intero pubblico. 

In questo caso si ricorre ad un media-mix, e a un channel-mix, ovvero una strategia basata su più media e canali, il cui scopo è quello di coprire comunque l’intero bacino di mercato.

Lavorare sulla multicanalità può portare un certo disordine, ma questo disordine, quando sincronizzato, produrrà magie.

“Se una scrivania in disordine è segno di una mente disordinata, di cosa, allora, è segno una scrivania vuota?”

Albert Einstein

La realtà dei fatti, in molte campagne pubblicitarie, è che la strategia media produce messaggi (“impressions” o visualizzazioni) che non si indirizzano solo al cliente potenziale, ma a chiunque “passava di lì”. 

Se un centro fitness pubblicizza il proprio messaggio presso una stazione d’attesa degli autobus, chi è in attesa sarà composto solo in minima parte da potenziali clienti. 

L’unica alternativa (in certi casi) alla comunicazione dispersiva è l’utilizzo del direct-marketing, il cui Costo per Contatto (CPC) è comunque più elevato, e per questo il suo utilizzo è conveniente soprattutto nel B2B.

Sovra-comunicare per raggiungere un target è un comportamento manageriale possibile solo quando i costi per contatto sono bassi. Quanto più i costi per contatto sono alti, tanto più risulta deleterio per l’azienda ricorrere a strumenti di comunicazione che “disperdono” messaggi.

Il “lusso” di creare comunicazione fuori target è concedibile solo a forme comunicative che hanno un bassissimo costo per contatto.

Nella sfera dell’economia della comunicazione, il principio basilare è la non-diluizione del budget, né dal punto di vista della qualità del messaggio né nel numero di contatti.

  • Il primo fattore indispensabile per ottenere risultati dalla comunicazione è la qualità del messaggio, la sua centratura rispetto al target.
  • Il secondo fattore: il budget di comunicazione deve essere gestito con la consapevolezza che esso non può essere “stirato” su un target troppo ampio.

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

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