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ricerche e stimoli

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Autori: Giorgio Agosto (Novacoop, Dirigente Vendite Canale Super), Valeria Fabbroni (Coop Italia, Marketing Manager Food Canale Super), Roberta Neri (Coop Adriatica, Responsabile Ufficio Ricerche e Ascolto), Lorenzo Pisoni (Sait, Coordinatore Assistenti Merceologici Area Food e Non Food)

Definizione dei concetti

Per microsegmentazione si intende l’identificazione dei segmenti all’interno di  ciascun prodotto-mercato preso in considerazione, costituiti da soggetti legati tra loro da aspettative e comportamenti comuni

Per costellazione di consumo si intende un gruppo di prodotti complementare, marche e/o attività di consumo utilizzate per costruire, dare un significato ed esprimere un ruolo sociale.

 

Alcuni esempi pratici

Cultori del “km 0”: rappresentano un microsegmento del consumatore interessato, attento all’enogastronomia. E’ un acquirente sensibile ai valori della propria terra, che ricerca fornitori affidabili, è esigente verso i prodotti che sceglie e allo stesso tempo crede nel rispetto dell’ambiente e nel contributo che ciascuno può dare per il raggiungimento di questo obiettivo.

Predilige prodotti non industriali, frutto di lavorazioni naturali, consuma la frutta e verdura di stagione del suo territorio, valorizza l’economia locale e la sostiene, ha aspettative di risparmio dovute ai minori costi logistici.

Gli amanti dei viaggi di avventura: cercano nel viaggio un forte momento di esperienzialità, di coinvolgimento; prediligono mete non comuni, poco turistiche. Si affidano ad agenzie specializzate e riconosciute nel settore, che permettano loro di vivere a 360 gradi la cultura dei posti che visitano. Hanno un approccio “easy”, con capacità di adattamento a situazioni anche estreme; disponibilità di spesa medio-alta, mentalità aperta e curiosa, amano fotografare per riportare testimonianze. Ricercano reportage in tv e acquistano riviste specializzate, consultano internet.

Possibilità di sperimentazione

Anche all’interno delle nostre realtà di vendita è possibile attuare sperimentazioni che coinvolgano microsegmenti. Di seguito proponiamo alcuni esempi.

“Km 0”. Inserimento in assortimento di referenze di produttori locali. Predisposizione di materiale informativo sui prodotti di stagione. Formazione del personale sui prodotti locali. Coerenza ed armonizzazione con il resto dell’offerta commerciale (es. attenzione alla provenienza dell’ortofrutta). Vendite guidate con partnership con produttori locali.

Viaggi avventura. Organizzazione di Focus group, incontri a tema, forum on line con soci Coop per progettare e programmare viaggi e fornire consulenza agli altri viaggiatori. Concorso a premi sul prodotto Solidal Coop: messa in palio di un viaggio per conoscere le realtà produttive che forniscono i prodotti a Coop. 
Organizzazione di incontri tematici per confronto con culture e società diverse.

Vivere il brand Coop  
Esempio di Brand caldo: Solidal Coop → Microsegmento “Viaggi Avventura”
Esempio di Brand freddo: Moneta che ride

Bibliografia e fonti
Lan Nguyen Chaplin, Tina M.Lowrey, “The Development or Consumer-Based Consumption Constellations in Children”, Journal of Consumer Research, feb. 2010

Daniele Trevisani, “Modelli tradizionali e nuovi modelli di segmentazione di marketing”

Il modello è stato sviluppato per prevedere i comportamenti nei quali il soggetto non dispone del completo controllo volitivo, perché qualche barriera interna od esterna si frappone all’azione.[1]



La teoria prevede che anche un compito difficile può essere tentato, se la percezione di potercela fare è alta (del tipo “potrei persino lanciarmi da un grattacielo, se penso di aver gli strumenti per atterrare bene”).

Viceversa, anche azioni semplici non verranno attuate, se l’individuo percepisce barriere tali (interne o esterne) che lo possano bloccare (Es: “non ce la farò mai a parlare a quella persona, sono troppo timido”).

Queste percezioni partono dall’esperienza passata, da un analisi del proprio stato attuale, e dall’anticipazione di circostanze future (credenze sul futuro).

Uno dei contributi importanti fornito dalla T.P.B. consiste nel far emergere l’importanza delle credenze del soggetto come principali determinanti del suo comportamento: credenze soggettive, e non realtà oggettive.

Le credenze, come tali, possono essere anche profondamente errate, dovute a disinformazione, o scarsa conoscenza di stati reali, situazioni oggettive e dati di fatto.

Nel modello osserviamo infatti che:

  • sono le credenze sugli esiti dei comportamenti a creare l’atteggiamento verso l’intraprendere o meno un’azione (non le prove reali sugli esiti dimostrabili del comportamento);
  • sono le credenze su come gli altri reagiranno, a creare la percezione di doversi adattare alle aspettative altrui (non la conoscenza reale di come gli altri reagiranno, ma una pura ipotesi anticipativa di tale reazione);
  • sono le credenze del soggetto rispetto a ciò che egli può o riesce a fare, e non le sue reali capacità, a limitare il campo del fattibile.

1.1.1.             Behavioral Beliefs: le credenze comportamentali

Le credenze comportamentali collegano il comportamento target ai suoi esiti previsti. Es: “credo che per avere maggiore forma fisica si debbano assumere molte vitamine”. Questo pensiero rappresenta una pura credenza, che in alcuni casi non trova riscontro nella realtà. Infatti l’assunzione di vitamine, da sola, non è sufficiente a creare forma fisica, e in alcuni casi di sovradosaggio può anzi danneggiare l’organismo. In sintesi:

  • Una credenza comportamentale è la probabilità percepita che il comportamento target produca un certo risultato (outcome), un risultato che potrà essere positivo o negativo.
  • La somma delle credenze possedute dall’individuo forma l’atteggiamento verso il comportamento.

Poniamo il caso di un consumatore di fronte alla scelta di acquistare cerchi in lega leggera per la propria auto. Una delle pulsioni verso l’acquisto nasce dalla credenza che il cerchio in lega sia più leggero e riduca gli spazi di frenata dell’auto. Se questo risultato (outcome) è valutato molto positivamente (il cliente è molto sensibile al discorso “sicurezza”), la credenza inciderà positivamente sulla propensione specifica all’acquisto.

La propensione d’acquisto tuttavia è influenza da tutto l’insieme di credenze del cliente. Se una credenza ulteriore è che i cerchi in lega possano arrugginire facilmente, prima dei cerchi tradizionali (un outcome negativo), avremo una fonte di credenze che riduce la propensione all’acquisto.

La scelta si farà più difficile in quanto due credenze diverse, dai risultati attesi opposti (uno positivo, l’altro negativo), sono in conflitto, creando dissonanza cognitiva nel cliente.

Compito di chi vende o agisce nel marketing è quindi scoprire:

  • quante e quali sono le credenze “attive” nel soggetto;
  • quante e quali sono positive, negative, e con che intensità;
  • come le credenze si rapportano tra loro (decostruzione della mappa mentale delle credenze o belief-system);
  • quali credenze sono tra di loro in antitesi, creando dissonanza palese o latente;
  • quali credenze possono essere create per modificare lo stato attuale;
  • su quali credenze è più agevole agire per modificarne la direzione o intensità;
  • quali sono determinate da valutazioni d’esperienza personale, e quali sono basate su fonti non validate.

1.1.2.             Normative Beliefs: le credenze normative

Le credenze normative si riferiscono alle aspettative comportamentali percepite nei referenti importanti per l’individuo (persone o gruppi), quali la moglie o marito, famiglia, amici, colleghi, collaboratori o capi, clienti, partner, concorrenti o fornitori, e altri che assumono funzione di referenti in relazione al ruolo ricoperto e al comportamento in esame.

Le credenze normative (ciò che pensiamo gli altri vorrebbero noi facessimo o non facessimo), in combinazione con le motivazione ad adattarsi alle aspettative altrui, formano la “norma soggettiva”.

In termini psicanalitici, dobbiamo ricordare che il modello TRA non include soggetti importanti che possono anche non essere presenti, ma fungono comunque da “altri soggetti di riferimento”. Gli “altri latenti” o “referenti latenti” sono soggetti cui l’individuo guarda mentalmente per capire se questi sarebbero contenti o meno dell’azione che sta per intraprendere. Vediamo da una nostra trascrizione d’intervista in profondità come questo fenomeno degli “altri latenti” sia presente in modo marcato:

Quando sto per fare qualcosa di importante penso sempre se mia nonna avrebbe voluto o no, lei si che sapeva come si stava al mondo…. era una persona eccezionale. Mi ha cresciuto lei.

I “referenti latenti” possono essere anche figure istituzionali cui l’individuo si ispira per analizzare la bontà di un suo comportamento: Padre Pio, Che Guevara, il Papa, un leader politico ammirato, il collega di tanti anni fa che ha svolto da mentore e ispiratore, un docente carismatico, e altri.

Gli “altri rilevanti reali” sono invece soggetti presenti fisicamente nella vita del soggetto, soggetti con i quali ha realmente a che fare. Questi soggetti sono spesso multipli, nel senso che in molte scelte l’individuo deve render conto a numerose persone e gruppi Es: scegliere un abito ha un’influenza sia sulla famiglia che sul gruppo di persone con cui si lavora. Le loro “opinioni latenti” sulla bontà dell’acquisto agiscono in background sulla scelta.

Anche in questo caso dobbiamo notare che si tratta comunque di credenze: un cliente potrebbe rifiutare un acquisto gradito, nell’ipotesi che la mogli abbia una reazione negativa, o un buyer potrebbe evitare di svolgere un acquisto di soluzioni informatiche per un motivo simile (timore di ripercussioni da parte di colleghi che non apprezzeranno la scelta).

Questo rappresenta un problema dal momento in cui non si tratta di certezze ma di credenze, e come tali suscettibili di errore e percezioni distorte della realtà.

In termini di marketing, il lavoro sulla norma soggettiva richiede al venditore la capacità di modificare la percezione del rapporto individuo-gruppi, in due direzioni:

  • direzione A: emancipando l’individuo dalla pressione percepita dei gruppi, o,
  • direzione B: facilitando l’acquirente a vendere egli stesso l’idea della soluzione ai propri gruppi di riferimento, fornendogli argomentazioni adeguate.

Bisogna, in altre parole, ridurre le pressioni sociali percepite verso il non-acquisto ed eliminare la fonte di obiezione “quelli che contano per me non vorrebbero questo acquisto”.

Nel caso delle opinioni latenti negative sull’acquisto di un prodotto informatico

“se fosse vero, dati alla mano, che questa soluzione fa risparmiare all’azienda 50.000 euro all’anno, a parità di risultato rispetto alla situazione attuale, può essere per Lei interessante parlarne al suo Amministratore Delegato? Come pensa reagirà? Quali sono i dubbi che potrebbe avere? Che reazione avrebbe?”

Questi casi si inseriscono all’interno dell’ampia gamma delle riflessioni guidate indirizzanti, la cui tecnica verrà ulteriormente ampliata nei prossimi lavori di ricerca del metodo ALM.

1.1.3.             Control Beliefs: credenze sulle proprie capacità di controllo della situazione

Le credenze sul controllo degli eventi e sulle proprie capacità di azione sono al centro dell’intenzione di fare o no fare, agire o non agire, acquistare o non acquistare. “Sarò in grado di far digerire questo acquisto a mia moglie?” può chiedersi un marito. “È bello, ma sarò in grado di rendere realmente funzionante il nuovo sistema informatico?”, potrebbe chiedersi il buyer di un’azienda? “Sarò in grado di affermarmi anche se dovessi incontrare atteggiamenti ostili?” “Ho il controllo della situazione?” “Ce la posso fare?” sono altre domande inerenti le credenze sul controllo.

Il controllo comportamentale percepito si riferisce alla riflessione del soggetto rispetto alla sua abilità di “performare” un certo comportamento[1].

Le credenze sul controllo hanno a che fare con le presenza percepita di fattori che possono facilitare o impedire la prestazione o comportamento. Poniamo il caso di un manager che debba affrontare un discorso in pubblico: se anticipa tra gli uditori la presenza di elementi ostili, ma si ritiene in grado di dominarli, andrà tranquillamente verso la prestazione. Se non ritiene di avere le energie sufficienti per farlo, cercherà di evitare la situazione.

Il problema dei control beliefs non dipende solo dalla forza delle sfide esterne, ma anche e soprattutto dalla capacità interna che l’individuo sente di possedere, in relazione alle sfide (stato bio-energetico e psico-energetico dell’organismo)[2].

Anche sfide banali possono apparire gigantesche se i control beliefs sono negativi. Al contrario, il soggetto che sente di possedere grado elevato di autostima, sicurezza di sé, autocontrollo, e livelli energetici elevati, percepirà le condizioni per realizzare una buona prestazione, sia essa comunicativa, o in qualsiasi altro contesto comportamentale.

Relativamente all’acquisto, il cliente basa le sue credenze di controllo sulla base di passate esperienze, e giungere alla conclusione che “sì, sono in grado di gestire questa situazione, quindi procedo verso l’acquisto”, oppure “no, non ce la posso fare, è troppo difficile per me far passare la cosa, non sono in grado, non ce la faccio”, e quindi non procedere all’acquisto.

Le credenze sul controllo sono assolutamente diverse dal reale controllo che l’individuo possiede. Il controllo comportamentale reale si riferisce alle reali abilità, capacità e strumenti e altri prerequisiti posseduti, necessari per produrre un certo risultato o azione. Il controllo percepito si basa invece sulle credenze.

1.1.3.1.      La percezione di disponibilità economica, fattibilità e finanziabilità dell’investimento come leve facilitanti

La T.P.B. è in grado di spiegare numerose scelte del consumatore. I campi di applicazione di questo modello comportamentale sono vasti, e spaziano dal marketing finanziario al marketing turistico, dai comportamenti di consumo individuale agli acquisti aziendali. Ad esempio, nel marketing sportivo diverse ricerche evidenziano che la scelta di uno sport si basa spesso su percezioni errate di ciò che si è o meno in grado di fare. Queste credenze – errate – influenzano comunque la gamma di sport che si scelgono[3] (es: “non ce la farò mai a fare karatè” – profezia autoavverante che si ripercuote sull’atto di scelta).

La credenza “non ce la posso fare” caratterizza anche gli aspetti finanziari di molti acquisti.

Tra le cause che possono (1) bloccare o (2) fornire un “lasciapassare” all’acquisto, si inserisce un importante elemento del control belief: la percezione di poter finanziare l’investimento, di essere o non essere economicamente all’altezza della spesa.

Esistono infatti acquisti o investimenti aziendali che (a) sono personalmente ritenuti utili (= atteggiamento positivo), (b) non trovano barriere all’acquisto da parte dei gruppi di riferimento (= lasciapassare normativo), ma (c) sono percepite come troppo onerose in relazione alle disponibilità personali o aziendali (= blocco sul senso di controllo dell’investimento).

Nel metodo ALM è necessario porre attenzione sia ai dati oggettivi (es: il fatturato aziendale, la disponibilità economica misurabile) che al sistema di credenze dell’individuo.

I blocchi d’acquisto non partono solo da reali condizioni finanziarie o da vera indisponibilità ma anche da barriere mentali.

La percezione di non poter finanziare un investimento deriva spesso, nella nostra esperienza, da una errata allocazione dei budget mentali: casi in cui le risorse finanziarie esistono, ma sono mal distribuite.

In questi casi alcuni budget di spesa improduttivi sono sovrafinanziati, mentre nuove possibilità di investimento, più produttive, non hanno ancora trovato “canali mentali” aperti nel cliente[4]. Il caso tipico è dato dalla carenza di budget per la formazione. La formazione aziendale, se ben condotta, produce in realtà un ROI (Return on Investment) molto elevato, rispetto a spese in investimenti materiali che rimangono spesso inutilizzati.

Il venditore consulenziale dovrà quindi sapersi muovere su diversi fronti:

  • Aiutare il cliente a dirottare budget mentali da spese improduttive a nuove forme di investimento più produttivo. Il lavoro sui budget mentali implica un processo consulenziale e pedagogico sul modo di gestire le risorse del cliente, un’attività di che richiede grande professionalità.
  • Saper gestire la dilazione nel tempo dell’investimento (es: rateizzazione)-
  • Saper suggerire soluzioni di finanziamento dell’investimento tramite fonti diverse (da fonti pubbliche, quali i finanziamenti agevolati, a fonti private di credito).
  • Saper creare messaggi e comunicazione centrata sul ritorno dell’investimento (creare credenze positive su come l’investimento metterà il soggetto in grado di produrre più utile e fatturato, e quindi di ripagare abbondantemente la spesa).

Il supporto professionale del venditore/consulente consiste quindi nel creare maggiore percezione di controllo sulla finanziabilità, fattibilità e ritorno dell’investimento (messaggio: “anche tu puoi farlo”), sino a dirottare risorse da budget improduttivi ad altri budget (consulenza sui budget mentali).

Il consulente d’acquisto che agisce sui control beliefs si trova quindi ad agire non solo come consulente “di risultato” (cosa otterrai dall’investimento) ma anche come consulente sul metodo di finanziamento, là dove esistono barriere mentali dovute a credenze errate da parte del cliente sul fatto che l’investimento non sia alla sua portata.

Il consulente che intende agire sui control beliefs deve creare una relazione di aiuto nei riguardi del cliente, relativa al come implementare la soluzione. Questo significa accompagnare il cliente nel processo di cambiamento.

Ad esempio, una soluzione informatica costosa, ma gradita e produttiva, può trovare barriere dovute ai control beliefs quando il cliente pensa di non essere in grado di gestire la transizione al nuovo sistema informatico (difficoltà di migrazione).

Il consulente che offra un servizio di accompagnamento, tutoraggio e coaching nella transizione/migrazione al nuovo sistema rimuoverà in questo modo diverse barriere legate alla percezione “non ce la posso fare”, che caratterizza i control beliefs negativi. Questo significa vendere qualcosa di ben superiore al prodotto/servizio: la capacità di “vendere sicurezza”.


[1] Performare (to perform) è il verbo utilizzato dagli autori della TPB, e questo esprime il senso più profondo della sensazione di capacità nel fornire una prestazione.

[2] Fonte: Ricerche dell’autore (in corso) sulle relazioni tra sistemi energetici e prestazioni comunicative. Per ottenere informazioni sullo stato di avanzamento e prossime pubblicazioni inerenti il tema, inviare una mail a dt@studiotrevisani.it

[3] Bryan, A. D. e Rocheleau, C. A. (2002). “Predicting Aerobic Versus Resistance Exercise Using the Theory of Planned Behavior”. American Journal of Health Behavior, Volume 26 Number 2, March/April 2002.

[4] Per un approfondimento sulle teorie dei budget mentali, vedi capitolo 8 (“Budget Mentali e psicologia economica”) nel volume Psicologia di Marketing e Comunicazione. Milano, FrancoAngeli, 2002.


[1] Vedi Ajzen, I. (1991). “The theory of planned behavior”. Organizational Behavior and Human Decision Processes, 50, 179-211.

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Copyright, Articolo di Daniele Trevisani, Studio Trevisani, sintesi didattica al volume “Comportamento d’acquisto e comunicazione strategica”, Franco Angeli editore, Milano.

Otttima segnalazione, da parte di Valeria Fabbroni, sulla comunicazione e il punto vendita, shopping experience e le esperienze polisensoriali. Dal link

http://www.mark-up.it/articoli/0,1254,41_ART_3829,00.html?lw=10020;3

temi:

1. Emozioni ed esperienze per accrescere il coinvolgimento attivo dei consumatori
2. Il punto di vendita è un sistema complesso di comunicazione
3. Lo stimolo polisensoriale è sempre più importante

A cura del gruppo Consum-attore (David Orvieto, Cristina Mayer, Domenico Protti, Valeria Fabbroni, Maura Sammartino, Giorgio Agosto, Lorenzo Pisoni, Roberta Neri, Valter Molinari)
Il “Four distance model” sintetizza su quattro piani di comunicazione, denominati D1, D2, D3 e D4, le variabili che possono generare incomunicabilità in una relazione.

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D1_ “Distance of the self”:Biological distance (1) e identity/role distance (2)
La distanza del sè può verificarsi per una differenza biologica (uomo/donna, abile/disabile) o per una differenza di ruoli (moglie/marito, genitore/figlio,)
Caso 1: PUNTI DI VISTA
Un ragazzo e una ragazza hanno una relazione da quattro mesi. Un venerdì sera si incontrano al solito bar dopo il lavoro. Dopo un po’, decidono di andare a mangiare qualcosa in un ristorantino vicino a casa. Mangiano, vanno a casa di lui e lei si ferma per la notte.
Lei la racconterà così…
“Marco aveva uno strano umore quando sono arrivata al bar, ho pensato fosse perché ero arrivata tardi ma lui non ha parlato molto di questo; la conversazione non prendeva tuttavia piede, e così ho pensato che forse un posto più intimo sarebbe stato utile a sviscerare il problema, così andiamo in quel ristorante, ma lui continua a essere un pochino sfuggente, e io cerco di coccolarlo un po’ e inizio a chiedermi se c’è qualcosa che non va in me, e glielo chiedo pure, ma lui mi risponde che no, non c’è niente che non vada in me, ma capisci io non mi sento rassicurata da questo, così nel taxi verso casa sua gli dico che lo amo e lui mi mette un braccio attorno al collo e io non so che cosa significhi questo, perché lui non mi ha risposto quando gli ho detto che lo amo, così quando arriviamo a casa sua inizio a pensare se lui non stia cercando di allontanarsi da me, e così cerco di chiederglielo, ma lui in risposta accende la televisione; allora gli dico che vado a dormire e dopo circa dieci minuti lui mi raggiunge e facciamo l’amore, ma lui rimane distante, e dopo io voglio andarmene, e non lo so, non so più che pensare, insomma, pensi che si veda con qualcun’altra?”.
Lui la racconterà così…
“Giornata di merda in ufficio, ma grande scopata…”.

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Caso 2: IL DIZIONARIO FEMMINILE
No = sì
Sì = no
Forse = il contrario di quello che vorresti.
Mi dispiace = ti dispiacerà.
È una decisione tua = la decisione giusta dovrebbe essere ovvia.
Fai come ti pare = me la pagherai.
Ma certo… continua = piantala.
No, non sono incazzata = certo che sono incazzata, imbecille!
Sii romantico, spegni le luci = ho la cellulite.
Devi imparare a comunicare = devi imparare a darmi sempre ragione.
Ma mi stai ascoltando??? = [troppo tardi sei già morto].
No, non ho niente = eccome se ho qualcosa, deficiente, che cazzo di domande fai?!
Non sei tu, sono io… = sei tu, sei tu.
Magari ci rivediamo… = aspetta la mia telefonata domani pomeriggio alle 4!
Non mi sento tanto bene = vai via che voglio dormire.

DIZIONARIO MASCHILE
Ho sonno = ho sonno
Ho sete = ho sete.
Ti va di andare al cinema con me? = vorrei fare del sesso con te.
Andiamo a cena insieme = vorrei fare del sesso con te.
Posso avere l’onore di questo ballo? = vorrei fare del sesso con te.
Sembri tesa, ti faccio un massaggio?=voglio coccolarti e magari dopo fare del sesso con te.
Ma cos’hai? = 1) non capisco perché me la meni tanto; 2) con quale trauma psicologico autoinventato stai combattendo?; 3) suppongo che per stasera di sesso non se ne parli, eh?
Mi annoio = vorrei fare del sesso con te.
Ti amo = vorrei fare del sesso con te.
Anch’io ti amo = okay, dovresti averlo capito: vorrei fare del sesso con te.
Sì, mi piace il tuo nuovo taglio di capelli = 30 euro e non è cambiato nulla!
Parliamo? = sto cercando di fare una buona impressione su di te in modo che tu creda che sono una persona profonda, e forse allora accetterai di fare del sesso con me.
Mi vuoi sposare? = voglio che, per te, fare sesso con gli altri uomini diventi illegale.
Vuoi tornare a casa? = vuoi fare del sesso con me?
Sei come una sorella per me = sei brutta.
La mia vita è già abbastanza complicata in questo periodo = sei decisamente brutta.
Non mi metto mai assieme a qualcuno con cui lavoro = sei brutta.
Non sei tu, sono io = sei tu, che sei brutta.
Sto dedicando tutte le mie energie alla carriera = sei brutta.

 

D2_Semiological distance content (1) communication style (2)
La distanza si crea per una divergenza di contenuti o per differenza di stile comunicativo

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Esempio: [youtube=http://www.youtube.com/watch?v=Lb9CIi7am8s]

D3_Ideological and value distance
Distanza ideologica e valoriale

E’ la distanza che si frappone nella comunicazione tra individui che hanno visioni diverse legate a convinzioni, ideologie e valori.

Questa distanza rende incomunicabili tra loro i soggetti. Ad esempio una esperienza interna di distanza è tra chi basa i risultati esclusivamente valutando la produttività come valore assoluto e chi invece punta sul sevizio al cliente.

Verso l’esterno potremmo citare come esempio la mission di coop: “tutelare gli interessi economici, la salute, la sicurezza delle persone; salvaguardare l’ambiente; favorire una coscienza critica dei consumi e contribuire allo sviluppo della cooperazione” e la semplice richiesta del mercato nel confronto con la concorrenza sul prezzo, oppure nel confronto tra concorrenti, con altre mission aziendali.

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Esempio di Mission aziendali:

Wal-Mart “Dare alla gente comune la possibilità di acquistare le stesse cose dei ricchi” (“To give ordinary folk the chance to buy the same thing as rich people.”)

Coop La missione delle cooperative di consumo è quella di tutelare gli interessi economici, la salute, la sicurezza delle persone; salvaguardare l’ambiente; favorire una coscienza critica dei consumi e contribuire allo sviluppo della cooperazione

Esempio: [youtube=http://www.youtube.com/watch?v=K3YKV-pYHhU]

 

D4_Referential distance

Distanza referenziale: vissuto, esperienza, emozioni

  E’ la distanza che si frappone nella comunicazione tra individui che non hanno condiviso le stesse esperienze oppure che delle stesse hanno un diverso vissuto.  Quindi l’incomunicabilità è determinata dalla diversità del vissuto quotidiano, dall’accumularsi di esperienze ed emozioni individuali metabolizzate che portano a codici comunicativi  non  paragonabili.   

All’interno ad esempio il confronto tra colleghi che provengono da esperienze diverse nell’organizzazione: direzione commerciale e direzione soci; oppure colleghi che hanno una esperienza lavorativa diversa da coop proveniendo da aziende private.

Verso l’esterno la distanza tra l’aspettativa del cliente per sperimentare un prodotto tecnologico: manipolarlo, toccarlo, vedere le funzioni , trasformando l’acquisto in una vera e propria esperienza emozionale e l’impossibilità di farlo perché non è previsto dalla nostra organizzazione.

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Esempio: [youtube=http://www.youtube.com/watch?v=cfU03UoJdGw]

 

 

La creatività del consumatore: rivoluzionare la prospettiva, da consumatore passivo a protagonista di nuove soluzioni, il ruolo dei lead-users

creatività

La creatività è un processo studiato soprattutto in campo artistico, tuttavia un nuovo percorso di studi si sta affacciando sulla scena, inerente la creatività del consumatore rispetto alla capacità di trovare nuove soluzioni ai propri bisogni, o accompagnare le aziende nel processo di innovazione.

Possiamo individuare la presenza di almeno tre livelli di consumatore:

  1. consumatore passivo
  2. consumatore creativo
  3. lead-user, o consumatore proattivo

Al livello 1, il consumatore si affida completamente all’azienda o alla Grande Distribuzione per la ricerca di soluzioni. Può accettare innovazioni solo quando proposte, ma è essenzialmente incapace di andare oltre le soluzioni esistenti.

Al livello 2, il consumatore è in grado di identificare nuove soluzioni partendo da prodotti esistenti, es: costruire un “pacchetto regalo” per un familiare, mixando diversi tipi di prodotto provenienti da diverse categorie merceologiche in modo assortito, oppure ancora, inventare nuovi prodotti partendo da prodotti esistenti

Al livello 3, i lead-user o utilizzatori-guida, sono clienti anticipatori, clienti proattivi, “coloro i quali percepiscono alcuni bisogni prima di altri”, anticipano la domanda che seguirà in seguito, e riuscendo spesso a localizzare nuove soluzioni. Questi utilizzatori sono spesso in grado di sviluppare soluzioni non solo per se, ma anche per gli altri. Sono potenzialmente in grado di dare ottimi suggerimenti su come disporre le merci per quanto riguarda le proprie sfere di interessi (es, Hi-Fi, o Giardinaggio, o Vino), tuttavia questa potenzialità rimane non solo inascoltata, ma addirittura relegata a “cassette dei suggerimenti” che nessuno utilizza per proporre progetti. Sono in grado di capire come potrebbero essere variati gli assortimenti o la disposizione delle merci. Hanno inoltre un ruolo potenziale di leadership verso altri consumatori.

Per ogni azienda, localizzare i lead-user e valorizzarne le capacità significa fare “ascolto dal basso” ma anche avviare una “creatività commerciale che parte dal cliente”. Localizzare i lead-user, coinvolgerli (in sessioni personali di suggerimenti, o in focus group, magari gratificate da un bonus d’acquisto o altri sistemi di gratificazione) può essere un modo eccellente per fare innovazione facendo partecipare ai propri progetti di sviluppo i consumatori stessi.

Una nuova frontiera del marketing cooperativo sarà quindi la capacità delle direzioni aziendali di coinvolgere, ascoltare, valorizzare, la creatività dei propri soci e clienti, non lasciando questo giacimento creativo inutilizzato, o sprecato. Le modalità per farlo sono anch’esse tema di creatività,  sono una sfida, ma soprattutto un oggetto molto concreto per fare sperimentazione pratica, sul campo, di “innovazione dal basso”.

Daniele Trevisani

Per approfondimenti:

Burroughs, Moreau, and Mick, (2008), Toward a Psychology of Consumer Creativity, in Handbook of Consumer Psychology, Lawrence Erlbaum Associates, New York.

  • Il paper in oggetto, protetto da Copyright, è stato inviato al dott. Daniele Trevisani direttamente dagli autori-ricercatori statunitensi che lo hanno prodotto, e secondo gli accordi presi può essere messo a disposizione come materiale di studio unicamente ai partecipanti del gruppo Consum-Attore di Scuola Coop, nelle sessioni di lavoro programmate.